Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
Sezione I
Sentenza 20 marzo 2014, n. 481

FATTO

1. Bianchi Fernando e Cundari Teresa sono proprietari di un immobile ad uso abitazione sito in San Mauro Torinese, via Pescatori n. 117.

Detto edificio confina con l'immobile di proprietà dei signori Bolognese e Gioia, costruito in aderenza e situato al civico numero 115.

Trattasi di edifici di antica costruzione, situati in area classificata come nucleo storico secondario (NS.C.4) dalle N.T.A. del vigente P.R.G. del Comune di San Mauro Torinese.

2. Secondo la narrativa contenuta in ricorso, nella primavera del 2008 i ricorrenti notavano che nell'edificio confinante erano in corso lavori relativi al tetto e alla costruzione di un abbaino.

Ritenendo tali lavori lesivi dei loro diritti, gli stessi inviavano un esposto al Comune sollecitando l'adozione degli opportuni provvedimenti inibitori. Alla segnalazione non faceva seguito alcun riscontro formale, ma i proprietari confinanti provvedevano spontaneamente alla demolizione delle opere in corso di costruzione.

3. Nel luglio 2008 i ricorrenti constatavano che i lavori nell'edificio confinante erano nuovamente iniziati e che venivano portati avanti con modalità diverse rispetto a quelle riscontrate in precedenza.

Conseguentemente in data 4 luglio 2008 inviavano un nuovo esposto al Comune di San Mauro, segnalando irregolarità edilizie costituite dall'innalzamento del tetto e dalla costruzione dell'abbaino a distanza non regolamentare.

Il Comune non dava riscontro all'esposto né interveniva in merito all'esecuzione delle opere suddette.

4. Nel settembre 2008, tramite il proprio tecnico geom. Augelli, i ricorrenti venivano a conoscenza del fatto che per i lavori suddetti erano state presentate una prima D.I.A. in data 13 febbraio 2008, e una seconda D.I.A. in variante in data 28 luglio 2008.

In data 23 ottobre 2008 i signori Bianchi inviavano un ulteriore esposto al Comune, richiedendo copia della documentazione e notizia della data di eventuale perfezionamento della D.I.A. Inoltre l'amministrazione veniva nuovamente sollecitata all'adozione dei provvedimenti di propria competenza. Al sollecito non seguiva risposta.

5. I ricorrenti davano quindi corso alla presente impugnativa, avverso i titoli abilitativi formatisi sulle menzionate D.I.A.

6. Col primo motivo, i ricorrenti lamentano, nell'ordine: a) che l'intervento ha aumentato le quote di colmo e di imposta del tetto, in contrasto con le N.T.A. pertinenti alla zona; b) che sussiste un'ulteriore violazione dell'art. 2.1 N.T.A. in quanto la realizzazione dei due nuovi abbaini comporta l'inquadramento dell'intervento nella categoria della "ristrutturazione tipo B": con tale intervento il P.R.G. consente la costruzione di abbaini ma solo in presenza di condizioni che, nel caso, non si sa se siano presenti (rispetto dimensioni, parere preventivo della CIE ecc.); c) che l'intervento ha determinato una "sopraelevazione", in violazione dell'art. 2.1 delle N.T.A. il quale richiede una distanza di m. 5 dal confine (mentre gli abbaini sono a m. 0,75 dal confine).

Col il secondo motivo, i ricorrenti: a) assumono la violazione dell'art. 22 d.P.R. 380/2001, in quanto l'intervento non sarebbe stato assentibile con D.I.A. ex art. 22, commi 1 e 2 (che disciplina interventi conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici) ma semmai con D.I.A. ex art. 22, comma 3; b) sostengono, inoltre, che i lavori oggetto della D.I.A. in variante, presentata il 28 luglio 2008, sarebbero iniziati prima del termine e, pertanto, anche sotto questo profilo risulterebbero "abusivi".

Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano travisamento, scarsa istruttoria e difetto di motivazione.

7. Si è costituita la sola amministrazione resistente, contestando gli assunti avversari ed eccependo, con la memoria depositata in data 3 febbraio 2014, la tardività del ricorso rispetto alla D.I.A. del 13 febbraio 2008, rispetto alla quale la successiva variante del 28 luglio 2008 risulterebbe pienamente confermativa, salvo per quanto riguarda la limitata innovazione relativa alla posizione degli abbaini.

8. Va dato atto che a seguito della pronuncia dell'ordinanza cautelare emessa da questo TAR, n. 1054/2008, con la quale, essendosi ravvisato il fumus di fondatezza del ricorso, si sollecitava il riesame della pratica da parte del Comune, il responsabile del procedimento ha relazionato gli esiti dei nuovi accertamenti, con nota del 7 settembre 2010.

9. A seguito dello scambio di ulteriori memorie in vista della discussione, il ricorso è stato trattenuto a decisione all'esito dell'udienza pubblica del 6 marzo 2014.

DIRITTO

1. È utile osservare, con riguardo al profilo preliminare della tempestività del ricorso in esame, notificato in data 14 novembre 2008, che lo stesso ha fatto seguito al silenzio inadempimento tenuto dall'amministrazione a fronte dell'esposto del 23 ottobre 2008, con il quale i ricorrenti avevano richiesto copia della documentazione relativa alla pratica di D.I.A. e avevano sollecitato l'adozione da parte del Comune dei provvedimenti di propria competenza.

1.1. Il ricorso è configurato come impugnativa sia del titolo abilitante tacitamente formatosi a seguito di presentazione di D.I.A., sia del comportamento inerte tenuto dall'amministrazione in merito alla suddetta denuncia.

1.2. L'approdo interpretativo in materia di denuncia di inizio attività - da ultimo definitivamente avallato dallo stesso legislatore con le modifiche introdotte all'art. 19, comma 6-ter, della l. n. 241 del 1990 dal d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in l. n. 148 del 2011 - include la D.I.A. (ora S.C.I.A.) tra i moduli di liberalizzazione dell'attività privata, escludendo che la stessa costituisca provvedimento tacito direttamente impugnabile. Gli interessati possono quindi agire sollecitando l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all'art. 31 c.p.a. ovvero impugnare i "provvedimenti espressi" adottati dall'amministrazione su sollecitazione degli stessi controinteressati (cfr. Cons. St., sez. IV, 10 luglio 2013, n. 3666; T.A.R. Napoli, sez. II, 21 giugno 2013, n. 3195).

1.3. È pur vero che gli atti oggetto del presente ricorso risalgono all'anno 2008 e si collocano quindi in un contesto temporale in cui, stante la precedente formulazione dell'art. 19 della l. n. 241 della 1990, appariva esatta la contestazione della D.I.A. mediante ordinario ricorso per l'annullamento di atto provvedimentale della pubblica amministrazione, secondo il consueto canone impugnatorio.

La trattazione e la decisione dell'impugnativa, tuttavia, avvengono in un mutato contesto normativo, che fa seguito alla sentenza del Consiglio di Stato, Ad. plen. n. 15 del 2011 (che aveva riconosciuto la natura di atto privato dell'atto, costruendo un meccanismo di difesa fondato sull'azione di accertamento) oltre che alla citata modifica del predetto art. 19 della l. n. 241 del 1990 (operata dall'art. 6 del d.l. n. 138 del 13 agosto 2011, convertito in l. 14 settembre 2011 n. 148), realizzata mediante l'aggiunta del comma 6-ter, che sancisce espressamente la natura non provvedimentale della D.I.A. e rinvia a meccanismi sollecitatori della pubblica amministrazione per consentire la tutela dei terzi lesi.

1.4. Pertanto, esclusa la possibilità - alla luce del mutato contesto legislativo - dell'esperibilità dell'azione di annullamento, non resta che configurare la domanda in esame, ricorrendone i requisiti sostanziali e processuali, come finalizzata a sindacare il silenzio serbato dall'amministrazione, ovvero il mancato esercizio dei poteri inibitori che le competono (art. 19, comma 3, l. 241/1990).

1.5. Va da sé che la tutela del terzo controinteressato, in ipotesi di ricorso avverso il silenzio inadempimento, deve essere necessariamente mediata dalla presentazione di un'istanza all'amministrazione diretta a sollecitare l'esercizio dei poteri dei quali quest'ultima è attributaria; e nella diversa ipotesi in cui, a seguito dell'istanza, l'amministrazione si sia determinata con un provvedimento espresso, il privato potrà avvalersi dell'azione di annullamento.

1.6. Il ricorso qui all'esame si inquadra nel primo schema sopra delineato, avendo fatto seguito ad un esposto inoltrato all'amministrazione in data 23 ottobre 2010 e rimasto senza esito. Esso deve quindi ritenersi ammissibile e tempestivo alla stregua del termine decadenziale individuato dall'art. 31, comma 2, c.p.a.

1.7. Quanto all'obiezione sollevata dal Comune secondo cui la variante del 28 luglio 2008 risulterebbe sostanzialmente ripetitiva della precedente D.I.A. del 23 febbraio 2008, salvo che con riguardo alla posizione degli abbaini, fa fede l'accertamento condotto dal Comune e i cui esiti sono riportati nella relazione del 7 settembre 2010. Vi si legge che "come da verbale di sopralluogo di cui alla nota Prot. No 5303 in data 10 agosto 2009 e relativa tavola grafica allegata allo stesso, è stato accertato che le quote e misurazioni delle opere realizzate sono difformi rispetto a quelle riportate nei disegni della D.I.A. originaria. In particolare risultano modificate le linee di gronda e di colmo originarie con conseguente innalzamento, seppure modesto, dell'altezza del tetto". Pertanto, appurata l'innovatività degli abusi contestati con l'esposto del 23 ottobre 2010, è con riferimento a tale sollecito che va accertata la tempestività dell'iniziativa processuale.

2. Nel merito, occorre premettere che ai sensi del punto 2 del citato art. 3.1.3, nelle zone NSC4 sono consentiti interventi edilizi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo, nonché di ristrutturazione di tipo A e B.

2.1. L'accertamento condotto sul punto dall'amministrazione a seguito della misura cautelare adottata con ordinanza del 19 dicembre 2008 (e le cui risultanze sono riportate nella relazione del 7 settembre 2010) ha appurato - in sostanziale adesione alle censure svolte in ricorso - che a seguito dell'ultimo intervento edilizio risultano modificate le linee di gronda e di colmo originarie, con conseguente innalzamento, seppure modesto, dell'altezza del tetto, fattore quest'ultimo che comporta, di fatto, la violazione delle prescrizioni di cui agli art. 3.1.3 e 2.1 lett. b).

2.2. Come esposto, il comma 2 dell'art. 3.1.3 delle N.T.A. ammette, in assenza di piano esecutivo, interventi edilizi fino alla ristrutturazione di tipo B.

2.3. Nella disciplina relativa a tale tipo di intervento (lettera b dell'art. 2.1 - recante disposizioni per la realizzazione d'interventi di ristrutturazione edilizia di tipo B) la variazione delle quote d'imposta e di colmo delle coperture viene ammessa "in misura modesta e comunque strettamente necessaria per raggiungere l'altezza minima dei locali abitabili in caso di volumi esistenti". Nel caso in esame, i locali non sono abitabili e quindi la variazione di quota non è assentibile ai sensi della citata disposizione.

2.4. La stessa norma consente l'innalzamento fino a mt. 1,00 delle suddette quote delle coperture, "per migliorie funzionali o strutturali... che non consentano comunque il raggiungimento dei requisiti di abitabilità dei locali sottostanti"; e tuttavia esclude dal beneficio "il nucleo storico principale e quelli secondari". L'immobile in esame ricade, come già evidenziato, in area classificata come nucleo storico secondario (NS.C.4). Anche sotto questo specifico profilo, quindi, la variazione di quota non è conforme alle N.T.A.

2.5. Per effetto di ciò consegue - secondo la valutazione del Comune contenuta nella citata relazione - che "l'intervento non ha i requisiti della ristrutturazione di tipo B, bensì, per via della seppur modesta sopraelevazione e contestuale variazione delle originarie quote di colmo e d'imposta, andrebbe a ricadere nella casistica di cui alla voce "Interventi edilizi di nuova costruzione del predetto art. 2.l", il quale prevede una distanza minima dai confini pari a m t. 5,00".

2.6. È quindi fondata l'articolata censura contenuta in ricorso secondo cui l'intervento non è conforme alle N.T.A. del P.R.G. del Comune di San Mauro Torinese; esso non è qualificabile come ristrutturazione di tipo B, bensì come intervento edilizio di nuova costruzione; come tale è assoggettabile non già alle procedure di cui all'art. 22, comma 1 e 2, ma a quelle di cui al comma 3, lettera a), del d.P.R. n. 380/2001.

È utile ricordare che detta disposizione contempla il ricorso alla D.I.A. alternativo al permesso di costruire di cui all'art. 10, comma 1, lettera c), per quegli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino, tra gli altri risultati, modifica della sagoma, aumento del volume e sopraelevazione.

A tale regime edilizio si correlano le sanzioni di cui agli artt. 31, comma 9-bis, 33, commi l e 2, 36, 38 e 44 del d.P.R. n. 380/2001.

2.7. Per concludere sul punto, appare priva di pregio l'affermazione contenuta nella memoria della parte resistente del 3 febbraio 2014, secondo cui il contestato innalzamento delle quote sarebbe giustificato nell'ambito del soddisfacimento di un'esigenza di risparmio energetico e quindi in attuazione delle disposizioni regionali in materia di cui alla l.r. 13/2007. Come rilevato dalla stessa amministrazione comunale nella nota del 7 settembre 2010, nella pratica edilizia all'esame e nel relativo fascicolo non risulta alcun richiamo a tale normativa, sicché il riferimento ad essa operato solo in questa sede processuale risulta incongruo ai fini della valutazione di legittimità all'attività edilizia avviata con la D.I.A. in contestazione.

3. Quanto alla realizzazione degli abbaini muniti di finestra sul tetto dei fabbricati, va condivisa la conclusione cui perviene la relazione del 7 settembre 2010 secondo cui trattasi di opera: a) che determina un aumento di volumetria e che incide sulla sagoma dell'edificio (T.A.R. Napoli, sez. VII, 9 giugno 2010, n. 13309; T.A.R. Veneto, sez. II, 7 marzo 2003, n. 1692; Cons. St., sez. V, 14 giugno 1996, n. 689); b) che, quindi, rientra nella tipologia della ristrutturazione "con mutamento di sagoma" , subordinata a permesso di costruire ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera "c" del d.P.R. n. 380/2001; c) che, infine, fuoriuscendo dalla sagoma preesistente della copertura del tetto, è da considerarsi "costruzione" - agli effetti delle distanze previste dall'art. 873 del Codice Civile e dalle norme dei regolamenti integrativi della disciplina codicistica - come tale dovendosi intendere, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, qualsiasi opera non completamente interrata, avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione (Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2013, n. 72; Id., sez. II, 22 febbraio 2011, n. 4277; Id., sez. II, 4 ottobre 2005 , n. 19350).

4. La fondatezza delle censure esaminate integra anche l'ulteriore vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti, dedotto con il terzo motivo di ricorso.

5. Sulla scorta dei dati assodati sopra esposti, va affermata l'illegittimità del comportamento tenuto dal Comune di San Mauro Torinese che avrebbe dovuto, a seguito di verifica circa la sussistenza dei presupposti e dei requisiti della DIA in variante, esercitare i propri poteri inibitori, impedendo la prosecuzione dell'attività edilizia, in quanto elusiva della disciplina urbanistica vigente.

Ne discende quindi l'illegittimità del silenzio serbato.

6. Appare applicabile, inoltre, l'art. 31 del codice del processo amministrativo, che afferma che "il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione". Nel caso in esame, la discrezionalità amministrativa è esaurita, stante la natura vincolata dei compiti in materia edilizia, sia in rapporto ai profili abilitativi che a quelli sanzionatori, e in considerazione del fatto che gli adempimenti istruttori risultano compiuti sulla base degli accertamenti condotti dal responsabile del procedimento, di cui si è dato ampio conto.

Residua quindi in capo al Comune il solo compito di provvedere all'esecuzione della presente decisione, adottando i provvedimenti sanzionatori di cui all'art. 31 e seguenti del d.P.R. n. 380 del 2001.

Stante la complessità dei profili istruttori sottesi alla vicenda, si ravvisano giusti motivi di compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso ai sensi di cui in motivazione e per l'effetto ordina al Comune di San Mauro Torinese di provvedere a quanto richiesto entro il termine di giorni sessanta dalla notificazione della presente sentenza.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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