Corte di cassazione
Sezione III civile
Sentenza 29 luglio 2015, n. 16054

Presidente: Salmè - Estensore: Spirito

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il magistrato N. ha citato in giudizio risarcitorio la Società Europea di Edizioni s.p.a. con riferimento a due articoli pubblicati nei giorni 15 e 17 giugno 1997 sul quotidiano Il Giornale, ritenuti dall'attore diffamatori.

Il Tribunale di Genova ha accolto la domanda e condannato la società al pagamento in favore dell'attore della somma di Euro 3.000,00.

La Corte d'appello ha condannato la società al pagamento della somma di Euro 50.000,00, comprensiva della riparazione di cui all'art. 12 della l. n. 47 del 1948.

Propone ricorso per cassazione la Società Europea di Edizioni s.p.a. attraverso quattro motivi. Rispondono con controricorso gli eredi del N., i quali hanno depositato memoria per l'udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo censura la sentenza per violazione di legge nel punto in cui ha omesso di riconoscere la causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p.

Il secondo motivo censura il vizio della motivazione circa l'accertamento della natura diffamatoria degli articoli di stampa.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili, innanzitutto perché omettono la riproduzione degli articoli giornalistici in questione, omettendo così d'adempiere all'onere di autosufficienza del ricorso; gli accenni sporadici e vaghi al contenuto degli stessi non pone in condizione la Corte di delibare le censure proposte. Inoltre, le censure stesse, benché formulate sotto il profilo del vizio della motivazione e della violazione di legge, tendono in realtà a conseguire dalla Corte di legittimità una nuova valutazione degli elementi di causa ed un diverso giudizio sull'esito della controversia.

Il terzo motivo censura la sentenza per vizio della motivazione nel punto in cui stabilisce che "valutate tutte le risultanze, questa Corte ritiene congrua la somma - comprensiva della riparazione di cui all'art. 12 l. 8 febbraio 1948, n. 47 - richiesta dagli appellanti, di complessivi Euro 50.000 (cinquantamila/00), oltre interessi legali...". Sostiene la ricorrente che le ragioni che hanno indotto il giudice di secondo grado ad incrementare la liquidazione del danno operata dal primo giudice (la portata rilevante del danno, il particolare accanimento giornalistico ed il clima di sospetto creatosi nell'ambiente di lavoro dell'interessato) sarebbero insufficienti e contraddittorie.

Il quarto motivo censura la sentenza per violazione di legge e vizio della motivazione nel punto in cui ha inflitto alla società la condanna al pagamento di una somma di danaro a titolo di riparazione pecuniaria ex art. 12 della l. n. 47 del 1948, sostenendo che tale condanna può essere diretta solo nei confronti di colui il quale è responsabile del reato di diffamazione a mezzo stampa.

Il quarto motivo, che va preliminarmente scrutinato, è fondato siccome questa Corte ha già avuto modo di spiegare che la sanzione pecuniaria prevista dalla l. n. 47 del 1948, art. 12, si aggiunge e non si sostituisce al risarcimento del danno causato dall'illecito diffamatorio. Essa presuppone la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del delitto di diffamazione, sicché non può essere comminata alla società editrice e può esserlo al direttore responsabile purché la sua responsabilità sia dichiarata per concorso doloso nel reato di diffamazione e non per omesso controllo colposo della pubblicazione (Cass. 7 novembre 2000, n. 14485; Cass. 3 ottobre 1997, n. 9672).

La sentenza impugnata è, dunque, errata nel punto in cui, procedendo alla liquidazione del danno, ha stabilito un importo risarcitorio comprensivo (come s'è visto sopra) della riparazione di cui all'art. 12 della menzionata legge, pur rivolgendo la condanna contro la società editrice.

L'accoglimento del quarto motivo ha efficacia assorbente rispetto al terzo, posto che (lo si ripete) il giudice ha proceduto alla liquidazione di un unico importo comprensivo della sanzione pecuniaria. La circostanza comporta che questa Corte non può procedere alla decisione nel merito (con sottrazione dal complessivo importo della sanzione pecuniaria) ma deve necessariamente cassare sul punto della liquidazione la sentenza ed il giudice del rinvio, attenendosi al suddetto principio, dovrà procedere ad una nuova liquidazione del danno.

In conclusione, dichiarati inammissibili i motivi primo e secondo, accolto il quarto e dichiarato assorbito il terzo, la sentenza va cassata con rinvio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i motivi primo e secondo, accoglie il quarto, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia alla Corte d'appello di Genova in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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