Corte di cassazione
Sezioni unite penali
Sentenza 24 aprile 2014, n. 28270

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ordinanza in data 8 luglio 2013, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, nell'ambito di un procedimento penale iscritto per il delitto di cui all'art. 455 c.p., ha applicato a S.G. la misura cautelare degli arresti domiciliari.

Posta in esecuzione la misura in data 18 luglio 2013, nei termini di legge (il successivo 23 luglio 2013) è stato espletato l'interrogatorio di garanzia dell'indagato, che si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Contro il provvedimento cautelare S.G. ha proposto, in data 24 luglio 2013, richiesta di riesame; e in data 6 agosto 2013, prendendo atto della mancata trasmissione da parte del Pubblico Ministero - entro il termine di cui all'art. 309, comma 5, c.p.p. - degli atti sui quali si fondava la disposta misura cautelare, il Tribunale di Perugia ha dichiarato la perdita di efficacia dell'ordinanza, disponendo conseguentemente la rimessione in libertà dell'indagato.

A seguito di nuova richiesta del Pubblico Ministero del 7 agosto 2013, il Giudice per le indagini preliminari, in data 13 agosto 2013, ha emesso nei confronti di S. una nuova ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari, richiamando integralmente il contenuto della precedente.

Avverso tale provvedimento la difesa dell'indagato ha proposto ulteriore richiesta di riesame, deducendone la nullità per violazione dell'art. 302 c.p.p., poiché il giudice non aveva proceduto al previo interrogatorio dell'indagato.

Il Tribunale del riesame di Perugia, con ordinanza del 27 agosto 2013 (depositata il giorno successivo), ha annullato il provvedimento impugnato: in accoglimento dell'eccezione difensiva, ha, infatti, ritenuto che l'omissione del previo interrogatorio aveva determinato la nullità della nuova imposizione, per violazione del diritto di difesa, nulla rilevando il primo interrogatorio, reso in una condizione di restrizione della libertà personale.

2. Avverso il suindicato provvedimento del Tribunale del riesame del 27 agosto 2013 ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, deducendo violazione di legge in relazione all'art. 302 c.p.p.

Ad avviso del Procuratore ricorrente, aveva errato il collegio nel ritenere possibile un'applicazione analogica di tale disposizione alla fattispecie oggetto del procedimento, essendo quest'ultima diversa nei suoi presupposti da quella che la norma menzionata disciplina.

In particolare, l'Ufficio ricorrente sottolinea la diversità della fattispecie in cui la misura cautelare è dichiarata inefficace per mancato (o nullo) interrogatorio, regolata dall'art. 302 c.p.p., da quella in cui l'inefficacia scaturisce, ai sensi del successivo art. 309, comma 10, dalla mancata trasmissione nel termine di legge al tribunale del riesame degli atti su cui la misura è fondata: nel primo caso, il soggetto sottoposto alla misura non è stato interrogato o non lo è stato legalmente; nel secondo, tale fondamentale adempimento di garanzia vi è stato (come avvenuto nel caso in esame, in cui l'indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere), sicché non troverebbe alcuna giustificazione, in presenza di un immutato quadro indiziario e cautelare, l'affermazione della necessità di un ulteriore previo interrogatorio.

Né, ad avviso del ricorrente, potrebbe operarsi una distinzione a seconda che la nuova misura intervenga quando l'indagato sia stato già posto effettivamente in libertà o, al contrario, quando la liberazione sia stata solo "virtuale" perché la misura reiterata è stata applicata contestualmente (cioè senza soluzione di continuità sul piano fattuale) alla rimessione in libertà conseguente alla inefficacia della prima: tale distinguo, secondo il Pubblico Ministero, non troverebbe alcun riferimento né normativo né logico, sicché non potrebbe essere posto a fondamento di una nullità non prevista dall'ordinamento, in palese violazione del principio di tassatività sancito dall'art. 177 c.p.p.

3. Assegnato il ricorso alla Quinta Sezione penale, il difensore dell'indagato, con memoria del 17 gennaio 2014, ne ha richiesto la rimessione alle Sezioni Unite, rilevando che la questione di diritto sottoposta al giudizio della Corte di cassazione appariva controversa e dibattuta nella stessa giurisprudenza di legittimità.

Alla udienza in camera di consiglio del 5 febbraio 2014 il Procuratore Generale concludeva per l'annullamento, con rinvio, dell'ordinanza impugnata, mentre il difensore insisteva per il rigetto del ricorso e, in subordine, per la rimessione della questione alle Sezioni Unite.

4. La Quinta Sezione, con ordinanza n. 124, depositata il 20 febbraio 2014, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, al fine di stabilire «se sia necessario il previo interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare, a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente, per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame».

Nell'ordinanza di rimessione si illustra preliminarmente l'orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità sul tema, in base al quale il disposto degli artt. 294 e 302 c.p.p. non è suscettibile di applicazione analogica. La Sezione rimettente ricorda che, secondo questo filone giurisprudenziale (di cui si citano tra le altre: Sez. 5, n. 35931 del 15 luglio 2010, Toni, Rv. 248417; Sez. 1, n. 23482 del 28 febbraio 2003, Pittaccio, Rv. 225326; e, più di recente, Sez. 2, n. 9258 del 23 novembre 2012, Sarpa, Rv. 254870), deve escludersi la necessità di un secondo interrogatorio, anche alla luce della giurisprudenza che afferma il medesimo principio con riferimento al caso in cui la misura cautelare disposta da giudice incompetente sia rinnovata ad opera di quello competente, nel termine di venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti, sempre che non siano stati contestati all'indagato o all'imputato fatti nuovi ovvero che il provvedimento non sia fondato su indizi o su esigenze cautelari in tutto o in parte diversi rispetto a quelli posti a fondamento dell'ordinanza emessa dal giudice incompetente (Sez. Un., n. 39618 del 26 settembre 2001, Zaccardi, Rv. 219975; Sez. 5, n. 3399 del 27 ottobre 2009, Zarcone, Rv. 245836). Ad ulteriore sostegno della posizione si fa rilevare come il diritto di difesa sia già garantito con il primo interrogatorio, per cui un eventuale secondo interrogatorio assumerebbe una valenza meramente formale e ripetitiva.

Nell'ordinanza di rimessione si dà poi conto della posizione contraria, che afferma, invece, la necessità di un nuovo interrogatorio anche nel caso in cui l'ordinanza custodiale precedente sia divenuta inefficace per effetto di quanto previsto dall'art. 309, comma 10, c.p.p.

La tesi è fondamentalmente espressa in una decisione della Quinta Sezione (sent. n. 5135 del 12 novembre 2010, Toni, Rv. 249693), secondo cui «è illegittima l'ordinanza di custodia cautelare motivata per relationem ad altra ordinanza - dichiarata inefficace per inosservanza del termine stabilito per la decisione del giudice del riesame (art. 309, comma 10, c.p.p.) - e adottata in assenza del previo interrogatorio», in quanto «si tratta di provvedimento nuovo - e non già meramente reiterativo o sostitutivo di quello originario che risulti ancora valido al momento dell'emissione del nuovo - tanto da imporre una nuova richiesta del pubblico ministero, cui deve, in tal caso, far seguito il previo interrogatorio dell'indagato»; e ciò, secondo quanto affermato in motivazione, «a pena di inefficacia ai sensi del combinato disposto degli artt. 294 e 302 c.p.p.», e con conseguente "radicale nullità" del provvedimento del Tribunale del riesame che non rilevi tale effetto.

Il Collegio rimettente ricorda ancora che un principio analogo era stato affermato in precedenza dalla Sesta Sezione (sent. n. 2119 del 10 giugno 1998, Manfredi, Rv. 211751), secondo cui, in caso di sopravvenuta inefficacia di un provvedimento coercitivo per il mancato rispetto del termine di cui all'art. 309, comma 5, c.p.p., «l'unica condizione posta dall'art. 302 c.p.p., per la reiterazione della custodia cautelare è che l'indagato sia stato sottoposto ad interrogatorio», adempimento che, nella concreta fattispecie, era stato rispettato.

Un richiamo, infine, viene dedicato dalla Sezione rimettente ad altra sentenza resa dalla Quinta Sezione (n. 22801 del 11 maggio 2010, Schirripa, Rv. 247517), in forza della quale «in caso di reiterazione di un provvedimento applicativo della misura cautelare in precedenza dichiarato inefficace, l'omissione del previo interrogatorio, sancito dall'art. 302 c.p.p. come presupposto indispensabile sino a che nel giudizio ordinario non venga aperto il dibattimento o in quello abbreviato l'imputato non abbia ancora avuto modo di costituirsi, comporta ai sensi degli artt. 178, 180 c.p.p., la nullità della nuova imposizione (e quindi l'originaria inefficacia della misura) per violazione del diritto di difesa, deducibile in sede di riesame».

Accogliendo dunque l'istanza del difensore - che, come si è visto, aveva sollecitato una riflessione su tale problematica da parte delle Sezioni Unite, evidenziando come la tesi della necessità del previo interrogatorio, sebbene minoritaria, appariva comunque da preferire per la maggiore attenzione prestata alle garanzie difensive nella fase cautelare, particolarmente importanti in caso di provvedimento limitativo della libertà personale adottato sulla base di un compendio indiziario provvisorio - la Quinta Sezione, dato atto del contrasto giurisprudenziale, ha, come detto, rimesso la questione alle Sezioni Unite penali.

5. Il Primo Presidente, con decreto del 10 marzo 2014, ha disposto l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, fissandone per la trattazione l'udienza in camera di consiglio del 24 aprile 2014.

6. In prossimità della odierna udienza, il difensore di S.G. ha depositato una memoria, con la quale conclude per il rigetto del ricorso, sottolineando come l'adesione al più recente orientamento interpretativo realizzerebbe una lettura garantista delle norme processuali interessate. Ad avviso del difensore, la liberazione dell'indagato dopo la caducazione della prima misura darebbe luogo ad una frattura tra il momento applicativo di questa e l'esecuzione di una nuova ordinanza che, seppur fondata sugli stessi elementi investigativi a carico del destinatario, non potrebbe che ritenersi autonoma e distinta dalla precedente, imponendo quindi al giudice una nuova valutazione delle esigenze cautelari, anche alla luce degli sviluppi di vita dell'indagato durante lo status libertatis, da effettuare anche attraverso (e dopo) l'espletamento di un nuovo interrogatorio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Le Sezioni Unite sono chiamate a dare risposta alla seguente questione: "Se sia necessario il previo interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare, a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente, per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame".

Per rispondere al quesito appare opportuno premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

La direttiva n. 2/60 della l. n. 81 del 1987 - recante Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale - prevede: il diritto dell'imputato in stato di custodia cautelare di essere interrogato nella fase delle indagini preliminari immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dalla esecuzione del provvedimento privativo della libertà personale; la liberazione dell'imputato che non sia stato interrogato entro detto termine, salvo che ciò sia dipeso da assoluto impedimento del quale il giudice da atto con decreto; il nuovo decorso del termine dalla data della notizia della cessazione dell'impedimento.

In attuazione di tale direttiva, dispone il comma 1 dell'art. 294 c.p.p. che «[fino] alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare, se non vi ha proceduto nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto, procede all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita»; ai sensi del successivo comma 1-bis, «Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l'interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione».

Direttamente ispirato alla direttiva n. 60 è anche l'art. 302 del codice di rito.

La norma riproduce, con qualche variante, il dettato dell'art. 365, comma 1, del codice del 1930, che, a seguito delle modifiche apportate dall'art. 10 della l. 28 luglio 1984, n. 398, prevedeva l'immediata scarcerazione dell'imputato che non fosse stato interrogato entro quindici giorni dell'arresto.

Preso atto della definitiva consacrazione giurisprudenziale (fra le tante, Sez. 1, n. 278 del 28 gennaio 1985, Rv. 168835) della possibilità, sino allora non espressamente contemplata sul piano normativo, di reiterare la misura custodiale per lo stesso fatto di reato, a quadro indiziario e cautelare immutato, la disposizione codicistica pone tuttavia come condizione che l'indagato, dopo l'effettiva scarcerazione, venga previamente interrogato: dopo aver stabilito, infatti, che la custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari perde efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine di cinque giorni previsto dall'art. 294, l'art. 302 c.p.p. prevede che «[dopo] la liberazione, la misura può essere nuovamente disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, previo interrogatorio, allorché, valutati i risultati di questo, sussistono le condizioni indicate negli artt. 273, 274 e 275», contemplando il medesimo schema procedurale nel caso in cui la persona, senza giustificato motivo, non si presenti per rendere interrogatorio.

Derivazione del combinato disposto delle direttive n. 59 e n. 61 (recanti, rispettivamente, la previsione della possibilità di riesame anche nel merito del provvedimento che decide sulla misura di coercizione dinanzi al tribunale in camera di consiglio e la fissazione, per ciascuna fase processuale, di termini autonomi di durata massima delle misure di coercizione) può, infine, considerarsi la disposizione di cui all'art. 309, comma 10, c.p.p., che, nel regolare le conseguenze della tempistica dettata per il procedimento di riesame, commina la perdita di efficacia della misura coercitiva ove la trasmissione, da parte del pubblico ministero, degli atti su cui si fonda la misura non avvenga nei termini di cinque giorni dall'avviso fatto all'autorità procedente ovvero allorquando la decisione sul riesame non intervenga entro il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti medesimi.

2. Tanto premesso, deve in primo luogo evidenziarsi che, una volta consolidatosi il principio per il quale l'inefficacia dell'ordinanza che dispone la misura custodiale, determinata dalla inosservanza dei termini stabiliti dall'art. 309, per la fase del riesame, non costituisce preclusione alla reiterazione del provvedimento coercitivo (Sez. Un., n. 11 del 1° luglio 1992, Rv. 191182), l'orientamento prevalente della giurisprudenza della Corte di cassazione ha sempre escluso che il giudice per le indagini preliminari che accolga la richiesta di ripristinare il regime cautelare nei confronti dell'indagato debba preventivamente interrogarlo.

Un primo arresto in tal senso si rinviene, negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore del nuovo codice, in una sentenza della Sesta Sezione, nella quale si afferma che il principio dell'art. 302 c.p.p., secondo cui non è possibile emettere una misura di custodia cautelare se non dopo la effettiva cessazione del precedente stato di detenzione, nonché dopo l'interrogatorio dell'indiziato o la sua mancata comparizione, non è suscettibile di interpretazione analogica e pertanto non si applica al di fuori dell'ipotesi ivi prevista di estinzione della misura per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare, come nei casi di estinzione della misura per altra causa o nei casi di liberazione per originaria detenzione sine titulo, ad esempio per arresto arbitrario avvenuto all'estero (Sez. 6, n. 1510 del 19 aprile 1990, Spezio, Rv. 187262).

Il principio viene ribadito in riferimento a fattispecie di reiterazione di ordinanza di custodia cautelare annullata per vizi di forma, precisandosi che la disposizione di cui all'art. 302 c.p.p. riguarda solo il caso ivi previsto di estinzione della misura per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare nel termine prescritto: in tutte le altre ipotesi di estinzione o di annullamento del relativo provvedimento, sempre che l'interrogatorio sia stato regolarmente espletato, la reiterazione dell'atto istruttorio sarebbe infatti del tutto ingiustificata (Sez. 1, n. 5038 del 2 novembre 1994, Belato, Rv. 200331; Sez. 6, n. 44 del 12 gennaio 1995, Tramacera, Rv. 200911).

Successivamente la giurisprudenza ha provveduto a puntualizzare le ragioni e la portata della impossibilità di applicazione analogica dell'art. 302 c.p.p. Nel ricordare, infatti, come la previsione dell'art. 302 (relativa alla necessità del previo interrogatorio per l'emissione di un nuovo provvedimento di custodia cautelare nell'ipotesi di perdita di efficacia della misura) non si applichi non solo al caso previsto dall'art. 309, comma 10, ma anche a quello previsto dall'art. 27, in tema di misure cautelari disposte dal giudice incompetente, si è osservato che il legislatore ha imposto il previo interrogatorio in stato di libertà nell'ipotesi di mancato espletamento dell'interrogatorio ex art. 294 c.p.p. per ragioni di tutela dell'indagato, il quale, se tempestivamente interrogato, avrebbe potuto far valere le sue ragioni difensive, con la conseguenza che non vi è alcuna identità di ratio, tale da giustificare un ricorso all'analogia, sia con la situazione di inefficacia prevista nell'art. 27 c.p.p., nel caso in cui l'indagato sia stato interrogato, sia tanto meno con la situazione di inefficacia prevista dall'art. 309, comma 10, c.p.p. (Sez. 6, n. 1122 del 15 marzo 1996, Di Sarno, Rv. 204886).

Negli anni a seguire, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito il predetto orientamento in ulteriori pronunce (Sez. 1, n. 6496 del 17 dicembre 1998, Di Martino Rv. 212811; Sez. 4, n. 1412 del 5 maggio 1999, Gammarota, Rv. 213817; Sez. 6 n. 3245 del 13 ottobre 1999, Caridi, Rv. 216628; Sez. 6, n. 669 del 1° febbraio 2000, Carloni, Rv. 215407; Sez. 1, n. 23482 del 28 febbraio 2003, Pittaccio, Rv. 225326), tutte concordi nell'escludere categoricamente la necessità di un nuovo interrogatorio in caso di inefficacia dichiarata ai sensi dell'art. 309, comma 10, del codice di rito.

In particolare, si è chiarito che una volta che l'imputato raggiunto da provvedimento coercitivo sia stato tempestivamente interrogato dal giudice, non è necessario procedere a nuovo interrogatorio a seguito di nuovo provvedimento coercitivo emesso dopo la declaratoria di inefficacia del primo per motivi procedurali (nella specie, prodottasi a causa dell'inosservanza del termine per l'avviso al difensore a norma dell'art. 309, comma 8, c.p.p.), sottolineandosi che, avendo il primo provvedimento perso efficacia per sopravvenuti motivi procedurali che non ne intaccavano l'intrinseca legittimità e poiché la nuova ordinanza custodiale non conteneva elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente, l'esigenza di difesa dell'indagato era stata assicurata pienamente con il primo interrogatorio. Il carattere di mera reiterazione della misura, dato da un compendio indiziario e cautelare del tutto immutato, rendeva un eventuale nuovo interrogatorio "una inutile formalità", pur ammettendosi la possibilità - ferma restando l'assenza di qualsiasi obbligo e di qualsiasi conseguente sanzione processuale in caso di omissione - che il giudice ritenesse comunque opportuno espletarlo «secondo il suo prudente apprezzamento» (sentenza Di Martino, cit.). Inoltre proprio l'argomento della funzione di garanzia sostanziale dell'interrogatorio gioca, secondo questa giurisprudenza, a favore della tesi della inutilità della reiterazione dell'interrogatorio di mera "ratifica" di quello già espletato: infatti, una doglianza sul punto - ossia sull'omesso secondo interrogatorio - avrebbe potuto avere un qualche pregio ove avesse mirato a far emergere un vizio, di forma (ad esempio, l'incompetenza dell'autorità che aveva emesso il nuovo provvedimento) o di sostanza (ad esempio, per diversità del fatto contestato con il nuovo provvedimento), specifico del nuovo provvedimento restrittivo; non invece in una fattispecie di rinnovazione di misura emessa dallo stesso giudice sulla base del medesimo quadro fattuale e giuridico (sentenza Gammarota, cit.).

La non necessità di reiterazione dell'interrogatorio di garanzia in caso di caducazione della misura cautelare precedentemente emessa per motivi esclusivamente formali è stato ribadita in casi analoghi: ad es., nella procedura relativa al mandato di arresto europeo, con riferimento al caso di sopravvenuta inefficacia di ordinanza restrittiva della libertà personale a causa del mancato invio da parte dell'autorità richiedente degli atti previsti dall'art. 13 della l. 22 aprile 2005, n. 69 (Sez. 6, n. 21974 dell'11 maggio 2006, Ramoci, Rv. 234272) ovvero in caso di misura cautelare disposta da giudice incompetente e rinnovata ad opera di quello competente a norma dell'art. 27 c.p.p. (Sez. 5, n. 3399, del 27 ottobre 2009, Zarcone, Rv. 245836; Sez. 5, n. 43281, del 17 ottobre 2008, Negro, Rv. 241726). In riferimento a quest'ultima fattispecie si è segnatamente sottolineato che l'esigenza di garanzia sottesa all'interrogatorio di cui all'art. 294 c.p.p. deve ritenersi soddisfatta ampiamente dall'interrogatorio reso al giudice incompetente, stante la validità, efficacia ed utilizzabilità dell'atto anche da parte del giudice competente (Sez. Un., n. 39618 del 26 settembre 2001, Zaccardi, Rv. 219975, cit.).

3. La Sezione rimettente mostra di aderire, invece, in considerazione della asserita maggiore attenzione prestata alle garanzie difensive nella fase cautelare, al diverso orientamento giurisprudenziale, che afferma la necessità di un nuovo interrogatorio anche nel caso in cui la precedente ordinanza custodiale sia divenuta inefficace per effetto di quanto previsto dall'art. 309, comma 10, c.p.p.

Tale orientamento, espresso in una decisione della medesima Sezione (sent. n. 5135 del 12 novembre 2010, Toni, Rv. 249693), sarebbe confermato da altri due precedenti (Sez. 6, n. 2119 del 10 giugno 1998, Manfredi, Rv. 211751; Sez. 5, n. 22801 dell'11 maggio 2010, Schirripa, Rv. 247517).

4. Deve, in primo luogo, farsi chiarezza in ordine alla reale portata dei precedenti giurisprudenziali menzionati nell'ordinanza di rimessione a conferma della necessità di reiterazione dell'interrogatorio di garanzia anche in caso di caducazione per motivi esclusivamente formali della misura cautelare precedentemente emessa.

Da una attenta lettura della sentenza Manfredi emergono, infatti, indicazioni di segno contrario rispetto alle conclusioni dell'ordinanza di rimessione.

È pur vero che in questa sentenza la Sesta Sezione - dopo aver affermato che dall'art. 302 c.p.p. può ricavarsi una regola generale secondo cui, in tutti i casi di sopravvenuta inefficacia della misura cautelare per motivi formali (mancato interrogatorio di cui all'art. 294; mancata adozione della decisione sulla richiesta di riesame ai sensi dell'art. 309, comma 10, ovvero omessa trasmissione degli atti nel termine di cui al comma 5; ipotesi di provvedimento adottato da giudice incompetente e scadenza del termine di venti giorni di cui all'art. 27 c.p.p.), l'adozione di una nuova misura è perfettamente legittima - ha evidenziato come l'unica condizione posta dall'art. 302 c.p.p. per la reiterazione della custodia cautelare è che l'indagato "sia stato" interrogato.

Tuttavia tale espressione non sembra possa interpretarsi quale riferibilità della condizione di un "nuovo" interrogatorio a tutte le situazioni di inefficacia complessivamente considerate, ma piuttosto depone per una interpretazione del tutto opposta, nel senso cioè che, proprio in quanto l'unica condizione è quella di un avvenuto ("sia stato") interrogatorio, la rinnovazione di tale adempimento costituisce condizione indispensabile nei soli casi di sua precedente pretermissione.

Quanto alla sentenza Schirripa (pure indicata nell'ordinanza di rimessione quale pronuncia annoverabile nell'orientamento difforme, nella misura in cui affermerebbe che il previo interrogatorio ex art. 302 c.p.p. costituisce un presupposto indispensabile in caso di reiterazione di provvedimento applicativo di misura cautelare in precedenza dichiarata inefficace), basta rilevare che in quel caso la primigenia misura cautelare era divenuta inefficace (per effetto della decisione del tribunale del riesame) non per i motivi previsti dall'art. 309, comma 10, bensì per la nullità dell'interrogatorio espletato ex art. 294 c.p.p., atteso che l'indagato non aveva avuto modo di visionare gli atti, e che il giudice per le indagini preliminari, in sede di emissione della nuova misura, non aveva proceduto al previo interrogatorio dell'indagato per sentirne le ragioni.

Dato tale contesto, può dirsi certamente assodato che la condicio di cui all'art. 302 c.p.p. operi non solo quando il primo interrogatorio non sia avvenuto nel termine di legge, ma anche quando, pur formalmente espletato, debba ritenersi nullo: come, ad esempio, proprio in tutte le situazioni in cui l'indagato non è messo in condizione di far valere le sue ragioni, così che la funzione di "garanzia" dell'adempimento viene ad essere svilita e svuotata di significato effettivo. Non può, però, certamente sostenersi che la Quinta Sezione, in questa decisione, nel dichiarare la nullità della nuova misura a causa dell'omesso nuovo interrogatorio in conseguenza di un precedente interrogatorio nullo, abbia affermato un generale obbligo di reiterazione dell'adempimento "in forma anticipata" per tutti i casi in cui la dichiarazione di inefficacia non trovi aggancio alcuno con omissioni o vizi attinenti al primo interrogatorio conseguente all'emissione della misura originaria, ma risieda in patologie attinenti a momenti successivi della vicenda cautelare.

5. Dalle considerazioni sopra svolte discende che in realtà vi è un unico precedente giurisprudenziale, che afferma la necessità di nuovo interrogatorio anche nel caso in cui la precedente ordinanza custodiale sia divenuta inefficace per effetto di quanto previsto dall'art. 309, comma 10, c.p.p.: la sentenza emessa dalla Quinta Sezione, n. 5135 del 12 novembre 2010, Toni, Rv. 249693.

Non si può fare a meno di segnalare, peraltro, come dalla medesima vicenda processuale oggetto della sentenza de qua sia scaturito appena prima, per effetto di una duplicità di ricorsi per cassazione promossi dalla difesa degli indagati, un altro precedente di segno totalmente opposto, costituito da Sez. 5, n. 35931 del 15 luglio 2010, Toni, Rv. 248417. Si tratta di una decisione nella quale si è espressamente ribadita «la costanza dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui qualora un'ordinanza restrittiva della libertà personale sia divenuta inefficace per vizi di forma (art. 309, comma 10, c.p.p.) non è necessario un nuovo interrogatorio dell'indagato per l'emissione di una seconda ordinanza custodiale, atteso che le prescrizioni di cui agli artt. 294 e 302 c.p.p. non sono suscettibili di applicazione analogica».

A distanza di qualche mese, intervenendo sulla stessa vicenda ma decidendo questa volta sul ricorso promosso contro il rigetto della istanza di declaratoria di inefficacia (per omesso previo interrogatorio) della ulteriore misura cautelare successivamente disposta, la stessa Quinta Sezione, con la sentenza n. 3135 del 2010, ha proposto, per la prima volta, una lettura delle norme applicabili di segno totalmente opposto rispetto a quella sino ad allora mai realmente messa in discussione.

Nella sentenza si è evidenziata innanzitutto, in senso critico, la singolare (definita "strumentale") anomalia, caratterizzata dal differimento degli effetti della declaratoria di inefficacia di precedente titolo custodiale, pronunciato in questa occasione dal Tribunale di Firenze inusualmente in prevenzione, ossia in base al mero rilievo che, in tempo utile, non si sarebbe potuto ovviare a quella che null'altro era che una inadempienza dell'ufficio, cioè la mancata notifica dell'avviso dell'udienza camerale ai codifensori degli indagati: per la Corte, la perdita di efficacia di cui all'art. 309, comma 10, c.p.p. era evento che conseguiva automaticamente alla mancata osservanza del termine normativo, come fatto rilevabile ex post e, di per sé, insuscettibile di dichiarazione preventiva, in vista di previsione di - pur sicura - inutile decorrenza.

Sulla base di tale premessa, la Corte, capovolgendo di fatto quanto poco prima affermato sulla stessa vicenda storica, ha escluso che il nuovo titolo custodiale emesso dal giudice per le indagini preliminari, anche se motivato per relationem al contenuto della precedente ordinanza, potesse ritenersi meramente reiterativo o sostitutivo di quello emesso in precedenza, per la ragione che quest'ultimo titolo, pur se votato ad ineluttabile caducazione di efficacia in ragione della prevista inosservanza del termine stabilito per la decisione del giudice del riesame, era ancora valido al momento dell'emissione del nuovo, tanto da esigere, come di fatto era avvenuto, una rinnovata richiesta del pubblico ministero.

Proprio perché si trattava di misura nuova (e non meramente reiterativa o sostitutiva della precedente), la sua emissione richiedeva anche che il giudice per le indagini preliminari procedesse a nuovo interrogatorio degli indagati, a pena di inefficacia ai sensi del combinato disposto degli artt. 294 e 302 c.p.p. Ne derivava che il non aver rilevato tale effetto ex lege (da parte del giudice per le indagini preliminari richiesto di dichiarare l'inefficacia della misura per omesso previo interrogatorio) integrava un errore di giudizio tale da inficiare il provvedimento impugnato, comportandone la radicale nullità.

Conseguentemente, in quest'unico precedente effettivamente difforme rispetto all'orientamento consolidato illustrato al par. 2, la necessità del nuovo previo interrogatorio (per quanto esteso anche ai casi di reiterazione di misura dichiarata inefficace per vizi di forma diversi da quello previsto dall'art. 302 c.p.p.) è stata collegata alle sole ipotesi di misura "nuova", non meramente reiterativa o sostitutiva della precedente, situazione quest'ultima nella quale l'adempimento non sarebbe necessario.

Ma v'è di più. In questa sentenza la "novità" della seconda misura è stata sostanzialmente ancorata a un dato temporale-processuale (l'essere cioè intervenuta prima della effettiva, ancorché già dichiarata, perdita di efficacia della prima) che non trova corrispondenza con il tradizionale elemento di discrimine, sempre individuato nella presenza o meno di un quid novi all'interno del compendio indiziario-cautelare. La misura "nuova" è stata comunemente individuata nella giurisprudenza di legittimità in quella che si fonda su elementi anche solo in parte dissimili da quelli posti a base della prima, attinenti al quadro probatorio o ai pericula libertatis, mentre, ex adverso, l'ordinanza che reiteri pedissequamente le valutazioni del primo provvedimento (venga o meno adottata la tecnica per relationem e indipendentemente dalla effettiva perdita di efficacia della misura primigenia) è stata sempre qualificata come priva di un contenuto di novità.

Inoltre, indipendentemente dal criterio adoperato per rintracciare tale carattere, il precedente afferma un principio di generale obbligatorietà del previo interrogatorio per le misure "nuove" che non pare trovare rispondenza nel percorso giurisprudenziale antecedente, in cui la "novità" ha sempre costituito una ragione per esigere l'interrogatorio successivo ex art. 294 c.p.p., e non quello anticipato di cui all'art. 302 c.p.p. (ad esempio, in tema di reiterazione di misure emesse da giudice incompetente: v. ex multis: Sez. 5, n. 3399 del 27 ottobre 2009, Zarcone, Rv. 245836; Sez. 5, n. 43281 del 17 ottobre 2008, Negro, Rv. 241726; Sez. 2, n. 29924 del 17 aprile 2007, Cappuccio, Rv. 237697; e, soprattutto, Sez. Un., n. 39618 del 26 settembre 2001, Zaccardi, Rv. 219975).

6. Dalla disamina dei precedenti giurisprudenziali effettuata nei due punti che precedono emerge da un lato la inconferenza (rispetto alla tesi della necessità di nuovo - e tanto più "previo" - interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame) delle due pronunce esaminate al par. 4 (sentenze Manfredi e Schirripa) e, dall'altro, la singolarità della fattispecie che aveva formato oggetto della sentenza Toni n. 5135 del 12 novembre 2010 (Rv. 249693), le cui conclusioni, per le argomentazioni sopra svolte, non possono essere condivise e, in ogni caso, non appaiono di portata generale.

Ne discende che, in realtà, non è riscontrabile nella giurisprudenza di legittimità un reale orientamento contrario rispetto a quello oramai consolidato che ha stabilito che nell'ipotesi di emissione di nuova misura custodiale in seguito alla dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell'art. 309 commi 5 e 10, c.p.p., di quella precedente, il giudice per le indagini preliminari non ha il dovere di interrogare l'indagato prima di ripristinare nei suoi confronti il regime carcerario e non è tenuto a reiterare l'interrogatorio di garanzia neanche successivamente quando la misura cautelare precedentemente emessa sia caducata per motivi esclusivamente formali, sempre che l'interrogatorio sia stato in precedenza regolarmente espletato e sempre che la nuova ordinanza cautelare non contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente.

A tale consolidato orientamento il Collegio ritiene di aderire pienamente, posto che l'interrogatorio in questione è posto a garanzia dell'imputato, sicché tale garanzia non ricorre ove lo stesso sia stato messo nelle condizioni di esprimere in precedenza le sue difese sulla medesima imputazione (Sez. 2, n. 9258 del 23 novembre 2012, Sarpa, Rv. 254870).

Del resto si tratta di giurisprudenza confortata da altre pronunce relative a fattispecie analoghe (come nel caso del giudice che, avendo ricevuto gli atti da quello dichiaratosi incompetente, abbia rinnovato, ai sensi dell'art. 27 c.p.p., l'ordinanza cautelare precedentemente emessa, per il quale si è ritenuto che non ricorre l'obbligo di interrogare nuovamente l'indagato ai sensi dell'art. 294 c.p.p., salvo che si contestino elementi nuovi e diversi: v. in particolare Sez. 5, n. 43281 del 17 ottobre 2008, Negro, Rv. 241726) e significativamente avallata dal Giudice delle Leggi.

La Corte costituzionale ha, infatti, ripetutamente affermato che l'interrogatorio previsto dall'art. 294, comma 1, c.p.p., consistendo in un colloquio diretto tra la persona destinataria della misura cautelare e il giudice che l'ha adottata, è specificamente rivolto a consentire a quest'ultimo di verificare la sussistenza o la permanenza delle condizioni poste a base del provvedimento e costituisce quindi, fra tutti, lo strumento di difesa più efficace in relazione alla cautela disposta (sentenze n. 95 del 2001, n. 32 del 1999 e n. 77 del 1997); con ciò implicitamente ribadendo la assoluta necessità dell'espletamento tempestivo di tale atto e la inutilità, una volta che sia stato validamente effettuato, di una sua ripetizione in presenza di un compendio indiziario e cautelare del tutto immutato.

7. Deve dunque essere enunciato il seguente principio di diritto: "Nell'ipotesi di emissione di nuova misura cautelare custodiale in seguito alla dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p. di quella precedente, il giudice per le indagini preliminari non ha il dovere di interrogare l'indagato prima di ripristinare nei suoi confronti il regime custodiale e non è tenuto a reiterare l'interrogatorio di garanzia neanche successivamente, sempre che l'interrogatorio sia stato in precedenza regolarmente espletato e sempre che la nuova ordinanza cautelare non contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente".

8. Resta da esaminare la particolare problematica adombrata dal Tribunale di Perugia in relazione alla asserita peculiarità del caso di specie, essendo la nuova misura cautelare sopraggiunta quando l'indagato era già stato effettivamente rimesso in libertà, circostanza che differenzierebbe la fattispecie in questione da quella in cui la scarcerazione sia rimasta al solo livello virtuale (unica ipotesi in cui, per il Tribunale, non sarebbe necessario il nuovo interrogatorio). Ad avviso del Tribunale di Perugia tale evento (il riconquistato status libertatis), al di là delle motivazioni meramente formali che avevano prodotto la caducazione della misura, imporrebbe sempre l'espletamento del previo interrogatorio in caso di sopravvenuta inefficacia della misura, nulla rilevando che l'indagato abbia reso interrogatorio in epoca in cui era sottoposto a misura restrittiva della libertà personale.

Tale prospettazione (ripresa nella memoria depositata nell'interesse dell'indagato) non può essere condivisa, in quanto si basa sulla ritenuta applicabilità della disposizione di cui all'art. 302 c.p.p. (relativa alla necessità del previo interrogatorio per l'emissione di un nuovo provvedimento di custodia cautelare nell'ipotesi di perdita di efficacia della misura a seguito dell'omissione di un valido interrogatorio di garanzia nei termini fissati dalla legge) al caso previsto dall'art. 309, comma 10, c.p.p. (perdita di efficacia dell'ordinanza dispositiva della misura cautelare per omessa trasmissione degli atti nei termini di cui al comma 5 di detto art. 309 o per mancata decisione sulla richiesta di riesame entro il termine prescritto). Come si è visto, invece, la disposizione di cui all'art. 302 c.p.p. non si applica al caso previsto dall'art. 309, comma 10, c.p.p. Il legislatore, infatti, ha imposto il previo interrogatorio in stato di libertà nell'ipotesi di cui all'art. 294 c.p.p. (mancato interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare) per ragioni di tutela dell'indagato, che, se tempestivamente interrogato, avrebbe potuto far valere le sue ragioni difensive. Ma non v'è identità di ratio tra questa ipotesi e quella dell'inefficacia prevista dall'art. 309, comma 10, c.p.p. (Sez. 1, n. 2955 del 2 maggio 1996, Cavasino, Rv. 205137; Sez. 4, n. 1412 del 5 maggio 1999, Gammarota, Rv. 213817; Sez. 1, n. 6496 del 17 dicembre 1998, Di Martino, Rv. 212811).

9. Alla luce delle considerazioni svolte il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia deve ritenersi fondato, con la conseguenza che l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Perugia per l'ulteriore corso.

La Cancelleria dovrà provvedere agli adempimenti di cui all'art. 28 reg. esec. c.p.p.: infatti, nei casi (come in quello in esame) in cui l'esecuzione consegue alla decisione della Corte di cassazione, spetta al pubblico ministero procedente adottare, su segnalazione della Cancelleria della Corte e ove ne esistano i presupposti, gli opportuni provvedimenti (Sez. 3, n. 1722 del 28 luglio 1993, Candio, Rv. 194675).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Perugia per l'ulteriore corso.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 reg. esec. c.p.p.

Depositata il 1° luglio 2014.

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