Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Ordinanza 31 ottobre 2014, n. 23257

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 23 maggio 2013, il Procuratore contabile convenne, davanti alla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Friuli-Venezia Giulia, Danilo Narduzzi - presidente del gruppo consiliare del partito "Lega Nord" presso il consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia - chiedendone la condanna al risarcimento, a favore della Regione, del danno erariale, quantificato nella somma di Euro 238.713,79, determinato dell'illecita gestione (per colpa grave, consistente in difetto di vigilanza e di rispetto di regole minime di trasparenza contabile e buona amministrazione) dei contributi mensili erogati al gruppo consiliare di appartenenza, nel 2011, a norma degli artt. 3 l.r. 54/1973 e 12 l.r. 52/1980.

L'azione contabile era fondata sul rilievo che accertamenti della Guardia di Finanza avevano evidenziato che spese qualificate "di rappresentanza" (essenzialmente consumazioni presso bar e ristoranti o acquisti di beni e servizi presso i più disparati esercizi commerciali, sia in Italia sia all'Estero: carni, vini e alcolici, profumi, gioielli, calzature, abbigliamento, ferramenta, giocattoli, fiori, riparazioni meccaniche, articoli per animali, etc.), per l'importo suindicato (pari a circa la metà delle spese complessivamente sostenute dal gruppo), risultavano del tutto prive di giustificativi, giacché versate in contanti, in esito a prelievo dal conto corrente intestato al gruppo e in disponibilità del Narduzzi, senza registrazione alcuna dell'identità del soggetto attributario e della finalità del relativo utilizzo.

Costituitosi in giudizio, Danilo Narduzzi eccepì preliminarmente il difetto assoluto di giurisdizione del giudice contabile, "non afferendo (le spese poste a base dell'azione contabile) all'attività di un pubblico dipendente e non trattandosi di danno ad una Pubblica amministrazione". Contestò comunque, nel merito, la fondatezza della pretesa erariale: a) escludendo che sul presidente del gruppo consiliare gravasse un obbligo di controllo sulla gestione dei contributi conferiti al gruppo; b) negando la ricorrenza dei presupposti della responsabilità per colpa grave; c) evocando, in subordine, la corresponsabilità di terzi.

Per l'affermazione del dedotto difetto di giurisdizione del giudice contabile, il Narduzzi ha, quindi, proposto ricorso ex art. 41 c.p.c., promuovendo il regolamento di giurisdizione oggetto del presente giudizio, cui il Procuratore generale contabile ha resistito con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I.1. La negazione della giurisdizione della Corte dei conti sulla controversia in rassegna è sviluppata dal ricorrente in funzione di tre distinte linee argomentative.

2. L'assunto è, in primo luogo, supportato dal rilievo che taluni enunciati giurisprudenziali, in prevalenza sull'analogo tema dei gruppi di partiti politici in seno al Parlamento nazionale, e specifiche disposizioni normative regionali, asseverebbero che i gruppi consiliari dei partiti politici nell'ambito dei consigli regionali - proprio perché emanazione dei partiti e, dunque, di associazioni privatistiche - presentano natura di formazioni associative operanti in regime di diritto privato, e, di conseguenza, si sottraggono, unitamente ai loro componenti, al giudizio di responsabilità contabile.

3. In base a diverso (ed, anzi, antitetico) ordine di considerazioni, il ricorrente rileva, poi, che le spese sostenute dai gruppi consiliari di partiti politici in seno al consiglio regionale sarebbero estranee al sindacato contabile ed alla giurisdizione della Corte dei conti sia in quanto direttamente o indirettamente correlate all'esercizio di una funzione di rango costituzionale, quale quella propria dell'organo legislativo di cui sono espressione, sia in quanto coperte dal voto finale del Consiglio regionale sul proprio bilancio consuntivo. Ciò, con particolare riferimento alla previsione alle norme costituzionali (artt. 102, 103 e 122, comma 4, Cost.) e statutarie (in particolare, l'art. 16 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia), che impongono di considerare i consiglieri regionali, non "alla stregua di meri dipendenti pubblici para-amministrativi", bensì (al pari delle formazioni intermedie, quali i gruppi, attraverso cui operano) alla stregua di componenti di organo legislativo, con tutte le conseguenziali guarantigie anche in merito alle risorse necessarie all'espletamento della relativa funzione.

4. Il ricorrente rivela, infine, che, mentre la Corte dei conti "non è giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela dei danni pubblici", non è dato riscontrare alcuna specifica previsione normativa che devolva alla sua giurisdizione di giudice della responsabilità contabile il danno da mala gestio dei fondi attribuiti ai gruppi consiliari.

II.1. In disparte l'intrinseca insanabile contraddizione rilevabile tra le prime due articolazioni argomentative del ricorrente, in quanto scaturenti da antinomiche premesse logico-giuridiche (la natura privatistica dei gruppi in seno ai consigli regionali e, per converso, il carattere istituzionale, dotato di copertura costituzionale, della relativa attività), le valutazioni del ricorrente non appaiono persuasive.

2.1. È, in primo luogo, evidente l'assoluta non plausibilità di una tesi che escluda il sindacato contabile sull'attività dei gruppi consiliari in seno al consiglio regionale e dei relativi componenti sul presupposto della natura puramente privatistica dei gruppi medesimi e della relativa attività.

Invero, la stessa giurisprudenza richiamata dal ricorrente - cfr., in particolare, Cass., ss.uu. 3335/2004, C.d.S. 932/1992 (mentre Corte cost. 337/2005, non rileva ai fini qui considerati, risolvendo la questione demandatale su presupposti affatto estranei alla tematica in rassegna) - riconosce ai gruppi, parlamentari o consiliari, natura privatistica limitatamente all'attività direttamente connessa alla matrice partitica dalla quale traggono origine, mentre attribuisce loro natura pubblicistica, in rapporto all'attività che li attrae nell'orbita della funzione istituzionale del soggetto giuridico, assemblea, parlamentare o regionale, nel cui ambito sono destinati ad operare.

Sulla base dei medesimi presupposti, Cass. pen. 1053/2013, Fiorito e 49976/2012, Fiorito - pur desumendo dalla coesistenza di elementi di natura pubblicistica e di elementi natura privatistica l'astratta possibilità di riconoscere ai gruppi carattere bivalente - trae, dall'incidenza dell'attività dei gruppi e dei relativi presidenti sullo svolgimento delle funzioni dell'assemblea regionale, sicuro convincimento circa la riconoscibilità, in capo al presidente del gruppo, della qualifica di pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357, comma 1, c.p.

Da ultimo - ma riprendendo affermazioni già risalenti a Corte cost. 187/1990 e 1130/1988 nonché a Cass., ss.uu. 609/1999 - Corte cost. 39/2014 definisce, poi, i gruppi costituiti in seno ai consigli regionali come "organi del consiglio e proiezioni dei partiti politici in assemblea regionale, ovvero come uffici comunque necessari e strumentali alla formazione degli organi interni del consiglio", così accentuando la connotazione pubblicistica della relativa funzione, in sintonia con la circostanza (che pure ne evidenzia la funzionale inerenza all'istituzione regionale piuttosto che al partito) della esistenza di gruppi "misti" (afferenti a plurime ed eterogenee istanze politiche) nonché a gruppi unipersonali.

Perfettamente rispondenti alla riportata tendenza ermeneutica, si rivelano, peraltro, i dati normativi specificamente riscontrabili nell'ordinamento della Regione Friuli-Venezia Giulia.

Pur in assenza di compiuta definizione dei gruppi consiliari, già le disposizioni delle ll.rr. 54/1973 e 52/1980 (nella primitiva formulazione), nel delineare il funzionamento dei gruppi e la relativa dotazione (in merito a quest'ultima, peraltro, non a caso ponendone l'onere a carico dei fondi a disposizione del Consiglio regionale e demandandone l'attuazione a deliberazione del relativo Ufficio di Presidenza), ne rimarcavano (v., in particolare, l'art. 12 l.r. 52/1980) lo stretto rapporto strumentale con l'attività dell'istituzione regionale. Mentre l'art. 1 l.r. 52/1980 (come inserito dal superveniens art. 4 l.r. 10/2013), ha, poi, esplicitato che: "1) i gruppi consiliari, ai sensi di quanto previsto dal regolamento interno del Consiglio regionale, sono articolazioni organizzative del Consiglio regionale medesimo, ai fini dell'espletamento dell'attività istituzionale in seno all'Assemblea legislativa, connotati unicamente per lo svolgimento di tali attività come organi del Consiglio regionale; 2) Ai fini dello svolgimento delle attività diverse da quelle di cui al comma 1, i gruppi consiliari sono formazioni associative di consiglieri regionali e pertanto tali attività sono svolte in regime privatistico...".

2.2. D'altro canto - così come puntualmente rilevato dal procuratore generale nelle sue requisitorie scritte - l'eventuale carattere puramente privatistico dei gruppi consiliari e dei relativi componenti (che pure appare smentito dalle indicazioni emergenti dai rilievi sopra evidenziati) non presenterebbe comunque carattere dirimente ai fini dell'esclusione del sindacato della giurisdizione contabile della Corte dei conti sulla gestione dei contributi pubblici erogati ai gruppi consiliari per il loro funzionamento.

Secondo la giurisprudenza di queste Sezioni unite (formatasi in riferimento al sistema di giustizia contabile per danno erariale definito dalla l. 20/1994 ed ormai consolidatasi), la giurisdizione della Corte dei conti viene, infatti, a radicarsi in funzione, non della qualità dell'agente (che ben può essere un privato), ma della natura delle risorse utilizzate e dalla predeterminazione dello scopo attraverso di esse perseguito; circostanze che (attribuendo centralità alla configurabilità di un danno a carico della cosa pubblica e non al quadro di riferimento, pubblico o privato, nel quale si colloca la condotta produttiva del danno medesimo) elidono la rilevanza del carattere privato dell'attributario. Ne consegue che, allorché un soggetto privato riceve un contributo a carico dello Stato (o di altro soggetto pubblico) per la realizzazione di una finalità legalmente definita, s'instaura automaticamente un rapporto "di servizio" del primo nei riguardi del secondo, sicché il soggetto percettore che frustri lo scopo perseguito dalla legge nell'accordare il finanziamento o il contributo, disponendone in modo diverso da quello prescritto, resta per ciò solo soggetto alla responsabilità per danno erariale sotto la giurisdizione della Corte dei conti (cfr.: Cass., ss.uu., 3310/2014, 2287/2014, 26581/2013, 26034/2013, 17660/2013, 7377/2013, 2582/2013, 1774 e 1775/2013, 295/2013, 12108/2012, 10062/2011, 23599/2010, 20434/2009, 3367/2007, 4511/2006).

Posto che a fondare la giurisdizione della Corte dei conti è necessaria e sufficiente l'allegazione di una fattispecie oggettivamente riconducibile allo schema del "rapporto servizio" del suo preteso autore, mentre afferisce al merito ogni problema relativo alla sua effettiva esistenza (cfr. Cass., ss.uu., 20728/2012, 9188/2012, 2283/2008), se ne deve, pertanto, inferire che, nella specie, l'affermazione della giurisdizione contabile trova adeguata giustificazione nell'avvenuta prospettazione di un pregiudizio connesso a condotta idonea a frustrare la coerenza dell'utilizzazione dei contributi pubblici erogati con gli specifici vincoli ad essi impressi dalla legge. Vincoli che peraltro, alla luce della previsione normativa ratione temporis applicabile (ll. rr. 52/1980 e 54/1973 e reg. del consiglio regionale 196/1996), appaiono in concreto dettagliatamente predefiniti e, peraltro, con esplicito esclusivo asservimento a finalità istituzionali del consiglio regionale e non a quella delle associazioni partitiche o, tanto meno, alle esigenze personali di ciascun componente (cfr., in particolare, l'art. 12, commi 1 e 5, 1.r. 52/1980).

3.1. Non convincenti si rivelano anche le ulteriori argomentazioni del ricorrente.

3.2. Al riguardo, occorre, in primo luogo, rilevare che non è dubbio che la gestione delle amministrazioni regionali non si sottrae alle funzioni di controllo della Corte dei conti, giacché tale attribuzione - la quale trova diretto fondamento nell'art. 100 ed, altresì, negli artt. 81, 119 e 120 Cost., che assegnano alla Corte, organo dello Stato-ordinamento, il controllo successivo sulla gestione del bilancio come controllo esterno ed imparziale - deve, alla luce degli artt. 3, comma 4, l. 20/1994 e 7, comma 7, l. 131/2003, intendersi riferito, non solo al bilancio dello Stato, ma, a garanzia dell'unità economica della Repubblica, anche a quello di tutti gli altri enti pubblici (Comune, Città metropolitane, Provincie e Regioni, anche ad autonomia differenziata) che costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della "finanza pubblica allargata" (cfr. Corte cost. 39/2014, 219/2013, 198/2012, 179/2007, 470/1997, 29/1995).

3.3. Peraltro - diversamente da quanto prospetta il ricorrente - la giurisdizione contabile sulla gestione dei fondi erogati ai gruppi presso i consigli regionali non può ritenersi esclusa in funzione delle prerogative costituzionali riconosciute, a tutela dell'autonomia del consiglio regionale, dall'art. 122, comma 4, Cost. e dall'art. 16 dello Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

Invero, l'art. 122, comma 4, Cost. stabilisce che "i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni" e l'art. 16, comma 2, dello Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia reca disposizione, nella sostanza, equivalente.

Tanto premesso, deve osservarsi che è già il puro dato letterale ad escludere ogni possibilità di estendere l'evocata prerogativa d'insindacabilità - testualmente riferita alle opinioni espresse e ai voti dati nell'esercizio delle funzioni e, dunque, solo alle più elevate funzioni di rappresentanza politica del consiglio regionale (cfr. Corte cost. 289/1997, 209/1994, 69/1985) - alla gestione dei contributi erogati ai "gruppi" presso i consigli regionali, che a quel novero ristretto di più elevate funzioni certamente non appartiene; ciò tanto più in considerazione del fatto che la disposizione di cui all'art. 122, comma 4, Cost., come tutte quelle in materia di immunità e garanzie d'insindacabilità, ha natura derogatoria (quale eccezione alla regola del normale controllo giurisdizionale, la cui disciplina è peraltro, per definizione, sottratta ad ogni competenza di enti diversi dallo Stato) ed è, quindi, di stretta interpretazione (cfr. Corte cost. 200/2008). Né, per la diversità dei piani di rispettiva operatività, la giurisdizione del giudice contabile sulla gestione dei contributi in rassegna potrebbe risolversi in inammissibile interferenza sul voto consiliare in tema di approvazione del bilancio consuntivo, quale sintesi documentale delle risultanze contabili afferenti alle attività e alle passività finanziarie e patrimoniali dell'ente.

Del resto, proprio nell'ottica suindicata, Corte cost. 292/2001 - ritenuta la piena applicazione della giurisdizione contabile agli apparati regionali - ha affermato che l'autonomia organizzativa e contabile di cui gode il consiglio regionale non implica che l'amministrazione consiliare sia sottratta al controllo giurisdizionale stabilito dalle leggi statali sull'attività di maneggio del denaro pubblico, giacché questo non comporta di per sé interferenza con attività deliberative né implicazione di "opinioni" e "voti" in capo ai componenti del consiglio regionale. Non diversamente Corte cost. 39/2014 - rimarcando l'insussistenza di un perfetto parallelismo con le garanzie riconosciute agli organi supremi (Camere parlamentari, Presidenza della Repubblica Corte costituzionale) ha escluso che l'insindacabilità riconosciuta ai consiglieri regionali, nelle regioni ordinarie come in quelle ad autonomia speciale, implichi deroga, in favore dei consigli regionali e dei relativi gruppi, al criterio di generale sottoposizione alla giurisdizione contabile.

III. Alla stregua delle considerazioni che precedono - ed atteso che ogni altra argomentazione delle parti, attenendo al merito della controversia, esorbita i limiti della presente delibazione - s'impongono il rigetto del ricorso e l'affermazione della giurisdizione del giudice contabile.

Non vi è luogo a pronunziare sulle spese, posto che il Procuratore generale della Corte dei conti, contraddittore del ricorrente soccombente, è parte soltanto formale (cfr. Cass., ss.uu., 5103/2005).

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione della Corte dei conti.

M.N. Bugetti

Amministrazione di sostegno

Zanichelli, 2024

V. De Gioia

Concorso in magistratura 2024

La Tribuna, 2024

M. Di Pirro

Compendio di diritto civile

Simone, 2024