Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Ordinanza 15 dicembre 2015, n. 25211

Presidente: Amoroso - Estensore: Ambrosio

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, la Regione Veneto chiede di accertare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo nel procedimento ex art. 702-bis c.p.c. instaurato nei suoi confronti innanzi al Tribunale di Venezia dalla s.r.l. Le Monde, avente ad oggetto l'accertamento del diritto della società all'erogazione del contributo regionale, come previsto dalla delibera della G.R. n. 2111 del 2007 che, in attuazione della L.R. Veneto 4 aprile 2003, n. 8, ha approvato il bando relativo all'anno 2007 per l'accesso alle sovvenzioni previste per la realizzazione dei progetti con riferimento ai patti di sviluppo di distretti produttivi riconosciuti dalla suddetta Regione.

Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell'art. 380-ter c.p.c., sulla base delle conclusioni scritte del pubblico ministero, il quale ha richiesto la dichiarazione della giurisdizione ordinaria.

È stata depositata memoria di replica del ricorrente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Innanzitutto va ribadito che è ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione afferente a procedimento sommario ex art. 702-bis e seguenti c.p.c., trattandosi di rito avente natura cognitiva e non cautelare, come è anche esplicitamente affermato dalla rubrica del capo III-bis del codice di procedura civile, introdotto dall'art. 51 della l. 18 giugno 2009, n. 69 (Cass., sez. un., 10 luglio 2012, n. 11512).

2. Passando, dunque, ad esaminare l'istanza di regolamento di giurisdizione, si rammenta, in conformità a principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, che, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto il petitum sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio.

Con specifico riferimento alla materia che qui rileva di contributi e sovvenzioni pubbliche, costituisce, poi, ius receptum che occorre distinguere la fase procedimentale di valutazione della domanda di concessione, nella quale la legge - salvo il caso in cui riconosca direttamente il contributo o la sovvenzione - attribuisce alla P.A. il potere di riconoscere il beneficio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse primario, apprezzando discrezionalmente l'an, il quid e il quomodo dell'erogazione, da quella successiva alla concessione del contributo, in cui il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione (Cass., sez. un., 20 luglio 2011, n. 15867).

Per il vero la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che questa regola generale può soffrire deroghe, nel senso che anche nella fase successiva all'erogazione del finanziamento, nella quale la posizione del privato si concreta normalmente in una situazione di diritto soggettivo, sono predicabili casi di "regressione" della posizione giuridica del soggetto privato, allorché la mancata erogazione (o il ritiro/revoca di essa) consegua all'esercizio di poteri di carattere autoritativo, espressione di autotutela della pubblica amministrazione, sia per vizi di legittimità, sia per contrasto, originario o sopravvenuto, con l'interesse pubblico. In tali casi la devoluzione della controversia al giudice amministrativo postula la necessità di un sindacato, da parte dell'autorità giudiziaria adita, sul corretto esercizio della ponderazione comparativa degli interessi, valutati in sede di erogazione e venuti meno, in tutto o in parte, in presenza della quale l'indicata situazione degradi ad interesse legittimo.

Resta, per converso, attribuita alla cognizione del giudice ordinario ogni fattispecie:

che prenda le mosse, tra l'altro, dall'accertato inadempimento alle condizioni imposte in sede di erogazione del contributo, una volta che il finanziamento sia riconosciuto direttamente dalla legge, ed alla P.A. sia demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti, senza poter procedere ad apprezzamenti discrezionali di sorta circa l'an, il quid e il quomodo dell'erogazione;

ovvero che attenga alla revoca della già concessa agevolazione per ragioni non attinenti a vizi dell'atto amministrativo, alla sua forma, alla sua motivazione, bensì (come si assume nella fattispecie all'esame di revoca parziale del beneficio erogato) a comportamenti posti in essere dallo stesso beneficiario nella fase attuativa dell'intervento agevolato (cfr. Cass., sez. un., 11 luglio 2014, n. 15941).

2.1. Valga, altresì, considerare che la Corte costituzionale (in particolare con le sentenze 28 aprile 2004, n. 204 e 8 marzo 2006, n. 191) ha chiarito che l'art. 103, comma 1, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario la discrezionalità assoluta di attribuire al giudice amministrativo le materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe "anche" diritti soggettivi. Tali materie, tuttavia, devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, in quanto debbono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la P.A. agisce come autorità nei cui confronti è accordata tutela davanti al giudice amministrativo, con la conseguenza che va escluso che sia la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia siano sufficienti a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo.

In tale prospettiva, nella controversia vertente sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico ad un soggetto privato, determinata dall'inadempimento delle prescrizioni indicate nell'atto concessorio, imputabile al beneficiario, la giurisdizione del G.O. deve essere ravvisata ogni qual volta la contestazione fa esclusivamente richiamo alle dichiarate e comprovate inadempienze del percettore. Mentre la giurisdizione del G.A. coinvolge il legittimo esercizio dell'apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione (Cass., sez. un., 25 gennaio 2013, n. 1776).

2.2. Orbene in applicazione dei principi sopra esposti la Corte ritiene che, nella specie, correttamente sia stata adita l'A.G.O.

Invero la controversia trae origine dalla revoca parziale del contributo originariamente concesso dalla Regione Veneto a sostengo delle aggregazioni di imprese ex lege della stessa Regione n. 8 del 4 aprile 2003, a fronte dell'(asserito) inadempimento da parte della beneficiaria s.r.l. Le Monde dell'obbligo contemplato dal Bando di riferimento, consistente nella rendicontazione di una spesa inferiore a quella preventivata in misura eccedente il previsto limite del 25%. La società, lamentando un errore logico e di calcolo della Regione (per essere stata parametrato lo scostamento percentuale sull'ammontare delle spese preventivate indicato da essa istante con la domanda di ammissione al beneficio e non già sulla spesa preventivata, effettivamente ammessa al beneficio: cfr. ricorso ex art. 702-bis c.p.c.), ha quindi, agito per conservare la disponibilità delle somme erogate e conseguire quelle originariamente impegnate e non ancora corrisposte a saldo, previa disapplicazione del provvedimento di revoca parziale.

Il petitum sostanziale perseguito dalla società Le Monde ha, dunque, contenuto patrimoniale e riconosce la sua causa petendi nella corretta osservanza degli obblighi imposti nella fase c.d. esecutiva del rapporto; mentre il provvedimento di cui si chiede "la disapplicazione" è, in effetti, atto di autotutela privata emesso sul presupposto dell'inadempimento da parte della beneficiaria rispetto allo specifico obbligo dettato dal bando di riferimento, consistente nella rendicontazione di una spesa inferiore a quella preventivata con uno scostamento eccedente quello consentito. In sostanza il fondamento del provvedimento di revoca parziale, di cui si controverte, non è rinvenibile in una scelta discrezionale riservata alla stessa Amministrazione, bensì nel (ritenuto) inadempimento di un'obbligazione, afferente la fase c.d. esecutiva del rapporto, che il privato deve osservare e che, dal canto suo, l'Amministrazione deve far osservare.

In tale prospettiva appaiono del tutto inconducenti le circostanze su cui insiste la Regione nella memoria di replica alla requisitoria scritta del P.G.: e cioè che l'erogazione del contributo trovi la sua fonte in un provvedimento concessorio; che, nella specie, non vi sia alcun sinallagma, perché il bando impone al privato obblighi unilaterali senza che il privato abbia stipulato il contratto; che l'obbligo di rendicontazione minimo è imposto dal bando e non da un contratto; che un bilanciamento degli interessi in gioco vi è stato da parte della P.A. nel bando, fissando il limite (25%) oltre il quale la diminuzione della spesa rendicontabile pregiudica il fine pubblico perseguito con la sovvenzione e porta alla revoca parziale del beneficio; che il momento di verifica e di controllo di un obbligo imposto unilateralmente non è incompatibile con un rapporto di tipo autoritativo e viene svolto dalla P.A. per il perseguimento del fine pubblico perseguito dal finanziamento.

Invero - ribadito che l'attinenza della vicenda a interessi di tipo pubblicistico, in qualche misura sempre implicati nell'agire della Pubblica amministrazione, non è sufficiente a risolvere il problema del riparto della giurisdizione, perché quel che veramente conta è stabilire se, in funzione del perseguimento di quei interessi, l'amministrazione sia o meno dotata di un potere di supremazia, rispetto al cui esercizio la posizione del privato non potrebbe che assumere la natura di un interesse legittimo - si osserva che l'ambito dell'autotutela dell'amministrazione, e con essa della corrispondente consistenza di interesse e non di diritto della posizione del privato ammesso al contributo, si esprime nella constatazione - anche ex post, e dunque esercitabile anche nella fase che è definita esecutiva del rapporto - della mancata corrispondenza al pubblico interesse del contributo, o, alternativamente, nello scrutinio negativo in merito alla legittimità originaria dell'erogazione, evenienza riconducibile al mutamento di requisiti soggettivi ed oggettivi necessari per l'ammissione al beneficio (cfr. Cass., sez. un., 24 luglio 2007, n. 16297).

Tale situazione non ricorre nella specie; e ciò non solo e non tanto perché la revoca parziale è intervenuta nella fase successiva alla concessione del contributo, in relazione alla quale è configurabile un diritto soggettivo del privato all'erogazione, ma anche e soprattutto perché la contestazione posta a base di detto provvedimento trova fondamento in una mera attività di verifica dell'adempimento o meno dell'obbligazione gravante sul beneficiario e non comporta alcuna (ri)valutazione comparativa degli interessi apprezzati in sede di concessione del contributo, tantomeno di quelli sottesi alla scelta espressa nel bando di fissare nella misura percentuale del 25% il limite massimo di scostamento tra la spesa preventivata e quella rendicontata.

In definitiva va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione dell'A.G. ordinaria.

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