Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
Sezione II
Sentenza 21 luglio 2015, n. 1108

Presidente: Romano - Estensore: Testori

FATTO

In data 24 settembre 2012 il sig. A.F. ha presentato allo Sportello unico per l'immigrazione della Prefettura di Grosseto, ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 109/2012, una dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare subordinato in favore del cittadino del Bangladesh sig. S.M.

Con provvedimento del 17 febbraio 2014 la Prefettura di Grosseto ha respinto l'istanza in questione rilevando che l'Autorità giudiziaria aveva disposto l'espulsione del predetto lavoratore, in sostituzione della pena detentiva, ai sensi dell'art. 16, comma 1, del T.U. n. 286/1998.

Contro tale determinazione i sigg. F. e M. hanno proposto il ricorso in epigrafe formulando censure di violazione di legge.

Per resistere al gravame si è costituita in giudizio l'Amministrazione dell'Interno, che ha depositato solo una memoria formale.

Nella camera di consiglio del 10 luglio 2014 questo Tribunale, con ordinanza n. 357, ha respinto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato.

All'udienza del 9 luglio 2015 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. La Prefettura di Grosseto ha ritenuto ostativa al positivo esito della procedura di emersione del lavoratore straniero sig. S.M. la circostanza che l'Autorità giudiziaria aveva disposto l'espulsione del predetto, in sostituzione della pena detentiva, ai sensi dell'art. 16, comma 1, del T.U. n. 286/1998. In particolare, l'Amministrazione ha affermato l'incompatibilità dell'espulsione citata con la regolarizzazione dello straniero rilevando:

- che tale espulsione, "sostitutiva dell'ammenda inflitta per il reato ex art. 10-bis d.lgs. 286/1998", non si presta "a sindacati di sorta se non ricorrendo agli ordinari mezzi di impugnazione previsti dal rito penale", come affermato dal Consiglio di Stato, sez. III, nella sentenza n. 5572 del 3 ottobre 2013;

- che tale fattispecie, pur non costituendo di per sé elemento ostativo all'emersione, integra "l'ipotesi di ordine direttamente impartito dal giudice ordinario a seguito di condanna penale, alcuna discrezionalità residuando in capo all'Amministrazione procedente";

- che l'ammissione alla procedura di emersione vanificherebbe gli effetti della sentenza penale di condanna per il reato di cui all'art. 10-bis.

2. La questione oggetto del presente giudizio è analoga a quelle recentemente trattate da questa Sezione e definite con le sentenze nn. 952 e 948 del 29 giugno 2015 e n. 103 del 19 gennaio 2015, pronunciate nei confronti della Prefettura e della Questura di Grosseto; le considerazioni svolte in quelle sentenze non possono non orientare anche la decisione del caso qui in esame.

L'art. 10-bis così dispone al comma 1: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del presente testo unico nonché di quelle di cui all'articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68, è punito con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Al reato di cui al presente comma non si applica l'articolo 162 del codice penale".

Nel caso in esame il Giudice di pace di Grosseto ha fatto applicazione dell'art. 16 del T.U. ("Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione"), che al comma 1 così dispone, per quanto di interesse per il presente giudizio: "Il giudice, ... nel pronunciare sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 10-bis, qualora non ricorrano le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico, che impediscono l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, può sostituire la medesima pena con la misura dell'espulsione...".

La Corte costituzionale si è occupata, nell'ordinanza n. 369 del 14-28 luglio 1999, della disposizione di cui all'art. 14 della l. n. 40/1998, poi trasfusa nell'odierno art. 16 del T.U. n. 286/1998 ed ha affermato:

"... l'espulsione prevista dalla norma in discussione, pur se disposta dal giudice in sostituzione di una pena detentiva, non si può configurare come una sanzione criminale, ma come una misura amministrativa per i caratteri che assume;

... le caratteristiche formali e sostanziali dell'espulsione dello straniero devono far escludere che quest'ultima, come concretamente regolata dall'art. 14 in esame, possa farsi rientrare nel genus delle sanzioni penali, sebbene la circostanza per cui l'espulsione sia disposta dal giudice investito di un'azione penale ne metta in risalto il carattere assolutamente peculiare rispetto ad altre ipotesi, pur presenti nel nostro ordinamento, in cui il giudice penale è chiamato ad applicare misure di natura amministrativa".

Se questa è la natura della misura disposta dal giudice ex art. 16, comma 1, del T.U., si può affermare che essa è riconducibile al genus delle espulsioni amministrative previste dalla disciplina sull'immigrazione; e in proposito appare pertinente il richiamo alla citata ordinanza della Corte costituzionale nella parte in cui fa riferimento al collegamento tra l'art. 14 e l'art. 11 della l. n. 40/1998 - ora artt. 16 e 13 del T.U. - ed evidenzia "la sostanziale sovrapposizione fra le due misure", cioè tra l'espulsione disposta dal giudice e quella amministrativa. Tale sovrapposizione induce il Collegio a riconsiderare le conclusioni raggiunte in fase cautelare, che facevano leva soprattutto sull'unico, autorevole precedente giurisprudenziale all'epoca rinvenuto, costituito dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 22 novembre 2013, n. 5572. In quella decisione, riguardante un diniego di emersione ai sensi della legge n. 102/2009 motivato con l'esistenza di una condanna ex art. 10-bis del T.U. sostituita con l'espulsione ex art. 16, il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza appellata evidenziando che il provvedimento impugnato costituiva esecuzione "di ordine direttamente impartito dal giudice ordinario a seguito di condanna penale, che non lasciava spazi ad alcuna discrezionalità in capo all'autorità di p.s., che non poteva non eseguirlo, anche perché quel provvedimento non risultava impugnato dall'interessato nei modi prescritti".

Nessuno dubita che l'espulsione disposta dal giudice ex art. 16, comma 1, deve essere eseguita dall'autorità di p.s., priva di margini di discrezionalità in materia; dispone in proposito il comma 2 del medesimo art. 16: "L'espulsione di cui al comma 1 è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4".

Qui però si discute non dell'esecuzione o meno dell'ordine del giudice, bensì dell'applicazione di una norma di legge (art. 5 del d.lgs. n. 109/2012) che consente in via eccezionale la regolarizzazione di lavoratori extracomunitari irregolarmente presenti nel territorio nazionale. Tale disciplina, di carattere speciale, prevede al comma 13 in quali casi i lavoratori stranieri non possono essere ammessi alla procedura di emersione; in particolare, la lettera a) fa riferimento ai soggetti "nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 2, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dell'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni ed integrazioni". Non può dunque fruire della procedura di emersione lo straniero:

- che sia stato espulso con provvedimento del Ministro dell'interno "per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato" (art. 13, comma 1, del T.U.);

- che sia stato espulso con provvedimento del prefetto in quanto appartenente "a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646" (art. 13, comma 2, lett. c), del T.U.);

- che sia stato espulso (con provvedimento ministeriale o prefettizio) in quanto "appartenente ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, o nei cui confronti vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali" (art. 3 del d.l. n. 144/2005).

Al contrario, può beneficiare della procedura di emersione:

- il lavoratore straniero nei confronti del quale sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell'art. 13, comma 2, lett. a), del T.U. perché "è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10";

- il lavoratore straniero nei confronti del quale sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell'art. 13, comma 2, lett. b), del T.U. perché "si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all'articolo 27, comma 1-bis, o senza avere richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o rifiutato ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo ovvero se lo straniero si è trattenuto sul territorio dello Stato in violazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n. 68".

Trattandosi di una procedura che, in via eccezionale, consente di regolarizzare la posizione di lavoratori stranieri irregolarmente entrati e presenti nel territorio nazionale, il legislatore ha evidentemente ritenuto di consentirne la fruizione anche ai soggetti destinatari di provvedimenti di espulsione disposti esclusivamente in base alla riscontrata irregolarità dell'ingresso e del soggiorno in Italia, cioè per ragioni estranee a profili di pericolosità per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Tra i tipi di espulsione ostativi all'emersione il legislatore non ha inserito l'espulsione disposta dal giudice ai sensi dell'art. 16, comma 1, del T.U. n. 286/1998. Anche a ritenere che a tale omissione non possa attribuirsi un valore determinante, ai fini che qui interessano assumono rilievo decisivo la natura amministrativa della misura in questione, la sua sovrapponibilità con l'espulsione amministrativa ex art. 13 (a cui ha fatto riferimento la Corte costituzionale) e, soprattutto, la circostanza che l'espulsione ex art. 16 (sostitutiva di una mera ammenda) consegue ad una condanna per il reato previsto dall'art. 10-bis, ovvero per l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato, cioè per una condotta che, se sanzionata con l'espulsione amministrativa ex art. 13, non è ostativa alla procedura di emersione.

Ciò porta a concludere che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Prefettura di Grosseto (e pur nella consapevolezza che un opposto orientamento è stato recentemente seguito dal TAR Campania, sez. VI, nella sentenza 17 luglio 2014, n. 4003), l'espulsione disposta dal giudice ex art. 16, comma 1, del T.U. non basta per legittimare il rigetto della domanda di emersione presentata ai sensi del d.lgs. n. 109/2012.

3. Per queste ragioni il ricorso deve essere accolto e il provvedimento impugnato va conseguentemente annullato.

La novità della questione giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio, in linea con quanto disposto con le citate sentenze nn. 952, 948 e 103 del 2015.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

P. Tonini, C. Conti

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