Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 13 giugno 2014, n. 3032

FATTO

Con tre distinti ricorsi proposti dinanzi al Tar del Lazio la società Primogest a s.r.l., la società HDI Gerling Versicherung AG e Unipol Gruppo Finnziario s.p.a. e Unipol Assicurazioni s.p.a., impugnavano il provvedimento sanzionatorio dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato reso in data 3 ottobre 2011, n. 22838 nel procedimento 1731, in ragione della intesa posta in essere insieme ad altre imprese restrittiva della concorrenza ai sensi dell'art. 101 del T.F.U.E. avente per oggetto la ripartizione e l'alterazione del confronto concorrenziale nell'ambito degli affidamenti del servizio assicurativo RCT/RCO per AA.SS.LL. e AA.OO. campane.

Con tale provvedimento reso in data 3 ottobre 2011, n. 22838, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato deliberava che le Società istanti avevano posto in essere un'intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell'articolo 101 del T.F.U.E., avente per oggetto la ripartizione e l'alterazione del confronto concorrenziale nell'ambito degli affidamenti del servizio assicurativo RCT/RCO per A.S.L. e A.O. campane e che, conseguentemente, le stesse dovessero astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell'infrazione accertata. Per l'effetto, l'Autorità applicava, tra l'altro, le sanzioni amministrative pecuniarie pari a euro 5.868.703 nei confronti della HDI Gerling, 5.471.168, nei confronti della Navale (ora UGF) e 228.100 relativamente a Primogest.

Il provvedimento accertava l'esistenza di un'intesa unica e continuata avente ad oggetto la ripartizione del mercato dell'assicurazione rischi Responsabilità Civile Terzi (RCT) e Responsabilità Civile Operatori (RCO) in diverse Aziende Sanitarie Locali (A.S.L.) e Aziende Ospedaliere (A.O.) campane, consistita nella partecipazione delle Società alle gare svolte dalle A.S.L. e A.O. campane coinvolte nel procedimento e nella ripartizione delle stesse. Inoltre, era evidenziato un ruolo attivo dell'agenzia plurimandataria Primogest.

Come detto, le Società su indicate proponevano tre distinti ricorsi.

La Primogest s.r.l., agenzia assicurativa plurimandataria, specializzata in assicurazioni di enti privati e pubblici, deduceva unico motivo articolato, in intesi, in quattro punti: 1) contestava la ricostruzione del mercato rilevante effettuata dalla Autorità, in quanto, a suo dire, tesa a mettere in luce il peso preponderante dei premi percepiti dalle compagnie di assicurazione coinvolte nel procedimento sul totale dei premi aggiudicati nel periodo di riferimento nella Regione Campania, senza, tuttavia evidenziare la partecipazione di altre compagnie; censurava la ricostruzione del ruolo assegnato all'Agenzia da parte dell'Autorità ed in particolare, l'affermata partecipazione ad un unico disegno collusivo anche con riferimento alle gare per le quali non risulta che la stessa abbia fornito il proprio apporto; 2) contestava la conclusione dell'illiceità dell'utilizzo dello strumento della coassicurazione, mancando le prove di una più complessiva intesa anticoncorrenziale, sostenendo che in ogni caso gli accordi di coassicurazione potrebbero godere del beneficio dell'esenzione di cui all'art. 101 del T.U.F.E., in presenza di determinate condizioni quali la dimensione, la rarità e la novità dei rischi da assicurare, l'opportunità di consentire la copertura in comune di rischi che altrimenti non sarebbero garantiti, la possibilità di consentire altresì anche a compagnie di minori dimensioni di partecipare alle gare, il non superamento della soglia del 20% del mercato rilevante; 3) traeva la conclusione della correttezza dei comportamenti tenuti, dall'analisi delle singole gare esaminate nel provvedimento (A.O. San Sebastiano di Caserta 2004 - due episodi, A.O. Moscati di Avellino 2006, A.O. Cotugno di Napoli 2006, A.O. fondazione Pascale di Napoli, 2004-2006 - due episodi, A.S.L. Caserta 1 2006, A.O. Cardarelli Napoli 2005-2008 - due episodi, A.S.L. Napoli 1, 2002-2006 - due episodi, A.S.L. Salerno1 2005-2008 - quattro episodi, A.S.L. Napoli 3 2005 - tre episodi); 4) censurava la sanzione applicata in primo luogo con riferimento all'illogicità del metodo di calcolo, in quanto l'Autorità non aveva preso in considerazione il fatturato del 2010 ma quello del 2009, pur essendo stato il primo depositato presso la camera di commercio in data11 luglio 2011 ed essendo dunque disponibile alla data di adozione della decisione; la considerazione del fatturato del 2010 avrebbe comportato una riduzione della sanzione di oltre 40.000 euro.

Con il suo ricorso la HDI Gerling Versicherung AG deduceva motivi con cui contestava il provvedimento del Garante, sostenendo: 1) la insussistenza della pratica concordata; 2) l'erronea definizione del mercato rilevante, l'inconsistenza dell'intesa e il difetto di pregiudizio al commercio tra Stati membri; 3) la restrittività delle condotte contestate e la carenza dell'istruttoria; 4) l'insussistenza di un'infrazione unica a continuata e la conseguente prescrizione di parte dell'illecito; 5) carenza di trasparenza del metodo di calcolo, non gravità delle condotte contestate e assenza di effetti, eccessività e non proporzionalità delle sanzioni e difetto di motivazione, arbitrarietà della maggiorazione applicata al valore delle vendite, erronea determinazione della durata.

La società ricorrente HDI, in particolare, deduceva l'omesso adempimento dell'onere probatorio gravante sull'Autorità e l'assenza di spiegazioni alternative, nonché l'insussistenza di ulteriori riscontri probatori esterni e l'assenza, peraltro, di parallelismo nelle condotte delle parti, evidenziando l'impossibilità di ricondurre ad un comportamento illecito la restrizione della sola concorrenza reciproca nel peculiarissimo caso della coassicurazione; rilevava la violazione della nozione di mercato rilevante con riferimento ad un numero limitato di gare; lamentava difetto istruttorio con riferimento alla definizione del mercato relativo a livello nazionale occupando le parti in questione una porzione molto contenuta dei servizi, riguardando parte insignificante della domanda e non riscontrandosi alcun pregiudizio al commercio tra Stati membri, non essendo gli accordi di natura locale in grado di per sé di pregiudicare il commercio tra gli Stati membri; criticava l'assetto istruttorio del procedimento e la conclusione in ordine all'idoneità intrinseca delle condotte contestate a configurare una restrizione della concorrenza; sosteneva la insussistenza di un illecito continuato, la prescrizione delle condotte relative agli anni 2003 e 2004 ed anche di quelle relative alle tre procedure svoltesi anteriormente al maggio del 2005; con riguardo all'entità della sanzione, rilevava il difetto di motivazione riguardo alla natura dell'infrazione, alla quota di mercato aggregato, all'estensione geografica dell'infrazione, all'attuazione o meno delle pratiche illecite, facendo presente che la società HDI aveva già da tempo abbandonato il mercato interessato dall'intesa prima dell'avvio del procedimento e che, in relazione all'entità della sanzione stessa, che supera gli utili realizzati dall'infrazione medesima, le parti, anziché ottenere benefici nelle gare in contestazione e nell'intero mercato dei rischi sanitari, avevano registrato enormi perdite.

Con il ricorso proposto sia da Unipol Assicurazioni S.p.a. subentrata alla Navale che da Unipol Gruppo finanziario S.p.a. si contestava lo stesso provvedimento n. 22838 dell'Autorità per i medesimi vizi rappresentati dalle altre due ricorrenti.

In tutti i ricorsi si costituiva l'Autorità evidenziando, come da provvedimento impugnato, l'individuazione di due tipologie di condotte tutte tra loro legate dalla comune finalità di partecipazione coordinata alle gare:

- l'uso anticoncorrenziale della coassicurazione sia prima che successivamente all'aggiudicazione;

- il coordinamento nella partecipazione alle gare attraverso lo scambio di lotti, contatti e scambi di informazioni tra compagnie.

Inoltre l'Autorità poneva in luce come, con il parere del 26 luglio 2011, reso ai sensi dell'art. 20, comma 4, l. n. 287 del 1990, l'ISVAP aveva presentato una serie di considerazioni adesive all'impostazione seguita dall'Autorità. In particolare, l'Istituto di vigilanza sulle compagnie assicurative rilevava, proprio con riguardo all'uso della coassicurazione che "la particolare rischiosità di simili coperture rende frequente il ricorso da parte delle imprese del settore a strumenti di ripartizione dei rischi quali la coassicurazione e la riassicurazione, che, riducendone l'aleatorietà e l'onerosità, possono concorrere a perseguire obiettivi di sana e prudente gestione delle stesse imprese e di adeguato ampliamento dell'offerta assicurativa... Detti obiettivi... non possono tuttavia prescindere dalla necessaria compatibilità con gli interessi, ad essi pari ordinati ed egualmente meritevoli di protezione, dell'autonomia delle scelte imprenditoriali e della libertà e competitività del mercato". Pertanto, nella specie, dalle evidenze documentali acquisite, l'ISVAP concludeva nel senso di evidenziare "un impiego distorto dello strumento cooperativo della coassicurazione", poiché, tra l'altro, "i sistematici contatti tra le imprese per la attuazione di forme di coassicurazione, tanto nelle fasi preliminari all'aggiudicazione, quanto in quelle ad essa successive, eccedono la fisiologia dei contatti di routine necessari alla ripartizione dei rischi in coassicurazione, assumono piuttosto la natura di indici rivelatori di uno strutturale e continuativo coordinamento tra le imprese".

Ed anzi l'ISVAP enucleava i seguenti aspetti:

- il primo in termini di alterazione delle gare, tale da consentirne la spartizione senza il ricorso alla competizione, nel quale la Primogest assumeva un ruolo di direzione e di raccordo;

- l'insolito utilizzo della coassicurazione anche nel corso del rapporto contrattuale con il meccanismo del subentro delle altre parti in caso di disdetta dell'aggiudicatrice iniziale, tale da determinare il mancato svolgimento di nuove gare, e obiettive anomalie nelle modalità di partecipazione a talune gare già bandite, in cui la presentazione di offerte economiche basate sullo scambio di quote ha consentito alle imprese di ottenere l'affidamento di servizi in assenza di confronto competitivo.

A seguito del deposito delle memorie, le cause erano trattenute in decisione all'udienza di discussione del 20 giugno 2012.

Il giudice di primo grado, previa riunione dei ricorsi, provvedeva rigettando i ricorsi in relazione a tutte le censure riguardanti la esistenza o meno di un'intesa restrittiva della concorrenza, la definizione di mercato rilevante, la restrittività della condotta, la unicità e continuità dell'illecito, la intervenuta prescrizione; accoglieva soltanto parzialmente i motivi attinenti alla quantificazione della sanzione, ritenendo ingiustificata e illegittima l'applicazione alle imprese assicurative Faro, Gerling e Unipol dell'incremento dell'importo base della sanzione applicata alle imprese assicurative e, in accoglimento di quanto richiesto da Primogest, riteneva illegittimo il riferimento al fatturato dell'anno 2009 in luogo di quello dell'anno 2010, essendo stato approvato e quindi reso disponibile il bilancio della società prima della data di adozione della decisione dell'Autorità.

Avverso tale sentenza ha proposto appello la società HDI Gerling (r.g.n. 8141 del 2012) deducendo, in sequenziali 150 passaggi o paragrafi per 44 pagine, i seguenti motivi di appello e in sostanza, in buona parte, riproponendo motivi respinti in primo grado e in particolare: 1) insussistenza della pratica concordata; 2) erronea definizione di mercato rilevante; 3) insussistenza di un'infrazione unica e continuata e prescrizione; 4) illegittimità della sanzione inflitta per carenza di trasparenza del metodo di calcolo, per mancanza di gravità delle condotte contestate e assenza di effetti, eccessività e non proporzionalità delle sanzioni e difetto di motivazione, erronea determinazione della durata.

Quanto alla insussistenza della pratica concordata, l'appello sostiene la insussistenza degli elementi distintivi della pratica concordata nel caso in esame, l'insufficienza di riscontri esogeni e la sussistenza di spiegazioni alternative; si fa presente l'assenza di parallelismo nelle condotte delle parti, che in diverse gare indette dalle Aziende campane hanno partecipato in concorrenza tra loro; in altre ipotesi hanno partecipato in coassicurazione non tra loro ma con altre compagnie e in altri casi le coassicurazioni vi sono state solo tra alcune delle parti e compagnie concorrenti (pagine 7 e 8 dell'appello). In diverse gare le parti non si sarebbero avvalse dell'opera di Primogest, ma per esempio di altri agenti (pagina 9 dell'appello); l'addebito riguarda 13 procedure mentre vi sono almeno altre 15 procedure indette nel mercato delle aziende sanitarie e ospedaliere campane nello stesso periodo in cui le imprese in questione sono state in concorrenza tra loro, a smentire un accordo anticompetitivo; si deduce come la mancata o saltuaria partecipazione alle gare, la coassicurazione (utilizzata in modo intenso anche da altre compagnie assicurative) e la circostanza che le gare andavano deserte costituivano la regola e non la eccezione (pagina 12 dell'appello); con riguardo agli elementi esogeni, l'appello deduce il mancato assolvimento da parte dell'Autorità circa la mancanza di spiegazioni alternative alla concertazione.

In relazione alla definizione di mercato rilevante, l'appellante sostiene l'erroneità del riferimento al mercato campano, sotto il profilo merceologico e geografico, considerato che esso va valutato dal profilo dell'offerta e si tratta di imprese attive che operano in ambito nazionale, anche tenendo conto della assoluta peculiarità delle procedure competitive in questione; si sostiene che in ogni caso l'intesa difetterebbe di consistenza, poiché le gare contestate riguardavano appena lo 0,34% del mercato e che opererebbe in ogni caso la clausola c.d. de minimis.

L'appellante chiede che (pagine 24 e 25 dell'appello), in caso di rigetto della su esposta censura, questo Consesso valuti di sollevare quesito pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 267 TFUE sulla conformità al diritto comunitario delle seguenti questioni: 1) configurazione di un mercato merceologico e geografico circoscritto a singole gare in assenza di differenziazione della domanda espressa dai vari enti appaltanti e in presenza di un'offerta da tutti i principali operatori nazionali e comunitari e se sia possibile una definizione di mercato rilevante diversa in presenza di fattispecie invece analoghe; 2) in caso di risposta positiva, se sia conforme qualificare gli accordi di coassicurazione stipulati in forma pubblica e con il consenso delle stazioni appaltanti come restrizioni alla concorrenza e se possa ritenersi consistente un'intesa del valore complessivo di 19 milioni di euro a fronte di un valore delle gare assicurative di circa 1,5 miliardi di euro.

L'appello lamenta (pagina 25) che non è stata data risposta al motivo relativo all'assenza del pregiudizio intracomunitario, riguardando il comportamento con effetti solo per una parte limitata dello Stato membro.

Con riguardo al motivo relativo alla insussistenza di un'infrazione unica e continuata e alla prescrizione (da pagina 31 a pagina 34), l'appellante sostiene che sono prescritti tutti gli illeciti consumatisi nel quinquennio precedente all'avvio dell'istruttoria, risalente al 6 maggio 2010; sarebbero prescritte le condotte relative agli anni 2003 e 2004 e quelle relative alle tre procedure svoltesi anteriormente al maggio 2005.

Con riguardo al motivo relativo alle sanzioni adottate (da pagina 34 in poi) l'appellante sostiene che: l'infrazione non è grave e non avrebbe determinato effetti; la sanzione irrogata è eccessiva, sproporzionata e non debitamente motivata, considerando il valore complessivo delle gare rispetto al valore delle sanzioni (le sanzioni ammonterebbero al 124% del valore delle vendite); l'estensione geografica è estremamente limitata; la eccessività della sanzione è contraria alla prassi decisionale della stessa Autorità; con riguardo al termine iniziale, la sanzione è errata riguardo alla effettiva durata della condotta, che non può farsi risalire, perché prescritte, alle condotte degli anni 2003, 2004 e in parte del 2005; la coassicurazione del 2003 non sarebbe altro che la esecuzione di quanto concordato nel 2002 e quindi non potrebbe tenersene conto; il termine finale della infrazione è stato calcolato fino al dicembre 2008, mentre in realtà per due gare del 2006 nell'anno 2008 avveniva soltanto la coassicurazione; per l'anno 2006 la condotta riguarderebbe solo la mancata partecipazione alle gare; per l'anno 2007 non vi è stata alcuna gara oggetto di istruttoria; in definitiva, l'accertamento sarebbe coperto da prescrizione per condotte antecedenti al 2005; in subordine, al massimo risalirebbero al secondo semestre del 2004 o del 2003; in ogni caso nel 2007 e nel 2008 non vi sarebbero state condotte rilevanti, sicché il periodo al massimo potrebbe essere di due anni.

In tale giudizio (r.g.n. 8141 del 2012) l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha proposto appello incidentale, nel quale ha contestato i capi della sentenza, che hanno accolto i motivi attinenti alla quantificazione della sanzione, ritenendo ingiustificata e illegittima l'applicazione alle imprese assicurative Faro, Gerling e Unipol dell'incremento dell'importo base della sanzione applicata alle imprese assicurative e, in accoglimento di quanto richiesto da Primogest, ritenendo illegittimo il riferimento al fatturato dell'anno 2009 in luogo di quello dell'anno 2010, essendo stato approvato e quindi reso disponibile il bilancio della società prima della data di adozione della decisione dell'Autorità.

Al riguardo, l'Autorità appellante deduce con riguardo al primo profilo che il richiamo agli "Orientamenti della Commissione", che il primo giudice ha ritenuto non motivato adeguatamente, è stato dovuto alla circostanza che nella fattispecie il mero riferimento all'importo base e al fatturato delle gare alterate, proprio perché a volte le condotte censurate erano consistite nella mancata partecipazione alle gare e nell'accordo di ricorrere poi alla coassicurazione, non era sufficiente ad esprimere adeguatamente il peso di ciascuna impresa nell'infrazione. L'Autorità, tra l'altro, aveva chiarito come l'intesa, pur limitata alla Regione Campania, aveva interessato un bacino demografico rilevante.

Con riguardo all'accoglimento della censura di Primogest, l'Autorità deduce che tale censura avrebbe dovuto essere respinta, in quanto l'omessa valutazione del fatturato del 2010 è stata dovuta soltanto alla mancata collaborazione della stessa società, che non si è premurata di inviare copia del bilancio all'Autorità successivamente alla sua approvazione, tenendo conto che il bilancio è stato approvato in data 20 giugno 2011 e la data di chiusura dell'istruttoria era fissata per il giorno 23 giugno 2011.

Avverso la stessa sentenza (n. 6044 del 2012) è stato proposto da Unipol Gruppo Finanziario s.p.a. e da Unipol Assicurazioni s.p.a. altro appello (r.g.n. 8296 del 2012) con i quali, riportandoli in sintesi, si propongono i seguenti motivi di appello, anche in tal caso in buona parte coincidenti con i motivi già esaminati e respinti in primo grado e cioè: 1) difetto di motivazione della sentenza in relazione alla configurabilità dell'intesa, non potendo addebitarsi a Navale (cui è succeduta Unipol) un comportamento collusivo in relazione alla mancata partecipazione alle gare, avendo riguardato la Navale un unico episodio nella gara ASL Napoli 3 del 2005 in cui a gara andata deserta Navale aveva presentato offerta a trattativa privata per il ramo RCA e Faro per il ramo RCT/RCO e quindi non vi era concertazione tra Faro e Navale; l'unico scambio di informazioni non ha riguardato Navale, ma Faro e Gerling con la intermediazione di Primogest; la sentenza si limita a riportare parti del provvedimento dell'Autorità; varie gare, ben 5, sono andate deserte (pagina 14 dell'appello); sostanzialmente tutte le imprese del settore hanno partecipato alle gare in questione in coassicurazione; in altre regioni (pagina 15 dell'appello) il ricorso alla coassicurazione, che in Campania è avvenuto in circa il 63 per cento dei casi, è avvenuto in percentuali anche maggiori, fino al 100% (Abruzzo, Umbria al 100%, Lombardia circa l'84%, il Veneto circa l'85%); 2) difetto di istruttoria dell'Autorità in merito all'asserito uso illecito alla coassicurazione e insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza appellata, in quanto non si è considerato che nelle 18 gare oggetto di istruttoria, in ben 5 casi la gara è andata deserta, in 9 casi era stata presentata una sola offerta (da parte di Gerling o di Faro), in un caso vi era stato affidamento diretto senza gara e in tre casi, in cui era presente Navale, erano state presentate più offerte; in relazione alla gara dell'A.O. S. Sebastiano, prima Gerling aveva deciso di uscire dal servizio e visto l'esito negativo di fare una nuova gara, erano state rinegoziate le condizioni con Gerling e poi soltanto Navale aveva deciso di accettare di entrare in coassicurazione; anche in relazione alla gara dell'A.O. Moscati di Avellino, Navale, che entrava in coassicurazione, era estranea alle decisioni di Gerling di disdettare e di decidere di abbandonare il settore e di Primogest di allocare una quota del mercato rinegoziato; nelle gare A.O. Monaldi del 2006 e ASL Napoli 2 del 2007 vi era una forte concorrenza; l'Autorità non ha dimostrato né il parallelismo di condotte né che i premi corrisposti avrebbero subito un aumento; Navale non ha partecipato alla gara del 2004 presso la A.O. San Sebastiano e non era a conoscenza degli accordi tra Gerling e Faro; è errata la sentenza laddove avalla la rinegoziazione e rideterminazione della polizza; 3) assoluta carenza di motivazione in relazione alla configurabilità di un'intesa unica e complessa, del contributo intenzionale al piano anticoncorrenziale e della consapevolezza della condotta illecita degli altri partecipanti; 4) insufficienza della motivazione della sentenza in riferimento alle modalità di determinazione della sanzione, poiché erroneamente è stata valutata come grave l'infrazione di Navale, è stato preso a base il fatturato dell'ultimo anno di asserita vigenza del cartello (anno 2008), l'importo è stato aumentato facendo erroneo riferimento al punto 18 degli Orientamenti della Commissione, è stata omessa la funzione dell'agenzia plurimandataria, del ruolo delle Aziende coinvolte, che hanno determinato la scarsa appetibilità alle gare, della situazione di crisi del settore; è erronea la determinazione in relazione alla durata della condotta illecita.

Altro appello (r.g.n. 8484 del 2012) viene proposto avverso la stessa sentenza n. 6044 del 2012 da Primogest s.r.l., affidandosi ai seguenti motivi, in sostanza già oggetto di esame in primo grado, consistenti nel sostenere: 1) omessa motivazione della sentenza in relazione alla nozione e definizione di mercato rilevante, ripercorrendo le vicende delle gare considerate (da pagina 5 a pagina 10); 2) erroneità della sentenza in relazione al ruolo svolto dallo strumento neutro della coassicurazione (pagina 12 e seguenti dell'appello), senza tenere conto della peculiarità del settore in quel peculiare contesto, che vedeva Gerling decidere di uscire dal settore (pagina 18 dell'appello) e della circostanza che la scelta di rinegoziare o fare nuove gare veniva presa in autonomia dall'amministrazione appaltante e che la disdetta è fenomeno piuttosto frequente in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta; le vicende delle gare considerate dall'Autorità, riportate nel provvedimento impugnato, non sono sufficienti a dimostrare la scorrettezza dei comportamenti delle imprese; in relazione al presunto scambio di informazioni con riferimento all'applicazione dello sconto, non si è tenuto conto del particolare ruolo svolto da Primogest (pagina 24 dell'appello); 3) con riguardo alla sanzione, il primo giudice, munito di giurisdizione piena e di merito, avrebbe dovuto considerare che il comportamento non poteva essere ritenuto grave, a causa del ridotto mercato interessato dall'istruttoria, al limitato numero di gare coinvolte, al ruolo effettivo di Primogest, alla inoffensività della condotta, alla reale decorrenza del periodo, prescritto per fatti antecedenti al maggio 2005, al fatto che si trattava di episodi sporadici.

Con le memorie conclusionali e di replica le parti in causa hanno ribadito le proprie difese, senza aspetti innovativi; la memoria di replica depositata da HDI ha, inoltre, chiesto, in ulteriore subordine, la rimessione della causa all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato trattandosi di questione di massima di particolare importanza.

Alla udienza pubblica del 27 maggio 2014 le tre cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, va disposta la riunione obbligatoria dei giudizi riguardanti i tre appelli proposti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.

2. Avverso tale sentenza ha proposto appello la società HDI Gerling (r.g.n. 8141 del 2012) deducendo, in sequenziali 150 passaggi o paragrafi per 44 pagine, i seguenti motivi di appello e in sostanza, in buona parte, riproponendo motivi respinti in primo grado e in particolare: 1) insussistenza della pratica concordata; 2) erronea definizione di mercato rilevante; 3) insussistenza di un'infrazione unica e continuata e prescrizione; 4) illegittimità della sanzione inflitta per carenza di trasparenza del metodo di calcolo, per mancanza di gravità delle condotte contestate e assenza di effetti, eccessività e non proporzionalità delle sanzioni e difetto di motivazione, erronea determinazione della durata.

Quanto alla insussistenza della pratica concordata, l'appello sostiene la insussistenza degli elementi distintivi della pratica concordata nel caso in esame, l'insufficienza di riscontri esogeni e la sussistenza di spiegazioni alternative; si fa presente l'assenza di parallelismo nelle condotte delle parti, che in diverse gare indette dalle Aziende campane hanno partecipato in concorrenza tra loro; in altre ipotesi hanno partecipato in coassicurazione non tra loro ma con altre compagnie e in altri casi le coassicurazioni vi sono state solo tra alcune delle parti e compagnie concorrenti (pagine 7 e 8 dell'appello). In diverse gare le parti non si sarebbero avvalse dell'opera di Primogest, ma per esempio di altri agenti (pagina 9 dell'appello); l'addebito riguarda 13 procedure (in realtà 18 affidamenti, perché 5 sono gare andate deserte) mentre vi sono almeno altre 15 procedure indette nel mercato delle aziende sanitarie e ospedaliere campane nello stesso periodo in cui le imprese in questione sono state in concorrenza tra loro, a smentire un accordo anticompetitivo; si deduce come la mancata o saltuaria partecipazione alle gare, la coassicurazione (utilizzata in modo intenso anche da altre compagnie assicurative) e la circostanza che le gare andavano deserte costituivano la regola e non la eccezione (pagina 12 dell'appello); con riguardo agli elementi esogeni, l'appello deduce il mancato assolvimento da parte dell'Autorità circa la mancanza di spiegazioni alternative alla concertazione.

In relazione alla definizione di mercato rilevante, l'appellante sostiene l'erroneità del riferimento al mercato campano, sotto il profilo merceologico e geografico, considerato che esso va valutato dal profilo dell'offerta e si tratta di imprese attive che operano in ambito nazionale, anche tenendo conto della assoluta peculiarità delle procedure competitive in questione; si sostiene che in ogni caso l'intesa difetterebbe di consistenza, poiché le gare contestate riguardavano appena lo 0,34% del mercato e che opererebbe in ogni caso la clausola c.d. de minimis.

L'appellante chiede che (pagine 24 e 25 dell'appello), in caso di rigetto della su esposta censura, questo Consesso valuti di sollevare quesito pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 267 TFUE sulla conformità al diritto comunitario delle seguenti questioni: 1) configurazione di un mercato merceologico e geografico circoscritto a singole gare in assenza di differenziazione della domanda espressa dai vari enti appaltanti e in presenza di un'offerta da tutti i principali operatori nazionali e comunitari e se sia possibile una definizione di mercato rilevante diversa in presenza di fattispecie invece analoghe; 2) in caso di risposta positiva, se sia conforme qualificare gli accordi di coassicurazione stipulati in forma pubblica e con il consenso delle stazioni appaltanti come restrizioni alla concorrenza e se possa ritenersi consistente un'intesa del valore complessivo di 19 milioni di euro a fronte di un valore delle gare assicurative di circa 1,5 miliardi di euro.

L'appello lamenta (pagina 25) che non è stata data risposta al motivo relativo all'assenza del pregiudizio intracomunitario, riguardando il comportamento con effetti solo per una parte limitata dello Stato membro.

Con riguardo al motivo relativo alla insussistenza di un'infrazione unica e continuata e alla prescrizione (da pagina 31 a pagina 34), l'appellante sostiene che sono prescritti tutti gli illeciti consumatisi nel quinquennio precedente all'avvio dell'istruttoria, risalente al 6 maggio 2010; sarebbero prescritte le condotte relative agli anni 2003 e 2004 e quelle relative alle tre procedure svoltesi anteriormente al maggio 2005.

Con riguardo al motivo relativo alle sanzioni adottate (da pagina 34 in poi) l'appellante sostiene che: l'infrazione non è grave e non avrebbe determinato effetti; la sanzione irrogata è eccessiva, sproporzionata e non debitamente motivata, considerando il valore complessivo delle gare rispetto al valore delle sanzioni (le sanzioni ammonterebbero al 124% del valore delle vendite); l'estensione geografica è estremamente limitata; la eccessività della sanzione è contraria alla prassi decisionale della stessa Autorità; con riguardo al termine iniziale, la sanzione è errata riguardo alla effettiva durata della condotta, che non può farsi risalire, perché prescritte, alle condotte degli anni 2003, 2004 e in parte del 2005; la coassicurazione del 2003 non sarebbe altro che la esecuzione di quanto concordato nel 2002 e quindi non potrebbe tenersene conto, il termine finale della infrazione è stato calcolato fino al dicembre 2008, mentre in realtà per due gare del 2006 nell'anno 2008 avveniva soltanto la coassicurazione; per l'anno 2006 la condotta riguarderebbe solo la mancata partecipazione alle gare; per l'anno 2007 non vi è stata alcuna gara oggetto di istruttoria; in definitiva, l'accertamento sarebbe coperto da prescrizione per condotte antecedenti al 2005; in subordine, al massimo risalirebbero al secondo semestre del 2004 o del 2003; in ogni caso nel 2007 e nel 2008 non vi sarebbero state condotte rilevanti, sicché il periodo al massimo potrebbe essere di due anni.

In tale giudizio (r.g.n. 8141 del 2012) l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha proposto appello incidentale, nel quale ha contestato i capi della sentenza, che hanno accolto i motivi attinenti alla quantificazione della sanzione, ritenendo ingiustificata e illegittima l'applicazione alle imprese assicurative Faro, Gerling e Unipol dell'incremento dell'importo base della sanzione applicata alle imprese assicurative e, in accoglimento di quanto richiesto da Primogest, ritenendo illegittimo il riferimento al fatturato dell'anno 2009 in luogo di quello dell'anno 2010, essendo stato approvato e quindi reso disponibile il bilancio della società prima della data di adozione della decisione dell'Autorità.

Al riguardo, l'Autorità appellante deduce con riguardo al primo profilo che il richiamo agli "Orientamenti della Commissione", che il primo giudice ha ritenuto non motivati adeguatamente, è stato dovuto alla circostanza che nella fattispecie il mero riferimento all'importo base e al fatturato delle gare alterate, proprio perché a volte le condotte censurate erano consistite nella mancata partecipazione alle gare e nell'accordo di ricorrere poi alla coassicurazione, non era sufficiente ad esprimere adeguatamente il peso di ciascuna impresa nell'infrazione. L'Autorità, tra l'altro, aveva chiarito come l'intesa, pur limitata alla Regione Campania, aveva interessato un bacino demografico rilevante.

Con riguardo all'accoglimento della censura di Primogest, l'Autorità deduce che tale censura avrebbe dovuto essere respinta, in quanto l'omessa valutazione del fatturato del 2010 è stata dovuta soltanto alla mancata collaborazione della stessa società, che non si è premurata di inviare copia del bilancio all'Autorità successivamente alla sua approvazione, tenendo conto che il bilancio è stato approvato in data 20 giugno 2011 e la data di chiusura dell'istruttoria era fissata per il giorno 23 giugno 2011.

Avverso la stessa sentenza (n. 6044 del 2012) è stato proposto da Unipol Gruppo Finanziario s.p.a. e da Unipol Assicurazioni s.p.a. altro appello (r.g.n. 8296 del 2012) con i quali, riportandoli in sintesi, si propongono i seguenti motivi di appello, anche in tal caso in buona parte coincidenti con i motivi già esaminati e respinti in primo grado e cioè: 1) difetto di motivazione della sentenza in relazione alla configurabilità dell'intesa, non potendo addebitarsi a Navale (cui è succeduta Unipol) un comportamento collusivo in relazione alla mancata partecipazione alle gare, avendo riguardato la Navale un unico episodio nella gara ASL Napoli 3 del 2005 in cui a gara andata deserta Navale aveva presentato offerta a trattativa privata per il ramo RCA e Faro per il ramo RCT/RCO e quindi non vi era concertazione tra Faro e Navale; l'unico scambio di informazioni non ha riguardato Navale, ma Faro e Gerling con la intermediazione di Primogest; la sentenza si limita a riportare parti del provvedimento dell'Autorità; varie gare, ben 5, sono andate deserte (pagina 14 dell'appello); sostanzialmente tutte le imprese del settore hanno partecipato alle gare in questione in coassicurazione; in altre regioni (pagina 15 dell'appello) il ricorso alla coassicurazione, che in Campania è avvenuto in circa il 63 per cento dei casi, è avvenuto in percentuali anche maggiori, fino al 100% (Abruzzo, Umbria al 100%, Lombardia circa l'84%, il Veneto circa l'85%); 2) difetto di istruttoria dell'Autorità in merito all'asserito uso illecito alla coassicurazione e insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza appellata, in quanto non si è considerato che nelle 18 gare oggetto di istruttoria, in ben 5 casi la gara è andata deserta, in 9 casi era stata presentata una sola offerta (da parte di Gerling o di Faro), in un caso vi era stato affidamento diretto senza gara e in tre casi, in cui era presente Navale, erano state presentate più offerte; in relazione alla gara dell'A.O. S. Sebastiano, prima Gerling aveva deciso di uscire dal servizio e visto l'esito negativo di fare una nuova gara, erano state rinegoziate le condizioni con Gerling e poi soltanto Navale aveva deciso di accettare di entrare in coassicurazione; anche in relazione alla gara dell'A.O. Moscati di Avellino Navale, che entrava in coassicurazione, era estranea alle decisioni di Gerling di disdettare e di decidere di abbandonare il settore e di Primogest di allocare una quota del mercato rinegoziato; nelle gare A.O. Monaldi del 2006 e ASL Napoli 2 del 2007 vi era una forte concorrenza; l'Autorità non ha dimostrato né il parallelismo di condotte né che i premi corrisposti avrebbero subito un aumento; Navale non ha partecipato alla gara del 2004 presso la A.O. san Sebastiano e non era a conoscenza degli accordi tra Gerling e Faro; è errata la sentenza laddove avalla la rinegoziazione e rideterminazione della polizza; 3) assoluta carenza di motivazione in relazione alla configurabilità di un'intesa unica e complessa, del contributo intenzionale al piano anticoncorrenziale e della consapevolezza della condotta illecita degli altri partecipanti; 4) insufficienza della motivazione della sentenza in riferimento alle modalità di determinazione della sanzione, poiché erroneamente è stata valutata come grave l'infrazione di Navale, è stato preso a base il fatturato dell'ultimo anno di asserita vigenza del cartello (anno 2008), l'importo è stato aumentato facendo erroneo riferimento al punto 18 degli Orientamenti della Commissione, è stata omessa la funzione dell'agenzia plurimandataria, del ruolo delle Aziende coinvolte, che hanno determinato la scarsa appetibilità alle gare, della situazione di crisi del settore; è erronea la determinazione in relazione alla durata della condotta illecita.

Altro appello (r.g.n. 8484 del 2012) viene proposto avverso la stessa sentenza n. 6044 del 2012 da Primogest s.r.l., affidandosi ai seguenti motivi, in sostanza già oggetto di esame in primo grado, consistenti nel sostenere: 1) omessa motivazione della sentenza in relazione alla nozione e definizione di mercato rilevante, ripercorrendo le vicende delle gare considerate (da pagina 5 a pagina 10); 2) erroneità della sentenza in relazione al ruolo svolto dallo strumento neutro della coassicurazione (pagina 12 e seguenti dell'appello), senza tenere conto della peculiarità del settore in quel peculiare contesto, che vedeva Gerling decidere di uscire dal settore (pagina 18 dell'appello) e della circostanza che la scelta di rinegoziare o fare nuove gare veniva presa in autonomia dall'amministrazione appaltante e che la disdetta è fenomeno piuttosto frequente in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta; le vicende delle gare considerate dall'Autorità, riportate nel provvedimento impugnato, non sono sufficienti a dimostrare la scorrettezza dei comportamenti delle imprese; in relazione al presunto scambio di informazioni con riferimento all'applicazione dello sconto, non si è tenuto conto del particolare ruolo svolto da Primogest (pagina 24 dell'appello); 3) con riguardo alla sanzione, il primo giudice, munito di giurisdizione piena e di merito, avrebbe dovuto considerare che il comportamento non poteva essere ritenuto grave, a causa del ridotto mercato interessato dall'istruttoria, al limitato numero di gare coinvolte, al ruolo effettivo di Primogest, alla inoffensività della condotta, alla reale decorrenza del periodo, prescritto per fatti antecedenti al maggio 2005, al fatto che si trattava di episodi sporadici.

3. Accorpando, anche per esigenze di sinteticità nei limiti del possibile, le diverse censure contenute nei diversi appelli, va in primo luogo esaminata la correttezza dell'istruttoria in relazione al contestato aspetto del mercato rilevante.

L'Autorità ha individuato il mercato rilevante con i servizi assicurativi RCT/RCO erogati alle A.S.L. e A.O. a seguito di gara, facendo applicazione dell'orientamento che individua il mercato in relazione al contesto di riferimento e che vuole che nel caso di gare si debba fare una valutazione in funzione della rilevanza delle medesime in termini di domanda espressa rispetto all'offerta. Pertanto, riteneva che le specifiche esigenze degli enti banditori in termini di coperture richieste, dimensioni del bando, tempistica e requisiti soggettivi e oggettivi della fornitura e le caratteristiche della domanda di servizi assicurativi RCT/RCO delle A.S.L. e A.O. risultassero idonee ad individuare per ciascuna gara ed ente un mercato rilevante distinto, con operato avallato dal primo giudice.

I motivi di appello su riportati al riguardo contestano tali conclusioni lamentando una illogicità della dimensione locale al mercato geografico rilevante. Data la prospettiva di liberalizzazione del mercato, il mercato rilevante sarebbe quello nazionale, e avuto riguardo a tale dimensione, ne risulterebbe provato il limitatissimo impatto dell'intesa incriminata sulla concorrenza.

I motivi sono infondati.

Come ricordato ripetutamente dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St., sez. VI, 9 aprile 2009, n. 2201) "Per mercato rilevante si intende quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenza" (cfr. Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2000, n. 1348, Italcementi; Cons. St., sez. VI, 12 febbraio 2001, n. 652, Vendomusica).

La definizione del mercato rilevante implica un accertamento di fatto cui segue l'applicazione ai fatti accertati delle norme giuridiche in tema di mercato rilevante, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale. Tale applicazione delle norme ai fatti implica un'operazione di «contestualizzazione» delle norme, frutto di una valutazione giuridica complessa che adatta concetti giuridici indeterminati, quale il «mercato rilevante» al caso specifico.

Non di rado tale operazione di contestualizzazione implica margini di opinabilità, atteso il carattere di concetto giuridico indeterminato di dette nozioni.

Il giudice amministrativo in relazione ai provvedimenti dell'AGCM esercita un sindacato di legittimità, che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzionatorio: pertanto, deve valutare i fatti, onde acclarare se la ricostruzione di essi operata dall'AGCM sia immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le norme giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate. Laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice amministrativo non può comunque sostituirsi all'AGCM nella definizione del mercato rilevante, se questa sia immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge (Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002, n. 2199, Rc Auto; Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2004, n. 926, buoni-pasto)".

In particolare, il Consiglio di Stato ha avuto, poi, modo di precisare che "Nell'ipotesi di intese restrittive, la definizione del mercato rilevante è successiva all'individuazione dell'intesa, in quanto sono l'ampiezza e l'oggetto dell'intesa a circoscrivere il mercato su cui l'abuso è commesso: vale a dire che la definizione dell'ambito merceologico e territoriale nel quale si manifesta un coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti dall'illecito concorrenziale è funzionale alla decifrazione del grado di offensività dell'illecito (Cons. St., sez. VI, 10 marzo 2006, n. 1271, Telecom Italia)". In tal senso seppure, dunque, "il mercato di riferimento deve comunque essere costituito da una parte «rilevante» del mercato nazionale e di regola non può coincidere con una qualsiasi operazione economica", ma anche "una porzione ristretta del territorio nazionale può assurgere a mercato rilevante, ove in essa abbia luogo l'incontro di domanda ed offerta in condizioni di autonomia rispetto ad altri ambiti anche contigui, e quindi esista una concorrenza suscettibile di essere alterata".

Dalle considerazioni svolte, deriva, pertanto, che - come nel caso in questione - "le gare di pubblici appalti possono costituire, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, un mercato a sé stante, in quanto la definizione del mercato rilevante varia da caso a caso in funzione delle diverse situazioni di fatto (sulla gara Consip per i buoni pasto, su cui ha deciso la citata decisione Cons. St., n. 926/2004; le gare per la fornitura di carburante indette da aziende comunali di trasporto pubblico, su cui ha deciso Cons. St., sez. VI, 10 febbraio 2006, n. 548; le gare per la fornitura di prodotti per diabetici, su cui ha deciso Cons. St., sez. VI, 16 marzo 2006, n. 1397)".

Sicché il giudice amministrativo ha risolto in senso favorevole la questione relativa addirittura alla possibilità di identificare il mercato rilevante anche con una singola gara bandita dalla p.a. sulla base della considerazione secondo cui "l'ammissibilità di una coincidenza tra mercato rilevante e gara non può essere né affermata né negata in termini assoluti, dovendosi indagare in concreto le caratteristiche del mercato oggetto della gara" (Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1191, Imprese di assicurazione).

Così nel richiamato caso Consip, si è ritenuto che costituisse mercato rilevante la gara indetta da questa stessa per i buoni pasto, trattandosi di gara svolta a livello centralizzato, che ha concentrato gran parte della domanda proveniente dalla p.a., idonea ad estendere l'ambito di operatività anche alla domanda di altri enti pubblici, che volontariamente potevano aderire all'offerta (Cons. St., sez. VI, n. 926/2004, cit.).

Tuttavia, anche in situazioni in cui non si è trattato di un'unica gara di dimensioni nazionale, come quella appena ricordata, ma sono state sottoposte all'esame una pluralità di gare di appalto da parte di singole pubbliche amministrazioni (cfr. caso gare per l'acquisizione di servizi assicurativi, Cons. St., sez. VI, n. 1191/2001, cit.), il Consiglio di Stato è giunto ad identificare, in considerazione delle caratteristiche e della specificità della gara e del settore di riferimento (il medesimo di quello oggetto dei giudizi in esame), il mercato rilevante pur con una singola gara.

Infatti, in tal caso si è precisato che è necessario individuare un mercato del prodotto (collegato alla domanda di un singolo ente pubblico) ed un'estensione geografica del mercato, costituita da tutte le imprese concorrenti nell'offerta del prodotto.

Nel fattispecie in esame, di una serie di alcune decine di gare nel settore assicurativo della sanità di una specifica Regione, il giudice non può non rilevare come il procedimento si dedichi, anche nel titolo, alle gare assicurative svolte dalle ASL e Aziende ospedaliere campane, per cui sin dal perimetro iniziale e dalle premesse, oltre che dalla delimitazione delle amministrazioni appaltanti, appare chiara la individuazione dello specifico mercato rilevante e delle sue peculiarità.

L'Autorità ha considerato le imprese operanti nella zona geografica della Campania, ritenendo che non tutte le imprese attive nel detto settore sono in grado di assicurare anche i rischi sanitari oggetto del procedimento, essendo emerso che "tali rischi, caratterizzati da forte specificità, quali la natura stessa del rischio, la natura della domanda e l'entità dei premi richiesti, con particolare riferimento alla zona geografica della Campania nel periodo oggetto di accertamento (2003-2008) erano solo altre cinque, oltre alle compagnie coinvolte".

In sostanza, quel mercato geografico aveva una sua ben determinata clientela, potendo anche una porzione ristretta del territorio nazionale (e finanche una singola gara) assurgere a mercato rilevante ove in essa abbia luogo l'incontro di domanda ed offerta in condizioni di autonomia rispetto ad altri ambiti, anche contigui.

L'Autorità ha analizzato la domanda nel settore, data dalle Aziende Sanitarie locali e dalle Aziende ospedaliere in Campania, con configurazione distinta dalle altre pubbliche amministrazioni, poiché la tipologia di copertura richiesta è fortemente legata all'attività svolta dalle stazioni appaltanti e caratterizzata da specifici fattori di rischio quali quelli collegati all'esercizio della professione sanitaria.

Quanto al lato dell'offerta, l'Autorità ha preso in esame il fatto che l'assicurazione dei rischi sulla responsabilità medica rientrano nel Ramo 13 - Responsabilità civile generale, di cui all'articolo 2, comma 3, Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209 (Codice delle Assicurazioni), che può essere esercitata dalle imprese autorizzate nel predetto Ramo 13. Tuttavia, l'attività istruttoria compiuta dall'Autorità ha evidenziato che non tutte le imprese attive nel detto settore sono in grado di assicurare anche i rischi sanitari oggetto del procedimento. Infatti, a riguardo, è emerso che in relazione a tali rischi, caratterizzati da forti specificità, quali la natura stessa del rischio, la natura della domanda e l'entità dei premi richiesti, con particolare riferimento alla zona geografica della Campania, nel periodo oggetto di accertamento (2003-2008), erano interessate a quel campo solo altre cinque imprese, oltre alle compagnie coinvolte.

Così delimitato l'ambito del mercato, l'Autorità evidenziava che le aggiudicazioni a favore delle tre compagnie parti del procedimento hanno pesato per circa il 60% in termini di premi riscossi.

Il contesto competitivo, invero, risulta analizzato con riguardo alla specificità del bacino di interesse.

In particolare, la rilevanza del mercato era individuata in riferimento alla circostanza che, per la natura ed il valore dei servizi oggetto di affidamento, le gare analizzate avevano rilievo comunitario e che due delle quattro imprese coinvolte fanno parte di gruppi assicurativi di primo livello sul mercato europeo.

L'Autorità precisava che l'intesa, seppur era limitata alla Regione Campania, aveva interessato un bacino demografico rilevante, come ampiamente notorio (notoria non egent probatione).

In relazione all'assicurazione, si ritiene che in generale (dalla sentenza n. 2132 del 9 aprile 2001, sesta sezione del Cons. Stato) ogni ramo assicurativo possa costituire in sé un mercato distinto, delimitando in quella situazione il mercato assicurativo in favore di enti pubblici, per le particolarità che governano la copertura di taluni rischi, per la esigenza del rispetto delle regole di evidenza pubblica, ma non escludendo che nel concreto anche per una singola gara possa ravvisarsi una intesa illecita dal punto di vista concorrenziale.

L'Autorità evidenziava, nelle conclusioni, che "la restrittività dell'intesa" si manifesta "nel suo oggetto, ossia il condizionamento di gare ad evidenza pubblica e, in generale, procedure di affidamento a rilevanza europea" (par. 227 del provvedimento).

Ad opinione del Collegio tale ricostruzione deve essere condivisa, con riguardo alla individuazione del mercato rilevante, ma anche nel ritenere concretata la restrizione della concorrenza, come poi si vedrà.

Nel caso specifico, l'Autorità ha valorizzato, ai fini dell'applicazione dell'art. 101, par. 1, T.F.U.E., l'irrilevanza della considerazione degli effetti dell'intesa, richiamando la consolidata giurisprudenza comunitaria che afferma che "ai fini dell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo ove risulti che esso ha per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza (sentenza 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione, Racc. pag. 458, in particolare pag. 520; v., altresì, in questo senso sentenze 11 gennaio 1990, causa C-277/87, Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, Racc. pag. I-45, e 17 luglio 1997, causa C-219/95, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punti 14 e 15)" (Corte di Giustizia, 8 luglio 1999, proc. C-49/92 P, caso Anic).

A riguardo, deve essere, peraltro richiamata la Comunicazione della Commissione relativa all'immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (2006/C 298/11), che già nella sua introduzione precisa "I cartelli sono intese e/o pratiche concordate tra due o più concorrenti, volte a coordinare il loro comportamento competitivo sul mercato e/o ad influire sui pertinenti parametri della concorrenza mediante pratiche consistenti nel fissare i prezzi di acquisto o di vendita od altre condizioni di transazione, nell'assegnare quote di produzione o di vendita, nel ripartire i mercati, anche mediante manipolazione delle gare d'appalto, restrizioni delle importazioni o delle esportazioni e/o azioni anticoncorrenziali dirette contro altre imprese concorrenti. Queste pratiche si configurano tra le violazioni più gravi dell'articolo 81 CE".

Nel caso in esame, si evince dalle tabelle 1 e 2 (parr. 31 e 32 del provvedimento), elaborate sulla base dei dati forniti dalle A.S.L. e dalle Compagnie sentite nel corso dell'istruttoria (doc. 8 e 381 citati in nota al par. 32 del provvedimento), il peso preponderante delle Società coinvolte nel procedimento tra le imprese erogatrici dei servizi RCT/RCO nelle gare effettuate (mercato rilevante) nella regione Campania.

Nell'arco temporale 2003-2008 le aggiudicazioni a favore delle tre compagnie parti del procedimento hanno pesato per circa il 60% in termini di premi riscossi (punto 31 della delibera dell'Autorità).

Se anche la quota di mercato complessivamente espressa dalla intesa sanzionata rappresentasse meno del 10% del mercato nazionale ciò non di meno l'intesa non si posizionerebbe al di sotto della soglia c.d. de minimis individuata dalla Commissione nella Comunicazione relativa agli accordi di importanza minore, "che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell'art. 81, par. 2 del Trattato che istituisce la Comunità" (2001/C 368/07 in G.U.C.E. 22.12.2001, C-368/13).

Infatti, la "ripartizione dei mercati o della clientela" è considerata dalla Commissione di per sé una restrizione grave (hardcore) della concorrenza.

Pertanto, in tale ipotesi, anche al di sotto delle soglie minime di mercato dalla stessa individuate, la Comunicazione sopra citata prevede l'automatica esclusione dell'accordo dall'applicabilità del beneficio de minimis.

Analogamente, come appena ricordato e chiarito dalla Commissione nella Comunicazione Linee Direttrici in materia di accordi orizzontali (2001/C-3/02), si presume che "gli accordi aventi per oggetto una restrizione della concorrenza che consiste nel fissare i prezzi, limitare la produzione o ripartire i mercati o la clientela [...] abbiano effetti negativi sul mercato e non è quindi necessario procedere ad un'analisi delle loro conseguenze effettive sulla concorrenza e sul mercato al fine di stabilire che essi rientrano nel campo di applicazione dell'articolo 81, paragrafo 1 del Trattato CE".

Nel caso di specie, l'Autorità ha accertato l'esistenza di "una collusione tra le imprese parti del procedimento... attraverso la ripartizione delle quote di partecipazione in gara o successivamente alla stessa (coassicurazione prima o dopo l'aggiudicazione), lo scambio di lotti e/o affidamenti in diversi enti banditori, la disdetta e successivo subentro con l'obiettivo di evitare il confronto competitivo e di mantenere nel tempo una certa stabilità dei servizi erogati" (par. 151 del provvedimento).

Le gare in esame presentano la peculiarità del coordinamento nella partecipazione alle stesse e ciò consente di circoscrivere l'ambito merceologico e territoriale all'insieme delle gare in cui si è riscontrata la concertazione anticoncorrenziale.

Tali gare vedono coinvolte le principali compagnie erogatrici dei servizi assicurativi RCT/RCO, tutte tra l'altro collegate dal ricorso al medesimo agente Primogest, attivo nella sola regione Campania.

L'Autorità, quindi, correttamente (paragrafo 47) ha ritenuto che nella specie sia stata la stessa condotta delle parti a consentire la individuazione del mercato nel contesto competitivo rappresentato dall'insieme delle procedure di affidamento espletate dalle Aziende sanitarie e ospedaliere in merito ai suddetti servizi assicurativi.

Per mercato rilevante si intende quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenza.

D'altronde, il g.a. in relazione ai provvedimenti dell'A.g.c.m. esercita un sindacato di legittimità, che non si estende al merito; deve, pertanto, valutare i fatti, onde acclarare che le norme giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate ed applicate.

Laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il g.a. non può comunque sostituirsi all'A.g.c.m. nella definizione del mercato rilevante, se questa sia immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge.

Nell'ipotesi di intese restrittive, la definizione di mercato rilevante è successiva all'individuazione dell'intesa, in quanto sono l'ampiezza e l'oggetto dell'intesa a circoscrivere il mercato su cui l'abuso è commesso; vale a dire che la definizione dell'ambito merceologico e territoriale nel quale si manifesta un coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti dall'illecito concorrenziale, è funzionale alla decifrazione del grado di offensività dell'illecito.

In tal senso, seppure il mercato di riferimento deve comunque essere costituito da una parte rilevante del mercato nazionale e di regola non può coincidere con una qualsiasi operazione economica, anche una porzione ristretta del territorio nazionale può assurgere a "mercato rilevante", ove in essa abbia luogo l'incontro di domanda ed offerta in condizioni di autonomia rispetto ad altri ambiti anche contigui, e quindi esista una concorrenza suscettibile di essere alterata.

D'altronde, si è sovente ribadito che le gare dei pubblici appalti possono costituire, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, un mercato a sé stante, in quanto la definizione del mercato rilevante varia da caso a caso in funzione delle diverse situazioni di fatto.

Pertanto, il primo motivo di appello, con il quale si lamentano varie illegittimità (sub specie di difetto di istruttoria e altro) con riguardo alla nozione nella specie di mercato rilevante, è infondato.

4. L'appellante HDI Gerling chiede che (pagine 24 e 25 dell'appello, paragrafo 75), in caso di rigetto della su esposta censura, questo Consesso valuti di sollevare quesito pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 267 TFUE sulla conformità al diritto comunitario delle seguenti questioni: 1) configurazione di un mercato merceologico e geografico circoscritto a singole gare in assenza di differenziazione della domanda espressa dai vari enti appaltanti e in presenza di un'offerta da tutti i principali operatori nazionali e comunitari e se sia possibile una definizione di mercato rilevante diversa in presenza di fattispecie invece analoghe; 2) in caso di risposta positiva, se sia conforme qualificare gli accordi di coassicurazione stipulati in forma pubblica e con il consenso delle stazioni appaltanti come restrizioni alla concorrenza e se possa ritenersi consistente un'intesa del valore complessivo di 19 milioni di euro a fronte di un valore delle gare assicurative di circa 1,5 miliardi di euro.

L'appello lamenta (pagina 25) che non è stata data risposta al motivo relativo all'assenza del pregiudizio intracomunitario, riguardando il comportamento con effetti solo per una parte limitata dello Stato membro.

5. La pretesa di rinvio è infondata.

A partire dalla sentenza della Corte di Giustizia del 6 ottobre 1982, resa su rinvio pregiudiziale operato dalla Corte di Cassazione con ordinanza del 27 marzo 1981, vertente appunto sull'interpretazione dell'art. 177, terzo comma, del Trattato, è stato chiarito che l'obbligo di rinvio pregiudiziale avanzato innanzi ad una giurisdizione nazionale di ultima istanza non è illimitato, potendo venir meno ove il giudice di ultima istanza abbia constatato che la questione non è pertinente, ovvero che la disposizione comunitaria ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte di Giustizia, ovvero che la corretta applicazione del diritto comunitario si imponga con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi. La configurabilità di tale eventualità va valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto comunitario, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenza di giurisprudenza all'interno della comunità. I giudici interni non sono pertanto tenuti a sottoporre alla Corte una questione di interpretazione di norme comunitarie se questa non è pertinente (vale a dire nel caso in cui la soluzione non possa in alcun modo influire sull'esito della lite), se la questione è materialmente identica ad altra già decisa dalla Corte o se comunque il precedente risolve il punto di diritto controverso, o se la corretta applicazione del diritto comunitario può imporsi con tale evidenza da non lasciar adito a nessun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata (cfr. Corte Giust., CE, 6 ottobre 1982, C 283/81, Cilfit).

Su tale principio si è consolidato un univoco indirizzo giurisprudenziale (per tutte, Cassazione civile, sez. III, 21 giugno 2011, n. 13603 e Consiglio di Stato, sez. IV, 19 giugno 2006, n. 3623).

Tanto premesso, l'indagine circa la sussistenza, nel caso di specie, dell'obbligo di rinvio coincide con quella relativa alla pertinenza della normativa comunitaria e/o alla evidenza della sua applicazione, anche in relazione alla giurisprudenza comunitaria eventualmente formatasi sulla medesima o su analoga fattispecie, e deve essere, quindi, funzionale all'esame dei singoli motivi di ricorso, che andranno indagati alla luce della specifica disciplina volta a volta rilevante.

Diventa allora importante la questione su riportata della nozione di mercato geografico rilevante, che l'appellante vorrebbe rimessa obbligatoriamente all'esame pregiudiziale della Corte di giustizia, ma che non è questione che nella fattispecie possa assumere rilevanza.

La richiesta è del tutto infondata.

Anche per gli organismi giudiziari comunitari (per tutte Tribunale I grado C.e.e. sez. III, 7 maggio 2009, n. 151 Nederlandse Vakbond Varkenshouders) in base all'art. 9 n. 7, Reg. 139/2004, ed al punto 8 della "Comunicazione sul mercato rilevante", il mercato geografico "rilevante" comprende l'area nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue, segnatamente in quanto le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse da quelle prevalenti in dette zone. Nell'ambito della definizione del mercato geografico va tenuto conto di una pluralità di elementi, quali la natura e le caratteristiche dei prodotti o servizi interessati, l'esistenza di ostacoli all'entrata, le preferenze dei consumatori, nonché l'esistenza, tra il territorio in esame e quelli vicini, di differenze notevoli di parti di mercato delle imprese o di sostanziali differenze di prezzi. Le norme sostanziali relative alla valutazione delle concentrazioni (art. 2, Reg. 139/2004) attribuiscono alla Commissione un potere discrezionale, segnatamente in tema di valutazioni di ordine economico; ciò non significa che il giudice comunitario debba astenersi dal controllare l'interpretazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica; in particolare, egli è tenuto a verificare l'esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, nonché a verificare che tali elementi costituiscano l'insieme dei dati rilevanti da prendere in considerazione per valutare la situazione complessa e che siano idonei a corroborare le conclusioni che se ne traggono.

D'altronde, nelle tesi esposte dai vari appellanti, non si nega e anzi si riconosce la peculiarità del mercato di riferimento, sia pure al fine di sostenerne la criticità e la mancanza di convenienza, mentre l'Autorità Garante lo ha individuato in relazione alla illiceità del comportamento anticoncorrenziale.

In definitiva, per quanto riguarda quindi la richiesta di rinvio pregiudiziale, non se ne ravvedono gli estremi, in quanto (tra tante, Consiglio di Stato, sez. VI, 1° marzo 2012, n. 1192) l'obbligo di rinvio pregiudiziale avanzato innanzi ad una giurisdizione nazionale di ultima istanza non è illimitato, potendo venir meno ove il giudice di ultima istanza abbia constatato che la questione non è pertinente, ovvero che la disposizione comunitaria ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte di Giustizia, ovvero che la corretta applicazione del diritto comunitario si imponga con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi; la configurabilità di tale eventualità va valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto comunitario, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenza di giurisprudenza all'interno della comunità; con la conseguenza che i giudici interni non sono tenuti a sottoporre alla Corte una questione di interpretazione di norme comunitarie se questa non è pertinente (vale a dire nel caso in cui la soluzione non possa in alcun modo influire sull'esito della lite), se la questione è materialmente identica ad altra già decisa dalla Corte o se comunque il precedente risolve il punto di diritto controverso, o se la corretta applicazione del diritto comunitario può imporsi con tale evidenza da non lasciar adito a nessun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata.

Non può ritenersi che il pregiudizio alla concorrenza sia di rango esiguo, essendo la stessa intesa stata considerata molto grave dall'Autorità, con ragionamento che non si ritiene illogico, se correlato sia al bene giuridico coinvolto e in via mediata in fine leso (l'assistenza sanitaria e il diritto alla salute), sia perché esso riguarda il coordinamento teso a condizionare pesantemente le procedure di evidenza pubblica per la scelta dell'altro contraente da parte di pubbliche amministrazioni.

6. Vanno ora esaminati i motivi con i quali si sostiene che difetterebbe la dovuta istruttoria quanto all'accertamento della pratica concordata o dell'intesa e che la coassicurazione costituirebbe uno strumento lecito e neutro.

Gli appelli fanno leva sulla descrizione e intrinseca giustificazione dei singoli atti e delle singole circostanze che comporrebbero la condotta asseritamente anticoncorrenziale.

Il Collegio non condivide tale impostazione, non potendosi trattare, evidentemente, di meri accordi di coassicurazione stipulati occasionalmente da tre operatori di mercato e dovendosi le singole condotte delle imprese considerare come "tasselli di un mosaico", i cui elementi non sono significativi di per sé, ma come parte di un disegno unitario qualificabile come intesa restrittiva della libertà di concorrenza.

I motivi sono quindi infondati, sia dovendosi ritenere concretata la condotta anticoncorrenziale sia dovendosi valutare la deviazione funzionale dello strumento contrattuale, altrimenti lecito, della coassicurazione, sia ritenendo sufficientemente effettuata l'istruttoria procedimentale.

Sia nell'accordo che nella pratica concordata si richiede che vi siano comportamenti di più imprese e che detti comportamenti appaiano il frutto non di iniziative unilaterali, ma di una concertazione e gli stessi siano insuscettibili di una spiegazione alternativa rispetto allo scopo anticoncorrenziale. Ne deriva che nella disciplina nazionale e comunitaria, la nozione di intesa assume una valenza oggettiva tipicamente comportamentale anziché formale, poiché il suo fulcro va identificato con l'effettività del contenuto anticoncorrenziale ovvero l'effettività di un atteggiamento comunque realizzato che tende a sostituire la competizione che la concorrenza comporta con una collaborazione pratica.

Pur essendo onere dell'Autorità fornire tutti gli elementi probatori a sostegno delle contestazioni mosse alle imprese, in presenza di alcuni concorrenti elementi, spetta alle imprese prospettare ipotesi alternative rispetto a quelle formulate dall'Agcm

Infatti, nell'ambito dei procedimenti antitrust, dove vengono in gioco leggi economiche, ed anche massime di esperienza, il criterio guida per prestare il consenso all'ipotesi ricostruttiva formulata dall'Autorità è quello della c.d. congruenza narrativa, in virtù del quale l'ipotesi sorretta da plurimi indizi concordanti può essere fatta propria nella decisione giudiziale quando sia l'unica a dare un senso accettabile alla "storia" che si propone per la ricostruzione dell'intesa illecita.

L'intesa restrittiva della concorrenza integra una fattispecie di pericolo, nel senso che il vulnus al libero gioco della concorrenza può essere di natura soltanto potenziale e non deve necessariamente essersi già consumato.

A tale conclusione conduce d'altronde la stessa lettera dell'art. 2, l. 10 ottobre 1990, n. 287 che nel divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza include non soltanto le intese tra imprese che abbiano per effetto conseguito l'impedire, il restringere o il falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ma anche quelle che lo abbiano per mero oggetto, vale a dire per progetto di futura attività comune, per cui a sanzionare l'intesa restrittiva è sufficiente la sola presenza dell'oggetto anticoncorrenziale, perché la legge presume l'idoneità di un tale accordo a provocare l'alterazione della concorrenza.

Sono evidenti, quindi, le finalità di prevenzione generale avuta dal legislatore e i relativi poteri di intervento anticipato che al proposito sono stati costituiti in capo all'Agcm.

La nozione di "intesa" è oggettiva, per cui grava sull'impresa indagata l'onere di una diversa spiegazione lecita delle proprie condotte, in presenza di un sistematico scambio di informazioni tra imprese.

Anche volendo esaminare specificamente le varie vicende, come gli appelli pretendono di ripercorrere, nella specie, gli indizi gravi, precisi e concordanti sono costituiti dalle seguenti circostanze: 1) dai dati forniti dalla Regione Campania con riferimento a tutte le gare delle aziende sanitarie ed ospedaliere della Campania, nonché dalla documentazione fornita da tutti gli enti; 2) dagli accertamenti esperiti in relazione alle singole procedure, superiori a oltre la metà di quelle bandite nel periodo di riferimento dalle aziende campane, non rilevando la estraneità delle imprese alle residue procedure (quindici rispetto alle diciotto in cui sono coinvolte); 3) dalle risultanze documentali che hanno evidenziato comportamenti coordinati tra le imprese.

A titolo soltanto di esempio, valga quanto segue: casi in cui i premi corrisposti dalle aziende ospedaliere hanno subito un aumento; contatti tra Primogest e le imprese in ordine alle procedure negoziate a seguito di gare andata deserte; conoscenza da parte delle altre imprese delle modalità di sconto sul premio operate da una concorrente; modalità di partecipazione concordata; modalità di coassicurazione tramite l'agenzia plurimandataria a seguito di disdetta di una delle imprese; rinegoziazione e rideterminazione della polizza; subentro delle coassicuratrici a seguito della disdetta anticipata della polizza da parte di una delle imprese coinvolte, evitando il ricorso alla procedura concausale.

In sintesi, per riprendere la accusa mossa dall'Autorità: le imprese hanno concluso contratti di coassicurazione prima della presentazione delle offerte con la esplicita finalità di garantirsi quote del servizio escludendo il rischio di una partecipazione competitiva in gara (caso ASL Caserta 1 del 2006); hanno concluso contratti di coassicurazione dopo la presentazione delle offerte e in un arco temporale prossimo alla stessa aggiudicazione, garantendosi l'aggiudicazione senza competizione e successivamente partecipando ad una quota nella erogazione del servizio (caso degli affidamenti delle ASL Napoli 1, gara del 2002 aggiudicata nel 2003 con coassicurazione successiva e gara del 2006; caso dell'ASL San Sebastiano di Caserta del 2004 aggiudicata nel 2005); hanno concluso contratti di coassicurazione al fine di subentrare negli affidamenti dopo che questi sono stati erogati ad una compagnia così da assicurare nel tempo una certa alternanza nella erogazione tra compagnie che invece avrebbero avuto buoni motivi economici per competere (rapporti con A.O. San Sebastiano di Caserta, con A.O. Moscati di Avellino e A.O. Cotugno).

Si è trattato quindi, di un'intesa unica, complessa e continuata nel tempo, dal 2003 al 2008, che ha comportato la "spartizione" di diciotto procedure di affidamento di servizi assicurativi nei rami RCT/RCO espletate da ASL e Aziende ospedaliere campane, impedendo il realizzarsi dello svolgimento di gare realmente competitive.

Con riguardo alle censure con le quali si sostiene che almeno parte dei comportamenti censurati sarebbe coperta da prescrizione (fatti del 2003 e del 2004 e parte di quelli del 2005) e quindi non avrebbero potuto essere considerati nell'ambito della unitarietà della condotta, si osserva quanto segue.

L'Autorità, nelle proprie considerazioni conclusive (parr. 225 e ss. del provvedimento) ha posto in rilievo che l'insieme delle condotte evidenziate nelle risultanze istruttorie costituisce parte di una intesa unica, complessa e continuata nel tempo, volta alla limitazione del confronto concorrenziale nell'ambito delle gare di appalto bandite dalle A.S.L. e A.O. come specificate nel medesimo atto, negli anni dal 2003 al 2008.

Con riferimento al dato temporale ha specificato che l'illecito si è verificato in un arco temporale compreso tra il 2003, anno in cui è iniziata la collaborazione di tutte e tre le imprese assicurative con Primogest e si è stipulata la prima coassicurazione successiva all'aggiudicazione nell'ambito dei servizi assicurativi della A.S.L. Napoli 1, e la definitiva uscita dal mercato di Gerling databile alla fine del 2008.

In particolare, l'intesa restrittiva della concorrenza si sarebbe attuata mediante l'uso anticoncorrenziale dello strumento della coassicurazione prima e successivamente all'aggiudicazione, nonché mediante disdette e subentri, per evitare il ricorso alla gara e nella partecipazione coordinata alle gare con offerte economiche sulla base della ripartizione dei lotti.

Pertanto, l'autonomia che dovrebbe caratterizzare le attività delle imprese è stata compromessa e condizionata dal perseguimento di un unico disegno anticoncorrenziale articolato e complesso che si è manifestato nel condizionamento di gare ad evidenza pubblica ed, in generale, di procedure di affidamento a rilevanza europea.

Correttamente, inoltre, l'Autorità ha qualificato l'intesa in argomento quale c.d. hard core, escludendo, dunque, la necessità di prendere in considerazione gli effetti maggiori o minori della stessa.

La gravità della pratica restrittiva sarebbe, quindi, da individuare nell'impatto potenzialmente molto significativo sull'assetto concorrenziale del mercato dei servizi assicurativi RCT/RCO, avendo impedito lo svolgersi di gare realmente competitive.

L'Autorità evidenziava che l'intesa ha riguardato Compagnie che, nel periodo in esame, si sono aggiudicate servizi assicurativi pari a circa il 60% del totale degli affidamenti campani.

Con riferimento, poi, alle ipotesi in cui dagli accertamenti istruttori, è emerso che con l'uso della coassicurazione successiva ed il ricorso a disdette/subentri, le Compagnie che potevano competere in gara hanno evitato il confronto sul prezzo nell'offerta assicurandosi, comunque, l'erogazione del servizio.

Al riguardo, le doglianze sollevate dalle società appellanti nel sostenere la non configurabilità dell'intesa restrittiva trattandosi di un utilizzo lecito del contratto di coassicurazione, sono quindi infondate.

Come ha osservato l'Autorità Garante, la tipicità di un contratto non esclude la illiceità antitrust di un'intesa, che assuma la forma di tale contratto, dovendosene verificare in concreto il suo utilizzo a fini anticoncorrenziali.

La circostanza che la coassicurazione - contratto mediante il quale più imprese assicurative assumono congiuntamente nei confronti del cliente il medesimo rischio, ripartendolo tra loro - sia espressamente regolata dall'art. 1911 c.c., che dunque ne riconosce la liceità sotto il profilo negoziale, non esclude la possibilità di un suo utilizzo in concreto a fini anticoncorrenziali; l'istituto della coassicurazione è di per sé neutro ai fini antitrust; la sue eventuale illiceità deve essere dimostrata sul piano concreto sulla base di riscontri che dimostrino che quello specifico accordo di coassicurazione è finalizzato a limitare la concorrenza (così Cons. Stato, VI, 2 marzo 2001, n. 1187).

7. Neanche può condividersi la critica del mancato assolvimento dei suoi doveri istruttori da parte dell'Autorità in relazione alla pratica anticoncorrenziale e ai suoi effetti sul mercato assicurativo nelle aziende sanitarie ed ospedaliere in Campania, la esatta durata dell'illecito, la prescrizione di parte delle stesse; gli appelli sostengono che le scelte operate rientrerebbero, infatti, nelle strategie delle imprese ai fini della partecipazione alle competizioni; rilevano che l'utilizzo della coassicurazione non sarebbe precluso dagli stessi bandi.

Infatti, ad opinione del Collegio, nel corposo provvedimento adottato, nel dettaglio l'Autorità ha evidenziato l'uso della coassicurazione nella fase di partecipazione alle gare, successivamente all'aggiudicazione e nei subentri.

In particolare, "le parti coinvolte nell'intesa hanno affermato che, qualora decidessero di partecipare alla gara solo per una quota del servizio, prima della presentazione dell'offerta lo comunicavano a Primogest la quale provvedeva alla ricerca di un coassicuratore" (par. 102 del provvedimento).

La Primogest precisava (rectius, ammetteva e tali dichiarazioni sono dirimenti dal punto di vista istruttorio) "che qualora una compagnia manifesti interesse ad assumere esclusivamente una quota del rischio" «Primogest contatta tutte le altre compagnie con cui si hanno rapporti di agenzia offrendo la quota in coassicurazione. Una volta riscontrata la disponibilità di qualcuno a prendere una quota si mettono in contatto le compagnie le quali provvedono a concludere il contratto di coassicurazione».

Peraltro, emergeva che le Compagnie intrattenevano anche rapporti diretti per partecipare (prima di partecipare) alle gare di coassicurazione.

Inoltre, dai documenti e dai dati assunti, emergeva che le Società coinvolte stipulavano contratti di coassicurazione anche successivamente alla aggiudicazione della gara.

Nella formazione di tali coassicurazioni il ruolo dell'agente risultava utile al fine della ricerca delle compagnie interessate a partecipare per una quota del servizio, conoscendo le varie Compagnie e le modalità con cui esse possono ripartirsi i rischi.

Secondo le deduzioni delle società espresse anche in sede di istruttoria, "la ragione della ricerca di coassicuratori anche nei casi in cui sia possibile la copertura totale del rischio risiede nell'opportunità, per le compagnie, di distribuire il rischio tra più Enti nel rispetto dei vincoli riassicurativi" (Verbale Primogest doc. 329, p. 2 e ss. citato al par. 104 del provvedimento).

Inoltre, a volte nei casi di cui alla vicenda esaminata, è emerso che "a causa di aumenti della sinistrosità delle polizze, il contratto di assicurazione veniva disdettato e l'Ente, invece di effettuare una nuova gara, instaurava con le Compagnie, anche per il tramite dell'intermediario, trattative per la rideterminazione del premio" (par. 105 del provvedimento).

Di particolare rilievo sono le dichiarazioni assunte da Primogest che ha affermato la presenza di due ipotesi alternative nel caso di recesso di una compagnia:

a) prendere atto del recesso e bandire un'altra gara;

b) tentare strade alternative per mantenere in piedi il contratto, non sopportando i costi di una nuova gara, attraverso la rinegoziazione del premio.

La stessa Primogest ha evidenziato il proprio interesse (e in sostanza anche talvolta la propria attività) all'adozione della seconda soluzione in quanto, in tal caso non avrebbe dovuto rinunciare alle provvigioni già percepite.

In questa ipotesi, ha affermato Primogest che "la rinegoziazione del premio avviene attraverso un ricalcolo dello stesso sulla base del monte retribuzioni al momento della disdetta, senza quindi influire sul tasso cristallizzato in sede di offerta di gara" (cfr. par. 105 provvedimento).

L'Autorità accertava almeno due casi di disdetta anticipata con successiva rideterminazione del premio relativamente ai rapporti assicurativi della AO. S. Sebastiano di Caserta e della AO Moscati di Avellino. Inoltre, dall'attività istruttoria emergeva che "in vari casi la coassicurazione è stata utilizzata al fine di consentire l'ingresso di un assicuratore in vista di un successivo subentro quando l'assicuratore principale, Gerling, avesse eventualmente deciso di disdire la polizza" (par. 107 provvedimento).

L'Autorità motiva ampiamente sul punto, argomentando sulla base della constatazione che i comportamenti posti in essere dalle Società interessate dal procedimento hanno coinvolto sia la fase antecedente alle procedure di affidamento, sia la fase successiva, con l'effetto (e l'intento) che le predette imprese assicurative, grazie anche al ruolo di Primogest, "si sono ripartite tra loro quote di premi assicurativi" (parr. 156 e ss. del provvedimento).

Tali condotte "volte alla spartizione di varie procedure di affidamento per i servizi assicurativi delle citate gare nella Regione Campania, risalgono al 2003, anno in cui è iniziata la collaborazione di tutte le imprese coinvolte con l'agenzia plurimandataria Primogest e in cui si verifica la prima coassicurazione successiva all'aggiudicazione tra Faro, Navale e Gerling (queste ultime due società già in coassicurazione dai primi mesi del 2003) per il tramite della predetta agenzia plurimandataria (Napoli 1), rivelano l'esistenza di una articolata alterazione del confronto concorrenziale che si è sviluppata attraverso vari e numerosi contatti sia diretti tra le compagnie, sia intermediati da Primogest attraverso i rapporti da essa stessa ricercati e sviluppati nelle diverse fasi della gara e dopo la sua aggiudicazione. La condotta si è protratta, con il coordinamento nella partecipazione e ripartizione nelle altre gare sopra riportate, almeno sino al 2008, anno in cui Gerling ha deciso di non erogare più servizi RCT/RCO".

Continua il provvedimento ponendo in luce come "Attraverso Primogest, infatti, le imprese hanno potuto coordinare la partecipazione alle gare sopra indicate al fine di effettuare una spartizione sia degli affidamenti sia, all'interno del medesimo affidamento, delle quote di rischio. Ciò ha determinato la ripartizione e la storicizzazione delle quote tra le compagnie nelle varie gare in assenza di competizione tra le tre compagnie coinvolte. Per Primogest, inoltre, il coordinamento delle condotte delle società ha determinato la fidelizzazione dell'ente, ovvero il mantenimento del rapporto con lo stesso nel tempo garantendo la partecipazione e ripartizione delle aggiudicazioni alle sole compagnie per le quali operava come agente plurimandatario".

Dalle stesse dichiarazioni assunte emergeva che "le reali motivazioni che per Primogest sono alla base delle cessioni di quote" consistevano nel "distribuire quote di rischio per essere il riferimento dei nuovi competitors" e "a massimizzare le provvigioni e a godere del diritto di prelazione su eventuali partecipazioni a future gare con le compagnie stesse", mentre le compagnie erano interessate "ad evitare offerte aggressive in gara e a condividere quanto più possibile i rischi evitando confronti competitivi e ripartendosi quote dei servizi su più gare".

8. Ciò che si può concludere è che l'uso della coassicurazione, istituto, è evidente, di per sé neutro, ha trovato nella condotta posta in essere dalle parti una deviazione in concreto dalla sua funzione economico-sociale e cioè una finalizzazione alla costituzione di un'unica e complessa intesa che vede le Compagnie, consapevolmente, attive nel ripartirsi le quote dei servizi da erogare e Primogest attiva nel collocare quote di rischio spesso in fasi successive alla gara, in cui, data l'assenza di procedure di evidenza pubblica, non era possibile alcun confronto competitivo.

Le conclusioni alle quali è pervenuta l'Autorità garante non sono quindi smentite dalle deduzioni dei vari appelli secondo le quali non esisterebbero gli elementi distintivi della pratica concordata, e che non vi sarebbe parallelismo dei comportamenti delle parti ma solo il naturale utilizzo degli strumenti negoziali del settore.

In conclusione, sulla base dei principi della concorrenza, nella specie si è in presenza di accordi, con finalità formalmente lecite (per la causa astratta del contratto utilizzato), volte a creare un sistema di coassicurazione, ma di cui è stato dimostrato dall'Autorità l'uso distorto e illecito a fini anticoncorrenziali.

Non è dunque la coassicurazione in sé ad essere illecita, ma l'inserirsi di tale istituto in un contesto di elementi di fatto che denotano i fini illeciti perseguiti.

Per quanto attiene alle censure consistenti nell'evidenziare un difetto nella istruttoria, la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito come, pur essendo onere dell'Autorità fornire tutti gli elementi probatori a sostegno delle contestazioni mosse alle imprese, in presenza di alcuni concorrenti elementi, spetta alle imprese prospettare ipotesi alternative rispetto a quelle formulate dall'Autorità.

I vari "indizi" raccolti nella fattispecie costituiscono elementi del modello globale di ricostruzione del fatto, coerenti rispetto all'ipotesi esplicativa, coincidente con la tesi accusatoria.

Unitamente all'acquisizione di informazioni coerenti con le contestazioni mosse (riscontri), deve essere esclusa l'esistenza di valide ipotesi alternative alla tesi seguita dall'Autorità.

Nel caso in argomento i dati assunti, dal punto di vista questa volta della sufficienza istruttoria, sono costituiti, si ripete, da:

- i dati forniti dalla Regione Campania con riferimento a tutte le gare delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere della Campania, nonché la documentazione fornita direttamente da alcuni enti;

- gli accertamenti esperiti con riferimento alle singole gare bandite dalla A.O. S. Sebastiano di Caserta (due gare nel 2004) e dalla A.O. Moscati di Avellino (gara 2006) anche con riguardo alle tredici gare, (A.O. Cotugno gara 2006, A.O. Fondazione Pascale gare 2004 e 2006, A.O. Cardarelli gare 2005 e 2008, A.S.L. Caserta 1, gara 2005, A.S.L. Napoli 1 gara 2002 e 2006, A.S.L. Salerno 1, 2 gare nel 2005 (deserte) e successivo affidamento 2005 e gara 2008, ASL Napoli 3, 2 gare nel 2005 (deserte) e successivo affidamento diretto, tutte bandite da A.O. e A.S.L. localizzate nella Regione Campania, aventi per oggetto i rami RCT/RCO, in cui risulta agli atti che, alle singole gare, ha partecipato una sola Compagnia delle tre coinvolte, per un totale di 18 procedure (par. 48 e ss. del provvedimento).

- le risultanze procedimentali, che hanno evidenziato comportamenti dal 2003 al 2008 che esemplificativamente possono essere ricondotti ad alcuni casi in cui i premi corrisposti dalle A.O. hanno subito un aumento (cfr. par. 50, prima gara A.O. San Sebastiano di Caserta), ad evenienze in cui si riscontrano contatti tra Primogest e le imprese in ordine alle procedure negoziate a seguito di gare andate deserte (cfr. par. 53, rapporti Primogest - Gerling), ad ipotesi di conoscenza da parte delle altre imprese delle modalità di sconto sul premio operate da una concorrente (gara 22 dicembre 2004 A.O. San Sebastiano), a modalità di partecipazione concordata alle gare (cfr. seconda gara del 2005), a modalità di coassicurazione tramite l'Agenzia plurimandataria a seguito della disdetta di una delle imprese (rinegoziazione del 9 giugno 2006 ed anche rideterminazione della polizza nel 2007 presso l'A.O. Moscati di Avellino), al subentro delle coassicuratrici a seguito della disdetta anticipata della polizza da parte di una delle imprese coinvolte, evitando il ricorso alla procedura concorsuale (A.O. Moscati 2008).

Senza menzionare le numerose prove documentali riportate nel corpo del provvedimento sanzionatorio, è decisivo richiamare il parere dato dall'Isvap, Autorità di vigilanza per il settore assicurativo, secondo cui «i sistematici contatti tra le imprese per l'attuazione di forme di coassicurazione, tanto nelle fasi preliminari all'aggiudicazione, quanto in quelle successive, eccedono la fisiologia dei contatti di routine necessari alla ripartizione dei rischi in coassicurazione, assumono piuttosto la natura di indici rivelatori di uno strutturale e continuativo coordinamento tra le imprese in questione teso ad influire sull'autonomia delle decisioni assunte da ciascuna in merito alla partecipazione alle singole gare e, per tale via, a consentirne la spartizione senza il ricorso alla competizione. Coordinamento rispetto al quale è evidente il ruolo assunto, in termini di direzione e di raccordo, dalla società agenziale Primogest srl».

Come noto, la giurisprudenza, consapevole della rarità dell'acquisizione della prova piena (c.d. smoking gun come testo dell'intesa, documentazione in equivoca, confessione dei protagonisti), reputa sufficiente e necessaria l'emersione di indizi, purché gravi, precisi e concordanti, circa l'intervento di forme di concertazione e coordinamento (tra tante, Cons Stato, VI, 22 marzo 2001, n. 1699).

Nella specie, tra le varie circostanze, è significativa e largamente sufficiente la documentazione comprovante la esistenza di accordi contenenti l'impegno a non partecipare alle gare o gli accordi, provati da varie lettere per posta elettronica (email citate ampiamente nel provvedimento sanzionatorio), dalle quali si evince che, a fronte della mancata partecipazione di un'impresa, l'altra prometteva la cessione di una quota in coassicurazione (si tratta di accordo tipico tra quelli riscontrati).

In tale quadro, risulta accertato il ruolo di raccordo dell'Agenzia plurimandataria, nonché la limitazione della concorrenza, al di fuori di una razionale giustificazione economica.

È, pertanto, evidente la finalità dell'accordo, di difendere le quote di mercato e di creare barriere all'ingresso di terzi.

Non possono, in senso diverso, trovare positiva valutazione le osservazioni che nel bacino in questione vi erano altri operatori economici, estranei all'intesa, in quanto, come detto, il numero di imprese coinvolte, rispetto al mercato di riferimento, era comunque importante.

Né rileva che in altre regioni la coassicurazione venga in grande percentuale utilizzata, in quanto, come detto, ciò che rileva non è l'istituto in sé, ma la improprietà del suo eventuale utilizzo e la deviazione dalla sua funzione lecita.

Ne deriva che l'oggetto, la durata, la consistenza delle parti che hanno preso parte all'intesa, ne denotano la finalità restrittiva della concorrenza e la incidenza sul mercato rilevante, siccome correttamente identificato dall'Autorità, mentre l'eventuale asserita improduttività di effetti (che risulta però contraddetta dalle risultanze istruttorie, come sopra indicate) non ne farebbe comunque venir meno l'illiceità.

Inoltre, il tipo di condotta sanzionata integra una fattispecie di pericolo, nel senso che, ai fini della integrazione della fattispecie vietata, il vulnus al libero gioco della concorrenza può essere di natura soltanto potenziale e non deve necessariamente essersi già consumato.

L'istruttoria concreta dell'Antitrust ha proprio preso avvio dall'attività delle strutture sanitarie della Regione Campania, che ha ampiamente dimostrato l'incidenza negativa, in concreto, degli effetti collusivi dell'accordo; non è emersa una diversa giustificazione causale degli accordi tra imprese rispetto alla evidente finalità anticompetitiva e alla conseguente ricaduta negativa per la concorrenza relativa all'ambito del mercato delle assicurazioni.

Basterebbe al riguardo menzionare lo scambio di informazioni con riferimento all'applicazione dello sconto per poter far richiamo dell'orientamento della giurisprudenza comunitaria che ha posto l'accento sul carattere illecito dello scambio di informazioni se capace di eliminare o attenuare il grado di incertezza riguardo al comportamento dei concorrenti (cfr. decisione 28 maggio 1998 della Corte di Giustizia nel gravame sulla sentenza del Tribunale di primo grado nel caso John Deere e Corte di Giustizia CE, III, sent. n. 8 del 4 giugno 2009, in cui si precisa anche che lo scambio di informazioni ha senz'altro uno scopo anticoncorrenziale ed è dunque vietato ogni qual volta sia idoneo ad eliminare talune incertezze in relazione al comportamento previsto dagli operatori interessati).

In un caso relativo proprio al sistema assicurativo, il Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che "l'organizzazione di uno scambio di informazioni consente ai partecipanti di venire a conoscenza di tali informazioni in modo più semplice, rapido e diretto che mediante il mercato, creando per di più un clima di mutua sicurezza relativamente alle future politiche commerciali dei concorrenti, incompatibile con il principio di libera concorrenza" (Sez. VI, 23 aprile 2002, n. 2199).

La prova della partecipazione delle ricorrenti all'intesa restrittiva si desume pertanto dalle stesse dichiarazioni sopra richiamate e riportate nel provvedimento e dagli elementi probatori evidenziati.

Ne consegue, pertanto, che, come più volte affermato dalla giurisprudenza, dovrebbe gravare sull'impresa indagata, e non sull'Autorità Garante, l'onere probatorio di una diversa spiegazione lecita delle proprie condotte, in presenza di un sistematico scambio di informazioni tra imprese (tra varie, Corte di Giustizia UE, 8 luglio 1999, C. 49/92, Anic; Caso Total Italia s.p.a., Cons. di Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 10) e tale onere non risulta superato in alcun modo.

9. Con altri motivi, sinteticamente accorpati, gli appelli delle imprese lamentano che non sarebbe stata considerata la maturata prescrizione di almeno parte dei comportamenti tenuti, dovendosi ritenere coperte da prescrizione le condotte precedenti al 2005 (appello HDI pagina 40).

I motivi sono infondati.

L'illecito si è specificato in un arco temporale compreso tra il 2003 anno in cui è iniziata la collaborazione di tutte e tre le imprese assicurative con Primogest e si è stipulata la prima coassicurazione successiva all'aggiudicazione nell'ambito dei servizi assicurativi della ASL Napoli 1 e la definitiva uscita dal mercato di Gerling che data la fine dell'anno 2008.

La condotta fa emergere un unico disegno collusivo in cui le azioni delle singole Società erano dirette ad alterare, dal 2003, il libero dispiegarsi della competizione.

Né, come detto, può condividersi che si sia trattato di una condotta non unitaria.

Infatti, dalla documentazione in atti e dalla motivazione articolata nel provvedimento, si evince come i dati acquisiti hanno delineato l'esistenza di un disegno concretizzatosi a partire dal primo accordo del 2003.

Secondo la giurisprudenza in materia di illecito permanente, la cui consumazione si disegna come un segmento e non come un punto nel tempo, il termine di prescrizione della sanzione disciplinare, da irrogarsi per un illecito di carattere permanente decorre dal giorno in cui cessa la permanenza, in applicazione analogica dell'art. 158 c.p. (in tal senso, Cassazione civile, sez. III, 28 settembre 2012, n. 16515).

In definitiva, vanno respinti gli appelli proposti distintamente da HDI Gerling, Unipol e Primogest, con conseguente conferma, sul punto, dell'appellata sentenza.

10. Con riguardo alla quantificazione della sanzione, va esaminato l'appello incidentale sollevato dall'Autorità Garante, che sostiene la legittimità del suo operato.

Il primo giudice ha ritenuto parzialmente fondate le censure proposte con il ricorso originario, ritenendo la mancanza di completa istruttoria e motivazione in relazione all'utilizzo degli "Orientamenti" della Commissione per il calcolo delle ammende inflitte.

Il primo giudice ha ritenuto condivisibile il riferimento alla "gravità" del comportamento, ma improprio e non completo il riferimento alla estensione geografica dei cartelli (che vale per esempio quando la estensione geografica dell'infrazione superi il territorio europeo mentre nella specie per definizione iniziale è riferita all'ambito regionale).

Il primo giudice ha rilevato inoltre come nella ipotesi in cui avesse voluto farsi riferimento ad un valore dissuasivo, avrebbe dovuto farsi riferimento ad un fatturato particolarmente grande.

Ad opinione del Collegio, a spiegare l'aumento del dieci per cento applicato dall'Autorità Garante è giusta ragione il riferimento al punto 18 degli Orientamenti, richiamato dall'appello incidentale.

Tale punto considera l'ipotesi in cui in taluni casi (non necessariamente il superamento del territorio europeo) le vendite interessate realizzate dall'impresa possono non riflettere adeguatamente il peso di ciascuna impresa nell'infrazione.

Tale è proprio il caso di specie, in cui la valutazione della determinazione del valore delle vendite, per le modalità con le quali, in parte, si è consumato l'illecito anticoncorrenziale, non risultava esaustiva.

Infatti, il valore delle vendite preso a riferimento del computo dell'importo di base non consentiva di cogliere in pieno il peso dei comportamenti gravi di ogni impresa nell'infrazione, considerando che parte di tali comportamenti consistevano proprio "nella mancata partecipazione a determinate gare" (gare il cui valore altrimenti avrebbe dovuto essere calcolato per intero) o nella decisione concordata di partecipare in modo da determinare l'aggiudicazione a talune imprese in luogo di altre.

Pertanto, in relazione anche alla gravità dell'illecito tenuto, la motivazione della maggiorazione del 10% applicata al valore delle vendite preso in considerazione ai fini della determinazione dell'importo base deve ritenersi legittima ed esaustiva e su tale punto va riformata la sentenza appellata.

L'appello dell'Autorità garante è fondato anche in relazione al motivo con cui si contesta il parziale accoglimento da parte del primo giudice per la parte relativa alla quantificazione della sanzione a carico di Primogest, perché calcolata sulla base del fatturato relativo all'esercizio dell'anno 2009 anziché a quello dell'anno successivo (2010).

Come emerge dagli atti, l'Autorità garante, in data 4 maggio 2011 chiedeva alla Primogest di fornire copia anche del bilancio del 2010; nei fatti, la chiusura della istruttoria è avvenuta in data 23 giugno 2011, mentre l'approvazione del bilancio era avvenuta in data 20 giugno 2011 e cioè soli tre giorni prima.

In definitiva, nessun addebito di legittimità può essere mosso all'operato dell'Autorità Garante, nell'aver preso a riferimento il bilancio a quel momento disponibile, essendo anche palese il comportamento non collaborativo e non adempitivo dei suoi oneri, oltre che contrario ai propri interessi, tenuto da Primogest.

11. Per le considerazioni sopra svolte, vanno respinti gli appelli; va accolto l'appello incidentale proposto dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato; conseguentemente, in riforma dell'appellata sentenza, va respinto il ricorso originario.

La condanna alle spese del doppio grado di giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa riunione, li respinge; accoglie l'appello incidentale proposto dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato; conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso originario.

Condanna le parti appellanti al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, liquidandole in complessivi euro trentamila, divisi in diecimila euro a carico di ogni appellante principale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

F. Del Giudice, B. Locoratolo

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