Corte di cassazione
Sezione I civile
Sentenza 21 marzo 2014, n. 6743

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 15 settembre 1997 L. Giovanni Battista e L. Matteo convenivano in giudizio il Comune di Oniferi davanti alla Corte d'appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari, opponendosi alla stima e chiedendo la determinazione dell'indennità di occupazione e di esproprio relativamente a terreni di loro proprietà, assoggettati a procedura espropriativa da parte dell'amministrazione convenuta.

Si costituiva in giudizio il Comune di Oniferi contestando il fondamento della domanda, di cui chiedeva il rigetto.

Con sentenza depositata l'8 giugno 2006 la Corte d'appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari, determinava l'indennità di esproprio in euro 55.958,33 e l'indennità di occupazione nella somma corrispondente a 1/12 annuo dell'indennità di esproprio per la durata del periodo di occupazione: escludeva di dover riconoscere indennità per il soprassuolo boschivo attesa la natura edificatoria del terreno.

Ricorrono per cassazione L. Giovanni Battista e L. Matteo affidandosi a tre motivi, al cui accoglimento si oppone con controricorso il Comune di Oniferi, illustrato da memoria.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, L. Giovanni Battista e L. Matteo, denunciando omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver negato l'indennità di soprassuolo per essere lo stesso indennizzato come edificabile, mentre l'edificabilità riguarda solo il 20% della superficie, restando l'80% di natura agricola, e quindi suscettibile di autonoma valutazione.

Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 39 l. 25 giugno 1865, n. 2359, censurano la sentenza impugnata per non aver compreso nel giusto prezzo del terreno espropriato in una libera contrattazione di compravendita il valore di un bosco secolare di 205 piante di alto fusto, sul quale grava vincolo idrogeologico.

Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c., censurano la sentenza impugnata per aver compensato le spese, nonostante che il Comune fosse rimasto soccombente.

Preliminarmente, non è nuova la domanda di indennità per il soprassuolo, come eccepito dal controricorrente, essendo stata oggetto di specifica considerazione da parte della Corte d'appello, e dovendo comunque considerarsi la relativa pretesa ricompresa nella domanda di determinazione dell'indennità di espropriazione, che deve riguardare l'intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo (Cass. 21 novembre 2001, n. 14640).

Il primo motivo è infondato.

Sfugge alla censura di vizio di motivazione il capo della sentenza che giustifica l'esclusione di una componente aggiuntiva all'indennità, reclamata per il soprassuolo arboreo, che il giudice ritiene incompatibile, in base ad una considerazione unitaria del fondo, con il riconosciuto carattere edificabile del fondo. L'articolazione del ragionamento è logica, muove dall'esatto presupposto della necessità di considerazione unitaria del fondo, atteso che, nella fondamentale bipartizione dei suoli agli effetti della valutazione indennitaria, come edificabili e non edificabili (art. 5-bis d.l. 11 luglio 1992, n. 333, conv. in l. 8 agosto 1992, n. 359, il cui comma 3 è tuttora vigente), la qualificazione del bene espropriato richiede una risposta unitaria che non ammette artificiosi frazionamenti.

L'immobile espropriato, di proprietà L., ha ricevuto una stima di quanto poteva esprimere in termini di sfruttamento edilizio, nel suo complesso, attese le caratteristiche fisiche e geomorfologiche che ne hanno determinato una specifica destinazione urbanistica.

Si dimostra invece fondato il secondo motivo.

La giurisprudenza di questa Corte, nell'applicazione dell'art. 5-bis, sia per i suoli edificabili, che per i suoli agricoli, per i quali richiama i criteri di cui all'art. 16 l. 22 ottobre 1971, n. 865, ha sempre escluso la possibilità di un indennizzo aggiuntivo per il soprassuolo arboreo: nel primo caso, si è ritenuto che l'indennità fosse incompatibile con uno sfruttamento agricolo, e, nel secondo caso, il valore tabellare era commisurato di per sé al tipo di piantagioni effettivamente praticate sul suolo (Cass. 9 marzo 2004, n. 4732; 19 maggio 2006, n. 11848; 20 novembre 2006, n. 24580; 21 maggio 2007, n. 11782).

È opinione del collegio che la questione debba essere rimeditata, alla luce dell'evoluzione del sistema indennitario, per la caratterizzazione che esso ha ricevuto dagli interventi della Corte costituzionale, anche alla luce delle sollecitazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, e della evoluzione normativa.

La sequenza delle sentenze Corte cost. 24 ottobre 2007, n. 348 e 349 e 11 giugno 2011, n. 181, ha indissociabilmente agganciato l'indennizzo espropriativo al valore venale del bene. Il serio ristoro che l'art. 42, terzo comma, Cost., riconosce al sacrificio della proprietà per motivi d'interesse generale, si identifica oggi con il giusto prezzo nella libera contrattazione di compravendita, posto che la dichiarazione d'incostituzionalità dei criteri riduttivi ha fatto rivivere il criterio base di indennizzo, che la fondamentale legge sulle espropriazioni aveva sancito. L'art. 39 l. 25 giugno 1865, n. 2359 è stato riconosciuto applicabile alle questioni già soggette al pregresso regime riduttivo (Cass. 8 maggio 2008, n. 11480; 21 giugno 2010, n. 14939; 19 marzo 2013, n. 6798), e comunque la nuova disciplina di cui all'art. 37, comma 1, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 2, comma 90, l. 24 dicembre 2007, n. 244, è ispirata al valore venale.

L'unico limite, dettato dal principio di legalità, è costituito dalla disciplina urbanistica del suolo indennizzabile, giacché le regole di mercato non possono travalicare la destinazione che al bene è imposta dalla razionale programmazione del territorio, anche in vista del raggiungimento dell'interesse pubblico alla conservazione di spazi a beneficio della collettività, e per la realizzazione di servizi pubblici.

Il che comporta, soprattutto, che il terreno agricolo, e il suolo che secondo la disciplina urbanistica è da considerare inedificabile in virtù dell'imposizione di un vincolo conformativo, non possono ricevere surrettizie valorizzazioni edificatorie.

La svincolo dalla rigidità delle formule mediane e dei parametri tabellari, induce ora a dare rilievo a ciò che contribuisce a connotare l'identità fisica e urbanistica del suolo, tenendo conto delle possibili componenti idonee a conferirgli particolari condizioni di sicurezza, utilità e amenità. La stessa legge fondamentale sulle espropriazioni, che torna ad essere applicabile con la dichiarazione di incostituzionalità dei criteri riduttivi dell'indennità, dispone (art. 43) che nel computo dell'indennità debba tenersi conto "delle costruzioni, delle piantagioni e delle migliorie", purché non apprestate allo scopo di far lievitare l'indennità: analogamente il d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, nel formulare le disposizioni generali nella determinazione del valore del bene (art. 32, comma 2).

Come si vede, qualora le piantagioni che insistono sul suolo espropriato contribuiscano a connotarne le caratteristiche fisiche, tanto da incidere sul valore e contribuire all'appetibilità dello stesso ove inserito in un mercato virtuale, del relativo valore occorre tenere conto. Così come questa Corte ha resto rilevato già in relazione ai manufatti insistenti su di un terreno agricolo (Cass. 8 agosto 2001, n. 10930; 17 ottobre 2000, n. 13782), ovvero edificatorio che siano tali da incrementarne il valore (Cass. 12 dicembre 2005, n. 27381; 10 giugno 1997, n. 5183). La fattispecie in esame costituisce tipica esemplificazione di detta disposizione legislativa, atteso che il bosco di querce che la sentenza rileva sul terreno oggetto di stima, presenta stretta connessione con il vincolo idrogeologico che grava sulla zona, oltre che rappresentare, presumibilmente, interesse paesaggistico, secondo la previsione dell'art. 142, comma 1, lett. g), d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

La sentenza è dunque da cassare con rinvio alla sezione distaccata della Corte d'appello di Cagliari, che nel provvedere sulla domanda di determinazione dell'indennità di esproprio si atterrà al seguente principio di diritto: "Ai fini della determinazione dell'indennità di esproprio per suoli che, quale ne sia la destinazione, dispongano di un soprassuolo arboreo idoneo a conferire particolari condizioni di sicurezza, utilità e amenità, dovrà tenersi conto dell'aumento di valore di cui il suolo viene a beneficiare".

Il terzo motivo è assorbito, dovendo il giudice di rinvio provvedere ad una nuova regolamentazione delle spese del giudizio di merito, oltre che a quelle di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo. Rigetta il primo motivo. In relazione alla censura accolta cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d'appello di Cagliari.

A. Di Tullio D'Elisiis

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