Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 28 gennaio 2016, n. 299

Presidente: Virgilio - Estensore: Russo

FATTO

Con il presente gravame il dott. Francesco Lo Voi impugna la decisione del T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sezione I-quater, n. 7353 del 21 maggio 2015 con la quale, in accoglimento del ricorso proposto dal dott. Guido Lo Forte, venivano annullati la delibera del Plenum del CSM del 17 dicembre 2014 di nomina del dott. Lo Voi a Procuratore della Repubblica di Palermo, il conseguente d.P.R. di nomina ed i successivi provvedimenti di ratifica della deliberazione e immissione nelle funzioni, nonché gli atti della Quinta commissione del CSM relativamente al procedimento de quo.

La vicenda trae origine dal conferimento dell'Ufficio Direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo in favore del dott. Lo Voi da parte del Plenum del CSM, al quale erano pervenute, dalla V Commissione dell'Organo di Autogoverno della magistratura ordinaria, tre distinte proposte per la copertura del ruolo, facenti capo, oltre al suddetto dott. Lo Voi, ai dott. Guido Lo Forte e Sergio Lari.

All'esito della seconda votazione interna all'Adunanza Plenaria del CSM, in data 17 dicembre 2014, prevaleva la candidatura del dott. Lo Voi, grazie alle preferenze espresse dalla maggioranza assoluta dei votanti (tredici preferenze contro le sette espresse in favore del dott. Lari e le cinque indirizzate al dott. Lo Forte).

Il dott. Lo Forte impugnava dinanzi al T.A.R. per il Lazio la decisione finale dell'Organo di Autogoverno della magistratura, con ricorso r.g. n. 963 del 2015, lamentando l'eccesso di potere in cui sarebbe incorso il CSM, in quanto avrebbe preferito un candidato carente di un'adeguata esperienza direttiva in funzioni analoghe o identiche rispetto a quella in contesa, valorizzando, al contempo, esperienze ultronee maturate in ambito internazionale.

Il giudice di primo grado, dopo aver analiticamente vagliato la normativa, primaria e secondaria, inerente alla materia dell'assegnazione degli incarichi direttivi ai magistrati ordinari, riteneva effettivamente configurabile, nel provvedimento impugnato, un'ipotesi di eccesso di potere da parte del CSM. Nello specifico, secondo il T.A.R., pur non potendo ipotizzarsi alcuna gerarchia fra i parametri legislativi che il CSM prende in considerazione, al fine di attribuire uno specifico incarico direttivo, "comuni elementi di ragionevolezza" imporrebbero di conferire prevalenza alle pregresse esperienze nelle medesime funzioni di quelle cui si aspira: "lo svolgimento di funzioni analoghe o identiche, infatti, riveste una particolare valenza significativa, ... rimandando ... ad un onere di rafforzata motivazione, secondo logica e razionalità, ed in relazione alla peculiarità dell'ufficio da ricoprire, l'eventuale giudizio di sub valenza rispetto ad elementi attitudinali desumibili da altri indici" (pagine 29 e 30 sentenza appellata). In definitiva, secondo il giudice di prime cure, la motivazione della delibera oggetto del ricorso introduttivo, non sarebbe coerente rispetto agli indici di valutazione del parametro attitudinale: essa non avrebbe dato adeguato riscontro alle pregresse esperienze del dott. Lo Forte in ambito direttivo e semidirettivo, eludendo l'implicito obbligo di motivazione rafforzata, imposto precipuamente per giustificare la valorizzazione di ulteriori requisiti che si pongono logicamente in subordine rispetto alle esperienze in posizioni identiche o analoghe a quelle oggetto della procedura comparativa.

Con atto di appello r.g. n. 4779 del 2015, il dott. Lo Voi impugna la descritta sentenza del T.A.R., con due articolati motivi.

In primo luogo, viene proposto un motivo di inammissibilità del ricorso introduttivo, già esaminato e respinto dal giudice di primo grado, con cui si evidenzia che il ricorso di primo grado sarebbe stato instaurato in violazione del principio del contraddittorio, poiché non notificato al dott. Lari in qualità di controinteressato rispetto alla decisione de qua. Inoltre, l'inammissibilità del ricorso introduttivo dovrebbe, in ogni caso, desumersi dalla unicità del difensore per entrambi i controinteressati alla delibera del CSM. Erroneamente, dunque, il T.A.R. avrebbe respinto l'eccezione formulata dal dott. Lo Voi in prime cure.

Con il secondo articolato motivo di appello, il dott. Lo Voi contesta l'iter argomentativo esposto dal giudice di primo grado, affermandone il contrasto con i limiti esterni del sindacato del giudice amministrativo e lo sconfinamento nel merito amministrativo. In effetti, secondo parte appellante, nella sentenza impugnata verrebbe attribuita, per un verso, l'equiordinazione fra tutti i requisiti, esaminati dal CSM al fine di attribuire un incarico direttivo, ma, per altro verso, le pregresse esperienze in ruoli identici o analoghi a quelli cui si aspira assurgerebbero a titolo preferenziale nella procedura comparativa. Tale statuizione, non soltanto sarebbe incoerente con le premesse da cui prende le mosse il T.A.R., ma introdurrebbe una mobilità esclusivamente "orizzontale" per quanto concerne le posizioni direttive o semidirettive relativamente agli uffici giudiziari della magistratura ordinaria.

Si sono costituiti in giudizio il CSM ed il Ministero della Giustizia che hanno presentato autonomo appello incidentale avverso la sentenza del T.A.R. per mezzo del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. L'Avvocatura Erariale, dopo aver richiamato la normativa rilevante nel caso di specie e le motivazioni addotte dal Plenum del CSM per sostenere la prevalenza della posizione del dott. Lo Voi rispetto agli altri due contendenti, afferma che il giudice di primo grado avrebbe oltrepassato i limiti esterni del sindacato giurisdizionale, mediante un sindacato concernente esclusivamente il merito amministrativo: a ben vedere, la deliberazione del 17 dicembre 2014 non parrebbe viziata in termini di ragionevolezza, coerenza o insufficiente motivazione e, pertanto, il sindacato del giudice di prime cure si sarebbe sostanziato in una inammissibile ingerenza nelle scelte discrezionali spettanti all'Organo di Autogoverno della giustizia ordinaria.

Si è costituito in giudizio il dott. Lo Forte il quale, con memoria, ha confutato le tesi avversarie, chiedendone la reiezione e ribadendo la correttezza delle argomentazioni sottese alla decisione di primo grado.

In vista dell'udienza di discussione, le parti si sono scambiate ulteriori memorie scritte ed allegazioni documentali a sostegno delle rispettive conclusioni.

All'udienza del 17 novembre 2015, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1. La questione sottoposta all'esame del Collegio concerne, nel suo complesso, l'esatta individuazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa e, specularmente, sulla latitudine del sindacato del giudice amministrativo allorquando venga gravata una delibera del CSM di conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi.

2. In via preliminare rispetto all'esame del merito della controversia, il Collegio ritiene di dover affrontare il primo motivo di appello, avente carattere pregiudiziale e concernente l'asserita inammissibilità del ricorso introduttivo per omessa notifica dello stesso al controinteressato dott. Lari.

Con il motivo di censura si contesta la reiezione dell'eccezione formulata in primo grado dal dott. Lo Voi ed, in particolare, si afferma che il T.A.R. non avrebbe adeguatamente considerato le ricadute applicative della pronuncia di accoglimento sul riesercizio del potere da parte del CSM: infatti, la valorizzazione, in sede giurisdizionale, di taluni aspetti si ripercuoterebbero successivamente fra i concorrenti. In ogni caso, sussisterebbe un ostacolo alla corretta integrazione del contraddittorio, derivante dall'unicità del difensore che tutela gli interessi tanto del dott. Lo Forte, quanto del dott. Lari: sicché vi sarebbe un conflitto di interessi per il difensore che non potrebbe, al contempo, tutelare gli interessi del ricorrente e del controinteressato. Si contesta, inoltre, la natura endoprocedimentale attribuita dal T.A.R. alla proposta favorevole della V Commissione del CSM, che non consentirebbe di differenziare gli interessi del dott. Lo Forte e quelli del dott. Lari: in realtà, secondo parte appellante, la delibera finale del CSM conterrebbe al suo interno le tre proposte ammesse alla votazione del Plenum e, rispetto ad essa, i concorrenti non scelti avrebbero un interesse differenziato al suo annullamento. In questo senso, susciterebbe qualche perplessità la trattazione congiunta, da parte del T.A.R., dei due differenti ricorsi, proposti dal dott. Lari e dal dott. Lo Forte avverso la medesima delibera, che tuttavia non ha dato luogo ad un'unica decisione.

2.1. Il motivo è privo di pregio e va respinto.

Come è noto, la qualità di controinteressato nel processo amministrativo è rivestita da parte di coloro i quali, oltre ad essere nominativamente indicati nel provvedimento impugnato o comunque agevolmente individuabili (c.d. elemento formale), si presentino come portatori di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell'atto (in quanto questo, di norma, attribuisce loro in via diretta una situazione giuridica di vantaggio): tale interesse deve avere essere di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale), non essendo qualificabili, invece, come controinteressati i soggetti la cui posizione sia incisa solo in modo indiretto e riflesso, e tantomeno coloro i quali non possano subire alcuna sorta di pregiudizio. Tale premessa consente di condividere, sul punto, la decisione del giudice di prime cure rispetto alla configurabilità di una mera aspettativa per i destinatari dell'atto di proposta avanzato dalla Commissione competente: in effetti, il dott. Lari non può considerarsi alla stregua di un controinteressato rispetto alla domanda di annullamento della delibera del 17 dicembre 2014, poiché tale provvedimento non gli attribuisce alcuna posizione favorevole rispetto all'assegnazione dell'incarico direttivo.

Da quanto esposto, può dedursi ulteriormente che l'esito della procedura comparativa ha determinato l'omogeneità dell'interesse del dott. Lari e del dott. Lo Forte: entrambi, infatti, auspicavano un annullamento della delibera del 17 dicembre 2014, in vista della riedizione del potere da parte del CSM e, per tale ragione, la loro posizione non poteva considerarsi, nella fase introduttiva del giudizio di primo grado, avente natura uguale e contraria, ma, al più, potevano considerarsi titolari del medesimo interesse.

In definitiva, il Collegio ritiene che il ricorso di primo grado sia stato ritualmente introdotto, e, pertanto, il primo motivo di appello non possa essere condiviso.

3. Con il secondo articolato motivo di appello, il dott. Lo Voi censura la sentenza del T.A.R. relativamente all'interpretazione, fornita dal giudice di primo grado, della normativa rilevante nel caso di specie. Nello specifico, parte appellante ritiene che il T.U. sulla Dirigenza Giudiziaria non importerebbe alcun ordine di prevalenza tra i vari indicatori in esso contemplati al fine dell'assegnazione di incarichi direttivi, poiché la valutazione attitudinale andrebbe condotta in base ad una complessiva indagine sull'attività svolta dal candidato, in relazione a tutti gli indicatori previsti, all'esito di un giudizio globale. Pertanto, il pregresso esercizio di funzioni analoghe o identiche rispetto a quelle dell'ufficio da ricoprire integrerebbe un requisito attitudinale che concorre sullo stesso piano, non rivestendo alcuna posizione preferenziale, con gli altri indici attitudinali contemplati dalla normativa. Ciononostante, il giudice di prime cure avrebbe attribuito prevalenza a tale ultimo requisito, basandosi su un canone non tipizzato di ragionevolezza: in tal modo, si finirebbe con l'introdurre una inammissibile mobilità orizzontale, rispetto alle posizioni direttive o semidirettive da ricoprire. In effetti, così argomentando, dovrebbero essere ritenuti a priori inidonei all'esercizio di tali funzioni, coloro i quali, pur avendo maturato una migliore e più variegata esperienza plurisettoriale, non abbiano mai rivestito un ruolo direttivo o semidirettivo: in tal modo si prescinderebbe da una valutazione globale dei curricula dei candidati, in contrasto con il dato testuale della normativa rilevante, per attribuire valore prioritario ad uno solo dei requisiti in essa indicati.

Dunque, secondo il dott. Lo Voi, non potrebbe desumersi la sussistenza, come invece ha sostenuto il giudice di primo grado, di un obbligo di motivazione rafforzata in capo al CSM, qualora intenda attribuire un incarico direttivo o semidirettivo a taluno degli aspiranti che non abbia svolto tali funzioni in epoca anteriore alla procedura comparativa: in effetti, ciò che viene valutata dal Plenum dell'Organo di Autogoverno, è la generale attitudine alla direzione ed alla organizzazione, che si fonda su un giudizio complessivo circa la attività svolta e non sulle singole esperienze pregresse. Per tali ragioni, non potrebbero affermarsi né la sottovalutazione delle esperienze pregresse in ruoli identici del dott. Lo Forte, le quali sarebbero state adeguatamente considerate nella motivazione fornita dal CSM, né una sopravvalutazione degli incarichi internazionali ricoperti dal dott. Lo Voi, che, invece avrebbero contribuito ad un positivo riscontro, unitamente ad altri elementi, in relazione alla generale attitudine alla direzione ed alla organizzazione. Ciò evidenzierebbe, in ultima analisi, la congruità e l'adeguatezza della motivazione della delibera del CSM, che, quindi, non avrebbe potuto essere dichiarata irragionevole dal T.A.R. se non violando l'ambito della discrezionalità ad esso attribuita. Nella delibera impugnata in primo grado, infatti, verrebbe data contezza di tutti gli elementi e di tutte le esperienze curriculari dei tre concorrenti, per concludere nel senso di una maggiore complessiva idoneità a ricoprire la funzione di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, nella figura del dott. Lo Voi. Secondo l'appellante, il T.A.R., invece, non avrebbe considerato tutte le esperienze dei candidati in contesa, ma avrebbe attribuito un peso maggiore ad uno solo degli elementi contemplati nella normativa, sconfinando nel merito, in quanto avrebbe sostituito, in modo inammissibile, la propria scelta a quella dell'Amministrazione.

Sotto un diverso profilo, parte appellante censura la asserita errata interpretazione che il giudice di prime cure ha fornito dell'art. 45 del d.lgs. n. 160 del 2006: tale norma implicherebbe la possibilità di una conferma nel ruolo direttivo ricoperto dopo il primo quadriennio, poiché prevede l'esercizio del potere di controllo, da parte del CSM, sui risultati raggiunti nel medesimo periodo di tempo.

3.1. Il motivo nel complesso è fondato e va accolto.

3.2. Il Collegio ritiene utile richiamare la normativa rilevante nel caso di specie, al fine di inquadrare correttamente i limiti entro i quali può svolgersi il sindacato del Giudice Amministrativo nella materia de qua.

Innanzitutto, viene in rilievo il d.lgs. n. 160 del 2006, il cui art. 12, al comma 10, stabilisce che per il conferimento della funzione direttiva di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario, oltre alle valutazioni di professionalità, sono considerate specificamente "le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l'attitudine direttiva". Inoltre, il comma 12 dello stesso articolo dispone che, ai fini della valutazione finale "l'attitudine direttiva è riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l'attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell'ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; è riferita altresì alla propensione all'impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull'andamento generale dell'ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare".

Per quanto concerne la normativa sub primaria, viene in rilievo, invece, la circolare del CSM n. 19244 del 3 agosto 2010, secondo cui, ai fini del conferimento di tutti gli uffici direttivi, "si fa riferimento ai parametri delle attitudini e del merito, che, in una valutazione integrata, confluiscono in un giudizio complessivo ed unitario". Proprio al fine di effettuare un giudizio unitario e complessivo, vengono presi in considerazione i requisiti attinenti al merito, che investe la verifica dell'attività, anche giudiziaria, svolta ed ha lo scopo di ricostruire in maniera completa il profilo professionale del magistrato, del quale vanno valutati capacità, laboriosità, diligenza ed impegno, ed alle attitudini al conferimento di incarichi direttivi, che sono riscontrate nella capacità di organizzare, programmare e gestire le risorse in rapporto alle necessità dell'ufficio ed alle risorse disponibili.

Le attitudini al conferimento di incarichi direttivi sono, altresì, valutate con riguardo:

a) alla conoscenza approfondita dell'ordinamento giudiziario, delle circolari del C.S.M., specialmente di quelle in materia tabellare e di organizzazione degli uffici giudiziari, nonché delle norme che regolano lo status del personale giudiziario;

b) al positivo esercizio di funzioni giudiziarie diverse;

c) al positivo esercizio, specie se in epoca non remota e per un tempo adeguato, di funzioni: di identica o analoga natura rispetto a quelle dell'ufficio da ricoprire oppure di livello pari o superiore.

Con specifico riferimento all'esercizio di funzioni di identica o analoga natura, si attribuisce rilievo, nella valutazione delle attitudini agli uffici direttivi di merito, senza che costituisca titolo preferenziale, al positivo esercizio delle funzioni di merito per un tempo non inferiore a quattro anni negli ultimi quindici anni a far data dalla data della vacanza del posto in concorso; nonché, nei medesimi termini, si attribuisce rilievo, per gli uffici direttivi di Procuratore della Repubblica in zone caratterizzate da rilevante presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso, alla particolare esperienza specifica acquisita presso una Procura, una Procura generale della Repubblica o presso la Procura Nazionale Antimafia per un periodo non inferiore a quattro anni negli ultimi quindici. Per gli uffici di Procuratore della Repubblica di una Procura Distrettuale e per quelli di Procuratore generale aventi sede, questi ultimi, in zone caratterizzate da rilevante presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso, si attribuisce rilievo alle esperienze maturate nella trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati dall'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., desunte concretamente dalla rilevanza dei procedimenti trattati e dalla durata della attività inquirente e requirente.

3.3. Il complesso normativo richiamato analiticamente descrive i parametri che sono presi in considerazione ai fini dell'attribuzione di incarichi direttivi apicali all'interno dell'ordinamento giudiziario ordinario. Dal dato testuale si desume che l'assegnazione delle funzioni va effettuata all'esito di un giudizio complessivo e unitario che tenga conto tanto del merito, quanto delle attitudini alla direzione, senza che possa essere in alcun modo attribuita rilevanza ad uno specifico parametro. Con precipuo riferimento all'attitudine alla direzione, il T.U. sulla Dirigenza Giudiziaria chiarisce che le pregresse esperienze in analoghe o identiche funzioni non assurge a criterio preferenziale, idoneo ad attribuire a priori la prevalenza di un candidato rispetto ad un altro.

Al riguardo, lo stesso giudice di prime cure ha correttamente argomentato sul punto affermando che, diversamente ragionando, resterebbe precluso l'accesso ad incarichi direttivi anche a magistrati che non abbiano mai svolto le relative funzioni e non sarebbe possibile valorizzare le capacità di organizzazione del lavoro e di direzione desumibili dall'esercizio della funzione giudiziaria e, talora, anche extragiudiziaria.

Tuttavia, nel prosieguo, il T.A.R., in modo contraddittorio con le premesse appena citate e richiamando un non tipizzato parametro di ragionevolezza, ha ritenuto utile attribuire una prevalenza al requisito delle pregresse esperienze nella medesima funzione.

Questa conclusione non può ritenersi condivisibile, in primo luogo, per un motivo di carattere testuale: a ben vedere, nel T.U. sulla Dirigenza Giudiziaria la prevalenza di una pregressa esperienza è stata espressamente sancita alla lett. c1) del paragrafo 1.2.2, in relazione alle funzioni direttive apicali di legittimità in cui si è chiarito che "costituisce, di regola, elemento preferenziale nella valutazione delle attitudini alle funzioni direttive apicali di legittimità il positivo esercizio, negli ultimi quindici anni, di funzioni direttive superiori di legittimità per almeno un biennio". Tale statuizione non può ritenersi espressione di un principio generale, in quanto nel prosieguo della disposizione, l'esercizio pregresso di particolari funzioni è valutato, al fine della copertura di altre funzioni, senza che possa costituire titolo preferenziale. Il legislatore, pertanto, nel descrivere gli elementi da considerare, ai fini della attribuzione di posizioni apicali della magistratura ordinaria, ha chiarito quando fra di essi possa configurarsi una relazione di gerarchia o priorità, escludendola nelle altre fattispecie.

Il Collegio, ritiene, dunque, di poter attribuire a tutti gli elementi richiamati dalla normativa primaria e secondaria un valore paritario, senza che sul punto possano utilmente essere invocati elementi desumibili da parametri di ragionevolezza o logicità i quali, invece, sono di esclusiva pertinenza dell'organo amministrativo, dato il loro carattere discrezionale, insindacabile da parte del Giudice Amministrativo se non nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge.

3.4. Invero, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, anche l'attività amministrativa del CSM può formare l'oggetto di un controllo da parte del Giudice Amministrativo (cfr. C.d.S., Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5513): in particolare, le delibere dell'Organo di Autogoverno della magistratura ordinaria ancorché discrezionali, possono essere sindacate in sede di legittimità, qualora esprimano un eccesso di potere e cioè quando siano inficiate da palese irragionevolezza, travisamento dei fatti, arbitrarietà, inesistenza o incongruità della motivazione (cfr. C.d.S., Sez. IV, 6 giugno 2014, n. 2880).

Pertanto, quando l'indagine effettuata dal Giudice Amministrativo non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell'opportunità e convenienza dell'atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell'annullamento, esprima una volontà dell'organo giudicante che si sostituisce a quella dell'Amministrazione, vengono superati i limiti esterni della giurisdizione (cfr. Cass., Sez. Un., 19 maggio 2015, n. 10182).

Il Giudice Amministrativo deve, quindi, necessariamente considerare e valutare la congruità e la logicità dell'iter argomentativo a supporto del provvedimento discrezionale adottato dall'Amministrazione, ma tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano del sindacato parametrico (esterno) della valutazione degli elementi di fatto compiuta, senza poter pervenire ad una non condivisibilità della valutazione stessa, altrimenti sfociando in un superamento dei limiti esterni della giurisdizione (cfr. Cass., Sez. Un., 5 ottobre 2015, n. 19787).

3.5. Orbene, nel caso di specie, non può non rilevarsi l'articolazione della motivazione contenuta nella delibera del CSM del 17 dicembre 2014, sia con riguardo al profilo dell'appellante, sia rispetto a quello del dott. Lo Forte. In effetti, quanto a quest'ultimo, vengono enucleate non soltanto le funzioni giurisdizionali svolte, ma anche gli incarichi direttivi e semidirettivi ricoperti, i quali, nel complesso, gli consentono di esibire "un profilo indubbiamente elevato sul piano del prestigio e della credibilità professionale, della preparazione e delle capacità". Da quanto viene in rilievo, dunque, non può condividersi l'assunto, sancito dal T.A.R., secondo cui sarebbero state sottovalutate le esperienze svolte nelle funzioni direttive e semidirettive da parte del dott. Lo Forte: al contrario, esse hanno consentito al Plenum del CSM di esprimere un ottimo giudizio complessivo in favore del candidato.

Il profilo dell'odierno appellato, tuttavia, non è stato preferito a quello del dott. Lo Voi che "può sicuramente vantare una maggiore cultura della giurisdizione che costituisce senza dubbio una ricchezza del proprio bagaglio professionale non egualmente riscontrabile in quello del dott. Lo Forte"; quest'ultimo, tra l'altro, avendo "da sempre esercitato, seppure ricoprendo incarichi direttivi e semidirettivi nello stesso ufficio a concorso, le funzioni di merito in primo grado, il che - se non intacca, ovviamente, la sicurezza delle competenze investigative acquisite - indica, sul piano delle attitudini specifiche, una visuale inferiore delle problematiche connesse all'assetto del settore requirente ed alla gestione delle risorse dell'intero distretto palermitano". In altre parole, le diverse esperienze maturate, anche in ambito internazionale, da parte del dott. Lo Voi, gli hanno consentito di ottenere la preferenza rispetto agli altri candidati, nell'ottica di un giudizio complessivo ed unitario, che non poteva limitarsi soltanto all'esame dei ruoli ricoperti in incarichi analoghi a quello cui aspiravano i partecipanti.

Da quanto esposto, può, in definitiva ricavarsi l'intrinseca coerenza della motivazione contenuta nella delibera del 17 dicembre 2014, a nulla rilevando le censure di irragionevolezza sollevate dal giudice di primo grado il quale, sul punto ha sostituito, in modo non consentito, in quanto contrastante con i limiti esterni del sindacato del Giudice Amministrativo, il proprio convincimento rispetto alle valutazioni operate dai membri del Plenum del CSM. In altri termini, non potendosi ravvisare, nel caso di specie, alcun elemento sintomatico di eccesso di potere il giudice di primo grado ha erroneamente annullato la delibera impugnata in primo grado, ritenendola viziata sotto il profilo dell'irragionevolezza.

4. Alla luce delle suesposte argomentazioni, l'appello del dott. Lo Voi deve essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sede di Roma n. 7353 del 21 maggio 2015, il ricorso di primo grado deve essere respinto.

Visto l'accoglimento dell'appello principale, che sancisce la legittimità dell'operato del CSM nel caso di specie, l'appello incidentale, proposto dal CSM e dal Ministero della Giustizia, può ritenersi assorbito.

Stante la complessità della vicenda contenziosa, sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione integrale delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così provvede:

- accoglie l'appello principale, come in epigrafe proposto, e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado;

- dichiara assorbito l'appello incidentale;

- spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.