Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione III-ter
Sentenza 17 luglio 2015, n. 9663

Presidente: Daniele - Estensore: di Nezza

FATTO

Con ricorso notificato il 4 giugno 2009 (dep. il 16 giugno), la Provincia di Milano, nel premettere di avere effettuato, in prossimità della scadenza del mandato elettorale conseguito nel 2004, la campagna istituzionale di comunicazione "Ne abbiamo fatta di strada", destinata a informare gli abitanti dell'area metropolitana milanese di quanto realizzato dagli amministratori nel corso del mandato, ha chiesto l'annullamento della deliberazione n. 74/2009/CSP del 5 maggio 2009, con cui l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, all'esito di un procedimento diretto a verificare l'eventuale violazione della l. n. 28/2000, intrapreso a seguito di segnalazione del consigliere provinciale Dapei, le aveva ordinato di pubblicare sul proprio sito web un messaggio di "non rispondenza" dell'anzidetta campagna di comunicazione a quanto previsto dall'art. 9, comma 1, l. n. 28/2000.

A sostegno del ricorso ha dedotto:

falsa applicazione dell'art. 1, comma 6, lett. b), l. n. 249/1997; falsa applicazione della delib. Agcom n. 57/2009/CSP del 16 aprile 2009; violazione degli artt. 9 e 10 l. n. 28/2000; travisamento in fatto e in diritto; illogicità manifesta; difetto dei presupposti; difetto di motivazione; manifesta ingiustizia; sviamento di potere:

- sarebbero anzitutto erronei i riferimenti, contenuti nelle premesse dell'atto impugnato, all'art. 1, comma 6, lett. b), n. 9, l. n. 249/1997, recante attribuzione alla Commissione per i servizi e i prodotti dell'Agcom di compiti in materia di rilevazioni degli indici di ascolto e di diffusione dei mezzi di comunicazione, nonché alla delib. n. 57/2009/CSP del 16 aprile 2009, entrata in vigore il 19 aprile 2009 e dunque in epoca posteriore ai fatti ascritti alla Provincia (comunicazioni istituzionali nelle testate "Corriere della Sera" del 15 aprile, "la Repubblica" del 16 aprile, "ePolis" e "il Giorno" del 6 aprile e del 14 aprile; pubblicazione "La Provincia in casa", trimestrale dell'amministrazione, in allegato al "Magazine" del Corriere della Sera del 16 aprile 2009);

- la segnalazione del sig. Dapei avrebbe fatto riferimento all'imminente tornata elettorale provinciale, nella quale "il Presidente uscente, Filippo Penati, concorre per il rinnovo della carica", mentre quest'ultimo, non candidatosi per le elezioni europee, avrebbe formalizzato la candidatura solo all'inizio del mese di maggio del 2009; di qui, l'ulteriore illegittimità della deliberazione impugnata, strutturata sul rapporto tra comunicazione istituzionale e campagna per le consultazioni europee, mentre l'Agcom avrebbe dovuto ricondurre i fatti alla disciplina dettata per le elezioni provinciali dalla delib. n. 59/09/CSP del 22 aprile 2009, entrata in vigore il successivo 5 maggio;

- la deliberazione sarebbe inoltre viziata da falsa rappresentazione dei fatti: le attività di comunicazione relative al periodo 6 aprile/15 aprile 2009 non avrebbero travalicato l'ambito istituzionale, essendosi concretizzate in un mero resoconto delle cose fatte, senza alcun riferimento a aspetti politici o partitici (quali a es. il richiamo alle concomitanti elezioni europee o a ventilate candidature); in particolare, non avrebbero assunto natura di "veicolo di propaganda politica" né la pubblicazione "La Provincia in casa" del mese di aprile 2009 (essa, chiusa in redazione l'1 aprile 2009, conterrebbe anche spazi dedicati agli interventi dei gruppi consiliari della Provincia, oltre alle consuete informazioni e notizie sull'area metropolitana cui la rivista, predisposta a cadenza trimestrale dal Settore Comunicazione dell'ente, sarebbe dedicata), né gli spot diffusi sull'emittenza locale (Telenova, Telecity, Antenna 3, Telereporter e Telelombardia).

Si è costituito in giudizio il sig. Bruno Dapei (18 giugno 2009).

Con ricorso per motivi aggiunti passato per le notificazioni (anche nei confronti del sig. Dapei) il 18 giugno 2009 (dep. il 25 giugno), la Provincia ha esteso l'impugnazione alla deliberazione Agcom n. 107/2009/CSP del 3 giugno 2009, recante irrogazione di una sanzione pecuniaria di euro 120.000 sul rilievo dell'inottemperanza all'ordine impartito col precedente provvedimento, prospettandone l'illegittimità, oltre che in via derivata (per le medesime ragioni evidenziate nel ricorso), per i seguenti motivi:

- violazione degli artt. 3 e 10-bis l. n. 241/1990; travisamento dei presupposti; difetto di motivazione:

non risulterebbero esplicitate le valutazioni relative alle osservazioni presentate dalla ricorrente con nota dell'1 giugno 2009;

- falsa applicazione dell'art. 1, comma 6, lett. b), n. 9, l. n. 249/1997; violazione e falsa applicazione della delib. Agcom n. 57/2009/CSP del 16 aprile 2009, in particolare dell'art. 26, commi 14, 15 e 17; violazione degli artt. 9 e 10 l. n. 28/2000; falsa applicazione dell'art. 1, comma 31, l. n. 249/1997; violazione dell'art. 11-quinquies, comma 3, l. n. 313/2003; travisamento in fatto e in diritto; illogicità manifesta; difetto dei presupposti; difetto di motivazione; manifesta ingiustizia; sviamento di potere:

i) il provvedimento sanzionatorio richiamerebbe disposizioni inconferenti, quali l'art. 1, comma 6, lett. b), n. 9, l. n. 249/1997 e l'art. 26, commi 14, 15 e 17, della deliberazione n. 57/2009, entrata in vigore dopo i fatti contestati e comunque avente a oggetto le elezioni europee, non quelle provinciali;con particolare riferimento a detto art. 26, sarebbero erronei i richiami: a) al comma 15, non vertendosi in ipotesi di parità di accesso ai mezzi di comunicazione (la Provincia non sarebbe titolare di alcuno di tali mezzi) e non sussistendo, in assenza di indicazioni nella delib. n. 74/2009, l'obbligo della Provincia di ottemperare nel termine di 48 ore (peraltro non previsto da norme di legge); b) al comma 17, in forza del quale sarebbe stato avviato il procedimento sanzionatorio ex art. 1, comma 31, l. n. 249/1997, rivolgendosi la disposizione unicamente alle imprese che agiscono nel settore delle comunicazioni o a soggetti che ricoprono cariche di governo e detengono posizioni rilevanti nel medesimo ambito; c) conseguentemente, al comma 14;

ii) l'Agcom avrebbe fatto applicazione dell'art. 1, comma 31, l. n. 249/1997 cit., ossia di una disposizione che, nell'introdurre una sanzione pecuniaria per l'inottemperanza agli ordini dell'Autorità "impartiti ai sensi della presente legge", non potrebbe riguardare la misura in contestazione, assunta in base all'art. 10, comma 8, lett. a), l. n. 28/2000 e assoggettata alla diversa previsione sanzionatoria di cui all'art. 11-quinquies, comma 2, l. n. 28 cit.;

iii) infine, sarebbe errata la quantificazione della sanzione: l'Autorità non avrebbe tenuto conto della pendenza del giudizio avverso la delib. n. 74/2009 e della circostanza che l'eventuale ottemperanza all'ordine da essa impartito avrebbe finito per incidere sulla trattazione della domanda cautelare; il termine di 48 ore per l'adempimento non sarebbe stato stabilito dalla delib. n. 74/2009, ma sarebbe desumibile dalle premesse del provvedimento sanzionatorio, con lesione delle prerogative di tutela giurisdizionale della ricorrente; la Provincia avrebbe comunque sospeso immediatamente le proprie attività di comunicazione istituzionale sin dal momento della ricezione della delib. n. 74/2009; la mancata indicazione sul sito web dell'ordine impartito dall'amministrazione non sarebbe particolarmente grave, stante l'avvenuta proposizione dell'istanza cautelare; sarebbe dubbia la legittimità dell'utilizzo del criterio delle "condizioni economiche" della Provincia, trattandosi di parametro riferibile alle imprese operanti nel settore delle comunicazioni.

Con atto spedito per le notificazioni il 2 luglio 2009 (dep. il 5 luglio), il sig. Dapei, deducendo di essere stato eletto alla carica di consigliere provinciale, ha dichiarato di rinunziare alla (e pertanto di ritirare la) costituzione in giudizio, al fine di evitare ogni dubbio su eventuali incompatibilità alla carica elettiva (pur non venendo asseritamente in rilievo, nella controversia, alcun suo interesse personale).

All'odierna udienza, in vista della quale le parti hanno depositato memorie (26 maggio 2015; la ricorrente ha prodotto altresì memoria di replica in data 30 maggio 2015), il giudizio è stato discusso e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giova anzitutto dar conto dei dati normativi rilevanti.

La l. 22 febbraio 2000, n. 28 ("Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica"), all'art. 9 ("Disciplina della comunicazione istituzionale e obblighi di informazione"), comma 1, prevede che "Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni".

La disposizione, che si pone in linea di continuità sia con l'art. 29, comma 6, l. 25 marzo 1993, n. 81 ("è fatto divieto a tutte le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di propaganda di qualsiasi genere, ancorché inerente alla loro attività istituzionale, nei trenta giorni antecedenti l'inizio della campagna elettorale e per tutta la durata della stessa") sia con l'art. 5 l. 10 dicembre 1993, n. 515 ("divieto di propaganda istituzionale", poi abrogato dall'art. 13 l. n. 28/2000: "è fatto divieto a tutte le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di propaganda di qualsiasi genere, ancorché inerente alla loro attività istituzionale, nei trenta giorni antecedenti l'inizio della campagna elettorale e per la durata della stessa. Non rientrano nel divieto del presente articolo le attività di comunicazione istituzionale indispensabili per l'efficace assolvimento delle funzioni proprie delle amministrazioni pubbliche"), ne costituisce tuttavia una significativa evoluzione.

Il divieto, che continua a riguardare "tutte le pubbliche amministrazioni", è infatti esteso alle "attività di comunicazione" tout court, indipendentemente dalle relative finalità, istituzionali o non (come peraltro confermato dal mancato utilizzo del termine "propaganda"), e può essere derogato soltanto nell'ipotesi in cui esse siano "indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni", richiedendosene al contempo l'effettuazione "in forma impersonale".

Si tratta dunque di un generale, ancorché temporaneo, divieto di comunicazione istituzionale, operante per il lasso temporale intercorrente tra la convocazione dei comizi elettorali e la chiusura delle operazioni di voto.

Come esattamente osservato dall'amministrazione (mem. 26 maggio 2015), la norma intende tutelare sia il "diritto" degli elettori a una corretta informazione, evitando che le scelte di voto possano essere influenzate dai titolari delle cariche politiche attraverso la diffusione di contenuti non neutrali (tali cioè da fornire una rappresentazione suggestiva, a scopi elettorali, dell'amministrazione e dei suoi organi di vertice), sia il principio di "parità delle armi" tra le forze politiche in campo, sul presupposto della riconducibilità delle attività di comunicazione istituzionale, disciplinate dalla l. 7 giugno 2000, n. 150, ai titolari pro tempore delle attribuzioni di indirizzo politico-amministrativo.

Sotto il profilo sanzionatorio, l'art. 10 l. n. 28/2000 ("provvedimenti e sanzioni") prevede:

- al comma 1, che "Le violazioni delle disposizioni di cui alla presente legge, nonché di quelle emanate [...] dall'Autorità sono perseguite d'ufficio da quest'ultima secondo le disposizioni del presente articolo" (il comma prosegue col riconoscimento a "ciascun soggetto politico interessato" della facoltà di denunciare le violazioni);

- al comma 2, che "L'Autorità [...] procede ad una istruttoria sommaria e, contestati i fatti, anche a mezzo telefax, sentiti gli interessati ed acquisite eventuali controdeduzioni, da trasmettere entro ventiquattro ore dalla contestazione, provvede senza indugio, e comunque entro le quarantotto ore successive all'accertamento della violazione o alla denuncia, in deroga ai termini e alle modalità procedimentali previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689".

I successivi commi da 3 a 7 disciplinano i "provvedimenti" che l'Agcom può adottare per le violazioni di specifici articoli della legge in esame, mentre i commi 8 e 9 recano due previsioni finali:

- comma 8: "Oltre a quanto previsto nei commi 3, 4, 5, 6 e 7, l'Autorità ordina: a) la trasmissione o la pubblicazione, anche ripetuta a seconda della gravità, di messaggi recanti l'indicazione della violazione commessa; b) ove necessario, la trasmissione o la pubblicazione, anche ripetuta a seconda della gravità, di rettifiche, alle quali è dato un risalto non inferiore per fascia oraria, collocazione e caratteristiche editoriali, della comunicazione da rettificare" (enf. agg.);

- comma 9: "L'Autorità può, inoltre, adottare anche ulteriori provvedimenti d'urgenza al fine di ripristinare l'equilibrio nell'accesso alla comunicazione politica".

Quest'ultima disposizione chiarisce che il sistema di vigilanza delineato dalla legge è preordinato allo scopo immediato del ripristino dell'"equilibrio nell'accesso alla comunicazione politica".

2. Nel caso in esame l'Autorità, ricevuta la segnalazione di un "soggetto politico interessato", ha contestato alla Provincia di Milano la violazione del menzionato divieto di comunicazione istituzionale e, all'esito del procedimento, con la deliberazione n. 74/2009 ha ritenuto di fare applicazione dell'art. 10, comma 8, lett. a), l. n. 28/2000, ordinando all'ente "di pubblicare sul proprio sito web un messaggio recante l'indicazione di non rispondenza a quanto previsto dall'articolo 9, comma 1, della legge 22 febbraio 2000, n. 28 della comunicazione istituzionale diffusa a mezzo stampa e televisione, durante lo svolgimento della campagna per le elezioni europee, relativa al resoconto del mandato quinquennale amministrativo"; con la precisazione che "la mancata ottemperanza al presente ordine comporta l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 1, comma 31, della legge 31 luglio 1997, n. 249".

Con la successiva deliberazione n. 107/2009 l'Autorità, rilevata detta situazione di "mancata ottemperanza", ha conseguentemente irrogato la sanzione pecuniaria.

Tali provvedimenti costituiscono l'oggetto, rispettivamente, del ricorso e dei motivi aggiunti.

3. Tanto premesso, ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato.

3.1. Va anzitutto dato atto dei chiarimenti della ricorrente sulla dedotta erroneità del riferimento all'art. 1, comma 6, lett. b), n. 9, l. n. 249/1997 (la contestazione sarebbe stata formulata sulla base del tenore testuale della norma, siccome risultante da una banca dati ufficiale; cfr. mem. 30 maggio 2015) e dunque della pertinenza del rinvio, atteso che ai sensi di tale disposizione la Commissione per i servizi e i prodotti dell'Agcom "garantisce l'applicazione delle disposizioni vigenti sulla propaganda, sulla pubblicità e sull'informazione politica nonché l'osservanza delle norme in materia di equità di trattamento e di parità di accesso nelle pubblicazioni e nella trasmissione di informazioni e di propaganda elettorale ed emana le norme di attuazione".

3.2. In relazione alla deliberazione n. 57/2009, parimenti richiamata nel corredo motivazionale dell'atto impugnato, la ricorrente assume che i fatti contestati sarebbero avvenuti in epoca antecedente alla sua entrata in vigore (19 aprile 2009) e che comunque la segnalazione del sig. Dapei avrebbe avuto a oggetto non già la tornata elettorale europea, disciplinata da detta delib. n. 57/2009, ma quella provinciale, contemplata dalla successiva delib. n. 59/09 (entrata in vigore il 5 maggio 2009); l'Agcom avrebbe cioè errato nel contestare la violazione dell'art. 9 in relazione alle elezioni europee, essendo al contrario rilevanti quelle amministrative, tenuto conto della ricandidatura del presidente dell'ente in queste ultime.

La doglianza non merita condivisione.

La circostanza che il gravato provvedimento sia "strutturato" sul rapporto tra comunicazione istituzionale e campagna per le consultazioni europee non è in grado di inficiare il rilievo di violazione dell'art. 9 l. n. 28/2000.

La norma non opera infatti distinzioni tra categorie di consultazioni elettorali, essendo chiaramente diretta, come si è visto, a inibire a "tutte le amministrazioni pubbliche" la comunicazione istituzionale per il periodo che va "dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto".

La tesi della ricorrente poggia su una lettura della norma che, oltre a non trovare conferma nel dato testuale, non è supportata nemmeno da quello sistematico: a volerne ammettere per mera ipotesi la correttezza, essa porterebbe infatti all'irragionevole restringimento dell'ambito applicativo del divieto nell'ipotesi di coincidenza temporale di distinte consultazioni elettorali (come nel caso di specie, caratterizzato dal fatto che le elezioni europee e quelle amministrative si sono tenute nel medesimo election day, ossia il 6 e 7 giugno 2009), laddove, al contrario, la concomitanza di campagne elettorali riferibili a distinte consultazioni non può che rafforzarne l'assolutezza.

Né si pone un problema di retroattività della norma sanzionatoria, atteso che i comportamenti contestati alla Provincia sono certamente risalenti a epoca posteriore al 3 aprile 2009, ossia alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del d.P.R. di convocazione dei comizi elettorali (v. premesse della deliberazione n. 57/2009), che individua il dies a quo dell'efficacia dell'inibitoria.

In questa prospettiva, non rileva la circostanza che le due deliberazioni nn. 57 e 59 del 2009 procedano vicendevolmente a un "riparto di competenze" (cfr. art. 1, comma 2, di entrambi i provvedimenti, secondo cui "in caso di coincidenza territoriale e temporale, anche parziale, della campagna elettorale di cui alla presente delibera con altre consultazioni elettorali [...] saranno applicate le disposizioni di attuazione della legge 22 febbraio 2000, n. 28 relative a ciascun tipo di consultazione"), poiché esse non recano un'integrazione del divieto ex art. 9 l. n. 28/2000, ma si limitano a introdurre, laddove necessario, una disciplina di maggior dettaglio della par condicio (ripartizione degli spazi di comunicazione politica, sorteggi, collocazione dei messaggi autogestiti, ecc.).

Ne segue l'infondatezza della censura.

3.3. Va parimenti disatteso il profilo di critica prospettante il travisamento in cui sarebbe incorsa l'Autorità nel non avere considerato la natura "istituzionale" - scevra cioè da riferimenti politici - delle attività di comunicazione svolte dalla Provincia nel periodo 6 aprile/15 aprile 2009.

Al riguardo è sufficiente rinviare alle notazioni iniziali sulla portata dell'art. 9, non avendo peraltro la ricorrente addotto argomentazioni dirette a dimostrare l'"indispensabilità" delle attività in questione.

4. Anche il ricorso per motivi aggiunti è infondato.

Con la deliberazione di irrogazione della sanzione l'Autorità, nel premettere:

i) che l'ordine contenuto nella delib. n. 74/2009 "essendo stato emanato ai sensi dell'articolo 10 della medesima legge n. 28 del 2000, aveva carattere di cogenza e di immediatezza, incompatibile con adempimenti tardivi o comunque differiti nel tempo", risultando pertanto l'ottemperanza "esigibile sin dal momento della notificazione dell'atto medesimo, avvenuta con lettera raccomandata a/r del 19 maggio 2009, anticipata via fax il precedente 15 maggio 2009" (in assenza di sospensione della stessa delib. n. 74);

ii) che "alla data del 28 maggio 2009", secondo quanto accertato dal Co.re.com. della Lombardia, "non risulta ancora pubblicato sul sito web della Provincia di Milano il messaggio oggetto del dispositivo recato dalla delibera n. 74/2009/CSP e, inoltre, è ancora consultabile la pubblicazione ‘La Provincia in casa', oggetto della citata delibera";

tanto precisato, ha ritenuto che detto contegno integrasse "mancata ottemperanza all'ordine impartito con la delibera n. 74/2009/CSP, di pubblicare sul proprio sito web il messaggio oggetto del dispositivo di cui alla delibera stessa", con conseguente riscontro dei "presupposti per l'irrogazione della sanzione di cui all'articolo 1, comma 31, della legge n. 249 del 1997 che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria nel minimo edittale pari a euro 10.330,00 e nel massimo edittale pari a euro 258.230,00, la cui applicabilità è espressamente richiamata dalla citata delibera n. 74/2009/CSP, in caso di una sua inottemperanza".

4.1. Ribadite anzitutto, in relazione al primo motivo aggiunto (prospettante l'illegittimità derivata del provvedimento sanzionatorio), le considerazioni svolte sul ricorso, con conseguente rilievo di infondatezza del mezzo, ritiene il Collegio che non meriti condivisione nemmeno il secondo motivo, concernente la pretesa assenza nell'atto conclusivo delle valutazioni degli apporti forniti dalla ricorrente in sede procedimentale.

Ciò in quanto nelle premesse della delib. n. 107/2009 sono, invece, riportate tanto le osservazioni della Provincia quanto le considerazioni dell'Autorità (cfr. pagg. 2 e 3).

4.2. È infondato anche l'ultimo articolato motivo.

4.2.1. La ricorrente si duole nuovamente dell'erroneo rinvio alla delib. n. 57/2009 e a specifiche disposizioni di questa (commi 14, 15 e 17 dell'art. 26).

A tale riguardo, se per un verso è sufficiente richiamare le precedenti osservazioni sulla portata della delib. n. 57 (nel senso che questo atto non integra il divieto di legge né fonda il potere oggi in contestazione), per altro verso va affermata l'irrilevanza del rinvio all'art. 26, comma 14 (l'Autorità "verifica il rispetto dei propri provvedimenti ai fini previsti dall'articolo 1, comma 31" l. n. 249/1997 cit.), atteso che tale disposizione opera una mera ricognizione dell'assetto delineato dalla normativa primaria. Quanto ai commi 15 e 17, non risulta - a tacer d'altro - che l'Autorità abbia fatto applicazione di dette disposizioni.

Di qui, l'infondatezza del profilo di censura in esame.

4.2.2. Con altra serie di doglianze la Provincia contesta l'applicazione dell'art. 1, comma 31, l. n. 249/1997 cit., norma a suo dire non estensibile agli ordini impartiti dall'Autorità in base a una fonte diversa dalla stessa l. n. 249/1997; nella specie verrebbe infatti in rilievo la l. n. 28/2000, per giunta caratterizzata da una disciplina sanzionatoria ad hoc.

Il motivo va disatteso.

Effettivamente l'art. 1, comma 31, cit. introduce una sanzione amministrativa pecuniaria per i soggetti "che non ottemperano agli ordini e alle diffide dell'Autorità, impartiti ai sensi della presente legge" (enf. agg.).

Sennonché, questa stessa legge incarica l'Agcom di garantire l'osservanza delle vigenti disposizioni in materia di par condicio (art. 1, comma 6, lett. b, n. 9), incluse quelle sul divieto di comunicazione istituzionale (originariamente declinato, come si è detto, in termini di "divieto di propaganda istituzionale"; cfr. artt. 5 l. n. 515/1993 e 29, comma 6, l. n. 81/1993 citt.).

Questa Sezione ha già affermato, nell'esaminare la portata dell'art. 1, comma 31, che l'art. 1, comma 6, lett. b), n. 9, prefigura, "in una necessaria relazione biunivoca, anche un corrispondente potere sanzionatorio" e che la lettera della prima disposizione "sembra evidenziare che la sanzione ha carattere generale (e residuale)", applicandosi cioè "in presenza di qualsivoglia violazione delle norme contenute nell'art. 1 della legge n. 249/1997", ivi inclusa quella del comma 6, lett. b), n. 9 (sent. 22 giugno 2006, n. 5038).

Ne segue che anche la fattispecie di "ordine inottemperato" ex art. 10, comma 8, l. n. 28/2000 è riconducibile al menzionato art. 1, comma 31, l. n. 249/1997.

Questa considerazione porta all'esame dell'ulteriore argomentazione della ricorrente, secondo cui l'apparato sanzionatorio della delib. n. 74/2009 andrebbe rinvenuto nell'art. 11-quinquies, comma 2, l. n. 28 cit.

La prospettazione non è condivisibile.

Detto art. 11-quinquies ("vigilanza e poteri dell'Autorità"):

- stabilisce in linea generale che l'Agcom "vigila sul rispetto dei principi contenuti nel presente Capo e di quanto disposto nel codice di autoregolamentazione di cui all'articolo 11-quater, nonché delle disposizioni regolamentari e attuative emanate dall'Autorità medesima" (comma 1);

- delinea il procedimento per l'accertamento di "comportamenti in violazione del presente Capo o del codice di autoregolamentazione di cui all'articolo 11-quater e delle disposizioni regolamentari e attuative di cui al comma 1", precisando che l'Autorità adotta, nei confronti dell'emittente, ogni provvedimento, anche in via d'urgenza, idoneo a eliminare gli effetti di tali comportamenti (comma 2);

- prevede che la stessa Agcom "verifica il rispetto dei propri provvedimenti adottati in applicazione delle disposizioni del presente Capo e, in caso di inottemperanza, irroga nei confronti dell'emittente la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 20.000 euro" (comma 3; enf. agg.).

È pertanto evidente che il meccanismo divisato da tale disposizione riguardi unicamente la materia disciplinata dal Capo II ("presente Capo") della l. n. 28/2000, che reca "disposizioni particolari per le emittenti locali" (l'ambito applicativo è precisato dall'art. 11-bis, comma 1: "le disposizioni del presente Capo si applicano alle emittenti radiofoniche e televisive locali").

Esso non concerne pertanto la violazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, del divieto di comunicazione istituzionale in periodo di par condicio.

4.2.3. Da ultimo, la ricorrente si duole della quantificazione della sanzione.

Nella delib. n. 107/2009 si legge che la determinazione dell'importo è avvenuta in ragione di elementi quali: la "gravità della violazione", da ritenersi "elevata in considerazione della rilevanza costituzionale del bene giuridico protetto dalla norma violata"; l'"opera svolta dall'agente per l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze della violazione", giudicata inadeguata atteso che al 28 maggio 2009 (ossia 10 giorni dopo la notifica del provvedimento) "non risultava ancora pubblicata l'indicazione di non rispondenza [...] ed era, inoltre, ancora consultabile sul sito web la pubblicazione ‘La Provincia in casa'"; la "personalità dell'agente", essendo la Provincia di Milano "supportata da strutture interne adeguate allo svolgimento delle proprie attività nel pieno rispetto del quadro normativo e regolamentare vigente"; le "condizioni economiche dell'agente", tali "da consentire l'applicazione della sanzione così come determinata".

Osservato anzitutto che questi punti costituiscono specificazione dei "criteri per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie" sanciti dall'art. 11 l. n. 689/1981 ("nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche"), ritiene il Collegio che le critiche della ricorrente non meritino condivisione.

Anzitutto, sono ininfluenti le considerazioni sulla pendenza del ricorso con istanza cautelare, atteso che il contenzioso è stato instaurato successivamente all'adozione del provvedimento sanzionatorio (il ricorso è stato notificato il 4 giugno e depositato il 16 giugno 2009, peraltro a elezioni già svolte); l'Autorità non ne avrebbe perciò potuto tener conto.

Quanto al preteso termine di 48 ore per l'adempimento, va precisato che la delib. n. 74/2009 era esecutiva dal momento della sua comunicazione all'amministrazione destinataria (cfr. art. 21-bis l. n. 241/1990), possedendo, per sua natura, carattere di "cogenza e [...] immediatezza" (cfr. premesse delib. n. 107; ciò alla luce della ristrettezza dei termini di operatività dell'inibitoria); pare dunque corretto il rilievo dell'Agcom circa l'"inadeguatezza" dell'"opera svolta dall'agente per l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze della violazione" (tenuto anche conto della rilevata circostanza della notificazione del ricorso successivamente all'irrogazione della sanzione e soltanto due giorni prima dello svolgimento della consultazione elettorale).

Sono parimenti infondati i profili di doglianza relativi:

- alla pretesa sospensione immediata delle attività di comunicazione istituzionale, interrotte al momento della ricezione della delib. n. 74/2009, e alla non particolare gravità della "mancata indicazione sul sito web dell'ordine impartito dall'amministrazione": e infatti, l'anzidetta "sospensione immediata" altro non è che la doverosa cessazione del contegno inibito dall'art. 9 l. n. 28/2000, come tale ininfluente sull'inottemperanza all'ordine dell'autorità, mentre non è manifestamente illogica la valutazione di gravità di detta inottemperanza, alla luce della tempistica della vicenda;

- all'utilizzo per un soggetto non imprenditoriale del criterio delle "condizioni economiche dell'agente", posto che l'art. 11 l. n. 689/1981 non opera distinzioni in relazione alla natura giuridica dell'agente stesso.

5. In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati e vanno respinti.

Sussistono giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III-ter, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso e i motivi aggiunti in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

L. Bolognini, E. Pelino (dirr.)

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