Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione III
Sentenza 1° luglio 2015, n. 763

Presidente: Settesoldi - Estensore: Ricchiuto

FATTO

Con il presente ricorso la società Le Fablier s.p.a. ricorre ex art. 25 l. 241/1990 per sentir dichiarare la illegittimità del rifiuto opposto dall'INPS alla esibizione ed al rilascio degli atti, documenti e verbali delle dichiarazioni assunte durante l'accesso ispettivo conclusosi con il verbale unico di accertamento e notificazione n. 000430238/DDL del 9 settembre 2014 emanato dalla sede Inps di Verona.

La stessa ricorrente, infatti, aveva proposto un'istanza di accesso integrale ad atti, documenti e verbali di tutte le dichiarazioni assunte nel corso degli accertamenti sopra citati, in quanto relativi ad alcuni ex lavoratori della società Le Fablier, istanza alla quale seguiva un provvedimento di diniego parziale, motivato con il successivo provvedimento del 27 febbraio 2015, in considerazione del fatto che eventuali accorgimenti (cancellature e omissioni) sarebbero stati insufficienti a garantire la riservatezza dei lavoratori.

Concludeva l'Amministrazione rilevando come anche la natura di ex dipendenti non sarebbe dirimente per consentire l'accesso ai dati e ai verbali richiesti e, ciò, in considerazione della necessità di preservare "l'interesse generale ad un compiuto controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro da parte degli Enti proposti".

Nell'impugnare detto ultimo provvedimento si sosteneva l'esistenza dei vizi riconducibili alla violazione dell'art. 24 della l. 241/1990 ed all'eccesso di potere per errato bilanciamento tra le esigenze di difesa giudiziale e quelle di tutela della riservatezza.

Si costituiva l'Inps chiedendo una pronuncia di rigetto in considerazione dell'infondatezza del ricorso.

All'udienza del 10 giugno 2015, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e va respinto.

Sul punto è dirimente constatare che il rapporto tra il diritto alla riservatezza del lavoratore dichiarante ed il diritto di difesa del datore di lavoro è stato risolto da alcune pronunce del Consiglio di Stato alle quali il presente collegio ritiene di aderire.

In particolare il Consiglio di Stato con la sentenza n. 863/2014 ha ritenuto che "non può ritenersi sussistente una recessività generalizzata della tutela della riservatezza delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva rispetto alle esigenze di tutela degli interessi giuridicamente rilevanti delle società che richiedono l'accesso, ma deve al contrario ritenersi in via generale prevalente, se non assorbente, la tutela apprestata dall'ordinamento alle esigenze di riservatezza delle suddette dichiarazioni, contenenti dati sensibili la cui divulgazione potrebbe comportare, nei confronti dei lavoratori, azioni discriminatorie o indebite pressioni".

È del tutto evidente, che l'art. 24, comma 6, lett. d), nella parte in cui consente alle Amministrazioni di escludere dall'accesso quei documenti che riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, ha imposto all'Amministrazione di tutelare quei soggetti che risultano "più deboli", soggetti individuati nei dipendenti o ex dipendenti e, ciò, in ossequio ai principi sanciti dagli artt. 1 e 4 Cost., nella parte in cui disciplinano il sistema diritti fondamentali.

Sempre con la sentenza sopra citata si è affermato che detti principi vanno applicati a prescindere dalla circostanza che i lavoratori che hanno reso le dichiarazioni siano ancora legati contrattualmente alla società istante e, ciò, in quanto l'esigenza di una tutela dei lavoratori è "così profonda da valicare la permanenza del rapporto di lavoro".

Si è, inoltre, affermato (C.d.S., sez. VI, 24 novembre 2014, n. 5779) che in materia di accesso agli atti della P.A. l'esigenza della tutela della riservatezza dei lavoratori che hanno reso dichiarazioni in sede ispettiva è altresì diretta a preservare, in un contesto più ampio, l'interesse generale ad un compiuto controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro (conferma della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari, sez. III, n. 160/2014).

È, infatti, evidente che l'interesse a evitare il perseguimento di finalità di controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro verrebbe di fatto compromesso da un'eventuale reticenza dei lavoratori a rendere dichiarazioni ispettive, eventualità che potrebbe manifestarsi a prescindere dall'esistenza di un rapporto di lavoro.

Ne consegue come sia necessario evitare anche solo la possibilità che possano manifestarsi forme di pressioni sui lavoratori e, ciò, anche indirettamente e, quindi, anche a prescindere dal persistere del rapporto di lavoro.

Né può sostenersi che il diniego di accesso si risolva in una lesione del diritto di difesa della parte istante, in quanto anche in assenza dell'accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori, la tutela degli interessi giuridici vantati dalle società medesime risulta "comunque" pienamente garantita dall'ordinamento.

Si consideri, ancora, che nel caso di specie parte ricorrente non ha esplicitato i motivi per cui l'esame delle dichiarazioni del lavoratori sia indispensabile ai fini della tutela giurisdizionale del proprio diritto a contrastare le pretese contenute nei verbali dell'INPS.

Va rilevato, in ultimo, che nel caso di specie l'Inps aveva trasmesso parte della documentazione richiesta con l'istanza di accesso, ritenendo di sottrarre all'accesso solo alcune dichiarazioni il cui contenuto era tale da non impedire, nonostante le opportune cautele, l'identificazione dei lavoratori che le avevano rilasciate.

La censura e, più in generale il ricorso nel suo complesso, è pertanto infondato e va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 2.000,00 (duemila//00) oltre iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.