Corte di cassazione
Sezione IV civile (lavoro)
Sentenza 5 febbraio 2016, n. 2322

Presidente: Roselli - Estensore: Esposito

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Busto Arsizio rigettava il ricorso con il quale Massimo R. aveva chiesto la dichiarazione d'illegittimità del licenziamento intimatogli il 21 giugno 2012, con condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno. Il R., dipendente di Air France con mansioni di "superviseur", qualifica AQS, inquadramento F3, in servizio presso l'aeroporto di Malpensa, era stato licenziato con lettera del 21 giugno 2012 nell'ambito della procedura di mobilità avviata dalla società.

2. Con sentenza del 29 ottobre 2013 la Corte d'Appello di Milano, adita a seguito di appello del R., accoglieva l'appello sul punto concernente la mancata contestualità tra la comunicazione di recesso al lavoratore e quella inviata agli organi competenti ex art. 4, comma 9, l. 223/1991. Riteneva la Corte che il requisito della contestualità, previsto a pena di inefficacia del licenziamento medesimo, non poteva che essere valutato, in una procedura temporalmente cadenzata in modo rigido e analitico e con termini molto ristretti, nel senso della necessaria ed ineliminabile contemporaneità delle due comunicazioni, salvi giustificati motivi di natura oggettiva, da comprovare ad opera del datore di lavoro. Nel caso di specie la comunicazione era trasmessa in data 28 giugno 2012, mentre il licenziamento era intimato il 21 giugno 2012, senza che la società avesse dedotto alcuna circostanza a giustificazione del ritardo.

3. La Corte riteneva, altresì, irrilevante la circostanza che la l. 92/2012, in vigore dal 18 luglio 2012, avesse indicato in sette giorni il termine entro il quale effettuare le comunicazioni, non avendo incidenza la suddetta modifica su fatti ad essa antecedenti.

4. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione Air France, affidato a due motivi. Resiste il R. con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato con sei motivi, a sua volta resistito con controricorso da Air France.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l'unico, articolato motivo di censura la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 24 l. 223/1991. Rileva che la lettera e la ragione della norma in analisi inducono a ritenere la comunicazione del licenziamento al singolo lavoratore e la comunicazione ex art. 4, comma 9, l. 223/1991 come aventi contenuti e finalità differenti. La prima infatti deve contenere solo la notizia del recesso, senza necessità né della motivazione, né dei dati che costituiscono il contenuto della seconda comunicazione. Ciò perché non ha una funzione di garanzia dei licenziamenti e dei criteri di scelta applicati dal datore di lavoro. Rileva che l'art. 4 citato, non specificando la misura cronologica della contestualità fra le comunicazioni, non esige che le stesse debbano essere effettuate lo stesso giorno, non dovendosi intendere contestualità come contemporaneità e che la fondatezza della tesi esposta poteva cogliersi anche alla luce delle modifiche dell'art. 4 per effetto della l. 92/2012 (che prevede la possibilità di effettuare la comunicazione entro 7 giorni dal licenziamento).

2. Disposta la riunione dei ricorsi, si evidenzia l'infondatezza del ricorso principale. Sulla questione in disamina la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di osservare che "in ordine, in particolare, al requisito della contestualità fra l'atto di recesso indirizzato ai lavoratori e la ulteriore comunicazione di cui sono destinatari gli uffici del lavoro e le associazioni di categoria, si è già chiarito, nella giurisprudenza di questa Corte, che nessuna comunicazione dei motivi viene prescritta con riguardo al singolo lavoratore, essendo sufficiente che il recesso venga operato tramite atto scritto, sicché solo attraverso le comunicazioni alle organizzazioni sindacali e agli altri soggetti istituzionali è reso possibile ai lavoratori interessati di conoscere in via indiretta le ragioni della loro collocazione in mobilità (v. ad es. Cass. n. 5578/2004; Cass. n. 1722/2009). Ne deriva che il riferimento alla "contestualità" delle comunicazioni intercetta, quale sua ratio, l'esigenza di rendere visibile, e quindi controllabile, dalle associazioni di categoria oltre che dagli uffici pubblici competenti, la corretta applicazione della procedura con riferimento ai criteri di scelta seguiti ai fini della collocazione in mobilità e che tale possibilità di controllo si pone quale indispensabile presupposto per la tutela giurisdizionale riconosciuta al singolo dipendente. Né ad escludere che la contestualità prescritta dalla norma sia in funzione anche della conoscibilità del corretto esercizio del potere da parte dei singoli dipendenti può valere la considerazione che la motivazione del recesso, nemmeno prescritta dalla l. n. 604 del 1966 nel caso di licenziamenti individuali, a maggior ragione non è configuratale in materia di licenziamenti collettivi, ove il lavoratore si trova in una situazione di minore debolezza contrattuale, per la presenza di penetranti controlli delle organizzazioni sindacali e degli uffici pubblici (così Cass. n. 4970/2006), dal momento che la tutela collettiva assicurata dalla procedimentalizzazione dei poteri dell'imprenditore non esclude certo, pur nell'ambito dei licenziamenti collettivi, la tutela individuale, rappresentando la comunicazione congiunta prevista dalla norma in esame uno specifico termine di collegamento fra il momento collettivo e quello individuale (Cass., Sez. I, n. 24341 del 2010). Da quanto osservato discende che nell'interpretazione della giurisprudenza di legittimità non trova spazio una nozione elastica del requisito della contestualità, poiché la stessa "contraddice la funzione di garanzia dei lavoratori licenziati attribuita alle comunicazioni da inviare alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro e si rileva incoerente con il disegno normativo contenuto nella l. n. 223 del 1991". Ne risultano esaltati i connotati di rigidità della procedura, con la conseguenza che "la riscontrata violazione determina di per sé, ai sensi della l. n. 223 del 1991, art. 5, comma 3, l'inefficacia del licenziamento" (Cass., Sez. I, n. 8680 del 29 aprile 2015, Rv. 635289).

3. Alla luce dei principi enunciati e della funzione di garanzia delle comunicazioni di cui all'art. 4, comma 9, l. 223/1991, come sopra delineata, risulta chiaro che la nozione di contestualità delle medesime deve essere intesa in senso proprio e rigoroso di sostanziale contemporaneità dell'esecuzione dei relativi adempimenti da parte del datore di lavoro, senza che possa assumere rilevanza lo ius superveniens citato dal ricorrente, operativo solo con riferimento ai licenziamenti intervenuti dopo l'entrata in vigore della l. 92/2012 e non applicabile retroattivamente.

4. Conseguentemente il ricorso deve essere integralmente rigettato. Il rigetto del ricorso principale determina l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale, e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione sostenute dal R., che liquida in Euro 100,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

A. Di Majo

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