Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I
Sentenza 27 marzo 2014, n. 3398

FATTO

1. Con il provvedimento n. 23770 del 25 luglio 2012 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha imputato a Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a., società posta al vertice dell'omonimo gruppo attivo nel settore dei servizi di trasporto ferroviario, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., gestore dell'infrastruttura ferroviaria italiana, e Trenitalia s.p.a., principale impresa ferroviaria nazionale, queste ultime società di cui FS detiene il 100% del capitale sociale, un abuso di posizione dominante contrario all'articolo 102 del TFUE, che ha avuto l'effetto prima di ostacolare poi di estromettere la società Arenaways dal mercato del trasporto ferroviario passeggeri.

Le condotte contestate a FS e alle sue controllate RFI e Trenitalia trovano la loro origine nella richiesta presentata nell'aprile 2008 da Arenaways a RFI di accesso all'infrastruttura ferroviaria, nell'ambito di un percorso articolato ad anello tra le città di Torino e Milano, con una serie di fermate intermedie.

Espone il provvedimento che RFI, per favorire Trenitalia, ha ingiustificatamente ostacolato il richiesto accesso, mettendo le tracce a disposizione di Arenaways solo a novembre 2010 e per la sola tratta Torino-Milano, senza fermate intermedie.

La condotta dilatoria si è sostanziata, secondo l'Autorità, nell'avvio strumentale da parte di RFI di una "procedura di consultazione" nei confronti delle regioni Piemonte e Lombardia, della Direzione generale per il trasporto ferroviario del Ministero dei trasporti (MIT-DGTF), dell'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF), ciò che ha determinato il significativo ritardo della conclusione del processo di assegnazione delle tracce, nonostante le ripetute sollecitazioni in tal senso pervenute sia dalla DGTF-MIT che dall'URSF.

Il provvedimento evidenzia poi che, a partire da maggio 2010, RFI ha indebitamente subordinato la procedura di assegnazione delle tracce ad Arenaways alle decisioni assunte dall'URSF ex articolo 59 della legge n. 99 del 2009.

Intimato alle dette società di astenersi in futuro dal porre in essere un comportamento analogo a quello oggetto dell'accertata infrazione, il provvedimento sanzionatorio indi:

- ha irrogato in solido a Ferrovie dello Stato e Rete Ferroviaria Italiana una sanzione amministrativa pecuniaria complessiva pari a Euro 100.000;

- ha irrogato in solido a Ferrovie dello Stato e Trenitalia una sanzione amministrativa pecuniaria complessiva pari a Euro 200.000.

Le predette sanzioni sono state parametrate al minimo, avendo l'Autorità rilevato nella fattispecie l'elemento di novità (ritenuto peraltro non incidente sulla esistenza e sulla gravità dell'abuso) consistente nella decisione resa dall'URSF - che si afferma essere stato indotto in errore da Trenitalia - in ordine alla compromissione dei servizi prospettati da Arenaways sul contratto di servizio di Trenitalia, costituente la prima decisione emessa in vigenza dell'art. 59 della legge n. 99 del 2009.

2. Con il ricorso n. 9330 del 2012 Ferrovie dello Stato ha impugnato l'atto sanzionatorio di cui sopra, formulando le seguenti censure.

1) Erroneità dell'identificazione della condotta imputata a FS, eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e illogicità della motivazione, violazione dell'art. 2 del reg. (CE) n. 1/2003, con riguardo alla mancata contestazione a FS di alcuna condotta che possa integrare e concretizzare l'accusa di aver svolto un ruolo autonomo nelle infrazioni, in particolare istigando e facilitando, sia pure indirettamente, RFI e Trenitalia nel commettere le violazioni che la decisione ha imputato loro.

Le condotte di RFI e Trenitalia sarebbero pienamente legittime.

Il provvedimento farebbe gravare su FS una responsabilità personale e diretta senza contestare in concreto alcuna specifica condotta, neanche nella forma della direttiva o istruzione, avente a oggetto l'istigazione o la facilitazione, sia pure indiretta, delle violazioni in ipotesi commesse dalle controllate.

L'unico elemento che emergerebbe dall'istruttoria nei confronti di FS è che la società ha avuto notizia della vicenda controversa attraverso sporadiche comunicazioni, indirizzatele in copia e a titolo meramente informativo, sia da RFI e Trenitalia che dai soggetti pubblici coinvolti, ciò che non assolverebbe l'onere probatorio incombente sull'Autorità ai sensi dell'art. 2 del reg. (CE) n. 1/2003.

Ben consapevole della impossibilità di sostanziare l'accusa relativa a un ruolo autonomo assunto nella vicenda dalla capogruppo, il provvedimento imputerebbe alla società anche la responsabilità oggettiva a titolo presuntivo, peraltro mal costruendola.

2) Erroneità della formulazione dell'infrazione contestata ("articolata e unitaria strategia escludente di FS per il tramite delle proprie controllate RFI e Trenitalia) - Mancato assolvimento dell'onere probatorio in ordine alla connessione e integrazione risultante dal coinvolgimento attivo e dal coordinamento unificante della capogruppo tra le distinte e autonome condotte delle due società controllate di FS.

Mancherebbe del tutto la prova del coinvolgimento diretto di FS e indi della sussistenza della contestata "articolata e unitaria strategia" di gruppo, che sarebbe stata costruita come un assioma, atteso che il provvedimento non menzionerebbe mai condotte di FS.

L'asserita strategia escludente di gruppo non sarebbe mai stata ipotizzata prima dell'estensione del procedimento a Trenitalia, avvenuta nel 2001, e della CRI, la quale pure non menzionerebbe alcun elemento a sostegno dell'effettivo accertamento della sua sussistenza.

Tale grave scarto logico nell'iter argomentativo dell'Autorità avrebbe formato la base della duplice responsabilità attribuita a FS, che innesterebbe surrettiziamente sull'area dei fatti accertati e contestati sulla base della responsabilità oggettiva un blocco aggiuntivo privo di riscontri concreti e indicativo dell'ambiguità di fondo del provvedimento.

3) Erronea attribuzione a FS della responsabilità per asserita violazione dell'art. 102 TFUE da parte di RFI e Trenitalia in virtù della presunzione di esercizio effettivo di un'influenza determinante sulla politica commerciale della controllata da parte della società madre che ne detenga l'intero capitale sociale - Eccesso di potere per travisamento dei fatti e insufficienza della motivazione in relazione alla valutazione degli elementi, avanzati da FS, relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che la uniscono a RFI e Trenitalia - Falsa applicazione del principio giurisprudenziale della presunzione semplice di esercizio effettivo di un'ingerenza determinante e violazione dei principi generali del diritto UE.

FS avrebbe fornito elementi dimostrativi dell'autonomia che caratterizzava i comportamenti di RFI e Trenitalia al tempo degli asseriti illeciti, utili a sottrarre, secondo la giurisprudenza UE relativa alle prove vertenti sui vincoli economici, organizzativi e giuridici tra una società e le sue controllate, FS dall'imputazione di ogni responsabilità come società controllante.

L'esercizio di un'influenza determinate di FS sulle società controllate non sarebbe possibile neanche in astratto.

In via generale, la direzione unitaria di cui all'art. 2497 e ss. c.c. non implicherebbe, neanche per il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, caratterizzato da un complesso di società' con unitaria attività di direzione e di coordinamento, un vero e proprio accentramento di funzioni in capo alla holding, risolvendosi in un'attività di coordinamento, pianificazione e indirizzo dell'attività esercitata al livello delle controllate.

Nello specifico, le condotte contestate atterrebbero a un procedimento di accesso all'infrastruttura ferroviaria, che sarebbe di esclusiva pertinenza del Gestore dell'infrastruttura e, indi, di RFI, ai sensi della disciplina regolatoria della materia, nonché dell'atto di concessione di cui al d.m. 31 ottobre 2000, n. 138T, che disciplina i rapporti tra lo Stato-concedente e RFI-concessionario insieme al Contratto di programma 2007-2011 sottoscritto da RFI e dal Ministero delle infrastrutture nell'ottobre 2007, successivamente aggiornato.

FS non avrebbe alcun potere di direzione e di coordinamento per quanto attiene alle funzioni sensibili affidate a RFI quale Gestore dell'infrastruttura ferroviaria, attesa l'autonomia e l'indipendenza che caratterizza il Gestore ai sensi dell'art. 11 del d.lgs. 8 luglio 2003, n. 188, recante attuazione di direttive CE in materia ferroviaria, e l'obbligo di conformarsi a principi di trasparenza, equità e non discriminazione su di esso incombente in virtù dell'Atto di concessione, che sottopone il gestore al controllo e alla vigilanza dell'amministrazione concedente e dell'URFS: tali conclusioni sarebbero anche racchiuse nel verbale del consiglio di amministrazione di RFI del 28 gennaio 2004.

La ricorrente, quale holding pura, non eserciterebbe neanche un'influenza determinante nella politica commerciale delle società operative, provviste di distinti organi societari e di un proprio management, con piena responsabilizzazione e autonomia operativa anche per le decisioni di investimento, i budget e le linee di piano, successivamente consolidati a livello di gruppo, limitandosi la capogruppo a controllare che tali scelte siano indirizzate alla massimizzazione di valore.

Non sussisterebbe interlocking directorate tra le tre società, come emergerebbe dai prospetti illustrativi della composizione dei c.d.a. di FS, RFI e Trenitalia prodotti all'Autorità. Lo statuto di RFI farebbe addirittura divieto di nominare amministratori della società coloro che rivestono funzioni di amministratore nella società controllante, ovvero in società sottoposte al comune controllo, laddove operanti nel settore dei servizi ferroviari di trasporto.

RFI e Trenitalia gestirebbero in maniera autonoma le loro partecipazioni societarie, né vi sarebbe ingerenza di FS nelle strategie commerciali e di prezzo, in particolare per quanto concerne i prezzi, regolamentati, applicati da RFI per l'accesso all'infrastruttura e i contratti di servizio negoziati e conclusi da Trenitalia con le competenti amministrazioni.

L'autonomia che caratterizzerebbe le tre società si sarebbe riflessa anche nelle modalità di partecipazione al procedimento istruttorio conclusosi con l'atto gravato.

L'Autorità non avrebbe assolto in alcun modo l'onere di valutare le deduzioni di FS in ordine ai punti che precedono al fine di rovesciare la presunzione semplice di esercizio effettivo di un ingerenza determinate e di motivare il loro rigetto, limitandosi a ribadire in termini laconici e apodittici quanto già affermato nella CRI in ordine alla responsabilità della società e contrastando il fondamentale argomento dell'autonomia del Gestore con l'illogica e contraddittoria affermazione che tale autonomia sarebbe garantita solo nei confronti di Trenitalia.

Il provvedimento avrebbe mal affrontato la questione costituita dal controllo che il MIT deve effettuare sul Gestore, superata con il mero richiamo a una risalente decisione della Commissione (27 agosto 2003 ex art. 82 CE nel caso GVG/FS).

I tre documenti richiamati per affermare l'ingerenza determinante di FS sarebbero completamente estranei alle vicende contestate nel provvedimento.

L'Autorità non avrebbe preso una posizione circostanziata sugli elementi di prova forniti da FS allo scopo di inficiare la presunzione derivante dalla sua partecipazione nel capitale di RFI e Trenitalia e non avrebbe motivato la propria conclusione circa l'imputazione dell'infrazione alla ricorrente.

4) Difetto di competenza in capo all'Autorità - Eccesso di potere per straripamento - Violazione del principio di specialità.

L'Autorità avrebbe affermato ed esercitato un potere esorbitante dalle proprie attribuzioni, stante le competenze in materia di vigilanza sulla concorrenza nel mercato di cui trattasi e di risoluzione delle relative controversie affidate in via esclusiva all'URSF dall'art. 37, d.lgs. 188/2003 e dall'art. 59 della l. 99/2009.

Anche laddove il conflitto tra le due attribuzioni possa essere composto sulla base non del principio di specialità (come statuito da C. Stato, A.P. nn. 11-13, 15 e 16 del 2012), alla cui luce l'Autorità sarebbe nella fattispecie del tutto incompetente, bensì di quello di complementarietà, l'Autorità (segnatamente ritenendo inattendibili i dati di Trenitalia trasmessi all'URSF nel corso del procedimento ex art. 59 l. 99/2009 e da questi condivisi) avrebbe comunque straripato dai propri poteri, avendo analizzato le condotte in parola sotto il profilo strettamente regolatorio, operando una valutazione di merito sull'impatto dei servizi proposti da Arenaways sull'equilibrio del servizio pubblico svolto da Trenitalia in assoluta contraddizione con quanto già ritenuto dall'organismo di regolazione.

5) In subordine, erronea imputazione a FS di condotte di RFI e Trenitalia legittime e anzi tutelate dall'ordinamento - Violazione dell'art. 3 della l. 287/10990 - Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta.

Laddove FS dovesse essere ritenuta responsabile delle condotte censurate con l'atto gravato, l'atto risulterebbe comunque illegittimo per la piena legittimità delle stesse.

5.1) Eccesso di potere per illogicità e travisamento dei fatti - Illegittima qualificazione della condotta di RFI come comportamento idoneo a impedire l'accesso di un'impresa alla rete ferroviaria - Mancato assolvimento dell'onere probatorio in ordine al nesso di causalità tra la condotta imputata a FS per il tramite di RFI e il presunto effetto escludente.

Non sarebbero stati dimostrati i presupposti dell'imputazione dell'abuso escludente in capo a FS per il tramite di RFI, con particolare riferimento alla qualificazione di Arenaways come "concorrente efficiente", alla natura abusiva della consultazione avviata da RFI e alla disparità di trattamento al riguardo realizzata da RFI in danno di Arenaways a fronte della richiesta di tracce per treni commerciali formulate da Trenitalia.

All'atto della richiesta di tracce orarie Arenaways non sarebbe stata in condizione di avviare il servizio commerciale, non essendo in possesso del certificato di sicurezza (ottenuto solo il 24 marzo 2010), ovvero di uno dei requisiti cui la normativa di riferimento subordina la sottoscrizione del contratto per la concessione dei diritti di utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria.

Proprio per tale ragione Arenaways avrebbe presentato al Gestore ripetute istanze di differimento della data di inizio della propria attività commerciale, non valutate dall'Autorità.

Anche se RFI non avesse avviato la consultazione, Arenaways non avrebbe potuto avviare l'attività.

Sarebbe pertanto comunque impossibile ascrivere a RFI e a FS la responsabilità dell'asserito abuso escludente.

5.2) Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta - Illegittima qualificazione della partecipazione di Trenitalia a procedimenti amministrativi di suo interesse come illecito antitrust - Mancato assolvimento dell'onere probatorio in ordine al nesso di causalità tra la condotta imputata a FS per il tramite di Trenitalia e il presunto effetto escludente - Inapplicabilità al caso di specie del precedente AstraZeneca.

La condotta di Trenitalia non potrebbe in ogni caso essere considerata causativa del supposto effetto escludente, stante l'interposizione tra essi dei legittimi provvedimenti adottati dall'URSF.

Lo stesso provvedimento riconoscerebbe esplicitamente che il fallimento di Arenaways sarebbe riconducibile alle limitazioni del servizio disposte da URSF con i provvedimenti nn. 589/2010 e 768/2011, che hanno vietato le fermate intermedie.

Sarebbe insussistente anche l'addebito di aver utilizzato strumentalmente i procedimenti amministrativi avviati da URSF per analizzare l'impatto dei servizi offerti da Arenaways sui Contratti di servizio pubblico, fornendo dati e informazioni oggettivamente fuorvianti e idonei a indurre in errore l'organismo di regolazione.

Sul tema, anzi, la valutazione dell'Autorità si sovrapporrebbe indebitamente a quella svolta dall'URSF nello specifico ambito di sua competenza quale regolatore del settore.

In particolare, l'Autorità avrebbe effettuato una nuova valutazione di merito della relazione trasmessa da Trenitalia all'URSF il 5 agosto 2010, ritenuta fuorviante stante la mancata condivisione da parte dell'Autorità di un criterio di calcolo del profitto ivi assunto (sottrazione del costo del capitale investito), senza spiegarne le ragioni e senza confutare la contraria determinazione assunta e mantenuta dall'URSF sia all'esito del procedimento di riesame, quando il procedimento qui contestato era già in uno stadio avanzato, sia successivamente.

Il nesso di causalità tra la condotta contestata a Trenitalia e la presunta esclusione dal mercato subita da Arenaways sarebbe pertanto interrotta dall'interposizione del provvedimenti dell'URSF.

Sarebbero completamente estranei alla vicenda i principi giurisprudenziali elaborati dalla giurisprudenza comunitaria per il caso AstraZeneca, in quanto nella fattispecie non potrebbe in alcun modo configurarsi un "inganno" nei sensi delineati dalla citata pronunzia, trattandosi di fornire all'autorità di regolazione da parte dell'incumbent non dati oggettivi, bensì valutazioni sull'interpretazione da conferire alle norme di riferimento, con piena possibilità per l'amministrazione di valutare l'attendibilità del contributo.

In realtà, come si evincerebbe da alcuni passaggi del provvedimento, e anche laddove l'Autorità richiama l'asimmetria informativa per effetto della quale la relazione di Trenitalia avrebbe costituito l'unico presupposto sul quale si è fondata la decisione URSF, l'Autorità stigmatizzerebbe più la debolezza e la limitatezza dell'operato dell'URSF, che ben avrebbe potuto disporre ogni ulteriore adempimento istruttorio ritenuto utile, che le "capacità manipolatorie" dell'impresa.

6) Erronea contestualizzazione della normativa di riferimento - Illogicità della considerazione della novità della condotta contestata ai soli fini del calcolo della sanzione e non anche ai fini della valutazione sulla sussistenza dell'illecito e sulla sua imputabilità a FS - Eccesso di potere per illogicità e insufficienza della motivazione e violazione del principio in dubio pro reo - Violazione dell'art. 3 legge n. 689 del 1981 per mancata dimostrazione dell'elemento soggettivo dell'illecito.

La circostanza, riconosciuta nel provvedimento, che la vicenda registra la prima applicazione della normativa di riferimento del settore avrebbe dovuto essere valutata non solo ai fini del calcolo delle ammende ma anche in sede di valutazione dell'esistenza della violazione e della sua gravità, presupposto per l'esercizio del potere sanzionatorio.

Sarebbe stato disapplicato il principio in dubio pro reo di cui sussistevano tutti i presupposti, per effetto, in primis, dell'avvenuta approvazione della posizione di Trenitalia da parte dei due provvedimenti URSF nn. 589/2010 e 768/2011.

Non si comprenderebbe quale profilo di dolo o colpa possa ravvisarsi in capo a FS.

La nozione di "sanzione minima" nella prassi dell'Autorità sarebbe ben diversa da quella qui irrogata.

7) Invalidità derivata dall'illegittimità del provvedimento di avvio e per vizi propri - Erronea individuazione della base giuridica - Eccesso di potere per carenza e illogicità della motivazione.

Il procedimento e l'atto sanzionatorio sarebbero stati erroneamente adottati in applicazione dell'art. 102 TFUE anziché dell'art. 3 della l. 287/1990, restando completamente indimostrato che le condotte contestate abbiano determinato un sensibile pregiudizio al commercio tra gli Stati membri ovvero una restrizione all'ingresso di operatori di altri Stati membri nella tratta ferroviaria in questione.

Alla stessa conclusione si perverrebbe anche alla luce delle "Linee direttrici sulla nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri di cui agli artt. 81 E 82 del Trattato" della Commissione, illogicamente richiamate nell'atto sanzionatorio, che configurano pregiudizievole per il commercio intracomunitario le sole condotte abusive locali che si ripercuotano o che siano idonee a ripercuotersi sui flussi commerciali degli altri Stati membri, mentre l'Autorità avrebbe considerato rilevante la mera posizione dominante di RFI sulla totalità del territorio italiano e quindi su una parte significativa del mercato comune.

Non si spiegherebbe inoltre perché la pressione concorrenziale di Arenaways andrebbe valutata nell'ambito dell'intero territorio nazionale e non in ragione della tratta richiesta o dei territori regionali interessati.

8) Contrarietà degli artt. 14, comma 2, della l. 287/1990 e 10 del D.P.R. 217/1998, sulla base dei quali l'Autorità ha adottato l'atto autorizzativo dell'ispezione, con l'art. 7 della Carta di Nizza e l'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e le libertà fondamentali - In subordine, illegittimità costituzionale delle citate norme interne.

L'accertamento ispettivo effettuato presso FS, nel corso del quale sono stati acquisiti documenti poi utilizzati a carico della società, si è basato su norme che, in violazione delle disposizioni di legge extranazionali invocate, non contemplerebbero garanzie adeguate a prevenire possibili abusi dell'Autorità, attesa la carenza della previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, al contrario di quanto previsto dal diritto della concorrenza della maggior parte dei paesi UE, e l'uso di una discrezionalità estremamente ampia nel ricorso alla misura e nell'individuazione delle sue modalità di esercizio, ciò che farebbe profilare, quanto meno, la necessità di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 2, della l. 287/1990 per violazione degli artt. 13, 14 e 117, comma 1, Cost. e dell'art. 8 della Convenzione.

Esaurita l'illustrazione delle illegittimità rilevate a carico del provvedimento gravato, FS ha domandato, gradatamente, l'annullamento dell'atto sanzionatorio, in toto ovvero nella parte in cui contempla la responsabilità e le sanzioni a suo carico, la remissione alla Corte costituzionale della questione di legittimità nei termini appena sopra descritti.

2.1. Costituitasi in resistenza, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha confutato nel merito tutte le censure svolte dalla società ricorrente con articolate argomentazioni e ha concluso per il rigetto del gravame.

Anche Codacons, parimenti costituitosi in resistenza, esposta la propria legittimazione ad agire nell'odierna controversia, in via generale e nella qualità assunta nella vicenda de qua di segnalante nei confronti dell'Autorità delle problematiche concorrenziali e dell'esistenza di barriere all'entrata nel mercato italiano del trasporto ferroviario passeggeri, ha domandato il rigetto del ricorso.

Le parti hanno nel prosieguo affidato a memorie e a repliche lo sviluppo delle proprie tesi difensive.

3. Con ricorso n. 9681 del 2012 ha proposto azione impugnatoria avverso lo stesso atto sanzionatorio Rete Ferroviaria Italiana. L'impugnazione è stata dalla società estesa anche al precedente atto con cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rigettato gli impegni proposti da RFI.

Queste le censure svolte.

1) Difetto di competenza dell'AGCM - Eccesso di potere per straripamento ed erronea applicazione della normativa antitrust - Difetto di motivazione.

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato sarebbe priva della competenza esercitata, spettante in via esclusiva all'URSF ai sensi della normativa di settore di cui al d.lgs. 188/2003 e all'art. 59 della l. 99/2009.

Anche laddove potesse essere individuata una competenza concorrente dell'Autorità, la medesima non potrebbe, come ha fatto nel caso di specie, trascurare le sintesi valutative degli organi preposti alla disciplina del settore, e la conseguente composizione degli interessi sottostanti ivi contenuta, senza neanche contrapporvi un'apposita e coerente motivazione.

2) Eccesso di potere - Errore di diritto - Falsa applicazione dell'art. 102 TFUE rispetto a condizioni e presupposti per la qualificazione di un abuso dilatorio quale quello contestato a RFI - Carenza di motivazione - Difetto di istruttoria.

L'Autorità ha contestato alla società una fattispecie di abuso escludente di natura dilatoria.

Alla luce della giurisprudenza e prassi europea e nazionale, la realizzazione di una tale ipotesi di abuso sarebbe configurabile in presenza di condotte dell'impresa incumbent assimilabili a un rifiuto di accesso a una risorsa essenziale, consistenti nel comportamento dilatorio o ostruzionistico qualificabile alla stregua di un constructive refusal to deal, idoneo a causare un eliminazione di concorrenza effettiva sul mercato.

Entrambi tali presupposti a carattere cumulativo non sussisterebbero nella fattispecie.

L'Autorità, nel contestare alla società una condotta dilatoria consistente prima nell'avvio di una consultazione con soggetti istituzionali, poi nella stipula di un contratto solo in esito al completamento dell'istruttoria svolta dal regolatore del settore, non avrebbe valutato tutte le circostanze rilevanti, consistenti nelle obiettive ragioni che hanno motivato la condotta dell'impresa, le sue finalità e l'attitudine tenuta dagli interlocutori istituzionali alla luce del quadro normativo e regolamentare conferente.

Sarebbe insussistente anche l'idoneità escludente della condotta, non potendosi qualificare Arenaways come un concorrente "altrettanto efficiente", nel senso di disporre di un'appropriata organizzazione aziendale tale da consentire reali chances di ingresso nel mercato considerato ovvero come un competitor attuale o potenziale.

In particolare, diversamente da quanto riferito nel gravato provvedimento, Arenaways non sarebbe stata dotata di tutti i requisiti previsti dalla normativa di settore per accedere all'infrastruttura secondo la tempistica ipotizzata dall'Autorità, non essendo provvista del certificato di sicurezza.

Sul punto, l'affermazione dell'Autorità che Arenaways fosse in possesso di tale certificato dall'agosto 2009 sarebbe infondata e frutto di un non corretta istruttoria, in quanto lo stesso non sarebbe stato valido per l'espletamento dei servizi commerciali e pertanto idoneo a consentirle la stipula del contratto di utilizzo dell'infrastruttura e l'accesso al mercato.

La predetta mancanza, sanata solo a partire dalla metà del 2010, ovvero ben due anni dopo la richiesta di tracce a RFI, troverebbe spiegazione nelle numerose carenze organizzative e di pianificazione accumulate dalla società Arenaways sin dalla genesi del suo progetto, tra cui l'indisponibilità di materiale rotabile, che sarebbero state del tutto trascurate dall'Autorità, che si sarebbe trincerata dietro apodittiche e indimostrate affermazioni del denunziante, omettendo di considerare tutti gli elementi oggettivi documentalmente comprovati (quali il rifiuto del progetto orario trasmesso da RFI formulato nell'agosto 2009) che indicherebbero che il ritardo nell'accesso al mercato di Arenaways sarebbe dipeso da circostanze del tutto esogene rispetto alle condotte di RFI e che sarebbero state anche acclarate dal'URSF.

Il gravato provvedimento sarebbe per l'effetto viziato da errori manifesti nell'apprezzamento di circostanze essenziali di fatto e di diritto, oltre che per difetto istruttorio e motivazionale.

L'operato di RFI nel corso della contestata interlocuzione sarebbe stato causato da ragioni di tutela degli interessi dell'utenza, come risulterebbe comprovato anche dal meccanismo dell'art. 59 della l. 99/2009, che ha attribuito proprio al gestore la competenza ad adire l'URSF per richiedere l'istruttoria sui rischi di compromissione dell'equilibrio economico sui contratti di servizio pubblico.

Il comportamento di RFI sarebbe pienamente legittimo anche sotto l'ottica del bilanciamento competitivo, richiesto nella valutazione delle giustificazioni oggettive in materia di abusi escludenti: laddove la contestata consultazione non fosse stata avviata prima di concedere l'accesso alla rete ad Arenaways, si sarebbero verificate inevitabili ripercussioni sull'equilibrio economico e le condizioni di esercizio dei contratti di diritto pubblico contribuiti e disfunzioni nella gestione della rete, con pregiudizio dell'utenza.

Sarebbero prive di pregio anche le considerazioni svolte dall'Autorità in punto di mancati introiti del gestore in dipendenza del ritardo con il quale ha consentito l'accesso ad Arenaways, tenuto conto del pregiudizio ben più grave che si sarebbe potuto registrare a carico di RFI in esito a un accesso di Arenaways causativo di una modifica riduttiva dei servizi di trasporto regionale in esercizio.

3) Illegittimità del rigetto degli impegni e conseguente illegittimità del provvedimento finale.

Gli impegni proposti da RFI nel corso del procedimento, al fine di consentirne una rapida conclusione e nell'ottica collaborativa che avrebbe caratterizzato la partecipazione allo stesso della società, sarebbero stati idonei e funzionali a rafforzare le garanzie di obiettività, trasparenza ed efficacia richiesti al gestore nel processo di contrattualizzazione dell'accesso di imprese alla rete ferroviaria nonché rispettosi delle competenze che il vigente quadro regolatorio attribuisce all'URSF.

Il rigetto di tali impegni sarebbe stato motivato da una valutazione superficiale e carente, non risultando percepibili le sottostanti ragioni.

In ogni caso, i motivi esplicitati dall'Autorità sarebbero insussistenti.

4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 13 D.P.R. 217/1998 - Eccesso di potere per violazione del principio di parità delle armi e violazione del diritto di difesa.

L'Autorità sarebbe incorsa in palesi violazioni del diritto di difesa di RFI, opponendo due dinieghi all'accesso a documenti di indiscussa rilevanza, la cui illegittimità è stata riconosciuta anche dalla Sezione con sentenza resa sul ricorso proposto dalla società ex art. 116 c.p.a. (n.r.g. 4830/2012).

5) Errore di diritto in ordine ai presupposti per l'irrogazione della sanzione - Assenza di gravità - Difetto di motivazione quanto alla determinazione della durata dell'infrazione.

Difetterebbe il requisito indefettibile per l'applicazione delle sanzioni antitrust di cui all'art. 3 della l. 689/1981, richiamata dall'art. 31 della l. 287/1990, costituito dall'elemento soggettivo dell'illecito, su cui l'Autorità si limiterebbe a un'apodittica, indimostrata e infondata affermazione.

La particolarità della fattispecie farebbe escludere la gravità dell'infrazione, elemento al quale il provvedimento dedicherebbe assunti aprioristici e di mero principio.

La durata dell'infrazione considerata dall'Autorità sarebbe erronea, così come la quantificazione della sanzione che, contrariamente a quanto affermato nel provvedimento, non sarebbe stata parametrata al minimo.

Esaurita l'illustrazione delle illegittimità rilevate a carico degli atti gravati, RFI ne ha domandato l'annullamento.

Nel prosieguo parte ricorrente ha avanzato istanza istruttoria ai sensi dell'art. 65 c.p.a.

3.1. Si sono costituiti nel ricorso in esame l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, concludendo per il rigetto del gravame, di cui hanno illustrato l'infondatezza.

Si è costituito in resistenza Codacons, che, esposti i termini costituenti la propria legittimazione ad agire, ha domandato il rigetto del gravame perché infondato.

Le parti hanno affidato a memorie e a repliche lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive.

4. Con ricorso n. 9756 del 2012 anche Trenitalia ha proposto impugnativa contro l'atto sanzionatorio in parola e contro il precedente atto con cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rigettato gli impegni proposti da Trenitalia.

Queste le dedotte censure.

1) Difetto di competenza in capo a AGCM - Eccesso di potere per straripamento - Violazione del principio di specialità.

L'Autorità avrebbe esercitato un potere esorbitante dalle proprie attribuzioni, invadendo la sfera di competenza esclusiva riservata all'URSF dal d.lgs. 188/2003 e dall'art. 59 della l. 99/2009, anche alla luce del principio di specialità.

Non militerebbero in contrario avviso le opposte affermazioni contenute nella sentenza della Sezione n. 864 del 2012 citata nel provvedimento sanzionatorio gravato, perché nell'ambito di quel contenzioso non sarebbe stata ancora pienamente chiara la tipologia di contestazioni mosse alle società.

Anche laddove potesse essere individuata la competenza concorrente dell'Autorità, l'atto sanzionatorio sarebbe comunque illegittimo per straripamento, essendo nella specie violata la regola secondo cui l'autorità investita dalla norma generale esercita i propri poteri nel rispetto delle attribuzioni dell'autorità investita dalla norma di settore, senza sovrapporsi ad essa nelle valutazioni che esprimono il proprium della discrezionalità affidatale.

Soprattutto per quanto concerne Trenitalia, il nucleo delle contestazioni sarebbe infatti incentrato pressoché esclusivamente su come avrebbero dovuto essere interpretati l'art. 59 della l. 99/2009 e le Linee guida URSF e su come conseguentemente avrebbe dovuto essere condotta l'analisi regolamentare di compromissione dell'equilibrio economico del servizio pubblico.

In altre parole l'Autorità si sarebbe completamente sostituita all'URSF operando una istruttoria parallela e effettuando valutazioni di merito autonome e completamente configgenti con detto Ufficio, che avrebbe invece riconosciuto la piena legittimità dell'operato di Trenitalia.

L'Autorità si sarebbe spinta sino a criticare espressamente in una segnalazione le previsioni regolamentari in forza delle quali l'URSF ha espresso il proprio avviso.

L'Autorità avrebbe effettuato un intervento volto a creare regole difformi da quelle previste dalla normativa di settore e in assenza di base giuridica.

2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 102 TFUE - Errata individuazione dei presupposti applicativi della normativa antitrust - Non imputabilità a Trenitalia delle limitazioni disposte dall'URSF in relazione ai servizi di Arenaways.

Il provvedimento sanzionatorio fonderebbe su una errata individuazione delle coordinate applicative dell'art. 102 TFUE rispetto a fattispecie di partecipazione di imprese dominanti a procedimenti amministrativi e giudiziali e su un grave fraintendimento delle indicazioni desumibili dalla sentenza comunitaria di primo grado Astra Zeneca.

L'Autorità per un verso avrebbe applicato il diritto della concorrenza per intervenire in via suppletiva in una situazione ritenuta non ben amministrata, per altro verso avrebbe sindacato il legittimo esercizio di facoltà procedimentali dell'impresa, espressiva di diritti fondamentali garantiti dall'ordinamento.

Le modalità di tale partecipazione non potrebbero costituire abuso di posizione dominante laddove, come nel caso di specie, l'amministrazione procedente eserciti discrezionalità istruttoria e valutativa e le rappresentazioni di parte attengano a valutazioni complesse.

3) Violazione e falsa applicazione dell'art. 102 TFUE - Erronea qualificazione delle condotte di Trenitalia come abusive - Mancato assolvimento dell'onere probatorio in relazione alla sussistenza dell'abuso e dei suoi presunti effetti - Violazione del principio di presunzione di innocenza - Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e in particolare travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, falsità di presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà, illogicità e ingiustizia manifesta.

Il provvedimento sanzionatorio sarebbe sfornito di evidenze a supporto e fondato su presunzioni di colpevolezza determinate da un favor per la posizione del segnalante, le cui affermazioni non sarebbero state mai sottoposte a verifica di attendibilità.

Sussisterebbero elementi tali per qualificare il procedimento come finalisticamente orientato a pervenire a una condanna.

L'Autorità non avrebbe assolto l'onere probatorio in merito all'esistenza di un'articolata e unitaria strategia di gruppo finalizzata all'esclusione di Arenaways, della quale non viene riportata neanche una singola evidenza rilevante.

Alcuna prova sarebbe stata poi fornita in relazione a Trenitalia.

Il provvedimento non chiarirebbe in cosa sarebbe consistito l'inganno del regolatore. L'unico elemento a tal fine richiamato sarebbe del tutto inidoneo a sostenere la tesi dell'Autorità, tant'è che motivatamente l'URSF non ha ritenuto di rivedere in sede di riesame le posizioni già assunte, i cui elementi fondanti sarebbero stati completamente ignorati nel procedimento in esame.

La posizione assunta da Trenitalia innanzi all'URSF non sarebbe stata volta a enfatizzare indebitamente l'impatto economico dell'ingresso di Arenaways sui contratti di servizio, come affermato, vieppiù contraddittoriamente, dall'Autorità senza alcun sostegno probatorio e trascurando le contrarie evidenze.

Il procedimento finalizzato all'accertamento di fatti illeciti non sarebbe la sede propria per effettuare, come accaduto nella specie, un dibattito economico-regolamentare tra AGCM e URSF in ordine ai criteri applicativi dell'art. 59 della l. 99/2009 (e in specie sul quesito di se la remunerazione del capitale proprio investito al tasso stabilito dal NARS debba entrare a far parte del profitto rilevante ai fini dell'articolo stesso, cui l'URSF ha risposto negativamente), che afferirebbero esclusivamente alla regolazione, nel cui ambito sono state condivise le modalità trasparenti e conformi ai criteri regolamentari con cui Trenitalia ha calcolato il costo del capitale investito nell'ambito dei procedimenti relativi ad Arenaways.

Tali evidenze non potrebbero essere superate dalla strumentale esegesi operata nell'atto sanzionatorio in relazione a un singolo elemento, che sarebbe del tutto inidoneo a supportar l'ipotesi formulata dall'Autorità all'esito di un esame parziale e selettivo delle stesse.

Le negative aggettivazioni rivolte alle stime di Trenitalia, validate da esperti economici indipendenti e strettamente basate su quanto ufficialmente trasmesso dall'URSF ai fini del procedimento ex art. 59 e sulle informazioni rese note al pubblico da Arenaways, costituirebbero un giudizio personalissimo dell'Autorità.

L'Autorità avrebbe del tutto ignorato che anche sotto ogni possibile scenario alternativo i servizi proposti da Arenaways avrebbero comunque condotto a una compromissione dell'equilibrio economico del servizio pubblico.

Tale evidenza emergerebbe dagli atti del procedimento, tra cui il business plan di Arenawais, non fatto oggetto di una corretta lettura da parte dell'Autorità

L'Autorità non avrebbe dato prova specifica della permanenza dell'induzione in inganno del regolatore, che ha confermato le proprie posizioni in sede di riesame, e avrebbe utilizzato la normativa antitrust per imporre surrettiziamente obblighi interpretativi della normativa di settore.

Le altre condotte anticoncorrenziali imputate alla società sarebbero prive di basi fattuali e giuridiche. In particolare, come attesterebbero gli atti depositati nel procedimento, non sarebbe vero che Trenitalia ha abusivamente potenziato nel periodo considerato dall'Autorità l'offerta di treni commerciali sulla linea Torino-Milano.

Contrariamente a quanto ritenuto dall'Autorità, le note con cui Trenitalia ha sostenuto nei confronti degli interlocutori istituzionali che la natura regionale dei servizi prospettati da Arenaways consentiva di svolgerli solo nell'ambito di un contratto di servizio sarebbero state giustificate dalla fluidità e incertezza del quadro normativo all'epoca vigente, precedente l'art. 59 della l. 99/2009 ed estranee all'art. 102 TFUE, che non priva le imprese dominanti dal diritto di tutelare i propri interessi.

Il tenore dello stesso provvedimento farebbe emergere come in sostanza l'Autorità avrebbe censurato un "illecito di opinione".

Sarebbe del tutto carente l'analisi degli effetti del presunto abuso, assumendosi totalmente per scontato che in assenza delle contestate condotte Arenaways avrebbe fatto ingresso nel mercato in una certa data, non sarebbe fallita e avrebbe riscosso successo presso l'utenza.

I provvedimenti dell'URSF avrebbero dovuto quanto meno essere considerati interruttivi del nesso di causalità tra le condotte stesse e sui presunti effetti dell'abuso.

L'Autorità non avrebbe minimente considerato le carenze organizzative e di pianificazione di Arenaways, quali la mancanza del certificato di sicurezza, che pure il gestore avrebbe messo in luce.

4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 102 TFUE - Erronea definizione e analisi dei mercati rilevanti ai fini dell'esame delle condotte di Trenitalia - Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare difetto di istruttoria e di motivazione.

Il provvedimento lascerebbe aperta, nonostante il sollecito effettuato da Trenitalia alla sua preventiva definizione, la individuazione del mercato rilevante di trasporto passeggeri, e non spiegherebbe su cosa si fonda il convincimento dell'ampio margine di ingresso di nuovi operatori sul mercato rilevante.

5) Illegittimità conseguente alla violazione del diritto di difesa.

Sarebbero stati sottratti all'accesso documenti di indubbia rilevanza difensiva e ormai privi di sensibilità commerciale, in violazione del principio di parità delle armi.

6) Illegittimità per erronea individuazione della base giuridica - Mancanza del pregiudizio al commercio fra Stati membri - Eccesso di potere per carenza e illogicità della motivazione.

L'Autorità avrebbe errato in un elemento che è essenziale dell'accertamento in parola, anche laddove il medesimo risultato potrebbe essere raggiunto attraverso una normativa identica, ovvero nella qualificazione dell'infrazione, difettando il requisito del pregiudizio al commercio fra Stati membri e venendo in evidenza un livello puramente locale.

Tale erronea qualificazione esporrebbe le imprese a vedersi imputare la recidiva in ogni eventuale futura sanzione della Commissione e degli Stati membri.

7) Violazione e falsa applicazione dell'art. 14-ter della l. 287/1990, dell'art. 102 TFUE e dell'art. 9 reg. CE 1/2003 - Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche, in particolare difetto di motivazione, illogicità manifesta, difetto di istruttoria, ingiustizia e irragionevolezza manifeste, sviamento.

Gli impegni proposti da Trenitalia, caratterizzati da aderenza e proporzionalità, sarebbero stati rigettati senza alcuna reale valutazione della loro idoneità e in carenza di una effettiva motivazione.

Le condotte abusive ascritte alla società non potrebbero essere qualificate come violazioni gravi dell'art. 102 TFUE in ragione della loro stessa natura e del contesto in cui sono intervenute, ovvero in sede di prima applicazione della normativa di riferimento.

Non sarebbe vero quanto affermato dall'Autorità in ordine alla tardività degli impegni né sarebbero convincenti le ragioni poste a sostegno del diniego.

8) Violazione e falsa applicazione dell'art. 15 della l. 287/1990, degli artt. 11 e 13 della l. 689/1981 - Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare difetto di motivazione, illogicità manifesta, difetto di istruttoria, ingiustizia e irragionevolezza manifeste, sviamento.

Come emergerebbe dalle considerazioni svolte dallo stesso provvedimento in ordine alla particolarità della vicenda, nell'ambito della quale ha avuto luogo la prima applicazione dell'art. 59 della l. 99/2009, difetterebbe in capo a Trenitalia l'elemento soggettivo dell'illecito, requisito indefettibile per l'applicazione delle sanzioni antitrust di cui all'art. 3 della l. 689/1981, richiamata dall'art. 31 della l. 287/1990.

La particolarità della fattispecie farebbe anche escludere la gravità dell'infrazione, giudizio espresso dall'Autorità mediante il ricorso a elementi di genericità e astrattezza.

La durata dell'infrazione considerata dall'Autorità sarebbe erronea, così come la quantificazione della sanzione che, contrariamente a quanto affermato nel provvedimento, non sarebbe stata parametrata al minimo.

Esaurita l'illustrazione delle illegittimità rilevate a carico degli atti gravati, Trenitalia ne ha domandato l'annullamento, anche instando per la remissione di una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, ai sensi dell'art. 267 TFUE.

Nel prosieguo parte ricorrente ha avanzato istanza istruttoria ai sensi dell'art. 65 c.p.a.

4.1. Si sono costituiti nel ricorso in esame l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, concludendo per il rigetto del gravame, di cui hanno illustrato l'infondatezza.

Si è costituito in resistenza Codacons, che, esposti i termini costituenti la propria legittimazione ad agire, ha domandato il rigetto del gravame perché infondato.

Le parti hanno affidato a memorie e a repliche lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive

5. I ricorsi sono stati chiamati e trattenuti in decisione alla pubblica udienza dell'8 maggio 2013, nel corso della quale, nell'ambito del ricorso n. 9681 del 2012, è stata sollevata una ulteriore questione pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE.

DIRITTO

1. In via pregiudiziale si dispone la riunione dei ricorsi in esame, soggettivamente e oggettivamente connessi, per la cui decisione non è necessario far ricorso al sollecitato potere istruttorio.

Allo stesso fine il Collegio non ritiene neanche di sollevare previamente le questioni di costituzionalità e di compatibilità con il diritto comunitario spiegate dalle parti ricorrenti.

2. Si controverte in ordine alla legittimità del provvedimento n. 23770 del 25 luglio 2012 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha imputato a Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a., società posta al vertice dell'omonimo gruppo attivo nel settore dei servizi di trasporto ferroviario, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., gestore dell'infrastruttura ferroviaria italiana, e Trenitalia s.p.a., principale impresa ferroviaria nazionale, queste ultime società di cui FS detiene il 100% del capitale sociale, condotte configuranti un abuso di posizione dominante contrario all'articolo 102 del TFUE, che ha avuto l'effetto prima di ostacolare poi di estromettere la società Arenaways dal mercato del trasporto ferroviario passeggeri.

Secondo il provvedimento gravato le condotte in parola sono state originate dalla richiesta presentata nell'aprile 2008 da Arenaways a RFI di accedere all'infrastruttura ferroviaria nazionale, nell'ambito di un percorso articolato ad anello tra le città di Torino e Milano, con una serie di fermate intermedie.

Il provvedimento espone che al riguardo, RFI, per favorire Trenitalia, principale impresa ferroviaria nazionale, attiva nel trasporto ferroviario passeggeri a media e lunga percorrenza, nel trasporto metropolitano e regionale e nel trasporto merci, ha ingiustificatamente ostacolato il richiesto accesso, mettendo le tracce a disposizione di Arenaways solo a novembre 2010 e per la sola tratta Torino-Milano, senza fermate intermedie.

La condotta dilatoria si è sostanziata, secondo l'Autorità, nell'avvio strumentale da parte di RFI di una "procedura di consultazione" nei confronti delle regioni Piemonte e Lombardia, della Direzione generale per il trasporto ferroviario del Ministero dei trasporti (MIT-DGTF), dell'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF), ciò che ha determinato il significativo ritardo della conclusione del processo di assegnazione delle tracce, nonostante le ripetute sollecitazioni in tal senso pervenute sia dalla DGTF-MIT che dall'URSF.

Il provvedimento evidenzia poi come, a partire da maggio 2010, RFI abbia indebitamente subordinato la procedura di assegnazione delle tracce ad Arenaways alle decisioni assunte dall'URSF ex articolo 59 della legge n. 99 del 2009.

Il provvedimento sanzionatorio ha per l'effetto irrogato una sanzione amministrativa pecuniaria complessiva pari a Euro 100.000 in solido a Ferrovie dello Stato e Rete Ferroviaria Italiana, e una sanzione amministrativa pecuniaria complessiva pari a Euro 200.000 in solido a Ferrovie dello Stato e Trenitalia.

L'Autorità espone di aver parametrato tali sanzioni pecuniarie al minimo, avendo rilevato nella vicenda l'elemento di novità (ritenuto peraltro non incidente sulla esistenza e sulla gravità dell'abuso) consistente nella decisione dell'URSF - che si afferma essere stato indotto in errore da Trenitalia - in ordine alla compromissione dei servizi prospettati da Arenaways sul contratto di servizio di Trenitalia, costituente la prima decisione emessa in vigenza dell'art. 59 della legge n. 99 del 2009.

È bene accennare immediatamente che con tale decisione, del 9 novembre 2010, l'URSF ha imposto di limitare le tracce di Arenaways alle fermate nei capoluoghi di regione, ritenendo altrimenti che lo svolgimento del servizio, di carattere regionale, avrebbe compromesso l'equilibrio economico dei contratti di servizio pubblico in corso.

Tale posizione è stata ribadita dall'URSF in sede di riesame della questione.

3. Va illustrata sinteticamente la normativa di riferimento che il gravato provvedimento sanzionatorio ha preso in esame.

3.1. Si tratta innanzitutto del percorso normativo che ha delineato il processo di liberalizzazione del settore del trasporto ferroviario in ambito comunitario, costituito dalle direttive 91/440/CE, 95/18/CE e 95/19/CE, seguite dall'emanazione del cd. "primo pacchetto ferroviario" comprendente le direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE, 2001/14/CE, finalizzato a sviluppare l'apertura del mercato alla concorrenza e a garantire un accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture.

Sono poi intervenuti il "secondo pacchetto ferroviario", comprendente il regolamento (CE) n. 881/2004 e le direttive 2004/49/CE, 2004/50/CE, 2004/51/CE, e il "terzo pacchetto ferroviario", comprendente le direttive 2007/58/CE, 2007/59/CE e il regolamento n. 1371/2007.

La direttiva 2007/58/CE, compresa in tale ultimo pacchetto, è specificamente finalizzata ad aprire il mercato dei servizi internazionali di trasporto passeggeri in ambito comunitario, incluso il c.d. cabotaggio, dal 1° gennaio 2010. Si dispone pertanto nel senso di garantire alle imprese ferroviarie stabilite in uno Stato membro il diritto di accesso all'infrastruttura di tutti gli Stati membri per l'esercizio dei servizi di trasporto internazionale di passeggeri, cabotaggio incluso: "durante lo svolgimento di un servizio di trasporto internazionale di passeggeri, le imprese ferroviarie hanno il diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso internazionale, ivi compreso in stazioni situate nel medesimo Stato membro".

3.2. A livello nazionale, la liberalizzazione del comparto ferroviario è stata avviata con il recepimento della normativa comunitaria a partire dai D.P.R. 277/98 e 146/99, seguiti dal d.lgs. 188/03, contenente il nucleo delle disposizioni che regolano l'accesso e l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria per la fornitura di servizi di trasporto ferroviario, incluso il trasporto passeggeri e s.m.i., e dal d.lgs. 15/10.

In particolare, l'articolo 2, lettera d) del d.lgs. 188/03 stabilisce che l'accesso al mercato del trasporto di passeggeri è libero e deve essere consentito a condizioni eque, non discriminatorie e trasparenti, al fine di garantire lo sviluppo della concorrenza nel settore ferroviario.

Di talchè il gestore dell'infrastruttura ferroviaria italiana, come detto RFI, in virtù dell'atto di concessione di cui al D.M. 31 ottobre 2000, n. 138T, e successive modifiche e integrazioni, che ne disciplina - insieme al Contratto di Programma - i rapporti con lo Stato concedente, è tenuto a consentire alle imprese ferroviarie che lo chiedano l'accesso alla, e l'utilizzo della, infrastruttura ferroviaria ai fini dello svolgimento dell'attività di trasporto.

L'articolo 12 del d.lgs. 188/03 individua le condizioni di accesso all'infrastruttura ferroviaria e l'art. 29 prevede l'obbligo per il gestore, in caso di richieste di tracce confliggenti da parte delle imprese ferroviarie, di indire una procedura di coordinamento tra le parti interessate, adottando in tempi rapidi una decisione.

L'articolo 37 del d.lgs. 188/2003 dispone che eventuali contrasti insorti tra RFI e le imprese ferroviarie siano risolti dall'URSF.

Per l'uso della rete le imprese ferroviarie corrispondono al gestore un canone di accesso (art. 17) e stipulano con RFI appositi contratti di accesso (art. 6), definiti sulla base del "Prospetto informativo della rete" (PIR), documento, soggetto a revisione periodica, in cui sono definiti le regole generali, le scadenze, le procedure ed i criteri relativi ai sistemi di definizione e di riscossione dei corrispettivi dovuti per l'utilizzo dell'infrastruttura e dei servizi, nonché quelli relativi alla richiesta e all'assegnazione della capacità (art.13).

Il capitolo 4 del PIR "Allocazione della capacità" descrive il processo di richiesta e allocazione della capacità in termini di tempistica, criteri di priorità e tipologia della richiesta.

Quanto alla tempistica per le richieste di capacità, il § 4.3 prevede che, per tutte le richieste di tracce avanzate per l'anno ferroviario successivo a quello in vigore (che inizia a dicembre di ciascun anno), il gestore deliberi entro due mesi dalla data di avvio del processo di allocazione. L'eventuale rigetto della richiesta deve essere motivato.

Entro i 4 mesi dalla data di avvio del processo di allocazione, il gestore predispone un progetto orario, previa consultazione delle parti interessate, e concede alle imprese ferroviarie un mese per far pervenire eventuali osservazioni. Nell'ultima edizione del PIR è inoltre previsto che la definizione finale delle tracce deve avvenire al più tardi entro un mese dalla data di attivazione dell'orario.

Quanto alle modalità di assegnazione della capacità di infrastruttura, il § 4.2 del PIR ne individua due: quella che si concretizza nella stipula di un accordo quadro e quella che viene assegnata su richiesta delle imprese interessate per l'orario di servizio successivo a quello in corso di validità. Gli accordi quadro sono normalmente stipulati per periodi superiori a quelli di vigenza di un orario di servizio, per lo più pari a 5 anni, così come previsto dal § 2.3.1 del PIR

Il § 4.2, alinea 8, disciplina la procedura di coordinamento in presenza di richieste di tracce confliggenti da parte delle imprese ferroviarie.

L'alinea 9 precisa che il diritto di utilizzo delle tracce si concretizza con la stipula di contratti di utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria sottoscritti tra il gestore e le imprese ferroviarie.

Una parte rilevante dei servizi di trasporto ferroviario passeggeri beneficia di sussidi pubblici ritenuti necessari ad assicurare l'equilibrio economico dell'impresa ferroviaria che si fa carico degli obblighi di servizio pubblico in presenza di costi superiori ai ricavi conseguibili dalla vendita dei biglietti.

Tra i servizi sussidiati rientrano sia i servizi di trasporto ferroviario regionale sia una parte di quelli a media-lunga percorrenza (MLP), c.d. "di interesse nazionale", secondo la distinzione operata dal d.m. 109/T del 3 novembre 1999, recante attuazione dell'articolo 3, comma 1, lett. d) del d.lgs 422/97 (recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale), che elenca le caratteristiche dei servizi qualificabili come servizi "di interesse nazionale".

I servizi sussidiati sono prestati dall'impresa ferroviaria previa sottoscrizione di un contratto di servizio che definisce, tra l'altro, l'ampiezza del sussidio e i servizi da erogare.

Ai sensi dell'articolo 3 del Regolamento CE n. 1370/2007 la compensazione finanziaria degli operatori che agiscono nell'assolvimento di servizi pubblici risponde a principi ben definiti e viene attuata secondo modalità che impediscono una compensazione eccessiva. In particolare, in base all'art. 4, la compensazione corrisposta non può superare l'importo necessario per coprire l'effetto finanziario netto sui costi sostenuti e sui ricavi originati dall'assolvimento dell'obbligo di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi ricavi trattenuti dall'operatore del servizio pubblico, nonché di un profitto ragionevole.

Nel caso dei servizi a MLP sussidiati, essi sono oggetto del contratto di servizio stipulato da Trenitalia con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Per quanto riguarda i servizi di trasporto ferroviario regionale, a seguito della riforma del trasporto pubblico locale di cui al ridetto d.lgs. 422/97, spetta alle singole regioni e alle province autonome sottoscrivere il contratto di servizio.

Il trasferimento di competenze alle regioni ha avuto attuazione con decorrenza 1° gennaio 2001 (DPCM 16 novembre 2000).

A ciascuna regione è stato assegnato un determinato quantitativo di treni*km e un ammontare predefinito di risorse, idonee a garantire l'equilibrio economico dei contratti.

Nel caso di treni interregionali, si è convenzionalmente deciso che gli stessi rientrassero, di norma, nella specifica competenza di una sola delle regioni interessate.

La metodologia di determinazione dei costi e dei ricavi da traffico e, conseguentemente, delle compensazioni (sussidi) spettanti a Trenitalia per i contratti di servizio regionali è stata determinata dall'Accordo-quadro generale tra il Ministero dei trasporti e le regioni del 18 giugno 1999 ed è rimasta immutata fino al 2007, quando Trenitalia ha predisposto unilateralmente una nuova metodologia di calcolo dei corrispettivi per le regioni, definita "a catalogo" e composta di tre grandi macrovoci: il canone di accesso all'infrastruttura o pedaggio (costo indicato a corpo come da fattura presentata dal gestore dell'infrastruttura RFI); il costo del trasporto, calcolato a ore (sulla base della considerazione che le voci prevalenti di costo del servizio sono quelle relative al personale, il cui costo è molto più legato alle ore impegnate che non ai chilometri percorsi); il costo dei servizi (ovvero il costo delle biglietterie, del sistema informatico di vendita nazionale - Sipax - e dell'informazione).

Applicando tale metodologia di calcolo, il corrispettivo richiesto da Trenitalia alla regione risulta pari alla differenza tra il costo risultante da catalogo per i servizi richiesti (come sommatoria delle tre voci sopra indicate) più l'utile garantito (il "costo del capitale investito", introdotto con il passaggio delle competenze alle regioni) da un lato, e i ricavi da traffico stimati per l'anno di competenza dall'altro. Costi e corrispettivi rinegoziabili, anche sulla base di clausole di flessibilità economica previste nei contratti di servizio. Il tasso di remunerazione del capitale impiegato nella produzione del servizio è rimasto immutato.

Specifica il provvedimento sanzionatorio gravato che alla data del provvedimento stesso i servizi di trasporto ferroviario regionale di competenza della Regione Lombardia sono prestati sulla base di tre contratti di servizio gestiti dalla società Trenord, frutto dell'operazione di concentrazione che ha interessato Trenitalia e LeNord, singolarmente ovvero, per la linea suburbana S5, in ATI con altre società.

Per quanto riguarda invece la Regione Piemonte, si rileva che alla stessa data i servizi di competenza sono gestiti sulla base di due contratti di servizio stipulati con Trenitalia nel giugno 2011 dall'Agenzia per la Mobilità Metropolitana e dalla Regione Piemonte.

Ciò dopo la stipula di un protocollo di intesa con FS nel dicembre 2010, a conclusione di un periodo di stallo iniziato nel 2007, quando era scaduto il vecchio contratto di servizio con Trenitalia, il quale disciplinava tutti i servizi di interesse per il Piemonte, ora ripartiti in due contratti.

Si nota nell'atto impugnato che in tale periodo la Regione Piemonte, non condividendo, perché più onerosa, la nuova metodologia di calcolo dei corrispettivi "a catalogo" applicata da Trenitalia, aveva bandito una gara per l'affidamento dei servizi ferroviari, cui aveva fatto seguito un contenzioso amministrativo con Trenitalia sui corrispettivi dovuti dalla Regione, chiuso transattivamente nel dicembre 2010.

Tanto premesso, al fine di contemperare le esigenze di liberalizzazione del trasporto ferroviario passeggeri e il mantenimento dell'equilibrio economico dei contratti di servizio stipulati per la prestazione dei servizi sussidiati, la direttiva 2007/58, nell'aprire il mercato dei servizi internazionali di trasporto passeggeri in ambito comunitario, cabotaggio incluso, ha previsto che, in determinate circostanze, gli Stati membri possano limitare il diritto di accesso sui servizi "da origine a destinazione" che sono oggetto di contratti di servizio pubblico; in ogni caso, "detta limitazione non può determinare una restrizione del diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso di un servizio internazionale, ivi compreso in stazioni situate nel medesimo Stato membro, salvo se l'esercizio di tale diritto comprometta l‘equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico". Al fine di consentire la coesistenza tra i servizi di mercato (internazionali) e i servizi pubblici, la citata direttiva, accanto alle "limitazioni" alla salita e alla discesa dei viaggiatori, prevede anche l'introduzione di una compensazione economica sotto forma di diritti di esercizio o royalty, a beneficio dell'ente pubblico sussidiante. Tale ultima previsione non trova tuttavia riscontro a livello nazionale.

Nell'ordinamento italiano la citata direttiva è stata recepita con decreto n. 15/2010 che rinvia, tra l'altro, alla legge n. 99/2009, con particolare riferimento agli articoli sul settore ferroviario (artt. 58, 59, 60 e 62).

La normativa nazionale ha esteso le limitazioni previste per il servizio di trasporto internazionale anche al trasporto nazionale.

In particolare, l'articolo 59 introduce "Limitazioni ai servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale" nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività, disponendo, al comma 2, che: "lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale … può essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto …".

La verifica della compatibilità dei nuovi servizi ferroviari passeggeri con l'equilibrio economico dei contratti di servizio pubblico viene svolta dall'URSF, su richiesta di uno dei soggetti abilitati, incluso il gestore della rete.

L'URSF ha adottato in data 6 maggio 2010 il decreto attuativo del detto art. 59. L'art. 6 di tale decreto prevede l'analisi dell'equilibrio economico.

In particolare, il comma 1 recita che "l'equilibrio economico di uno specifico contratto di servizio pubblico si esprime in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto ed è valutato in base all'assetto commerciale preesistente allo svolgimento di un servizio passeggeri da parte di altra impresa ferroviaria, in sovrapposizione anche parziale per ubicazione, numero di fermate, orario e frequenza".

Il comma 3 prevede che "l'equilibrio economico di uno specifico contratto di servizio pubblico è compromesso se il profitto P subisce una riduzione superiore al 50%".

Il comma 2 evidenzia quali sono i parametri da prendere il considerazione ai fini del calcolo del profitto [P = (RT + CP) - (CF+CV), dove "P" indica il profitto del contratto, "RT i ricavi da titoli da viaggio", "CP" i corrispettivi, "CF" i costi fissi e "CV" i costi variabili].

Il profitto del contratto deve essere calcolato come differenza tra remunerazione complessiva (ricavi da traffico e corrispettivi) e costi complessivi del contratto (fissi e variabili).

Sono indicati tassativamente i costi fissi e variabili che rientrano nell'ambito del calcolo dell'equilibrio economico. I costi fissi includono: gli oneri finanziari sui capitali investiti; il canone per l'accesso e i corrispettivi per i servizi; gli ammortamenti; le spese di assicurazione; gli oneri fiscali; altri costi fissi. I costi variabili includono: le spese per l'acquisto di beni e servizi; la retribuzione dipendenti e i contributi; la manutenzione e riparazione; altri costi variabili.

Secondo quanto previsto dall'articolo 7 del citato decreto, l'URSF, per poter svolgere l'analisi di compromissione dell'equilibrio economico, deve acquisire informazioni dall'impresa titolare dei contratti di servizio pubblico interessati, dall'impresa che intende prestare i nuovi servizi, nonché dalle autorità pubbliche titolari dei contratti di servizio (regioni e MIT-DGTF nel caso del contratto per i servizi nazionali).

In particolare, spetta all'impresa ferroviaria titolare dei contratti di servizio fornire gli elementi essenziali a valutare se i nuovi servizi siano idonei a comprometterne l'equilibrio economico. Secondo l'articolo 7, infatti, l'URSF acquisisce dall'impresa ferroviaria titolare del contratto di servizio pubblico la documentazione attestante: a) l'equilibrio economico del contratto di servizio pubblico; b) la compromissione di tale equilibrio economico.

Con "circolare interpretativa" pubblicata il 30 marzo 2012 ("Interpretazione autentica DD 203/1/URSF") l'URSF ha disposto che "Al fine di evitare ambiguità interpretative, si esplicita che il profitto P di cui all'articolo 6, comma 3, del DD 203/1/URSF del 6 maggio 2010 deve intendersi decurtato della remunerazione minima del capitale proprio investito, calcolata con il tasso fissato dal NARS (attualmente pari al 6,74 giusto parere dell'11 novembre 2002)".

4. Nel passare a questo punto alla disamina dei ricorsi, assume priorità logica l'apprezzamento delle censure con cui tutte le parti ricorrenti affermano che l'Autorità avrebbe esercitato un potere esorbitante dalle proprie attribuzioni, stante le competenze in materia di vigilanza sulla concorrenza nel mercato di cui trattasi e di risoluzione delle relative controversie affidate in via esclusiva all'URSF dall'art. 37, d.lgs. 8 luglio 2003, n. 188, e dall'art. 59 della l. 23 luglio 2009, n. 99.

4.1. In relazione all'art. 37 del d.lgs. 188/2003, la questione è già stata affrontata dalla Sezione con sentenza 26 gennaio 2012, n. 864, resa sul ricorso (respinto) proposto dalla stessa FS avverso l'atto di avvio del procedimento istruttorio A436 culminato con il provvedimento sanzionatorio oggi impugnato e il connesso atto endo-procedimentale che ha autorizzato un'ispezione presso la sede della società, ai sensi dell'art.14, comma 2, l. 287/1990.

L'art. 37, d.lgs. 188/2003, stabilisce che l'organismo di regolazione indicato all'art. 30 della direttiva 2001/14/CE è il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o sue articolazioni e che esso vigila sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari e agisce in piena indipendenza sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, dall'organismo preposto alla determinazione dei canoni di accesso all'infrastruttura, dall'organismo preposto all'assegnazione della capacità e dai richiedenti, conformandosi ai principi di cui all'articolo stesso.

Il successivo comma 1-bis dispone altresì che, ai fini di cui al primo comma, l'ufficio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che svolge le funzioni di organismo di regolazione è dotato di autonomia organizzativa e contabile nei limiti delle risorse economiche-finanziarie assegnate e riferisce annualmente al Parlamento sull'attività svolta.

In ragione di quanto previsto dal terzo comma, salvo quanto previsto dall'articolo 29 in tema di vertenze relative all'assegnazione della capacità di infrastruttura, ogni richiedente ha il diritto di adire l'organismo di regolazione se ritiene di essere stato vittima di un trattamento ingiusto, di discriminazioni o di qualsiasi altro pregiudizio, in particolare avverso decisioni prese dal gestore dell'infrastruttura o eventualmente dall'impresa ferroviaria in relazione a quanto segue:

a) prospetto informativo della rete;

b) procedura di assegnazione della capacità di infrastruttura e relativo esito;

c) sistema di imposizione dei canoni di accesso all'infrastruttura ferroviaria e dei corrispettivi per i servizi di cui all'articolo 20;

d) livello o struttura dei canoni per l'utilizzo dell'infrastruttura e dei corrispettivi per i servizi di cui all'articolo 20;

e) accordi per l'accesso di cui all'articolo 6 del decreto.

L'organismo di regolazione, nell'ambito dei propri compiti istituzionali, ha facoltà di chiedere al gestore dell'infrastruttura, ai richiedenti e a qualsiasi altra parte interessata, tutte le informazioni che ritiene utili, in particolare al fine di poter garantire che i canoni per l'accesso all'infrastruttura ed i corrispettivi per la fornitura dei servizi di cui all'articolo 20, applicati dal gestore dell'infrastruttura, siano conformi a quanto previsto dal decreto e non siano discriminatori; le informazioni devono essere fornite senza indebiti ritardi (comma 4).

Con riferimento alle attività di cui al comma 3, l'organismo di regolazione decide sulla base di un ricorso o eventualmente d'ufficio e adotta le misure necessarie volte a porre rimedio entro due mesi dal ricevimento di tutte le informazioni necessarie (comma 5).

In caso di ricorso contro un rifiuto di concessione di capacità di infrastruttura o contro le condizioni di una proposta di assegnazione di capacità, l'organismo di regolazione può concludere che non è necessario modificare la decisione del gestore dell'infrastruttura o che, invece, essa deve essere modificata secondo gli orientamenti precisati dall'organismo stesso (comma 6).

L'organismo di regolazione, ai sensi del comma 6-bis, osservando, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689, provvede:

a) in caso di accertate violazioni della disciplina relativa all'accesso ed all'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria e dei servizi connessi, ad irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino ad un massimo dell'uno per cento del fatturato relativo ai proventi da mercato realizzato dal soggetto autore della violazione nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente all'accertamento della violazione stessa e, comunque, non superiore a euro 1.000.000;

b) in caso di inottemperanza ai propri ordini e prescrizioni, ad irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100.000 ad euro 500.000;

c) qualora i destinatari di una richiesta dell'organismo non forniscano le informazioni o forniscano informazioni inesatte, fuorvianti o incomplete, ovvero senza giustificato motivo non forniscano le informazioni nel termine stabilito, ad irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000;

d) in caso di reiterazione delle violazioni di cui alle lettere a), b) e c), ad irrogare una sanzione fino al doppio della sanzione massima prevista per ogni violazione.

Di talché, l'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF) è deputato a svolgere i compiti di cui all'art. 37 d.lgs. 188/2003, con particolare riferimento alla vigilanza sulla concorrenza nei mercati del trasporto ferroviario ed alla risoluzione del relativo contenzioso.

Alla stregua delle disposizioni sopra citate, la Sezione è pervenuta all'avviso, da cui non vi è motivo di discostarsi nella presente controversia, che la competenza dell'AGCM coesiste con la competenza dell'organismo preposto allo specifico settore dei servizi ferroviari, vale a dire l'URSF, in ragione della differente finalità delle funzioni svolte dai due Istituti.

In particolare, l'attività dell'Autorità antitrust è indirizzata in via generale alla protezione dei consumatori e degli interessi concorrenziali tra le imprese, mentre l'attività di vigilanza svolta dall'URSF sui servizi ferroviari, come indicato dall'art. 30, comma 3, della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria, è finalizzata specificamente a garantire che i diritti fissati determinati dal gestore per l'utilizzo delle infrastrutture siano conformi al capo II della stessa direttiva e non siano discriminatori, atteso che, come emerge dal 49^ considerando, gli obiettivi della direttiva sono il coordinamento dei meccanismi degli Stati membri che disciplinano la ripartizione della capacità dell'infrastruttura ferroviaria e i diritti dovuti per il suo utilizzo nonché la certificazione di sicurezza.

Indi, per l'art. 37 del d.lgs. 188/2003, le due competenze, quelle dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e quelle dell'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari, coesistono e hanno finalità complementari, sia pure in qualche misura sovrapponibili.

D'altra parte, sul punto, la Sezione ha osservato come la coesistenza delle competenze e la complementarità delle finalità tra l'Autorità antitrust e altre autorità di settore sia presente in altri settori dell'ordinamento vigente [nel settore dei servizi bancari e finanziari, ove la competenza generale dell'Autorità resistente coesiste con la competenza specifica della Banca d'Italia volta ad assicurare la sana e prudente gestione delle banche (Tar Lazio, Roma, I, 19 maggio 2010, n. 12281, confermata da C. Stato, VI, 24 agosto 2011, n. 4800); in materia di salute e sicurezza dei prodotti, dove la competenza generale della stessa Autorità, volta alla protezione del consumatore e degli interessi concorrenziali delle imprese, coesiste con il controllo svolto dal Ministero della salute sull'etichettatura del prodotto prima dell'immissione in commercio, che persegue la specifica finalità di verificare la sicurezza e l'assenza di pericolosità per la salute umana (ex multis, Tar Lazio, Roma, I, 4 maggio 2009, n. 4490)].

4.2. Alle stesse conclusioni deve pervenirsi in relazione all'art. 59 della l. n. 99 del 2009, ("Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia).

La disposizione, nel testo di interesse, vigente dal 15 agosto 2009 al 21 giugno 2013, ovvero precedente alle modifiche apportate prima dal d.l. 21 giugno 2013, n. 69, poi dalla relativa legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98, prevede:

- al comma 1 che dal 1° gennaio 2010, le imprese ferroviarie che forniscono servizi di trasporto internazionale di passeggeri hanno il diritto di far salire e scendere passeggeri tra stazioni nazionali situate lungo il percorso del servizio internazionale, senza il possesso della licenza nazionale di cui all'articolo 58, a condizione che la finalità principale del servizio sia il trasporto di passeggeri tra stazioni situate in Stati membri diversi. Il rispetto di tale condizione è valutato in base a criteri, determinati con provvedimento dell'Organismo di regolazione di cui all'articolo 37 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, quali la percentuale del volume di affari e di carico, rappresentata rispettivamente dai passeggeri sulle tratte nazionali e sulle tratte internazionali, nonché la percorrenza coperta dal servizio;

- al comma 2, che lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi compresa la parte di servizi internazionali svolta sul territorio italiano, può essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto, incluse le ripercussioni sul costo netto per le competenti autorità pubbliche titolari del contratto, domanda dei passeggeri, determinazione dei prezzi dei biglietti e relative modalità di emissione, ubicazione e numero delle fermate, orario e frequenza del nuovo servizio proposto;

- al comma 3 che l'Organismo di regolazione di cui al comma 1, entro due mesi dal ricevimento di tutte le informazioni necessarie, stabilisce se un servizio ferroviario rispetta le condizioni ed i requisiti di cui ai commi 1 e 2 e, se del caso, dispone le eventuali limitazioni al servizio, in base ad un'analisi economica oggettiva e a criteri prestabiliti, previa richiesta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del gestore dell'infrastruttura, della o delle regioni titolari del contratto di servizio pubblico, della impresa ferroviaria che fornisce il servizio pubblico;

- al comma 4 che l'Organismo di regolazione motiva la sua decisione e ne informa tutte le parti interessate, precisando il termine entro il quale le medesime possono richiedere il riesame della decisione e le relative condizioni cui questo è assoggettato.

Invero, anche alla luce di tale disposizione, che si situa nel solco dell'impianto regolatorio siccome già conformato nelle linee principali dal ridetto art. 37 del d.lgs. 188/2003, le competenze affidate all'URSF in ordine alle possibili limitazioni ai servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale restano nell'ambito della generale attività di vigilanza svolta dall'URSF sui servizi ferroviari, come descritta al punto che precede, e non erodono in alcun modo le attribuzioni parimenti generali affidate all'Autorità antitrust in tema di protezione dei consumatori e degli interessi concorrenziali tra le imprese.

4.3. La censura di incompetenza in esame deve per tutto quanto sopra essere respinta.

5. Risultano invece convincenti le linee argomentative ricorsuali con le quali si attacca la logicità dei passaggi fondanti dell'accertamento dell'abuso.

6. Arenaways, proponendosi di offrire servizi di trasporto ferroviario passeggeri lungo i 343 km di rete che collegano l'anello Torino-Milano-Alessandria-Torino, formulava a RFI una richiesta di 51 tracce l'11 aprile 2008.

Secondo l'Autorità, i comportamenti abusivi contestati iniziano dalla richiesta di tracce di Arenaways, quindi nell'aprile 2008, e proseguono fino alla tardiva sottoscrizione del contratto tra RFI e Arenaways, a metà novembre 2010.

In particolare, alla luce del provvedimento gravato, tali comportamenti si concretano:

- in un primo momento, nell'utilizzo strumentale, da parte del gestore della rete, di una "procedura di consultazione", avviata da RFI nei confronti delle regioni Piemonte e Lombardia e di altri soggetti istituzionali, ovvero la Direzione generale per il trasporto ferroviario del ministero dei trasporti (MIT-DGTF) e l'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF), ritenuta aver ritardato significativamente la conclusione del processo di assegnazione delle tracce, nonostante le sollecitazioni in tal senso pervenute sia dalla DGTF-MIT che dall'URSF;

- in un secondo momento, nella circostanza che RFI ha subordinato, strumentalmente e indebitamente, la procedura di assegnazione delle tracce ad Arenaways alle decisioni assunte dall'URSF ex articolo 59 della legge n. 99/2009.

Nel percorrere un siffatto iter argomentativo, l'Autorità ha ritenuto evidentemente che tutte le interlocuzioni avviate dalle imprese sanzionate nei confronti delle predette Autorità territoriali e centrali non fossero sostenute da alcuna ragione di carattere obiettivo.

Tale convinzione non può però essere qui seguita, atteso che nel corso dell'ampio segmento temporale preso in considerazione dal provvedimento sanzionatorio non si registra da parte delle predette Autorità alcuna reazione compatibile con lo scenario visualizzato dall'Autorità.

Infatti, tutte le stesse Autorità non solo non hanno opposto alle problematiche poste da RFI a base delle predette interlocuzioni la nitida reazione istituzionale che non può non far seguito al dubbio di essere strumentalmente coinvolte in questioni completamente destituite di fondamento, vieppiù nella gestione di un settore quale quello qui in rilievo, pena la totale compromissione del livello anche minimale di buona e trasparente amministrazione e conseguente deresponsabilizzazione delle condotte pubbliche, ma hanno anche avallato, e per certi versi corroborato, nei diversi modi di cui meglio in seguito, la sostenibilità e la serietà di tali problematiche, che, per l'effetto, e anche tenuto conto delle modalità mediante le quali esse sono state, alla fine, composte, non possono considerarsi temerarie.

7. Va innanzitutto rilevato come gli atti di causa dimostrino non privo di giustificazioni l'iniziale interrogativo inerente la eventuale rilevanza regionale dei servizi Arenaways e la conseguente riconducibilità degli stessi ai poteri di programmazione e amministrazione regionale di cui al d.lgs. 422/1997.

Tali giustificazioni emergono con ogni chiarezza dalla nota del 13 maggio 2008 con cui RFI interpellava le regioni Piemonte e Lombardia per:

- illustrare il perimetro temporale e la localizzazione delle tracce richieste;

- rilevare che il d.lgs. 422/1997 attribuisce alle regioni compiti esclusivi di programmazione e amministrazione dei servizi che non rientrano in quelli di interesse nazionale da individuarsi sulla scorta dell'art. 3 del predetto d.lgs. 422/1997 e del d.m. 109T del 3 novembre 1999;

- rappresentare che le tracce richieste da Arenaways "rientrano tra quelle trasferite per il tramite del DPCM del 16 novembre 2000 a codeste Regioni ai fini dell'espletamento di compiti e funzioni di cui all'art. 9 del menzionato d.lgs. 422/97";

- richiedere al riguardo una valutazione al fine definire la questione.

Tale posizione, come adeguatamente chiarito dalle società ricorrenti nei ricorsi in esame, e come anche rappresentato nel corso delle difese svolte innanzi all'Autorità, trovava a sua volta ragion d'essere in una serie di elementi.

Innanzitutto, viene in rilievo il precedente del 2001, ovvero la vicenda Metroferro.

In quel caso, sebbene non fosse prevista una vera e propria procedura consultiva, il MIT aveva riconosciuto la competenza delle regioni interessate a esprimersi sul processo di allocazione delle tracce, al punto da impedire la loro assegnazione al richiedente, prima del pronunziamento delle regioni.

Il provvedimento gravato ha liquidato il punto al paragrafo 270, ritenendo il precedente inapplicabile in quanto la descritta posizione del MIT era ascrivibile esclusivamente alla prudenza richiesta dallo specifico periodo nel quale si era svolta la vicenda Metroferro, ovvero quello immediatamente precedente al trasferimento alle regioni delle competenze in materia di trasporto pubblico locale, quando non era stato completato il pieno trasferimento dei compiti di pianificazione e programmazione.

Ma siffatta affermazione non elide in alcun modo il dubbio posto dalla consultazione in argomento, che era quello relativo alla eventuale competenza delle regioni interessate dalle tracce di cui trattasi di pronunziarsi, a regime, al riguardo.

Tale dubbio del resto, e si passa quindi a un secondo elemento, non può dirsi peregrino, così come quello di una possibile interferenza tra i servizi in corso di offerta e quelli dell'operatore titolare del servizio pubblico.

Infatti dal business plan di Arenaways del 2007, depositato ai fini del rilascio della licenza ferroviaria, in atti, emerge che:

- la società proponeva un trasporto passeggeri su un percorso regionale e interregionale tra le stazioni di Alessandria, Torino, Milano (punto 3.1.);

- l'utenza considerata era quella dei passeggeri periodici o pendolari tra i capoluoghi e i centri principali situati sugli assi Torino-Milano-Alessandria (punto 4.1.);

- l'inserimento era destinato a una tratta con elevato bacino di clientela, "con la ricerca della minima sovrapposizione con l'operatore Trenitalia" (punto 5.1), ovvero con il titolare del contratto di servizio pubblico contribuito dalle regioni, con tariffe naturalmente competitive rispetto ad esso.

Di talchè né la questione della competenza regionale né quella del rischio di interferenza tra i servizi in considerazione e quelli dell'operatore titolare del contratto di servizio pubblico risultavano prive di fondamento.

Del resto, di tanto risulta essere conscio lo stesso MIT che, nell'ambito di un contenzioso tutt'ora pendente (n. R.G. 578/2011) promosso innanzi a questo Tar da Arenaways avverso la già citata decisione del URSF n. 589 del 9 novembre 2010, che, a conclusione dell'esame avviato ai sensi dell'art. 59, comma 3, della legge n. 99 del 2009, ha escluso la possibilità per l'impresa ricorrente di effettuare fermate intermedie sulle tracce ferroviarie richieste sulla direttrice Milano-Torino di cui anche qui trattasi, ha rappresentato nelle proprie difese, versate dalla parte ricorrente nel fascicolo dell'odierna causa, come:

- "se l'URSF avesse dovuto considerare regionale il servizio della ricorrente applicando il solo art. 3 lettera z) del decreto legislativo n. 188/2003 e non tenendo conto anche del d.lgs. 19-11-1997 n. 422 e del DM 3-11-1999 n. 109T, non avrebbe dovuto consentire l'effettuazione perché Trenitalia ha dimostrato l'esistenza di interferenza con i servizi regionali per i quali è previsto un contributo regionale";

- solo a seguito delle limitazioni disposte sono venute meno le caratteristiche destinate a soddisfare le esigenze delle due regioni e "le interferenze con i servizi regionali per i quali è previsto un contributo pubblico".

Conclusivamente, in ordine all'avvio del procedimento di consultazione in parola, individuato dall'Autorità come elemento chiave della condotta dilatoria abusiva sanzionata, deve rilevarsi che il problema in tale ambito posto da RFI della interferenza con i servizi regionali contribuiti fosse sia di evidente interesse regionale che non privo di sottostanti ragioni giustificative.

Tale conclusione non è smentita dalle posizioni assunte nello stesso procedimento dalle istituzioni coinvolte.

Invero, le regioni Piemonte e Lombardia non solo non hanno declinato la propria competenza a esprimersi sulle questioni su cui erano state interpellate da RFI, ma hanno anzi sollevato ulteriori problematiche circa le modalità di accesso ai mercato di Arenaways.

Si veda in particolare:

- la nota della Regione Piemonte 16 giugno 2008, che, tra altro, fa richiesta a RFI della documentazione necessaria a esaminare la vicenda con particolare riguardo alle eventuali interferenze tra i servizi oggetto di richiesta e quelli oggetto delle funzioni trasferite alle regioni in materia di trasporto ferroviario (poi trasmessa da RFI 29 luglio successivo) e invita RFI a coinvolgere il MIT per fissare una riunione di confronto;

- la nota della Regione Piemonte 12 agosto 2008 che, nel dichiararsi favorevole alla richiesta di Arenaways, pone anche con ogni evidenza (non già l'auspicio, come asseritamente ritenuto dall'Autorità nel paragrafo 274 bensì) la vera e propria ed espressa "condizione che le tariffe applicate da Arenaways sui servizi di trasporto viaggiatori succitati siano pari o superiori al sistema tariffario IC, ciò al fine di non determinare una possibile interferenza tra servizi svincolati sa sussidi pubblici e quelli oggetto di contratto di servizio di competenza regionale", e conclude invitando i soggetti in indirizzo (RFI, MIT, Regione Lombardia) a "volersi esprimere assumendo le determinazioni necessarie e consequenziali";

- la nota 2 ottobre 2008 della Regione Lombardia, che conferma la propria competenza in ordine ai profili programmatori e di mantenimento dell'equilibrio economico dei contratti di servizio pubblico del trasporto regionale, e che esprime, diversamente da quanto sembra ritenere l'Autorità (paragrafo 274), una posizione solo tendenzialmente favorevole sulla richiesta Arenaways, giacchè ritiene che il servizio, sulla base delle tariffe praticate, possa essere qualificato a carattere regionale o meno, evidenziando nel primo caso l'esclusione della possibilità del libero accesso al mercato e la necessità di una gara, nel secondo la necessità di un contributo economico da quantificare in relazione al "mantenimento dell'equilibrio economico del trasporto regionale sovvenzionato dalle Regioni Piemonte e Lombardia", in altre parole convenendo sulla necessità di risolvere le due questioni poste da RFI (definizione della natura del servizio al fine di escludere interferenze con i servizi regionali per i quali è previsto un contributo pubblico). Nella stessa nota la regione Lombardia chiede al gestore formale garanzia affinchè le tracce in parola siano rilasciate "senza compromettere il sistema delle linee S Lombarde, prossime ad un successivo passo di sviluppo già concordato con le strutture" e conclude per la necessità delle verifiche sui segnalati profili preventivamente al rilascio delle capacità.

Non è esatto quindi affermare, come fa l'Autorità, che "già ad ottobre 2008 RFI avrebbe potuto concludere il processo di assegnazione delle tracce, avendo acquisito i pareri favorevoli delle Regioni" (paragrafo 277).

Invero, alla data considerata, le regioni Piemonte e Lombardia non solo non avevano risolto i due interrogativi di carattere astratto posti a base della consultazione ma li avevano espressamente fatti propri, riempiendoli di contenuti differenziati, connessi alle specifiche situazioni territoriali.

Nel descritto contesto, non appare ingiustificata la scelta di RFI di sottoporre al MIT, con nota 4 novembre 2008, le stesse questioni, come meglio precisatesi a seguito dell'intervento delle regioni.

Del resto, il MIT riscontra tale richiesta con una nota del 10 novembre 2008, il cui tenore non consente in alcun modo di minimizzare né le problematiche sollevate da RFI né le modalità con cui RFI le aveva sino a qual momento trattate, chiarendosi da parte dell'amministrazione alcuni punti di assoluto rilievo ai fini della presente controversia, ovvero: a) la correttezza del gestore nel propugnare il coinvolgimento delle regioni territorialmente competenti; b) l'impossibilità per il gestore di rifiutare le tracce richieste in assenza di una fondata eccezione regionale inerente "l'esistenza di ragioni di un contrastante potere programmatorio rispetto all'esistenza di un eventuale servizio a committenza pubblica che si collochi, quanto a orari e modalità di esercizio, sulle medesime tracce oggetto di richiesta"; c) l'avvenuta segnalazione da parte dell'amministrazione, nell'ambito di proposte normative in itinere, dell'opportunità di una rivisitazione del quadro legislativo relativo alla liberalizzazione del settore ferroviario che contemplasse anche le criticità emerse nella fattispecie; d) l'assoluta inconfigurabilità di un regime di regolamentazione delle tariffe dell'impresa interessata, trattandosi di servizi svolti in autonomia commerciale.

In altre parole, se è anche vero, come rilevato dall'Autorità (paragrafo 283) che con tale nota il MIT, in relazione all'esigenza di preservare l'equilibrio economico dei contratti di servizio, ha comunicato a RFI di avere inserito una clausola funzionale nel dispositivo di rilascio del decreto autorizzatorio di Arenaways, ritenuta sufficiente a tenere in considerazione il rischio di compromissione dell'equilibrio economico, è altresì vero che la stessa nota ha lasciato aperti più interrogativi di quanti ne abbia risolti e, soprattutto, ha confermato la correttezza dell'avvenuto coinvolgimento regionale nella vicenda e ha prospettato la possibilità di una imminente modifica del quadro regolatorio, risolutiva dei problemi - evidentemente seri - sollevati da RFI.

Appare, pertanto, direttamente conseguente a un siffatto andamento procedimentale e provvedimentale e non ascrivibile alla continuazione di un mero disegno dilatorio che l'11 dicembre 2008 RFI abbia richiesto alle due nominate regioni e al MIT di assumere una posizione convergente e che il MIT abbia convocando un incontro tecnico per il mese di gennaio 2009.

Contemporaneamente, anche l'URSF, con nota del 14 gennaio 2009, rilevava che non era possibile stabilire in quale ambito di riferimento (nazionale o regionale) si collocassero i richiesti servizi di trasporto, e confermava come tale collocazione fosse "necessaria ai fini dell'individuazione della normativa cui fare riferimento", ai fini della competenza a provvedere e a risolvere le sottostanti questioni.

Nessun decisivo apporto alle problematiche via via apertesi nella vicenda per l'effetto dell'apporto di ognuno dei soggetti istituzionali coinvolti viene poi risolto nella predetta riunione tecnica svoltasi nel gennaio 2009, il cui verbale, al di là di ogni affermazione di stile inerente l'urgenza della vicenda, rimanda sostanzialmente a una successiva nota delle parti regionali espressiva di una posizione condivisa, che verrà poi in qualche modo raggiunta soltanto dopo tutte le vicende puntualmente riepilogate nell'atto sanzionatorio, e sempre con una serie di distinguo e condizioni, che, pur nel quadro dell'espressione dell'assenso all'ingresso del nuovo operatore, risultano chiaramente e puntualmente volti, da parte regionale, a tutelare l'interesse del territorio di competenza nel settore trasporto in occasione del previsto mutamento del servizio generatosi per effetto, scongiurando il rischio di un suo complessivo peggioramento.

E che tale ingresso, per come originariamente ipotizzato, fosse suscettibile di determinare cambiamenti di rilievo nella situazione previgente è definitivamente comprovato dall'esito del procedimento ex art. 69 della l. 99/2009 avviato su richiesta di RFI del 13 maggio 2010 innanzi all'URSF, avente a oggetto l'indagine inerente la possibilità che i servizi Arenaways fossero suscettibili di compromettere l'equilibrio economico dei contratti di servizio interessati e le eventuali limitazioni conseguenti.

Procedimento che, come accennato, si conclude il 9 novembre 2010, con decisione URSF n. 589, che ha riconosciuto che i servizi di trasporto ferroviario per come originariamente richiesti da Arenaways sulla Torino-Milano avrebbero compromesso l'equilibrio economico del contratto di servizio di Trenitalia nelle regioni Piemonte e Lombardia, con conseguente limitazione delle tracce alle sole fermate nei capoluoghi di regione (Milano e Torino) e inibizione delle fermate intermedie.

A tale decisione è seguito il contratto per l'uso dell'infrastruttura tra RFI e Arenaways, sottoscritto immediatamente dopo, ovvero il 12 novembre 2010, con inizio della nuova attività ferroviaria, con l'operatività ridotta secondo quanto prescritto dall'URSF, il 15 novembre 2010.

La decisione n. 589 è stata confermata a seguito di procedimento di riesame, su impulso di Arenaways, con decisione n. 768 del 27 ottobre 2011.

Al riguardo, l'Autorità, come pure già accennato, ha disconosciuto le conclusioni raggiunte dall'URSF, non coincidenti con la interpretazione delle vicende fornita nell'atto gravato, addebitando alle società sanzionate la non configurabilità delle premesse metodologiche e l'inattendibilità dei dati trasmessi all'URSF per dimostrare nella detta sede che l'ingresso di Arenaways sul mercato avrebbe determinato rilevanti effetti negativi sull'equilibrio economico dei contratti di servizio di Piemonte e Lombardia, e censurando espressamente il fatto che gli stessi fossero stati condivisi dal regolatore, sul presupposto che lo stesso sia stato fuorviato e indotto in errore da Trenitalia.

Ma, sul punto, sono fondate le censure con le quali le parti ricorrenti lamentano che l'Autorità si sia di fatto sostituita all'URSF nell'analisi delle sottostanti questioni sotto il profilo strettamente regolatorio, ovvero mediante una valutazione di merito sull'impatto dei servizi proposti da Arenaways sull'equilibrio del servizio pubblico svolto da Trenitalia, che si è posta in assoluta contraddizione con quanto ritenuto dall'organismo di regolazione in tema di correttezza di un criterio di calcolo del profitto (sottrazione del costo del capitale investito).

Risulta infatti evidente e condivisibile il rilievo che il nucleo delle contestazioni contenute nel provvedimento è, per tale parte, incentrato su come avrebbero dovuto essere interpretati l'art. 59 della l. 99/2009 e le Linee guida URSF, e su come conseguentemente avrebbe dovuto essere condotta l'analisi regolamentare di compromissione dell'equilibrio economico del servizio pubblico.

Con la conseguenza che è difficile negare che, per tale via, ovvero operando una istruttoria parallela e effettuando valutazioni di merito autonome e completamente configgenti con l'URSF, l'Autorità si è completamente sostituita a detto Ufficio nell'esercizio di competenze a esso affidate dalla legge.

Vieppiù, così facendo, l'Autorità è pervenuta, contestualmente, all'apprezzamento dell'abusività dei comportamenti delle società sanzionate e all'autonoma creazione dell'ambito delle regole tecniche alla cui stregua effettuare l'apprezzamento stesso.

In tal modo sovvertendo il principio secondo cui l'apposizione della regola, tendenzialmente eteronoma, precede la valutazione dell'antigiuridicità della condotta che con la stessa si ponga in conflitto.

8. Alla rilevata fondatezza degli esaminati motivi di ricorso, di carattere assorbente ogni altra censura pure dedotta, segue l'accoglimento dei ricorsi riuniti in esame e l'annullamento del gravato provvedimento sanzionatorio.

Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi di cui in epigrafe, ne dispone la riunione e l'accoglimento, per l'effetto annullando il provvedimento n. 23770 del 25 luglio 2012 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.