Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo
Sentenza 8 ottobre 2015, n. 689

Presidente: Mollica - Estensore: Passoni

FATTO

Il 19 marzo 2015 il dott. Giuseppe David A., per conto della sig.ra D.M. Maria Pia, inviava a mezzo pec, ad Equitalia Centro s.p.a., formale istanza di accesso agli atti ex art. 22 e ss. l. 241/1990, volta ad acquisire copia conforme delle cartelle di pagamento emesse nei confronti della sig.ra D.M., unitamente alle singole relate di notifica.

Quanto sopra, al dichiarato fine di accertare l'esatta corrispondenza fra ruolo e cartelle di pagamento emesse nei suo confronti, verificando così l'esistenza dei titoli esecutivi, per i quali Equitalia centro s.p.a. intendeva procedere alla riscossione coatta dei crediti iscritti a ruolo.

Con la presente actio ad exhibendum la sig.ra D.M. impugna l'asserito silenzio-rifiuto in cui sarebbe incorsa la società intimata, a seguito della vana richiesta di accesso.

Nel gravame si deduce l'illegittimità del portamento omissivo e/o negatorio di Equitalia, trattandosi di un interesse concreto ed attuale che la ricorrente avrebbe fatto valere in vista della tutela dei propri interessi legittimi; la conoscenza dei documenti indicati nella domanda di accesso sarebbe infatti decisiva per valutare se instaurare o meno un procedimento giudiziario in sede tributaria, e la conseguente accessibilità dei documenti in questione risulterebbe consentita anche da specifiche disposizioni di settore, con specifico riguardo all'art. 26 del d.P.R. 602/73, che imporrebbe per l'appunto alla società concessionaria della riscossione la conservazione per cinque anni della cartella e l'obbligo di esibizione a richiesta del contribuente. Né sussisterebbero - per costante giurisprudenza in materia - esigenze di riservatezza tali, da giustificare la mancata ostensione delle cartelle de quibus.

Si è costituita in giudizio Equitalia Centro s.p.a., che ha in primis puntualizzato di aver dato debito riscontro alla domanda di accesso in questione in data 22 aprile 2015, a mezzo pec, all'indirizzo dato dal richiedente. In tale riscontro, è stata richiamata la disposizione ex art. 26 comma 4 del d.P.R. 602/1973, che impone all'esattore la conservazione per un quinquennio della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione, mentre nel caso di specie la documentazione richiesta risalirebbe al 2008 e quindi a periodi precedenti; pertanto, in senso contrario all'ostensione degli atti (non più nella disponibilità del concessionario) militerebbe expressis verbis l'art. 22, comma 6, della l. 241/1990, secondo cui "il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la P.A. ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere". Ciò non di meno Equitalia avrebbe consegnato tutta la documentazione (ancora) in suo possesso, ovvero le relate di notifica relative alle cartelle di interesse, nonché l'estratto di ruolo delle cartelle stesse, per una più compiuta informazione in merito al contenuto della pretesa impositiva (tributi, annualità di riferimento etc.). Per quanto sopra, la società intimata conclude per la reiezione del gravame.

Dopo ampia discussione dei patroni, la causa è passata in decisione nel corso della camera di consiglio del 23 settembre 2015.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Si tratta in realtà di un diniego esplicito opposto da Equitalia (con un riscontro negativo della domanda formalizzato a mezzo PEC in data 22 aprile 2015, fatto salvo peraltro un limitato accesso alle relate di notifica delle cartelle in questione, nonché all'estratto di ruolo delle cartelle stesse), e non di un silenzio-rifiuto come asserito nel gravame; ciò non di meno, poiché il giudizio ex art. 116 c.p.a. verte sull'accertamento della fondatezza o meno della pretesa della ricorrente ad acquisire gli atti richiesti, l'azione esperita deve intendersi ammissibile perché comunque diretta a verificare l'accessibilità della chiesta documentazione, senza necessità di confutazione specifica - almeno nel gravame introduttivo - delle ragioni dell'amministrazione poste a sostegno del diniego; quanto sopra, in un baricentro giuridico sempre più spostato verso garanzie "assolute" di trasparenza amministrativa a favore del cittadino, come ormai conclamato dal d.lgs. 33/2013, e ciò ormai anche a prescindere dal noto dibattito sulle posizioni giuridiche di diritto o di interesse collegate all'actio ad exhibendum (dibattito peraltro ritenuto irrilevante fin da Cons. Stato AP 6/2006).

Ora, resta pacifico quanto a più riprese dedotto dalla ricorrente in ordine al fatto che - secondo ormai consolidata giurisprudenza - Equitalia è onerata non solo da un obbligo di custodia, ma anche di ostensione degli atti richiesti dal contribuente, non sussistendo, in capo al concessionario, nessun margine di discrezionalità in ordine alla determinazione di ostensibilità degli atti, in virtù di quanto disposto dall'art. 26, comma 4, del d.P.R. n. 602/1973, a proposito dei doveri di esibizione a domanda del contribuente e/o dell'amministrazione; quanto sopra, senza possibilità di graduare l'accesso mediante surrogati documentali - tipo estratti di ruolo et similia - visto che solo la copia integrale della cartella di pagamento consentirebbe al contribuente stesso di decidere se proporre o meno impugnazione avanti al giudice tributario (da ultimo, TAR Campania, sez. VI, n. 1517 del 12 marzo 2015, C.d.S., sez. IV, n. 2422 del 12 maggio 2014).

Peraltro, proprio la disposizione appena citata è stata invocata da Equitalia a sostegno del diniego, nella parte in cui limita ad un periodo quinquennale l'obbligo di conservazione della cartella (e della relata di notifica) da parte del concessionario della riscossione; ora, poiché la documentazione richiesta a marzo 2015 risale al 2008, ha sostenuto Equitalia che il diniego in questione scaturirebbe dal sesto comma dell'art. 22 l. 241/1990, secondo cui "il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere".

In tal senso, la documentazione alternativa, comunque assicurata alla richiedente, rappresenterebbe il risultato di uno sforzo collaborativo operato dalla concessionaria.

Il collegio ritiene peraltro non convincenti tali argomentazioni.

Come in precedenza accennato, l'art. 26 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, comma 4, statuisce che "il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice e la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso di ricevimento e ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'Amministrazione"; in proposito la più attenta giurisprudenza ha chiarito che tale norma non individua una modalità di accesso ai documenti, ma disciplina il rapporto giuridico corrente tra l'agente della riscossione e il debitore con specifico riferimento all'onere probatorio della pretesa di pagamento. "... Il che comporta che l'accesso ai ripetuti atti non può essere negato, avuto conto che è solo sulla scorta degli stessi che può essere comprovata, con onere a carico dell'agente di riscossione, l'idoneità del titolo esecutivo e non opposto nei termini di legge a sorreggere validamente le pretese di cui trattasi ovvero a sorreggere validamente dinieghi di rilascio di certificazioni di regolarità fiscale. Tanto implica che non può negarsi, in astratto, il diritto di parte ricorrente d'acquisire copia delle cartelle di pagamento, precisate in narrativa: l'agente della riscossione avrà dunque l'obbligo di ricercarle nei propri archivi e di consentirne l'accesso alla ricorrente, salvo che lo stesso agente della riscossione non dichiari, fornendone prova certa, che per alcune, o tutte, di esse, non è più in possesso dell'originale o di eventuali copie, nel qual caso, evidentemente, non potrà seguire l'accesso, ma ciò non per il preteso ostacolo giuridico, rappresentato dalla prefata disposizione dell'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, bensì in applicazione del principio generale espresso dal noto brocardo: Ad impossibilia nemo tenetur. Non ha pregio, in definitiva, l'assunto di parte resistente, secondo cui, terminato il periodo entro il quale la P.A. deve necessariamente custodire i documenti di propria competenza, la medesima sarebbe esonerata dal correlativo obbligo di esibizione degli stessi" (TAR Campania, Sez. I del 9 febbraio 2015, n. 308, cfr. anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 21 aprile 2010, n. 2078; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 26 ottobre 2011, n. 767; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 5 maggio 2009, n. 1034).

In buona sostanza, non basta dedurre il decorso del quinquennio per sottrarre il concessionario dall'obbligo di esibizione della cartella di pagamento, dovendo semmai quest'ultimo comprovare (e non semplicemente affermare in modo apodittico, come avvenuto nella specie) di essere nella più assoluta impossibilità di reperire, ed ove del caso di recuperare, una documentazione comunque nevralgica per la stessa attività d'istituto dell'Organismo che la detiene o che la deteneva. Senza oltre considerare che l'eventuale "recupero" della copia integrale della cartella - quand'anche fuoriuscita dagli archivi dopo il decorso dei cinque anni - appare tutt'altro che inesigibile e neanche troppo complicato, quantomeno con l'ausilio di altri enti titolati alla sua custodia, ed in questo senso si manifesta del tutto insufficiente allo scopo la laconica affermazione di Equitalia di non essere più in possesso della documentazione richiesta.

In conclusione il ricorso trova accoglimento, con conseguente obbligo della società intimata di reperire e di consegnare gli atti di cui alla domanda di accesso del 19 marzo 2015.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza nella misura indicata in motivazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) accoglie il ricorso in epigrafe, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Spese a carico di Equitalia, che dovrà versare alla ricorrente la somma di euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00) oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

P. Tonini, C. Conti

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