Corte costituzionale
Sentenza 7 luglio 2015, n. 130

Presidente: Cartabia - Redattore: Amato

[...] nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata 11 luglio 2014, n. 17 (Misure urgenti concernenti il patto di stabilità interno), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito per la notifica il 12 settembre 2014, depositato in cancelleria il 19 settembre 2014 ed iscritto al n. 70 del registro ricorsi 2014.

Visto l'atto di costituzione della Regione Basilicata;

udito nell'udienza pubblica del 26 maggio 2015 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Basilicata.

RITENUTO IN FATTO

1.- Con ricorso spedito per la notifica il 12 settembre 2014 e depositato il successivo 19 settembre (reg. ric. n. 70 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Basilicata 11 luglio 2014, n. 17 (Misure urgenti concernenti il patto di stabilità interno), per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione.

La legge regionale si compone di due articoli. L'art. 1 stabilisce che «Nell'esercizio dei poteri di legislazione concorrente, attribuita alle Regioni dagli articoli 117 e 119 della Costituzione della Repubblica Italiana, in materia di coordinamento della finanza pubblica, sono autorizzati, in aggiunta a quelli consentiti in attuazione dei principi sanciti dall'articolo 1, comma 448, della legge n. 228/2012, i pagamenti effettuati a fronte di spese di investimento in conto capitale per un importo corrispondente a quello delle risorse autonome di natura né tributaria né sanzionatoria iscritte nel titolo primo delle entrate del Bilancio di previsione».

L'art. 2 reca la dichiarazione d'urgenza, disponendo che la legge entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.

1.1.- Ad avviso del ricorrente, la disciplina del patto di stabilità interno, ponendo obiettivi e vincoli alla gestione finanziaria delle Regioni e degli enti locali, rientrerebbe nella materia del «coordinamento della finanza pubblica», di cui agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., e dunque dovrebbe rispettare i principi fondamentali posti dal legislatore statale.

La legge regionale impugnata, al contrario, incidendo direttamente sui livelli generali del patto di stabilità interno e sulla sua osservanza, invaderebbe la competenza statale in materia di «coordinamento della finanza pubblica».

1.2.- Secondo il ricorrente, inoltre, il censurato art. 1, comma 1, nel far riferimento alle «risorse autonome di natura né tributaria né sanzionatoria iscritte nel titolo primo delle entrate del Bilancio di previsione», determinerebbe l'inclusione tra tali entrate dei proventi derivanti da attività di estrazione di idrocarburi, comprese le cosiddette royalties.

Anche tale inclusione contrasterebbe con i principi generali della finanza pubblica, in quanto la percentuale sulle royalties costituirebbe un'entrata certa per lo Stato, che verrebbe sottratta alla sua destinazione, così modificando l'assetto del bilancio statale definito dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014).

2.- Con atto depositato il 24 ottobre 2010 si è costituita in giudizio la Regione Basilicata, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.

2.1.- Ad avviso della Regione, con la legge impugnata il legislatore regionale si sarebbe mosso all'interno degli spazi normativi riconosciuti dagli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., provvedendo a svincolare eccedenze finanziarie di natura aggiuntiva per destinarle a interventi di sviluppo del proprio territorio.

La disposizione regionale, pertanto, costituirebbe attuazione, non già deroga, dei principi desumibili dal quadro di riferimento statale, in quanto si collocherebbe nel solco della tendenza statale - di cui sarebbe espressione l'art. 32, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2012) - ad escludere progressivamente talune voci di spesa dai limiti del patto di stabilità.

2.2.- Secondo la Regione, inoltre, il censurato art. 1 non intenderebbe affatto sottrarre entrate certe per il bilancio dello Stato, in quanto si riferirebbe a royalties di spettanza regionale.

La legislazione nazionale avrebbe, infatti, attribuito una percentuale dell'aliquota sul prodotto estratto (poi trasformata nel suo valore equivalente) direttamente alle Regioni interessate dalle coltivazioni di idrocarburi, individuando inoltre un regime di favore per le Regioni ordinarie del Mezzogiorno; tale attribuzione avrebbe la sua ratio nella necessità di ristorare i territori e le popolazioni interessate da rischi di varia natura collegati alle attività estrattive.

Rileva ancora la difesa regionale che le entrate di spettanza statale, analoghe alle royalties, non vengono allocate nel bilancio statale tra le imposte erariali, ma vengono iscritte unitamente alle voci relative ai canoni, che rappresentano il corrispettivo per l'autorizzazione all'occupazione della superficie di terreno da esplorare.

Le royalties, inoltre, possono essere dedotte fiscalmente dalle concessionarie come costo di produzione e, per tale via, vengono sottratte alla fiscalità generale regionale o statale.

Pertanto, secondo la Regione, la natura giuridica delle royalties sarebbe da individuare nella loro funzione di corrispettivo per lo sfruttamento economico della risorsa naturale, non disgiunto dalla funzione di contributo compensativo.

Esse sarebbero finalisticamente orientate verso spese di investimento per lo sviluppo delle aree interessate dalle estrazioni petrolifere e si configurerebbero, quindi, come risorse autonome della Regione, ai sensi dell'art. 119, secondo comma, Cost.

2.3.- In favore della piena legittimità della disposizione regionale militerebbe, ad avviso della Regione, l'analogia con il trattamento dell'aliquota aggiuntiva del 3% di royalities, prevista dall'art. 45 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), che non incapperebbe nelle limitazioni del patto di stabilità.

2.4.- Nel senso della qualificazione delle previsioni regionali come norme applicative di principi già desumibili dalla legislazione statale deporrebbe, inoltre, la previsione di cui all'art. 36 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, che ha riconosciuto la nettizzazione dai limiti imposti dal patto delle maggiori entrate derivanti dalle royalties, per gli anni 2015-2017, nel limite degli incrementi di produzione realizzati rispetto al 2013.

2.5.- Secondo la difesa regionale, ove l'art. 32, comma 4, della legge n. 183 del 2011 fosse interpretato nel senso di precludere l'utilizzabilità delle royalties come previsto dalla disposizione regionale impugnata, la Corte non potrebbe esimersi dal sollevare innanzi a se stessa la questione di legittimità costituzionale della disposizione de qua, per violazione degli artt. 3, 117, primo e terzo comma, e 119 Cost.

2.5.1.- Quanto alla rilevanza della questione, essa si rinverrebbe nella circostanza che i principi contenuti nella suindicata disposizione svolgerebbero la funzione di parametri interposti, rispetto ai quali andrà verificata la legittimità costituzionale della legge regionale impugnata.

E tali principi, ad avviso della Regione, consisterebbero non solo nella previsione di tetti di spesa, ma anche nell'esclusione, da quei tetti, di talune voci di spesa necessarie per il rilancio dell'economia e l'incentivazione degli investimenti.

2.5.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, l'art. 32, comma 4, violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost., perché - ove l'elencazione delle spese escluse fosse ritenuta tassativa - essa esaurirebbe lo spazio entro il quale potrebbero concretamente esercitarsi le competenze legislative e amministrative regionali.

2.5.2.1.- La censurata disposizione violerebbe, altresì, l'art. 3 Cost., in quanto produrrebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra Regioni, alcune delle quali verrebbero arbitrariamente favorite dall'esclusione di specifiche voci di spesa, con la conseguenza di incentivare lo sviluppo di singoli territori e penalizzarne altri.

2.5.2.2.- L'art. 32, comma 4, infine, violerebbe l'art. 117, primo comma, Cost., in quanto la mancata previsione delle spese di investimento fra le deroghe al patto di stabilità sarebbe in contrasto con il sistema normativo dell'Unione europea in tema di finanza pubblica, che avrebbe tra i suoi obiettivi quello di una «crescita sostenibile» e «promotrice dell'occupazione».

2.5.2.3.- La mancata indicazione fra le deroghe al patto di stabilità interno delle spese di investimento finanziate con le royalties petrolifere, in Regioni che presentano specificità economiche e territoriali quali la Basilicata, violerebbe inoltre i principi comunitari di proporzionalità e ragionevolezza, posto che il tetto di spesa assegnato alla Regione Basilicata è più basso della reale disponibilità di cassa della Regione; e posto che il legislatore statale, nel disciplinare le eccezioni al patto di stabilità interno, ha previsto deroghe in favore di alcune Regioni, tenendo conto delle situazioni peculiari nelle quali versano.

2.5.3.- Né, ad avviso della Regione, l'intervenuta modifica dell'art. 32, comma 4, ad opera dell'art. 36 del d.l. n. 133 del 2014, varrebbe a superare le dedotte censure di incostituzionalità della norma, in quanto la prevista esenzione dal patto di stabilità è limitata temporalmente e si riferisce soltanto alle entrate da royalties incrementali.

2.6.- La Regione, infine, chiede alla Corte di valutare l'opportunità di un rinvio pregiudiziale interpretativo dell'art. 32, comma 4, della legge n. 183 del 2011 innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea, per sapere se gli artt. 3 e 119 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'art. 1 del Trattato su stabilità, coordinamento e governance dell'Unione economica e monetaria, il patto di stabilità e crescita e i principi di proporzionalità e ragionevolezza, ostino ad una normativa nazionale, quale quella del citato art. 32, comma 4, che non preveda - fra le deroghe al patto di stabilità interno - le spese per investimento funzionali allo sviluppo del territorio; e che, nel testo modificato dall'art. 36 del d.l. n. 133 del 2014, le preveda solo entro certi limiti.

2.6.1.- Secondo la Regione, la rilevanza di una simile questione andrebbe ravvisata nel fatto che l'interpretazione richiesta alla Corte di giustizia sarebbe pregiudizialmente necessaria per la pronuncia di questa Corte in ordine all'impugnata legge regionale, dal momento che le norme delle quali si chiede il rinvio interpretativo costituiscono parametro interposto alla luce del quale valutare la legittimità costituzionale della suddetta legge.

3.- Con una memoria depositata in prossimità dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha insistito nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso, ritenendo che l'elencazione di cui all'art. 32, comma 4, della legge n. 183 del 2011 abbia carattere tassativo.

La disposizione impugnata, pertanto, autorizzando pagamenti a fronte di spese non consentite dal patto di stabilità interno, sarebbe in contrasto non solo con la lettera, ma anche con la ratio della disposizione statale.

3.1.- Secondo la difesa statale, inoltre, ove anche si riconoscesse alle royalties petrolifere la natura di risorsa autonoma regionale, non sarebbe comunque preclusa allo Stato la possibilità di imporre alle Regioni vincoli alle politiche di bilancio per ragioni di coordinamento finanziario.

3.2.- Quanto alla richiesta rivolta a questa Corte di sollevare innanzi a se stessa la questione di legittimità costituzionale del richiamato art. 32, comma 4, l'Avvocatura generale ne deduce anzitutto l'inammissibilità, in quanto si tradurrebbe in un'elusione del termine perentorio di sessanta giorni, previsto dall'art. 127, secondo comma, Cost., per promuovere la questione di legittimità costituzionale della legge statale.

3.2.1.- Nel merito, in ogni caso, la questione sarebbe infondata, perché il legislatore statale può, con una disciplina di principio, imporre alle Regioni vincoli alle politiche di bilancio per ragioni di coordinamento finanziario.

3.3.- Del pari inammissibile sarebbe la richiesta di attivare il meccanismo del rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE. Secondo il ricorrente, infatti, i quesiti formulati dalla Regione sarebbero svincolati da una previa questione di costituzionalità in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.

4.- Con una memoria deposita in prossimità dell'udienza, anche la Regione Basilicata ha insistito nelle conclusioni già rassegnate nell'atto di costituzione in giudizio.

4.1.- Nel richiamare il preliminare di accordo firmato in data 19 marzo 2015 presso il Ministero dello sviluppo economico, relativo all'uso delle risorse derivanti dal fondo di cui all'art. 45 della legge n. 99 del 2009, la Regione ribadisce l'analogia fra tali risorse e quelle ad essa spettanti ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625 (Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi).

4.2.- In ordine al richiesto rinvio pregiudiziale, inoltre, la difesa regionale osserva come di recente il Tribunale costituzionale tedesco abbia, per la prima volta nella sua storia, adito in via pregiudiziale la Corte di giustizia, ponendo in discussione la legittimità del programma OMT (Outright Monetary Transactions). Simili decisioni delle Corti costituzionali nazionali evidenzierebbero quanto possano essere considerati "flessibili" alcuni vincoli europei.

D'altra parte, ad avviso della Regione, anche dalle nuove linee guida riguardanti le modalità di applicazione del quadro normativo relativo al Patto di stabilità e crescita, adottate dalla Commissione europea in data 13 gennaio 2015, emergerebbe un'interpretazione del quadro normativo comunitario volta a dare rilievo agli spazi di flessibilità esistenti nelle norme, escludendo specifiche voci di investimento dal computo del disavanzo o del debito dello Stato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Con ricorso spedito per la notifica il 12 settembre 2014 e depositato il successivo 19 settembre (reg. ric. n. 70 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata 11 luglio 2014, n. 17 (Misure urgenti concernenti il patto di stabilità interno), per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione.

La legge regionale impugnata si compone di due articoli. L'art. 1, in sostanza, autorizza la Regione a utilizzare i proventi derivanti dalle royalties petrolifere per effettuare pagamenti ulteriori, relativi a spese di investimento in conto capitale, in aggiunta a quelli consentiti dalla disciplina statale sul patto di stabilità interno. L'art. 2 reca la dichiarazione d'urgenza.

In tal modo, secondo il ricorrente, la Regione avrebbe inciso direttamente sul rispetto del patto di stabilità interno, invadendo la competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica; inoltre, avrebbe sottratto allo Stato un'entrata certa, modificando l'assetto del suo bilancio.

2.- Nel merito, la questione è fondata.

L'art. 32, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2012), contiene un lungo elenco, integrato nel tempo, delle spese che non vengono considerate per la determinazione del saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno.

Tale disposizione, nel testo vigente al momento in cui la legge regionale impugnata è stata adottata (luglio 2014), non annoverava, tra le spese esonerate dal rispetto del patto, quelle di investimento finanziate con i proventi derivanti dall'attività di estrazione di idrocarburi.

Solo successivamente all'instaurazione del presente giudizio, infatti, l'art. 36, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, ha modificato il richiamato art. 32, comma 4, aggiungendovi la lettera n-septies), che ha escluso dal rispetto del patto le «spese sostenute dalle regioni per la realizzazione degli interventi di sviluppo dell'occupazione e delle attività economiche, di sviluppo industriale, di bonifica, di ripristino ambientale e di mitigazione del rischio idrogeologico nonché per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata per gli importi stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 luglio di ciascun anno, sulla base dell'ammontare delle maggiori entrate riscosse dalla regione, rivenienti dalla quota spettante alle stesse regioni dall'applicazione dell'articolo 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, nel limite delle aliquote di prodotto relative agli incrementi di produzione realizzati rispetto all'anno 2013».

In sostanza, alla luce di questo ius superveniens - peraltro oggetto di modifica in sede di conversione del decreto-legge (novembre 2014) - anche le spese di investimento effettuate con i proventi delle royalties petrolifere sono state ricomprese, entro certi limiti, fra le deroghe consentite alla disciplina del patto di stabilità interno.

2.1.- Ciò precisato, e indipendentemente dalle successive, ulteriori, modifiche al regime di tali spese, introdotte dall'art. 1, comma 465, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2015), assume rilievo decisivo, ai fini della risoluzione della presente questione di costituzionalità, la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la normativa regionale denunciata deve essere valutata in riferimento ai parametri vigenti al momento della sua emanazione (ex plurimis, sentenza n. 62 del 2012).

L'art. 32, comma 4, della legge n. 183 del 2011, nel testo in vigore nel momento in cui è stata emanata la legge regionale impugnata, non consentiva alle Regioni di sottrarre, dall'ammontare delle spese che devono essere contenute entro un certo limite massimo stabilito dalla legge, quelle di investimento finanziate con il gettito derivante dai proventi delle royalties petrolifere.

A prescindere dal problema della natura giuridica di tali entrate regionali, non può che essere la legge dello Stato ad identificare le spese delle Regioni che concorrono alla definizione del saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, in quanto esso coinvolge Regioni ed enti locali nella realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e dai vincoli che ne conseguono.

Le norme statali che disciplinano il patto, infatti, si riconnettono essenzialmente a tali vincoli e, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «sono espressione della competenza legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica» (ex multis, sentenze n. 28 del 2013 e n. 155 del 2011). Non a caso, è stato poi lo stesso legislatore statale ad introdurre una nuova esenzione per una tipologia di spesa che inizialmente non figurava nell'elenco di cui al richiamato art. 32, comma 4.

2.2.- È, quindi, manifestamente infondato l'assunto della Regione in base al quale il censurato art. 32, comma 4, non consentendo il finanziamento delle spese di investimento con i proventi derivanti dall'attività di estrazione degli idrocarburi, sarebbe costituzionalmente illegittimo, nonché incompatibile con il diritto dell'Unione europea.

Ne consegue che l'istanza avanzata dalla Regione, affinché la Corte sollevi davanti a se stessa la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, comma 4, della legge n. 183 del 2011, non può essere accolta, né può trovare accoglimento la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea.

2.3.- In conclusione, la legge della Regione Basilicata n. 17 del 2014 deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la spesa da essa prevista non rientrava - ratione temporis - nel novero di quelle che, in base alla normativa statale, potevano non essere computate ai fini del rispetto del patto di stabilità interno.

3.- Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata 11 luglio 2014, n. 17 (Misure urgenti concernenti il patto di stabilità interno).

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