Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna
Parma
Sentenza 17 novembre 2015, n. 298

Presidente: Perrelli - Estensore: De Carlo

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente, medico di medicina generale posto in quiescenza dall'1 dicembre 2012, aveva presentato domanda per la selezione bandita dalla ASL convenuta per colmare carenze di organico in medicina specialistica ambulatoriale, settore dell'urologia.

La domanda era stata respinta sulla base del disposto dell'art. 6 d.l. 90/2014 che ha modificato l'art. 5, comma 9, d.l. 95/2012, vietando alle amministrazioni di conferire incarichi di studio e consulenza a lavoratori pubblici o privati in quiescenza.

Il primo motivo di ricorso contesta l'errata interpretazione dell'art. 5, comma 9, d.l. 95/2012 e l'eccesso di potere per contraddittorietà rispetto a quanto previsto dalla circolare nr. 6 del 4 dicembre 2014 del Ministero della Funzione Pubblica in quanto l'incarico cui ha concorso il ricorrente non è né di studio né di consulenza gli unici vietati dalla norma in argomento. Non vi è neanche continuazione con l'incarico cessato poiché si trattava di un servizio di medicina generale e non un ambulatorio specialistico.

Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 1, 3, 35, 51 e 97 Cost. nonché la direttiva 2000/78 sul divieto di discriminazione lavorativa in relazione all'età. L'illegittimità costituzionale di un'interpretazione come quella sostenuta dalla ASL resistente è confermata da numerose pronunce della Corte costituzionale che ha affermato la piena capacità lavorativa dei soggetti in quiescenza che può essere limitata solo per esigenze di interesse pubblico.

Il terzo motivo segnala come l'Accordo Collettivo Nazionale del 23 marzo 2005 agli artt. 22 e 23 consente ai medici in quiescenza di partecipare a selezioni per incarichi di medicina ambulatoriale.

Con decreto del 17 marzo 2015 veniva respinta l'istanza cautelare in via di urgenza.

Si costituiva in giudizio l'Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma che concludeva per il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 15 aprile 2015 veniva accolta la domanda cautelare.

Il ricorso è fondato.

L'art. 5, comma 9, d.l. 95/2012 come modificato dall'art. 6, comma 1, d.l. 90/2014 così dispone: "È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (95), nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata. Gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni del presente comma nell'ambito della propria autonomia".

Il divieto previsto dalla norma riguarda incarichi di studio e consulenza, ed essendo una norma che limita un diritto costituzionalmente garantito quale quello di esplicare attività lavorative sotto qualunque forma giuridica, non possono essere ammesse interpretazioni estensive o analogiche.

La prestazione professionale per la quale il ricorrente ha partecipato alla selezione non è riconducibile a quelle vietate dalla norma sopra citata. Infatti svolgere una prestazione specialistica ambulatoriale non costituisce né un incarico di studio né una consulenza.

Soccorre a tal fine la circolare del 4 dicembre 2014 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione relativa all'applicazione della norma in esame.

A pagina 6 di detta circolare si esplicita come non sia escluso il conferimento a soggetti in quiescenza di incarichi professionali quali quelli inerenti ad attività sanitaria proprio perché la limitazione dell'art. 5, comma 9, d.l. 95/2012 riguarda solo determinati contratti d'opera intellettuale.

Pertanto l'esclusione impugnata deve essere definitivamente annullata anche se nel frattempo in ossequio all'ordinanza cautelare è stato sottoscritto un contratto tra il ricorrente e la ASL convenuta.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l'Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.000,00 oltre C.P.A. ed I.V.A. e con restituzione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.