Corte di cassazione
Sezione V penale
Sentenza 28 ottobre 2011, n. 44126

RITENUTO IN FATTO

H.D. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 10062/11 della Corte d'appello di Bologna, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna del tribunale di Bologna per il reato di cui agli artt. 57 e 57-bis c.p. perché, in qualità di direttrice responsabile dell'edizione on-line del settimanale L'espresso, ometteva il controllo necessario ad impedire la commissione del reato di diffamazione aggravata da parte di S.G. ai danni di P.V. (reato accertato/commesso in Bologna nell'aprile del 2004).

Contro la sentenza di appello la ricorrente muove due ordini di censure; sotto un profilo di violazione di legge lamenta l'erronea interpretazione dell'art. 57 c.p., laddove è stato ritenuto applicabile anche al direttore di un periodico on-line, mentre sarebbe riferibile solo ai periodici "cartacei". Né sarebbe applicabile l'art. 57 per analogia, comportando tale interpretazione analogica effetti sfavorevoli per l'imputato.

Con un secondo motivo di ricorso, la H. chiede l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per prescrizione del reato; afferma la ricorrente che il reato di omesso controllo deve ritenersi consumato nel momento in cui non è stata impedita la pubblicazione diffamatoria.

Il Procuratore Generale ha concluso per l'accoglimento del ricorso, in quanto la pubblicazione on-line non consente un controllo preventivo e non è comunque assimilabile alla stampa periodica "tradizionale"; per questi motivi chiede disporsi l'annullamento senza rinvio.

Per l'imputata è presente l'avv. M., il quale rileva che non si trattava di un commento giornalistico, ma di un post inviato alla rivista e cioè di un commento di un lettore che viene automaticamente pubblicato, senza alcun filtro preventivo; consapevoli di questo sviluppo cronologico dei fatti, i giudici di merito hanno addebitato alla H. non l'omesso controllo ma l'omessa rimozione del commento, così non solo provvedendo ad un'inammissibile analogia in malam partem, vietata in materia penale, ma altresì stravolgendo la norma incriminatrice, che punisce il mancato impedimento della pubblicazione, e non invece l'omissione di controllo successivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

L'art. 57 c.p., che punisce i reati commessi col mezzo della stampa periodica, sanziona penalmente il direttore o il vice-direttore responsabile il quale ometta di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che, col mezzo della pubblicazione, siano commessi reati.

L'art. 1 della l. 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) reca la definizione di stampa nei seguenti termini: "Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipo grafiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione".

Ciò premesso, si deve valutare se il direttore di un periodico on-line risponda del reato di cui all'art. 57 c.p., per omesso controllo sui contenuti pubblicati.

Giova, sul punto, richiamare una recente pronuncia di questa stessa sezione che esclude la responsabilità del direttore di un giornale on-line e che il collegio ritiene di condividere (sez. V, sent. n. 35511 del 16 luglio 2010, Brambilla); in primo luogo si deve ribadire che ai sensi della legge sulla stampa sono considerate stampe o stampati le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione. Dunque, perché possa parlarsi di stampa in senso giuridico (ai sensi della l. n. 47 del 1948), occorrono due condizioni: a) che vi sia una riproduzione tipografica, b) che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione attraverso una effettiva distribuzione tra il pubblico.

Le pubblicazioni rese note mediante la rete informatica difettano di entrambi i requisiti, in quanto non consistono in molteplici riproduzioni su più supporti fisici di uno stesso testo redatto in originale, al fine della distribuzione presso il pubblico; il testo pubblicato su Internet esiste - quale luogo di divulgazione della notizia - solamente nella pagina di pubblicazione, anche se può essere visualizzato sugli schermi di un numero indefinito di dispositivi hardware. La diffusione del contenuto del periodico on-line avviene dunque non mediante la distribuzione del supporto fisico in cui è inserito (che richiederebbe comunque la mediazione di un apparato di lettura, mentre la stampa tipografica è immediatamente fruibile dal lettore), quanto piuttosto attraverso la visualizzazione del suo contenuto attraverso i terminali collegati alla rete; non diversamente, mutatis mutandis, da quanto avviene per le notizie trasmesse dai telegiornali, che vengono visualizzate sugli apparati privati dei telespettatori. E la giurisprudenza di questa Corte ha negato (ad eccezione della sentenza n. 12960 della sez. feriale, p.u. 31 agosto 2000, dep. 12 dicembre 2000, Cavallina, non massimata) che al direttore della testata televisiva sia applicabile la normativa di cui all'art. 57 c.p. (cfr sez. II, sent. n. 34717 del 23 aprile 2008, rv. 240687, Matacena; sez. I, sent. n. 1291 del 27 febbraio 1996, rv. 205281), proprio per la diversità strutturale tra i due mezzi di comunicazione e per la impossibilità di operare, in materia penale, una analogia in malam partem.

D'altronde, sono evidenti le differenze anche nelle modalità tecniche di trasmissione del messaggio a seconda del mezzo utilizzato: nel caso della stampa vi è la consegna materiale dello stampato e la sua lettura diretta ed immediata da parte del destinatario; nelle trasmissioni radiotelevisive classiche vi è la irradiazione nell'etere e la percezione audiovisiva da parte di chi si sintonizza sulla frequenza di trasmissione; nel caso di pubblicazione in internet la trasmissione avviene telematicamente tramite un internet provider, sfruttando la rete telefonica fissa o cellulare.

Pertanto, per le pubblicazione a mezzo della rete informatica, quantomeno per quelle che - come nel caso di specie - vengono "postate" direttamente dall'utenza, senza alcuna possibilità di controllo preventivo da parte del direttore della testata, deve essere svolto un discorso analogo a quello operato in materia radiotelevisiva.

D'altronde, non vi è solamente una diversità strutturale tra i due mezzi di comunicazione (carta stampata e Internet), ma altresì la impossibilità per il direttore della testata di impedire la pubblicazione di commenti diffamatori, il che rende evidente che la norma contenuta nell'art. 57 c.p. non è stata pensata per queste situazioni, perché costringerebbe il direttore ad una attività impossibile, ovvero lo punirebbe automaticamente ed oggettivamente, senza dargli la possibilità di tenere una condotta lecita. E di ciò si rende conto anche la sentenza impugnata, laddove afferma che - non essendo possibile una censura preventiva, e dunque, non potendo "... imputarsi al direttore responsabile l'omesso controllo di ciò che, fino a quel momento, non poteva sapere venisse pubblicato..." - la H. avrebbe dovuto svolgere una verifica successiva delle inserzioni già avvenute, espungendo quelle a contenuto diffamatorio. Così facendo, però, il giudice di appello ha indebitamente modificato la fattispecie normativa prevista dall'art. 57 c.p., sanzionando una condotta diversa da quella tipizzata dal legislatore.

Dunque, l'inapplicabilità dell'art. 57 c.p. al direttore delle riviste on-line discende sia dalla impossibilità di ricomprendere quest'ultima attività nel concetto di stampa periodica, sia per l'oggettiva impossibilità del direttore responsabile di rispettare il precetto normativo, il che comporterebbe la sua punizione a titolo di responsabilità oggettiva, dato che verrebbe meno non solo il necessario collegamento psichico tra la condotta del soggetto astrattamente punibile e l'evento verificatosi, ma lo stesso nesso causale.

Né si può argomentare ex lege 62 del 2001, richiamata nella sentenza di primo grado, per sostenere la assimilabilità dell'editoria elettronica alla stampa periodica; l'art. 1 della predetta legge, infatti, afferma espressamente che si applicano all'editoria elettronica le disposizioni contenute nell'art. 2 (relative alle indicazioni obbligatorie sugli stampati) e, a certe condizioni, anche quelle dell'articolo cinque (sull'obbligo di registrazione) della legge sulle stampa (l. 8 febbraio 1948, n. 47). La l. 62/2001, operando un rinvio specifico e limitato dimostra esattamente il contrario di quanto sostenuto dal giudice di primo grado e cioè che la normativa sulla stampa non sarebbe autonomamente applicabile, essendo necessario tal fine un richiamo espresso di singole disposizioni.

La circostanza, poi, che il contenuto del periodico possa essere copiato e riprodotto, ovvero stampato dai lettori, non muta i termini della questione, dato che la riproduzione su un supporto fisico per poter essere considerata stampa ai sensi della legislazione speciale dell'art. 57 c.p. deve precedere la distribuzione ed essere a questa finalizzata, oltreché realizzata dall'Editore; pertanto, nessun rilievo ha la riproduzione fisica su carta operata dall'Editore, non solo perché meramente eventuale (ed in alcuni casi anche impossibile; si pensi alle notizie divulgate in Internet tramite filmati o registrazioni audio), ma anche perché non finalizzata alla distribuzione; e d'altronde, una eventuale distribuzione successiva alla pubblicazione in Internet, operata da soggetti terzi, potrebbe comportare esclusivamente una responsabilità di questi ultimi, sfuggendo tale condotta a qualsiasi controllo da parte dell'editore e del direttore responsabile della rivista (e d'altronde verrebbe totalmente meno, in questo caso, il nesso causale).

Esistono poi altri profili per i quali le pubblicazioni on-line non possono essere ricondotte al concetto di stampa periodica; tali profili sono stati esaurientemente e condivisibilmente esaminati dalla sentenza di questa sezione, richiamata in apertura della motivazione, cui si rimanda per ogni ulteriore approfondimento.

Deve quindi ritenersi, conclusivamente, che il periodico on-line non possa essere considerato "stampa" ai sensi dell'art. 57 c.p. e che pertanto la condotta contestata alla H., di non aver impedito la commissione del reato di diffamazione in danno di P.V., non sia prevista dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

F. Caringella

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