Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 27 gennaio 2016, n. 1516

Presidente: Rovelli - Estensore: Bernabai

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 28 luglio 2005 il Sig. Corrado P. conveniva, dinanzi al Tribunale di Brindisi, il comune di Brindisi, per sentirlo condannare al pagamento dell'indennizzo da arricchimento senza causa, dipendente dall'attività professionale da lui svolta per la valutazione dei danni subiti da agricoltori in conseguenza di calamità atmosferiche.

Esponeva di aver ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento del compenso, opposto dal Comune e revocato con sentenza 27 gennaio 1997 del Tribunale di Brindisi; e che la successiva domanda di indebito arricchimento svolta in grado di appello era stata dichiarata inammissibile, per novità, dalla Corte d'appello di Lecce.

Dopo la costituzione in giudizio del Comune di Brindisi, che resisteva alla domanda, e la riunione del giudizio con altro, di contenuto analogo, introdotto dal sig. Francesco M., il Tribunale di Brindisi, con sentenza 31 agosto 2010, accoglieva la domanda proposta dal P. e condannava il comune di Brindisi al pagamento della somma di euro 130.000, oltre interessi, rivalutazione e spese di giudizio.

In accoglimento del successivo gravame, la Corte d'appello di Lecce, con sentenza 28 settembre 2012, dichiarava l'intervenuta prescrizione del diritto di credito del P. a titolo di arricchimento senza causa; con compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Motivava

- che non aveva efficacia interruttiva, nemmeno puntuale nel tempo, la notificazione della domanda di indennizzo per arricchimento senza causa proposta, nel precedente giudizio, solo in grado di appello e dichiarata inammissibile, per novità, ex art. 345 c.p.c.;

- che, in assenza di precedenti giurisprudenziali di legittimità in termini, si doveva ritenere inefficace a fini interruttivi, anche solo istantanei, ai sensi dell'art. 2943, primo e secondo comma, c.c., un atto inidoneo ad instaurare un processo, o ad introdurvi ritualmente, nel prosieguo, una domanda: quale, nella specie, un atto di appello, volto a promuovere un'impugnazione, nella quale non erano ammissibili domande nuove, e per di più, notificato al difensore, rappresentante solo tecnico della parte sostanziale, e non a quest'ultima, personalmente.

Avverso la sentenza, notificata il 15 maggio 2013, il sig. P. proponeva ricorso per cassazione, articolato in unico motivo e notificato l'11 luglio 2013.

Deduceva la violazione degli artt. 1219, 2943 e 2945 c.c., nonché dell'art. 170 c.p.c. per aver ritenuto inidoneo l'atto di appello a interrompere la prescrizione.

Resisteva con controricorso il comune di Brindisi.

La terza sezione civile, cui era stato assegnata la causa, ravvisando un contrasto giurisprudenziale nei precedenti arresti di legittimità, rimetteva il processo al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle sezioni unite.

Dopo il conforme provvedimento presidenziale, la causa passava in decisione, all'udienza dell'1 dicembre 2015, sulle conclusioni del P.G. e del difensore del comune di Brindisi, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

La norma di cui all'art. 2943, primo comma, c.c. stabilisce che la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio, nonché dalla domanda proposta nel corso di esso (ibidem, secondo comma).

Orbene, la domanda nuova - al di fuori dell'ipotesi della contumacia del convenuto, non pertinente al caso in esame - non può che essere notificata al difensore costituito (art. 170, primo comma, c.p.c.), sebbene questi sia solo un rappresentante in senso tecnico della parte sostanziale, nell'ambito del processo in corso. In tale ipotesi, la prescrizione non decorre, quindi, fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio (art. 2945, secondo comma, c.c.).

L'unica eccezione a tale ulteriore effetto, di natura sospensiva, è costituita dall'estinzione del processo, dovuta a comportamento inattivo della stessa parte; che, comunque, fa salvo l'effetto interruttivo istantaneo legato alla notificazione dell'atto di citazione.

La Corte d'appello di Lecce ha ritenuto, invece, di escludere entrambi gli effetti, considerando tamquam non esset la domanda proposta con l'atto d'appello, in quanto nuova, e perciò inammissibile. In tal modo, ha confuso, però, l'aspetto processuale dell'inammissibilità con quello sostanziale dell'interruzione della prescrizione.

Anche la domanda inammissibile, infatti, abbisogna di una pronunzia giudiziale, suscettibile di passaggio in giudicato formale: prima della quale, essa costringe la controparte a difendersi attivamente, palesando pienamente la volontà dell'attore di esercitare il diritto di credito.

Senza dire che, ove l'inammissibilità non fosse rilevata dal giudice, si creerebbe una vistosa contraddizione tra l'inidoneità astratta all'interruzione - che, secondo l'opinione qui criticata, andrebbe stabilita a priori, in considerazione dei vizi processuali dell'atto introduttivo del giudizio - e l'eventuale efficacia di un giudicato sostanziale, che evidentemente si sovrapporrebbe all'inidoneità genetica, sanandola ex post, ai fini interruttivi del decorso della prescrizione, proprio perché facit de albo nigrum.

Tanto più contraddittoria appare, poi, la negazione di alcun valore alla domanda nuova - sia pur preclusa, in linea di principio, in grado d'appello - significativa di una svalutazione della pronunzia del giudice che ne deve seguire, ove la si ponga a confronto con l'efficacia interruttiva dell'atto di citazione in un processo conclusosi con l'estinzione (e si deve intendere, con un'estinzione maturata in primo grado, giacché nei gradi successivi essa comporterebbe il passaggio in giudicato della sentenza impugnata).

Sembra illogico, infatti, assegnare un valore maggiore, sotto il profilo in esame, ad un'evenienza estintiva dovuta ad inerzia della parte - in astratto, sintomatica di disinteresse alla tutela processuale del diritto fatto valere in giudizio - che, nondimeno, lascia intatta l'efficacia interruttiva dell'atto di citazione.

Il ricorso è dunque fondato e va accolto; con rinvio alla Corte d'appello di Lecce, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese giudiziali della fase di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Lecce, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese della fase di legittimità.

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