Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 24 febbraio 2016, n. 743

Presidente: Severini - Estensore: Contessa

FATTO

In data 15 luglio 2009 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d'ora in poi: "l'AGCM" o: "l'Autorità appellante") ha avviato un'istruttoria, ai sensi dell'art. 14 della l. 10 ottobre 1990, n. 287 ("Norme per la tutela della concorrenza e del mercato"), per presunta violazione dell'art. 101, paragrafo 1, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea - TFUE (già art. 81, paragrafo 1, del Trattato CE) nei confronti - inter alia - delle società MasterCard Incorporated, MasterCard International e di alcune banche licenziatarie operanti nel settore dell'emissione delle carte di credito, fra cui l'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane s.p.a. (d'ora in poi: "l'ICBPI", appellato e appellante incidentale nel ricorso 9472/2011), la Unicredit s.p.a. (appellata nel ricorso 9476/2011), la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (d'ora in poi: "la BMPS", appellata nel ricorso 9480/2011) e la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. (d'ora in poi: "la BPL", appellata nel ricorso 9483/2011).

Il procedimento ha avuto ad oggetto la struttura e il funzionamento del circuito MasterCard e i contratti di licenza stipulati tra lo stesso circuito e i licenziatari i quali, nella tesi dell'Autorità appellante, configurerebbero sotto diversi aspetti fattispecie restrittive della concorrenza.

Nel corso dell'istruttoria, le società del gruppo MasterCard avevano fatto pervenire all'Autorità (dicembre 2009) una proposta di impegni ai sensi dell'art. 14-ter della l. 287 del 1990, ritenendo che l'eventuale accoglimento di tali impegni avrebbe potuto far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria.

Tuttavia, con provvedimento in data 22 dicembre 2009, l'Autorità rigettava gli impegni presentati, ritenendo che gli stessi non potessero ritenersi né idonei, né sufficienti a far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto di istruttoria, per come descritti nell'atto di avvio in data 15 luglio 2009.

In particolare, l'Autorità riteneva che l'inidoneità degli impegni in parola a far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto di indagine derivasse:

i) dal carattere temporalmente limitato degli impegni medesimi (con particolare riguardo alla proposta riduzione delle commissioni interbancarie multilaterali - MIF -);

ii) dal fatto che l'esistenza stessa degli impegni era stata condizionata dai proponenti al mancato esercizio, da parte loro, del diritto di recesso (diritto che, in base agli impegni proposti, avrebbe potuto essere esercitato - inter alia - nel caso in cui l'Autorità avesse concluso il procedimento istruttorio adottando misure che, "secondo il giudizio di MasterCard sono in contrasto con gli accordi di licenza tra MasterCard e le Banche o con le regole/procedure e/o pratiche di MasterCard");

iii) dal fatto che la riduzione proposta della misura delle commissioni interbancarie multilaterali non trovasse fondamento su un'analisi economica di efficienza del sistema.

L'atto di rigetto degli impegni veniva impugnato dalle società del gruppo MasterCard dinanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio (ricorso n. 2203/2010) il quale, con sentenza 16 novembre 2010, n. 33474, accoglieva il ricorso ed annullava l'atto reiettivo degli impegni.

La sentenza veniva impugnata in appello dall'AGCM (ricorso n. 97/2011) la quale ne chiedeva la riforma articolando plurimi motivi di doglianza.

Tuttavia, nelle more del giudizio avente ad oggetto il rigetto degli impegni, era stato già adottato il provvedimento sanzionatorio finale (3 novembre 2010) sul quale si incentra il presente giudizio e sui cui contenuti ci si soffermerà nel prosieguo.

Con sentenza 20 luglio 2011, n. 4393, questo Consiglio di Stato accoglieva il ricorso in appello n. 97/2011 e, in riforma della sentenza di primo grado n. 33474/2010, dichiarava inammissibile il ricorso proposto in primo grado avverso la delibera di rigetto degli impegni in data 22 dicembre 2009.

Ai fini della presente decisione è rilevante osservare che, con la sentenza da ultimo richiamata, questo Consiglio di Stato ebbe a stabilire (inter alia) che "anche a seguito dell'atto di rigetto degli impegni, non si consolida in capo ai soggetti proponenti alcun pregiudizio di carattere definitivo, non risultando l'atto idoneo a determinare un arresto procedimentale in senso proprio, ovvero ad incidere con carattere di irretrattabilità sugli esiti dell'istruttoria antitrust nel suo complesso, ovvero ancora a determinare in altro modo un'effettiva compressione delle posizioni giuridiche del soggetto proponente" (punto 5.1.3. della motivazione).

Come si è già anticipato, circa otto mesi prima che questo Consiglio di Stato si pronunciasse sul ricorso in appello relativo alla questione dell'autonoma impugnabilità della delibera di rigetto della proposta di impegni, l'AGCM aveva adottato il provvedimento sanzionatorio finale, impugnato in primo grado dall'ICBPI.

In particolare, all'esito del procedimento l'Autorità adottava il provvedimento sanzionatorio 3 novembre 2010, n. 21768 con il quale si deliberava:

- che la società MasterCard Inc., società holding del gruppo MasterCard, avesse posto in essere un'intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell'art. 101 del TFUE, avente per oggetto la definizione di una commissione interbancaria multilaterale (MIF) per l'Italia, attraverso la deliberazione di una associazione di imprese, che rappresenta una soglia minima comune a tutte le licenziatarie, senza alcuna giustificazione economica;

- che la società MasterCard Inc. e numerose le società licenziatarie (fra cui l'Istituto appellato) avessero posto in essere un fascio di intese verticali in violazione dell'art. 101 del TFUE, rappresentate dai contratti di licenza tra il circuito MasterCard e le singole banche, avente per oggetto il trasferimento della commissione interbancaria multilaterale (MIF) sulle merchant fee (MF), nonché l'applicazione di specifiche clausole che risultano ampliare la portata restrittiva di tale commissione nel mercato dell'acquiring (convenzionamento degli esercenti);

- che la società MasterCard Inc. dovesse astenersi per il futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell'infrazione accertata, in particolare dal mantenimento di una MIF specifica per l'Italia (MIF);

- di irrogare nei confronti delle società coinvolte (fra cui l'appellata società ICBPI) una sanzione pecuniaria.

Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale da tutte le parti coinvolte nel procedimento e il primo giudice, con le sentenze numm. 6177/2011 (ICBPI), 6169/2011 (Unicredit), 6172/2011 (BMPS) e 6174/2011 (BNL), ha accolto in parte i ricorsi e, per l'effetto, ha annullato:

- sia la delibera dell'Autorità in data 22 dicembre 2009, recante il rigetto delle proposte di impegni;

- sia il provvedimento sanzionatorio finale in data 3 novembre 2010.

Le sentenze sono state impugnate in appello dall'AGCM la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi.

Nel ricorso n. 9472/2011 si è costituito in giudizio l'ICBPI il quale ha concluso nel senso della reiezione dell'appello.

L'ICBPI ha altresì proposto appello incidentale con il quale ha chiesto la riforma della sentenza appellata per la parte in cui ha statuito che gli impegni proposti dalle parti avrebbero dovuto formare oggetto di "considerazione necessariamente unitaria (anche alla luce del logico condizionamento degli impegni MasterCard rispetto all'accoglimento degli impegni proposti dalle licenziatarie) (...)".

Nel ricorso n. 9476/2011 si è costituita in giudizio la Unicredit la quale ha concluso nel senso della reiezione dell'appello.

Nel ricorso n. 9480/2011 si è costituita in giudizio la MPS la quale ha concluso nel senso della reiezione dell'appello.

Nel ricorso n. 9483/2011 si è costituita in giudizio la BNL la quale ha concluso nel senso della reiezione dell'appello.

In tutti i richiamati ricorsi si è costituita in giudizio Sky Italia s.r.l. la quale ha concluso nel senso dell'accoglimento degli appelli.

Con quattro ordinanze adottate all'esito della pubblica udienza del 7 luglio 2015 (si tratta delle ordinanze numm. 3921/2015, 3923/2015, 3926/2015 e 3928/2015) la Sezione ha disposto incombenti istruttori a carico dell'Autorità, la quale vi ha ottemperato nei termini e secondo le modalità prescritte.

Alla pubblica udienza del 1° dicembre 2015 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

1. Giungono alla decisione del Collegio i ricorsi in appello proposti dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d'ora in poi: "l'Autorità appellante" o: "l'AGCM") avverso le sentenze del Tribunale amministrativo regionale del Lazio numm. 6177/2011 (ICBPI), 6169/2011 (Unicredit), 6172/2011 (BMPS) e 6174/2011 (BNL) con cui sono stati accolti i ricorsi proposti dai richiamati Istituti di credito e, per l'effetto, è stato annullato il provvedimento dell'Autorità 3 novembre 2010, n. 21768 con il quale si è deliberato:

- che la società MasterCard Inc., società holding del gruppo MasterCard, ha posto in essere un'intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell'art. 101 del TFUE, avente per oggetto la definizione di una commissione interbancaria multilaterale (MIF) per l'Italia, attraverso la deliberazione di una associazione di imprese, che rappresenta una soglia minima comune a tutte le licenziatarie, senza alcuna giustificazione economica;

- che la società MasterCard Inc. e numerose le società licenziatarie (fra cui l'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane s.p.a. - ICBPI, l'Unicredit, la BMPS e la BNL) hanno posto in essere un fascio di intese verticali in violazione dell'art. 101 del TFUE, rappresentate dai contratti di licenza tra il circuito MasterCard e le singole banche, avente per oggetto il trasferimento della commissione interbancaria multilaterale (MIF) sulle merchant fee (convenzioni a carico degli esercenti - MF), nonché l'applicazione di specifiche clausole che risultano ampliare la portata restrittiva di tale commissione nel mercato dell'acquiring (convenzionamento degli esercenti);

- che la società MasterCard Inc. debba astenersi per il futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell'infrazione accertata, in particolare dal mantenimento di una MIF specifica per l'Italia (MIF);

- di irrogare nei confronti delle società coinvolte una sanzione pecuniaria.

1.1. Gli appelli in epigrafe devono essere riuniti e decisi congiuntamente in quanto connessi per il profilo oggettivo e in parte per quello soggettivo.

2. Nelle sentenze di primo grado si richiama in via preliminare, riguardo la fase della proposta di impegni: i) che l'Autorità aveva rigettato gli impegni presentati da MasterCard con il provvedimento del 22 dicembre 2009 e che "anche gli impegni presentati dagli altri Istituti di credito interessati dal medesimo procedimento - quantunque diversamente atteggiati anche in relazione alla specificità della posizione al riguardo vantata dai singoli soggetti - venivano parimenti rigettati da AGCM"; ii) che tale determinazione di rigetto non era stata impugnata dai suddetti Istituti di credito in via autonoma, diversamente da quanto effettuato da MasterCard, e che, concluso il giudizio in primo grado con la già citata sentenza n. 33474 del 2010 di accoglimento del ricorso di MasterCard, è stato poi pubblicato il dispositivo di sentenza n. 2587 del 2 maggio 2011, di questa VI Sezione del Consiglio di Stato, sull'appello n. 97 del 2011 proposto dall'Autorità avverso la detta sentenza di primo grado n. 33474 del 2010; iii) che con il citato dispositivo di sentenza l'appello dell'Autorità era stato accolto e, per l'effetto, era stata annullata senza rinvio la sentenza n. 33474 del 2010 e dichiarato inammissibile il ricorso originario (la sentenza di questa Sezione, n. 4393 del 2011, recante le motivazioni dell'accoglimento dell'appello, è stata poi depositata il 20 luglio 2011); iv) che, ciò richiamato, la decisione oggetto del giudizio attuale riguarda la problematica "trasversale all'intero complesso dell'impugnative proposte avverso il provvedimento finale dell'Autorità in data 3 novembre 2010" della "rilevanza assunta dalla decisione" di rigetto degli impegni anche "ai fini (...) dell'adozione della conclusiva effusione procedimentale".

Nelle sentenze si afferma poi, in sintesi, quanto segue:

a) il rapporto di conseguenzialità tra il provvedimento sugli impegni e quello sanzionatorio sussiste soltanto se il primo è di rigetto, poiché quello di accoglimento comporta la chiusura del procedimento senza accertare l'infrazione (art. 14-ter, comma 1, della l. n. 287 del 1990);

b) l'invalidità derivata del provvedimento sanzionatorio per vizi di quello di rigetto degli impegni è in termini di effetto viziante e non caducante (comportando il provvedimento sanzionatorio nuove valutazioni di interessi);

c) si devono trattare le questioni proposte riguardo il provvedimento di rigetto degli impegni, ritenuto che i ricorsi e motivi aggiunti hanno avuto per oggetto tale provvedimento insieme con quello sanzionatorio e che il Consiglio di Stato (nella decisione sull'appello n. 97 del 2011) non ha trattato tali questioni essendosi limitato alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi;

d) la decisione sugli impegni è caratterizzata da un'ampia discrezionalità; nondimeno deve essere informata al principio di proporzionalità (come esplicitato in sede europea dal Tribunale di primo grado nella sentenza dell'11 luglio 2007 - Alrosa/Commissione), dovendo l'istituzione dimostrare l'effettività delle preoccupazioni concorrenziali che hanno fatto ritenere l'applicazione degli artt. 101 e 102 TFUE, e perciò l'imposizione degli impegni, sulla base di una sufficiente analisi del mercato e di identificazione dell'infrazione, ed essere valutata l'idoneità della misura rispetto allo scopo perseguito;

e) nell'ambito di tale delimitazione della discrezionalità il provvedimento di rigetto degli impegni all'esame è da censurare per scorretto esercizio del potere, poiché l'Autorità: non ha considerato unitariamente gli impegni proposti da MasterCard e dai licenziatari, mentre la fissazione del MIF da parte della prima condiziona il sistema e con ciò l'operatività dei secondi; ha ritenuto gli impegni inidonei perché temporanei mentre, da un lato, ciò è coerente con la normativa europea e nazionale (art. 9 del Regolamento CE n. 1 del 2003, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 101 e 102 del Trattato, e art. 14-ter della l. n. 287 del 1990) e, soprattutto, si sarebbe dovuto attendere l'esito di analogo procedimento in atto a livello europeo a seguito di una contestazione della Commissione a MasterCard (con l'adozione di un Interim Agreement e un giudizio in corso presso il Tribunale di primo grado); l'istruttoria è stata inadeguata poiché, a fronte della criticità di profili degli impegni, non è stato chiesto ai soggetti del sistema (MasterCard e licenziatari) di fornire elementi valutativi sulla "condotta analisi economica di efficienza del sistema in un'ottica pro-competitiva" per chiarire il percorso logico-argomentativo che ha portato alla connotazione degli impegni.

Il provvedimento è quindi illegittimo, conclude il Tribunale, poiché, esclusa la sindacabilità nel merito delle scelte di AGCM, "le censure appuntate avverso il profilo motivazionale all'esame meritano accoglimento" esclusivamente con riferimento alla riscontrata inadeguatezza istruttoria.

"Nei limiti indicati in motivazione" i ricorsi sono di conseguenza dichiarati fondati, con l'annullamento "nei limiti medesimi" della decisione di rigetto degli impegni e quindi anche "derivativamente" del provvedimento sanzionatorio.

3. Con gli appelli in epigrafe, richiamato che le sentenze hanno riguardato soltanto il provvedimento di rigetto degli impegni e che questo era stato espressamente impugnato soltanto da MasterCard, si deduce quanto segue.

3.1. L'AGCM contesta anzitutto la fondatezza della statuizione della illegittimità del provvedimento sanzionatorio come direttamente derivata da quella affermata per il provvedimento di rigetto degli impegni.

Il primo giudice ha così attribuito all'invalidità dell'atto anteriore, si deduce, un effetto caducante di quello successivo e non viziante, come ha invece sostenuto, poiché non ha esaminato gli effetti sul secondo dei vizi del primo. Affermata infatti la mancanza di un nesso di presupposizione necessaria tra gli atti, avrebbe dovuto accertare non soltanto l'invalidità del provvedimento di rigetto degli impegni ma anche (ciò che non ha fatto) l'effettiva connessione in concreto tra questo e il provvedimento sanzionatorio e l'idoneità dell'invalidità del primo a determinare quella del secondo, tenuto conto che un vizio è invalidante del procedimento amministrativo, e quindi del provvedimento finale, se i suoi effetti di dimostrano sostanziali, cioè quando, mancando il vizio, il procedimento si sarebbe concluso diversamente, secondo quanto previsto con la dequotazione dei vizi formali con l'art. 21-octies della l. 7 agosto 1990, n. 241 (comma 2, primo periodo).

Nella specie tale connessione tra i due provvedimenti non si riscontra vertendo, quello anteriore, sull'impossibilità di accogliere gli impegni, poiché ritenuti condizionati e temporanei e, quello finale, sulla valutazione di anticoncorrenzialità delle condotte delle parti.

3.2. Il sindacato del primo giudice ha invaso l'ambito della discrezionalità proprio della decisione sugli impegni con una lettura strumentale del vizio dell'eccesso di potere, dovendosi anche segnalare che la citata sentenza del Tribunale di primo grado (Alrosa/Commissione) è stata annullata dalla Corte di giustizia, ritenendo la valutazione degli impegni fatta nella specie dal Tribunale illegittimamente sostitutiva di quella della Commissione, e dovendosi altresì osservare che il principio di proporzionalità rileva per le decisioni di accoglimento e non per quelle di rigetto degli impegni.

3.3. Riguardo le censure del primo giudice ai motivi del rigetto degli impegni l'Autorità deduce quanto segue.

3.3.1. Sulla temporaneità degli impegni rileva che:

a) è stato censurato soltanto il motivo del carattere temporaneo degli impegni di MasterCard ma non quello del loro carattere condizionato, restando perciò il provvedimento legittimo anche su questa sola base;

b) non sussistono i presupposti di cui all'art. 16, comma 2, del Regolamento CE n. 1 del 2003 necessari perché l'Autorità sia obbligata a conformarsi al sopra citato Interim Agreement, non essendovi l'identità della fattispecie, poiché l'Interim Agreement riguarda le commissioni transfrontaliere e il procedimento in causa quelle sulle transazioni in Italia, non recando la decisione sugli impegni alcun accertamento di infrazione (eventualmente contrastante con un accertamento della Commissione), né essendo l'Interim Agreement una decisione della Commissione ai sensi del Regolamento ma un accordo provvisorio;

c) gli impegni possono essere temporanei ma correttamente l'Autorità ne ha ritenuto l'insufficienza avendone MasterCard vincolato la durata alla pronuncia del Tribunale di primo grado, con la conseguente successiva riemersione dei problemi concorrenziali; né è prevista dall'ordinamento la sospensione del procedimento con l'accoglimento di impegni temporanei con la conseguente incertezza quanto all'esito del procedimento e sul mercato.

3.3.2. Sulla valutazione di efficienza economica del sistema si rileva che: MasterCard non ha mai fornito all'Autorità le delucidazioni richieste sulle giustificazioni economiche della riduzione del MIF; la richiesta di chiarimenti alle imprese proponenti non è un adempimento procedurale previsto per la valutazione degli impegni dandosi luogo, altrimenti, a una non consentita forma di contrattazione; la non rispondenza ad un'analisi economica di efficienza delle motivazioni degli impegni di MasterCard di riduzione del MIF è stata indicata dall'Autorità in termini assertivi e non lamentando la mancata dimostrazione dei relativi guadagni di efficienza, ciò che fa configurare la censura di una tale motivazione quale illegittima interferenza in una valutazione tecnica; gli impegni proposti da MasterCard risultano chiaramente volti a non vincolarsi verso l'Autorità, in quanto temporanei, né verso il mercato, poiché non chiariti rispetto alle relazioni tra le MIF vigenti e i costi sostenuti nel circuito.

3.4 L'Autorità appellante, con la memoria integrativa depositata il 19 giugno 2015, ha poi richiamato: a) la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea intervenuta nel frattempo (11 settembre 2014) sul giudizio C-382/12P, instaurato da MasterCard avverso la decisione della Commissione in materia di MIF transfrontaliere, ritenuta rilevante per il caso in esame, con cui, si deduce, è stato riconosciuto che il circuito MasterCard è "associazione di imprese", che le commissioni interbancarie non sono necessarie e che la fissazione del MIF ha effetti restrittivi della concorrenza; b) il recente Regolamento UE n. 2015/751 sulle MIF con cui è stato introdotto un massimale uniforme delle commissioni interbancarie, essendo stati rilevati l'incidenza preminente delle MIF sulla MF (Merchant Fee o commissione a carico degli esercenti) e il conseguente effetto negativo sui prezzi finali se non fissate a livello inferiore o inesistenti; a conferma, con ciò, della correttezza della valutazione dell'Autorità sulla mancanza di analisi economiche specifiche, non spettanti all'Autorità, per la determinazione delle MIF sul mercato italiano.

4. La ICBPI s.p.a. (appello n. 9472 del 2011), precisato di avere impugnato espressamente in primo grado il provvedimento di rigetto degli impegni del 22 dicembre 2009 e contestati i motivi di appello, ha proposto appello incidentale avverso la sentenza di primo grado per non esservi stati valutati autonomamente gli impegni proposti da ICPBI, che sono invece sufficienti a superare i dubbi dell'Autorità poiché idonei a neutralizzare i relativi, presunti profili di anticoncorrenzialità, a rendere più trasparente l'andamento delle MIF, tramite adeguate informazioni ai clienti, con l'ulteriore impegno ad applicare MF (Merchant Fees o commissioni a carico degli esercenti) distinte per i diversi circuiti di carte di pagamento.

Ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a. sono quindi riproposti i motivi non esaminati in primo grado così come fatto in via subordinata, con le rispettive memorie, dalle banche Unicredit (appello n. 9476 del 2011), Monte dei Paschi di Siena (appello n. 9480 del 2011) e Banca Nazionale del Lavoro (appello n. 9483 del 2011) anche queste precisando, al contempo, di avere contestualmente impugnato il provvedimento di rigetto degli impegni.

5. Gli appelli principali devono essere respinti, anche se l'infondatezza delle tesi esposte dall'Autorità emerge da ragioni diverse da quelle esposte nell'ambito delle sentenze impugnate (le quali, al contrario, meritano sul punto di essere puntualmente riformate).

5.1. Iniziando l'esame della res controversa da tale ultimo aspetto, il Collegio osserva che le sentenze in epigrafe non possano essere condivise per la parte in cui affermano: i) l'erroneità delle determinazioni dell'Autorità con le quali è stato disposto il rigetto degli impegni proposti ai sensi dell'art. 14-ter della l. 287 del 1990; ii) l'efficacia solo viziante che la (presunta) illegittimità del provvedimento di rigetto degli impegni sarebbe idonea a sortire sulla determinazione sanzionatoria finale.

Secondo il Collegio, al contrario, il provvedimento di rigetto degli impegni proposti nel corso del procedimento risulta esente dai vizi rubricati, stante l'inidoneità di tali impegni a far venir meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria.

Invece, le determinazioni sanzionatorie finali adottate dall'Autorità risultano viziate per gli ulteriori e diversi profili di difetto di istruttoria e di motivazione sulla cui consistenza ci si soffermerà nel prosieguo della presente decisione.

5.1.1. Prendendo le mosse dal primo dei richiamati aspetti si osserva che tra i due provvedimenti dinanzi richiamati (di rigetto degli impegni e sanzionatorio) non sussiste il nesso di conseguenzialità sostanzialmente automatica da cui scaturisce l'effetto caducante, che si ha quando l'atto successivo si pone come conseguenza inevitabile dell'atto anteriore senza la necessità di nuove valutazioni di interessi (da ultimo: C.d.S., V, 26 maggio 2015, n. 2611), poiché, come pure affermato dal primo giudice, mentre l'accoglimento degli impegni produce l'arresto del procedimento, dal loro rigetto consegue soltanto la prosecuzione dello stesso "il cui esito, peraltro, è suscettibile di difforme configurazione, in presenza della molteplicità di conclusioni alle quali l'Autorità può astrattamente pervenire una volta percorso l'intero iter valutativo in ordine alla posizione assoggettata ad indagine antitrust"; scaturendo quindi il provvedimento finale da nuove e autonome valutazioni di interessi.

Ciò in quanto, come chiarito nella citata sentenza di questa Sezione n. 4393 del 2011, "l'esame svolto dall'Autorità in relazione alle proposte di impegni verte su un aspetto - per così dire - 'teleologico', incentrandosi sull'idoneità delle misure proposte a rimuovere i profili anticoncorrenziali oggetto di indagine, mentre, l'esame svolto ai fini delle determinazioni sanzionatorie conclusive verte su un aspetto - per così dire - 'finale e sostanziale' (ossia, la sussistenza o meno dell'illecito antitrust in quanto tale); sussistendo quindi tra i due atti un nesso di connessione oggettiva ma non di presupposizione necessaria". Resta ferma comunque - come ancora affermato da questo giudice di appello - la possibilità di far valere i vizi della fase di esame degli impegni "in sede di impugnazione del provvedimento finale della serie procedimentale e ritenendo che le eventuali illegittimità inerenti la fase dell'esame degli impegni siano idonee a riverberarsi con effetto viziante su quest'ultimo (con esclusione delle violazioni di carattere meramente procedimentale, inidonee in quanto tali a determinare un diverso esito del procedimento e, in via mediata, un contenuto provvedimentale di carattere diverso)".

La Sezione ha in tal modo confermato che, nel caso dell'invalidità viziante, l'idoneità dei vizi dell'atto anteriore a invalidare quello successivo non è automatica e deve essere perciò riscontrata in relazione al caso concreto.

Tanto considerato ne consegue l'erroneità delle sentenze impugnate in quanto, ritenuta in esse correttamente la mancanza del nesso di conseguenzialità necessaria tra i due atti e valutata l'invalidità del primo, si è affermata, contraddittoriamente, l'invalidità derivata del secondo senza alcun effettivo esame in ordine all'asserito effetto invalidante.

In definitiva, le sentenze in epigrafe appaiono viziate da un'insanabile contraddizione fra

- (da un lato) la premessa concettuale - condivisibile - secondo cui l'eventuale vizio del provvedimento di rigetto degli impegni proposti è idoneo a riverberarsi con effetto solo viziante (ma non direttamente caducante) sul provvedimento sanzionatorio finale e

- (dall'altro) la statuizione resa sul caso concreto dal primo giudice il quale ha pronunciato l'annullamento dei provvedimenti sanzionatori finali quale effetto sostanzialmente diretto del ritenuto vizio del rigetto degli impegni, senza esporre in concreto le ragioni per cui il ritenuto vizio dell'atto anteriore (il rigetto degli impegni) avrebbe in concreto viziato le determinazioni poste a supporto del provvedimento sanzionatorio finale.

5.1.2. Né si può ritenere fondato l'argomento secondo cui i vizi accertati dell'atto anteriore sarebbero di natura tale per cui gli impegni avrebbero dovuto necessariamente essere accolti, impedendo ciò l'emanazione del provvedimento finale, e perciò con effetto determinante sulla prosecuzione del procedimento. Allo stesso modo non può essere condivisa la tesi secondo cui i richiamati vizi sarebbero tali da incidere in modo univoco sull'accertamento negativo dell'infrazione, e quindi tali da determinante in modo sostanzialmente vincolato il contenuto del provvedimento finale.

Ciò potrebbe essere considerato se l'invalidità del provvedimento di rigetto degli impegni fosse stata motivata per ragioni di merito, laddove - tuttavia - il primo giudice ha puntualmente chiarito di avere escluso la sindacabilità nel merito delle scelte dell'Autorità e di avere limitato l'esame al profilo motivazionale del provvedimento, essenzialmente considerato rispetto all'adeguatezza dell'istruttoria, restando di conseguenza ipotizzabile il riesercizio motivato del potere con la possibilità di un diverso ma anche di un analogo esito decisionale.

Questa conclusione è avvalorata dalle affermazioni fatte dal primo giudice nella sentenza n. 33474 del 2010, le cui argomentazioni sul provvedimento di rigetto degli impegni sono riprese nelle sentenze di primo grado qui all'esame: nella sentenza n. 33474 del 2010 si precisa infatti che a seguito dell'annullamento in parte qua dell'impugnata delibera sugli impegni, l'Autorità procedente dovrà "nuovamente valutare se gli impegni proposti siano satisfattivi al fine di eliminare i profili anticoncorrenziali in relazione ai quali è stato avviato il procedimento, nel qual caso la delibera del 22 dicembre 2009, per come emendata dalle parti illegittime, rimarrà vincolante per la ricorrente ed il procedimento sarà suscettibile di chiusura senza l'accertamento di alcuna infrazione", chiarendo così il carattere non vincolato del riesercizio del potere in quanto basato su una nuova valutazione, venendo nel dispositivo della sentenza, di conseguenza, "riservate alla competente Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato le successive e conseguenziali determinazioni".

L'esame del provvedimento di rigetto degli impegni mostra poi che esso non è in alcun modo motivato in relazione all'accertamento delle infrazioni ma soltanto per ragioni attinenti alla tipologia degli impegni, con riguardo (per MasterCard) alla loro temporaneità e in quanto condizionati e non basati su un'analisi economica di efficienza e (per i licenziatari) alla loro attuazione non duratura e non facile verificabilità.

5.2. Sono anche da accogliere i motivi sintetizzati sopra sub 3.2. e 3.3. per le ragioni che seguono.

5.2.1. Non risulta anzitutto che nella specie l'Autorità abbia applicato il principio di proporzionalità in contrasto con quanto sancito al riguardo dal diritto eurounitario.

Sull'applicazione del principio di proporzionalità la Corte di Giustizia, nella sentenza resa sull'impugnazione della Commissione della citata sentenza Alrosa/Commissione (Grande Sezione, 29 giugno 2010, C-441/07 P), ha chiarito che si tratta di principio generale che costituisce parametro per valutare la legittimità di qualsiasi atto delle istituzioni dell'Unione, incluse le decisioni della Commissione nella sua qualità di autorità garante della concorrenza al livello UE, ma che l'obbligo di osservarlo ha una portata e un contenuto diversi a seconda che sia considerato nel contesto degli artt. 7 e 9 del Regolamento n. 1 del 2003 relativi, il primo, alla constatazione ed eliminazione delle infrazioni, il secondo alla decisione di rendere obbligatori gli impegni proposti dalle imprese; ciò in quanto "le imprese che propongono impegni in base all'articolo 9 del regolamento n. 1/2003 accettano coscientemente che le loro concessioni possano eccedere quanto potrebbe imporre loro la Commissione stessa in una decisione che essa dovesse adottare conformemente all'articolo 7 di tale regolamento a seguito di un'inchiesta approfondita. Per contro, la conclusione del procedimento d'infrazione avviato nei confronti di tali imprese consente loro di evitare la constatazione di una violazione del diritto della concorrenza e l'eventuale irrogazione di un'ammenda".

Su questa base la Corte di Giustizia, nell'individuare il margine discrezionale della Commissione nell'ambito dell'accettazione degli impegni, ha precisato che "atteso che la Commissione non è tenuta a cercare essa stessa alternative meno onerose o più moderate agli impegni sottopostile (...), l'unico obbligo ad essa incombente nel caso di specie, relativamente alla proporzionalità degli impegni, era di verificare se gli impegni congiunti, proposti nell'ambito del procedimento avviato ex articolo 81 CE, fossero sufficienti a rispondere alle preoccupazioni da essa identificate nell'ambito del procedimento avviato ex articolo 82 CE".

Nel caso di specie l'Autorità ha correttamente applicato il principio di proporzionalità essendosi limitata a verificare la rispondenza degli impegni proposti alle preoccupazioni da essa identificate nel procedimento, con la motivata conclusione della loro non rispondenza che è tra gli esiti possibili della verifica stessa.

Né, si soggiunge, il giudizio di non rispondenza appare nella specie inficiato da palese illogicità, assoluta opinabilità, non veridicità dei fatti addotti ovvero errori manifesti, unici vizi sindacabili dal giudice dell'ampia "discrezionalità economica" che l'Autorità esercita nelle materie in considerazione (in tal senso: C.d.S., VI, sent. 2479 del 2015; id., VI, sent. 4773 del 2014).

5.2.2. Inoltre (e si tratta di una notazione del tutto dirimente ai fini del decidere), lo stesso primo giudice ha rilevato la correttezza del provvedimento di rigetto degli impegni proposti da MasterCard in ragione del loro carattere condizionato (e infatti, MasterCard si era riservata il diritto di recedere da tali impegni - inter alia - nel caso di mancato gradimento degli impegni presentati dalle altre parti del procedimento). A loro volta, le proposte di impegni presentate dalle banche licenziatarie risultavano strettamente condizionate alla sussistenza degli impegni assunti - per così dire: "a monte" - da MasterCard.

Tuttavia, invece di desumere da tele circostanza l'infondatezza in parte qua del ricorso avverso il rigetto degli impegni, il primo giudice ha comunque ritenuto (e in modo non condivisibile) di poter dichiarare l'illegittimità del provvedimento di rigetto.

5.3. Ferma restando, quindi, la correttezza della deduzione svolta in appello sulla legittimità del rigetto degli impegni di MasterCard anche per il solo motivo del loro carattere condizionato (in quanto non censurato, ma anzi condiviso dal primo giudice) si deve altresì rilevare che la temporaneità degli impegni è consentita ma non imposta dall'art. 9 del Regolamento n. 1 del 2003, non essendo irragionevole valutare non rispondenti impegni legati all'esito di una pronuncia giurisdizionale non definitiva e non essendo contemplata, per effetto della loro temporaneità, la connessa ipotesi della sospensione del procedimento, che può soltanto proseguire se gli impegni siano rigettati o essere chiuso se accolti. L'Interim Agreement tra MasterCard e la Commissione europea dell'1 aprile 2009 ha avuto per oggetto le MIF sulle transazioni transfontaliere ("interchange fees for cross-border consumer payments within the European Economic Area"), e perciò una questione non coincidente con quella esaminata dall'Autorità, non apparendo inoltre un tale accordo provvisorio rapportabile all'atto formale della "decisione" della Commissione, conclusiva di un procedimento, rispetto al quale l'Autorità nazionale non può decidere in contrasto ai sensi dell'art. 16 del Regolamento ed essendo stata poi definita la vicenda, comunque, con la già citata sentenza della Corte di Giustizia dell'11 settembre 2014.

Infine, l'affermazione dell'Autorità sull'assenza di analisi economica di efficienza della riduzione delle MIF proposta con gli impegni non eccede dal perimetro della ragionevole valutazione di non rispondenza degli stessi alle preoccupazioni espresse, in relazione alla giustificazione economica dell'impegno proposto per l'assoluta mancanza di "valutazioni costi/benefici e comparazioni tra i mezzi di pagamento"; per la mancanza, cioè, di un presupposto logico essenziale per il giudizio di idoneità dell'impegno formalmente proposto.

5.3.1. Le ragioni appena esposte (erroneità delle sentenze impugnate per la parte in cui hanno ritenuto illegittimo il rigetto degli impegni e ne hanno fatto conseguire altrettanto illegittimamente la sostanziale caducazione del provvedimento sanzionatorio finale) esimono il Collegio dall'esame puntuale del primo dei motivi di ricorso articolato dall'AGCM (con tale motivo l'Autorità ha chiesto la riforma delle sentenze in epigrafe per non avere ICBPI, Unicredit, BMPS e BNL impugnato la delibera di rigetto degli impegni, la cui presunta illegittimità è stata ritenuta dal T.A.R. dirimente ai fini del decidere).

5.3.2. Le richiamate ragioni esimono altresì il Collegio dall'esame puntuale del secondo motivo del ricorso principale (con il motivo in questione l'Autorità ha chiesto la riforma delle sentenze in oggetto per avere il primo giudice contraddittoriamente enunciato la tesi dell'invalidità meramente viziante, finendo poi per riconoscere valenza di fatto caducante alle ritenute illegittimità della delibera di rigetto degli impegni - sul punto, v. anche retro, sub 5.1.1. -).

5.3.3. Le medesime ragioni esauriscono altresì la disamina del quarto motivo del ricorso principale (con il motivo in questione l'Autorità ha chiesto la riforma delle sentenze di primo grado per avere il primo giudice annullato il provvedimento di rigetto degli impegni ritenendo non condivisibili le argomentazioni svolte in ordine alla natura temporanea degli impegni proposti e in ordine alle valutazioni di efficienza sottese alla determinazione del livello della MIF).

5.4. Concludendo sul punto, le sentenze in epigrafe devono essere riformate per avere il primo giudice erroneamente fatto discendere l'annullamento della determinazione sanzionatoria finale da presunti vizi inficianti il provvedimento di rigetto degli impegni, senza avvedersi: i) che non risultavano ragioni persuasive atte a ritenere che la presunta illegittimità del rigetto degli impegni potesse riverberarsi sic et simpliciter sulla determinazione sanzionatoria finale; ii) che - più in radice - il provvedimento di rigetto degli impegni risultava giustificato in ragione del carattere temporaneo e condizionato degli impegni proposti, sì da rendere attendibile un giudizio di inidoneità di tali impegni a far venir meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria.

6. L'appello incidentale proposto della Banca ICPBI (appello n. 9472 del 2011) è inammissibile per carenza di interesse prima ancora che infondato.

6.1. Con esso infatti si impugna la sentenza n. 6177 del 2011 pronunciata sul ricorso che l'Istituto aveva espressamente rivolto anche avverso il provvedimento di rigetto degli impegni; ne consegue che la ricorrente non riceverebbe alcun diverso o ulteriore vantaggio dall'accoglimento dell'appello incidentale considerato che la detta sentenza, ritenuto il generale vizio dell'inadeguatezza dell'istruttoria, ha annullato il provvedimento di rigetto riguardante unitariamente gli impegni proposti da tutti i soggetti del sistema e, perciò, anche quelli presentati dalla ricorrente, che ha così avuto integrale soddisfazione della pretesa azionata.

6.2. Ad ogni modo l'appello incidentale è altresì infondato.

L'appellante incidentale richiama il passaggio della sentenza di primo grado n. 9472 del 2011 con cui è stato sottolineato l'obiettivo collegamento esistente fra gli impegni proposti da MasterCard e quelli assunti dalle banche licenziatarie (in particolare, ICBPI).

Vero è - sostiene l'appellante incidentale - che il richiamato collegamento (e il conseguente reciproco condizionamento) non poteva essere del tutto disatteso dall'Autorità in sede di complessiva valutazione circa l'idoneità degli impegni a far venir meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria, ma è anche vero che gravava comunque sull'AGCM l'onere di esaminare gli impegni proposti da ICBPI e l'idoneità degli stessi a neutralizzare i presunti profili di anticoncorrenzialità delle condotte contestate.

Il motivo, nel suo complesso, non può trovare accoglimento per la dirimente ragione che gli impegni proposti da ICBPI non erano ex se idonei ad elidere le contestate condotte anticoncorrenziali, ma presentavano aspetti di inscindibile condizionamento con quelli proposti (o attesi) da parte di MasterCard, sì da giustificare - in quanto congrua e non irragionevole - la cumulativa (e negativa) determinazione assunta nel dicembre del 2009 dall'Autorità, la quale ha ritenuto l'inidoneità di tali impegni a far venire meno gli effetti delle condotte anticoncorrenziali contestate.

Più in particolare, si osserva che l'impegno di ICBPI di ridurre le proprie Merchant Fees (MF o commissioni a carico degli esercenti) non era incondizionato, ma era a sua volta subordinato al fatto che MasterCard riducesse a propria volta il livello delle MIF (Commissioni Interbancarie Multilaterali).

Ne consegue che, una volta ritenuto dall'Autorità (e in modo congruo e non irragionevole) che l'impegno - condizionato - proposto da MasterCard non fosse idoneo ad eliminare i contestati profili anticoncorrenziali, conseguentemente non potevano essere autonomamente esaminati e positivamente valutati neppure gli impegni proposti da ICBPI, in quanto tali impegni risultavano altresì connessi - e in modo inscindibile - a quelli assunti da MasterCard.

In definitiva, l'appello incidentale di ICBPI non può trovare accoglimento in quanto non può essere condiviso il presupposto logico che ne supporta l'articolazione (i.e.: il potere/dovere in capo all'Autorità di esaminare tali impegni in modo distinto rispetto a quelli proposti da MasterCard).

7. Devono a questo punto essere esaminati i motivi di ricorso già proposti dalle originarie ricorrenti ICBPI, Unicredit, BMPS e BNL avverso il provvedimento sanzionatorio finale in data 3 novembre 2010 e qui riproposti ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a. (ed infatti il primo giudice non aveva esaminato tali motivi avendo ritenuto dirimente ai fini del decidere l'effetto viziante - rectius: caducante - sortito dal provvedimento di rigetto degli impegni sul provvedimento sanzionatorio finale).

Appare infatti necessario che la complessa res controversa sia definita nel merito (attraverso il vaglio circa l'intrinseca legittimità del provvedimento sanzionatorio del novembre 2010), superando l'approccio che ha ispirato le sentenze in epigrafe, il cui tratto comune è rappresentato dall'annullamento del provvedimento per presunti vizi afferenti il prodromico rigetto degli impegni e dal ritenuto effetto viziante (rectius: caducante) che tali vizi avrebbero sortito sul provvedimento sanzionatorio finale.

7.1. I motivi riproposti nella presente sede di appello dalla ICBPI, dalla Unicredit, dalla BMPS e dalla BNL sono fondati nei termini che seguono.

8. In primo luogo è fondato il motivo qui riproposto con cui le banche licenziatarie appellate hanno lamentato (sia pure con declinazioni in parte diverse) il sostanziale difetto di istruttoria e di motivazione posto a fondamento dell'affermazione secondo cui sia la determinazione del livello della MIF nazionale, sia il contenuto dei contratti di licenza fra il circuito MasterCard e le proprie licenziatarie si porrebbero in contrasto con le previsioni di cui all'art. 101 del TFUE.

Per quanto riguarda in particolare la determinazione della MIF per l'Italia nell'ambito del circuito MasterCard, l'Autorità ha statuito in particolare (punti 309 e 310 del provvedimento sanzionatorio) che la determinazione di tale commissione da parte del circuito MasterCard (il quale è configurabile come "associazione di imprese") costituirebbe un'intesa restrittiva della concorrenza in quanto il meccanismo di corresponsione così delineato renderebbe più incentivante la diffusione del circuito MasterCard, "avendo quest'ultimo MIF più elevate rispetto agli altri circuiti".

Per quanto riguarda il secondo aspetto l'Autorità ha ritenuto (in particolare: al punto 311 e seguenti del provvedimento impugnato in primo grado) che attraverso i contratti di licenza fra il circuito Mastercard e le banche licenziatarie si realizzerebbero: i) il trasferimento dell'importo della MIF (commissione interbancaria multilaterale) dalle banche licenziatarie sulla Merchant Fee (commissione a carico degli esercenti); ii) la realizzazione di condotte idonee ad amplificare l'impatto delle commissioni interbancarie, garantendone l'applicazione in assenza di rischi competitivi in vantaggio delle stesse licenziatarie del circuito.

Secondo l'Autorità, infatti, esisterebbe un nesso causale diretto fra:

- (da un lato) le condotte delle singole banche acquirer (convenzionatrici) nei rapporti con gli esercenti convenzionati e

- (dall'altro) il contenuto dei contratti di licenza fra le banche in questione e il circuito MasterCard.

In particolare, le banche convenzionatrici non solo fisserebbero la Merchant Fee (commissione a carico dell'esercente) a un livello tale da far gravare per intero l'onere della MIF sull'esercente stesso, ma inoltre includerebbero nei contratti di convenzionamento talune clausole omogenee (i.e.: imposte da tutte le banche in questione a tutti gli esercizi convenzionati) la cui finalità ultima sarebbe quella di non mettere in concorrenza circuiti diversi e di garantire la massima possibile diffusione per il circuito MasterCard, caratterizzato dalla MIF più elevata (fra le clausole in questione si citano, in particolare: a) quelle volte a fissare Merchant Fees non differenziate per le transazioni cc.dd. "on-us" e in circolarità; b) la clausola c.d. di "blending"; c) la c.d. "Non Discrimination Rule" e d) la c.d. "Honour All Cards Rule").

8.1. Pertanto, uno dei presupposti logici fondanti dell'intero costrutto argomentativo ordito dall'Autorità è rappresentato dal livello comparativamente elevato della MIF fissata da MasterCard al livello nazionale.

Tale presupposto (che individuerebbe una sorta di "comune movente" idoneo a spiegare le condotte dei diversi attori coinvolti nella contestata intesa) sorregge di fatto entrambi i pilastri argomentativi su cui si fonda il provvedimento impugnato in primo grado:

- sia quello secondo cui la definizione della MIF nazionale da parte del circuito MasterCard (inteso come associazione di imprese) rappresenterebbe un'intesa restrittiva poiché mirerebbe alla massima possibile diffusione dello stesso circuito (in quanto caratterizzato, appunto, da livelli comparativamente più elevati della MIF);

- sia quello secondo cui l'insieme dei contratti di licenza stipulati fra il circuito e i propri licenziatari acquirer (convenzionatori) configurerebbe un fascio di intese verticali violative della concorrenza, poiché la struttura complessiva di tali contratti (e dei contratti di convenzionamento a valle) risulterebbe finalizzata all'obiettivo di non mettere in concorrenza i diversi circuiti, ma - soprattutto - di assicurare la massima diffusione del circuito MasterCard, più vantaggioso per i licenziatari in quanto caratterizzato da livelli comparativamente più elevati di MIF (l'Autorità è giunta al riguardo al affermare che l'oggetto stesso del ritenuto fascio di intese verticali "è la diffusione del circuito con le MIF più elevate, a vantaggio sia di MasterCard che delle licenziatarie" - punto 388 del provvedimento impugnato -).

Sotto entrambi i punti di vista, quindi, l'assunto del livello comparativamente elevato della MIF nazionale rappresenta un presupposto logico indefettibile per la complessiva tenuta dell'ordito concettuale posto in essere dall'Autorità.

Ne consegue che, laddove fosse dimostrato che tale assunto sia in realtà infondato (nel senso che la MIF nazionale del circuito MasterCard non presenta in effetti livelli comparativamente più elevati di quelli riscontrabili al livello UE - ovvero presso altri circuiti -), ne deriverebbe l'integrale caducazione di una delle premesse logiche fondanti del provvedimento sanzionatorio e, in via mediata, delle conseguenze finali cui esso perviene.

Ebbene, per le ragioni che fra breve si esporranno, quell'assunto di base risulta in effetti infondato sulla base degli atti di causa.

8.2. È evidente che l'Autorità appellante fosse naturalmente libera (nella spendita dei poteri ampiamente discrezionali che caratterizzano l'esercizio dei compiti di vigilanza, controllo e sanzione di sua competenza) di impostare nel modo ritenuto più corretto l'impianto di fondo del proprio ordito accusatorio. Ma è altrettanto evidente che, una volta scelta la via di perseguire un determinato iter logico (nel cui ambito il livello asseritamente molto elevato della MIF assumeva un ruolo del tutto centrale), l'Autorità avesse di fatto assunto un autovincolo alla coerente declinazione di tale premessa logico-concettuale ed avesse accettato il rischio per cui il mancato riscontro fattuale di tale livello della MIF avrebbe insanabilmente minato uno dei principali fondamenti dell'intero costrutto accusatorio.

Allo stesso modo, una volta emerso che il livello della MIF sulle transazioni nazionali non presentasse un livello comparativamente elevato, l'Autorità non avrebbe potuto legittimamente operare una sorta di "emendatio libelli" volta a suffragare in altro modo l'ubi consistam dell'ordito accusatorio (e in particolare, affermando che non fosse il livello in se della MIF a dimostrare la sussistenza dell'illecito anticoncorrenziale, quanto - piuttosto - la circostanza per cui la commissione bancaria multilaterale non fosse stata determinata in assenza di effettive ragioni macroeconomiche).

8.2.1. Per quanto riguarda il primo assunto (livello comparativamente elevato della MIF), le banche appellate hanno persuasivamente osservato che le affermazioni dell'Autorità risultino affette da rilevanti profili di difetto di istruttoria e di motivazione.

8.2.1.1. Si osserva in primo luogo al riguardo che in alcuni punti del provvedimento impugnato in primo grado l'Autorità sembra riferire il giudizio relativo al livello elevato della MIF nazionale di MasterCard al tertium comparationis rappresentato dalla MIF praticata dal principale concorrente Visa (es.: punto 90 del provvedimento impugnato), mentre in altri punti il medesimo giudizio sembra essere stato espresso in termini assoluti, senza peraltro fornire un parametro cui rapportare tale parte del giudizio (al punto 79 della motivazione si legge infatti che, nel corso del periodo 2004-2009 "la MIF media su transazioni nazionali con carte di credito MasterCard si è [ridotta], ma in modo marginale, da 0,99% a 0,90%, rimanendo comunque a livelli molto elevati").

Questa discrasia di impostazioni di per sé depone nel senso di un giudizio basato su presupposti logico-fattuali non adeguatamente precisi e in quanto tali inidonei a supportare in modo adeguato l'impianto accusatorio.

8.2.1.2. Si osserva in secondo luogo che l'affermazione secondo cui un livello medio di MIF compreso fra 0,90 e 0,99 si attesterebbe in ogni caso su "livelli molto elevati" non risulta a sua volta confortata da adeguati riscontri fattuali e non dà conto delle comparazioni svolte al fine di rendere tale affermazione.

Al contrario, è stato documentalmente provato che, per l'anno 2008 (uno di quelli presi in considerazione dall'Autorità al fine del decidere) la media ponderata della MIF applicata da MasterCard per le carte cc.dd. "consumer standard" - fra le più diffuse - si attesta su un livello (0,92%) che effettivamente risulta fra i più bassi se posti in comparazione con analoghi dati medi riscontrati in ambito UE (su una scala decrescente, la MIF nazionale applicata in Italia si colloca infatti alla ventunesima posizione su un totale di ventinove: basti richiamare al riguardo i livelli di MIF riscontrati a Cipro [173], in Portogallo [151], in Germania [127] e in Austria [100]).

A conclusioni non dissimili deve giungersi per quanto riguarda il livello delle MIF applicate per le carte di debito Maestro.

Anche in questo caso, dalla documentazione in atti emerge che la MIF media riscontrata nel 2008 per le transazioni nazionali di Maestro si siano attestate su un livello (0,44%) che è fra i più bassi al livello europeo (collocandosi, su una scala decrescente, al diciassettesimo posto su un totale di ventuno).

8.2.1.3. Anche questo elemento, quindi, depone nel senso di revocare in dubbio la correttezza e congruità di uno dei presupposti fondanti dell'intero costrutto argomentativo dell'Autorità e di confermare il giudizio secondo cui tali presupposti ridultino effettivamente viziati di profili di difetto di istruttoria e di motivazione.

8.2.2. Per quanto riguarda il secondo dei richiamati assunti (ci si riferisce alla contestata determinazione della MIF in assenza di effettive ragioni di carattere macroeconomico) le banche appellate hanno - del pari persuasivamente - osservato che l'Autorità abbia operato sul punto una sorta di vero e proprio revirement nel corso dell'istruttoria procedimentale e, in seguito, nell'adozione del provvedimento sanzionatorio finale.

Ed infatti:

- mentre con il provvedimento di avvio e con la successiva comunicazione delle risultanze istruttorie l'Autorità aveva fondato in modo pressoché esclusivo le proprie argomentazioni sul livello elevato della MIF in quanto tale;

- al contrario, solo con il provvedimento finale (probabilmente avvedutasi di non essere riuscita a motivare in modo adeguato l'importo particolarmente elevato della MIF e quindi della necessità di operare sul punto una sorta di "rafforzamento motivazionale" ex post) essa sembra mutare avviso, sino ad affermare che "non è (...) il livello della MIF che è da ritenersi restrittivo, bensì la sua definizione in mancanza di motivazioni economiche che ne rendano necessaria l'applicazione" (punto 376 del provvedimento impugnato).

Ebbene, l'avviso in tal modo espresso dall'Autorità risulta effettivamente viziato dei lamentati profili di difetto di istruttoria e motivazione, dal momento che solo con il provvedimento finale (modificando di fatto l'intero impianto seguito nel corso dell'istruttoria e impedendo alle parti interessate di contro dedurre adeguatamente sul punto) l'Autorità ha affermato che l'illecito anticoncorrenziale risultasse fondato sull'assenza di un'analisi macroeconomica a supporto della determinazione del livello della MIF.

Questa circostanza risulta ex se idonea ad inficiare il provvedimento sanzionatorio finale, in quanto assunto in violazione delle prerogative partecipative e procedimentali che devono necessariamente assistere i procedimenti sanzionatori in materia Antitrust. Infatti, in base a un ormai consolidato orientamento, il parziale temperamento del principio di legalità in senso sostanziale che caratterizza l'operato delle Autorità indipendenti sia nell'attività di regolazione, sia in quella di controllo e sanzionatoria (temperamento che risulta giustificato dalla valorizzazione degli scopi pubblici da perseguire in particolari settori) impone, altresì - quale sorta di bilanciamento sistematico -, il rafforzamento delle garanzie di legalità in senso procedimentale che si sostanzia, tra l'altro, nella previsione di rafforzate forme di partecipazione degli operatori economici nell'ambito dei procedimenti finalizzati all'adozione degli atti sanzionatori, al pari di quelli di regolazione (in tal senso - ex multis - C.d.S., VI, 1° ottobre 2014, n. 4874).

8.2.3. Quanto appena osservato esime in via di principio il Collegio dal compito di esaminare puntualmente i motivi articolati in primo grado (e qui puntualmente riproposti) dalle odierne appellate, secondo cui l'AGCM avrebbe altresì fondato su presupposti erronei e non adeguatamente motivati l'affermazione per cui la determinazione del livello della MIF non sarebbe supportata da adeguate giustificazioni di carattere economico.

8.3. Le ragioni esposte sub 8.1. e 8.2. sono di per sé sufficienti a palesare i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione che viziavano il provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado e a determinarne l'annullamento.

9. È altresì fondato il motivo di ricorso riproposto ai sensi dell'art. 102, comma 2, c.p.a. (sia pure con declinazioni in parte diverse) dalle banche appellate con cui si è sostenuta l'erroneità del provvedimento sanzionatorio adottato dall'Autorità secondo la quale il complesso di condotte, poste in essere dalle banche licenziatarie del marchio MasterCard in Italia e riconducibili ai rapporti verticali che i contratti di licenza pongono in essere tra circuito e singole licenziatarie, sarebbe qualificabile come "fascio di intese verticali", a propria volta riconducibile all'ambito di applicazione dell'art. 101 del TFUE e conseguentemente sanzionabile.

9.1. Va premesso al riguardo che, sotto tale aspetto, la decisione dell'AGCM impugnata in primo grado si discosta in modo piuttosto significativo dal suo più prossimo antecedente rappresentato dalla decisione della Commissione europea del 19 dicembre 2007, dalla sentenza del Tribunale di Primo Grado del 24 maggio 2012 in causa T-111/08 e, da ultimo, dalla Corte di Giustizia dell'UE con la sentenza dell'11 settembre 2014 in causa C-382/12P.

In particolare:

- se con la decisione del dicembre 2007 la Commissione europea aveva contestato al circuito MasterCard la realizzazione di un'intesa vietata ai sensi dell'art. 101 del TFUE (mantenendo in parte qua un'impostazione sostanzialmente analoga a quella propria del provvedimento impugnato in primo grado).

- al contrario, la stessa decisione del dicembre 2007 non contemplava affatto l'ulteriore censura inerente il presunto "fascio di intese" che caratterizzerebbe i rapporti fra il circuito e il complesso delle banche licenziatarie (si tratta, quindi, di una censura che differenzia in modo piuttosto netto il caso italiano rispetto al suo antecedente eurounitario).

Naturalmente, la richiamata diversità di impostazione non depone ex se nel senso dell'erroneità dell'approccio tenuto dall'Autorità antitrust nazionale.

È tuttavia evidente che la consapevolezza di aver avviato un filone di indagine sostanzialmente autonomo onerava l'AGCM del compito di individuare ed allegare in modo del tutto persuasivo gli elementi costitutivi di questa parte del presunto illecito.

9.2. In primo luogo è fondato il motivo qui riproposto dalle banche appellate (art. 101, comma 2, c.p.a.) secondo cui l'Autorità non avrebbe dimostrato in modo adeguato che le pattuizioni intercorse fra MasterCard e le banche licenziatarie fossero idonee a determinare una violazione delle regole concorrenziali "per oggetto".

In particolare, l'Autorità ha ritenuto che l'oggetto anticoncorrenziale consistesse: i) nel comune intento di trasferire l'importo della MIF sulle Merchant Fees (commissioni a carico degli esercenti), in questo modo facendone gravare l'onere sull'operatore più debole della filiera; ii) nell'inserimento di specifiche clausole contrattuali nell'ambito dei contratti di licenza finalizzato a diffondere il marchio (MasterCard) con la MIF più elevata.

Ebbene, l'esame della documentazione in atti non sembra suffragare le richiamate affermazioni.

9.2.1. Per quanto riguarda in particolare l'argomento sub i), l'esame dei contratti di licenza acquisiti nel corso del giudizio non pare confermare la tesi secondo cui la determinazione della MIF nell'ambito dei contratti di licenza palesasse l'intento comune fra le parti di porre il relativo onere a carico degli esercenti.

Si osserva al riguardo:

- che, secondo le risultanze in atti, l'importo della MIF era determinato unilateralmente dal circuito MasterCard e che ai fini di tale determinazione l'apporto delle banche licenziatarie fosse sostanzialmente assente;

- che, secondo le medesime risultanze, i contratti di licenza consentivano (ma non imponevano) alle licenziatarie di utilizzare le MIF fissate al livello di circuito (essendo possibile che le banche interessate stipulassero accordi bilaterali per l'autonoma fissazione di Interchange Fees (commissioni bilaterali);

- che la circostanza per cui l'importo della MIF rappresenti solitamente una quota rilevante dell'importo della Merchant Fee (commissione a carico dell'esercente) non dimostra di per sé il contestato oggetto anticoncorrenziale, apparendo invero fisiologico che la Banca acquirer (convenzionatrice) tenga adeguatamente conto di questa voce di costo al fine di determinare il quantum del corrispettivo da richiedere agli esercenti in cambio dei propri servizi. Inoltre, le banche licenziatarie hanno persuasivamente allegato che, nella determinazione finale dell'importo della Merchant Fee (commissione a carico dell'esercente) esse tengono altresì conto di ulteriori fattori determinativi e voci di costo.

9.2.2. Per quanto riguarda, poi, l'argomento sub ii), l'esame puntuale delle clausole contrattuali richiamate dall'Autorità non sembra a sua volta suffragare la contestata sussistenza di un'intesa anticoncorrenziale "per oggetto".

Si osserva in particolare

- che le clausole volte a fissare Merchant Fees non differenziate per le transazioni cc.dd. "on-us" e in circolarità non depongono ex se nel senso ritenuto dall'Autorità. Ciò in quanto non sempre le transazioni cc.dd. "on us" (i.e.: quelle in cui la Banca che emette la carta e quella che la accetta coincidono) presentano per le banche costi di transazione inferiori, venendo sovente demandate a terzi soggetti in regime di "outsourcing" (esternalizzazione). Anche sotto tale aspetto, le conclusioni cui è pervenuta l'Autorità risultano viziate per difetto di istruttoria e di motivazione;

- che le clausole volte a fissare Merchant Fees non differenziate per i diversi circuiti (c.d. "blending") non depongono a propria volta nel senso ritenuto dall'Autorità. Anche in questo caso, infatti, l'AGCM non sembra aver tenuto adeguatamente conto del fatto che il ricorso al c.d. "blending" presenta altresì vantaggi per gli esercenti in termini di correntezza operativa, evitando loro di istituire una gestione contabile delle commissioni distinta fra i diversi circuiti;

- che l'inserimento di clausole volte ad impedire che l'esercente differenzi il prezzo di vendita in caso di utilizzo di carte di pagamento (c.d. "non discrimination rule") risulta a sua volta caratterizzato da profili di logica commerciale e di garanzia a vantaggio del consumatore (che non può vedersi opposto il rifiuto di un determinato sistema di pagamento o l'applicazione di un prezzo diversificato a fronte della sua richiesta di avvalersi di una carta di pagamento). Pertanto, la scelta di inserire nei contratti di convenzionamento tale tipologia di clausole non depone ancora una volta nel senso di dimostrare la sussistenza della contestata intesa "per oggetto";

- che, infine, l'inserimento nei contratti di convenzionamento di clausole volte ad obbligare l'esercente ad accettare tutte le carte del circuito con il quale è convenzionato (c.d. "honour all cards rule" - HACR -) risulta ancora una volta caratterizzato da profili di logica commerciale e di garanzia a vantaggio del consumatore (del resto, la stessa Commissione europea, nella richiamata decisione del 2007 ha affermato che "la regola che impone l'obbligo di onorare tutte le carte nel sistema promuove lo sviluppo in quanto garantisce l'accettazione universale delle carte, a prescindere dall'identità della Banca emittente"). Anche in questo caso, quindi, l'inserimento nei contratti di convenzionamento di tale tipologia di clausole non conforta in alcun modo la sussistenza della contestata intesa "per oggetto".

9.3. Per le ragioni sin qui esaminate, il provvedimento sanzionatorio del 3 novembre 2010 risulta viziato dei contestati profili di difetto di istruttoria e di motivazione e deve conseguentemente essere annullato.

9.4. Sempre con riferimento alla ritenuta sussistenza di un "fascio" di intese verticali fra il circuito MasterCard e le banche licenziatarie, le appellate hanno riproposto il motivo (invero persuasivo) in base al quale l'AGCM non avrebbe esplicitato per quale ragione anche le banche net acquirer (i.e.: quelle che operano in via prevalente o esclusiva nel settore del convenzionamento) trarrebbero un vantaggio dal mantenimento di un elevato livello delle MIF - quand'anche sussistente e provato - (e si è già visto retro, sub 8 che l'Autorità non ha neppure fornito una prova dirimente in ordine al fatto che le MIF sulle transazioni nazionali presentino un livello comparativamente elevato).

E la questione assume rilievo particolarmente importante al fine della definizione della complessiva vicenda in considerazione del ruolo del tutto centrale che le banche acquirer rivestono nell'ambito dei cc.dd. circuiti di pagamento "a quattro parti" (come quello MasterCard, appunto).

In definitiva, l'Autorità non ha dimostrato la sussistenza di una effettiva "comunanza di interessi" in capo a una platea rilevante delle banche licenziatarie (e quindi, per converso, non ha dimostrato la sussistenza di un elemento del tutto centrale al fine di configurare la sussistenza della condotta anticoncorrenziale, nella peculiare forma del "fascio di intese verticali").

In particolare, non è stato esplicitato (se non con formule sostanzialmente di stile) per quale ragione una Banca che opera come net acquirer potrebbe trovare conveniente un più alto livello della MIF (che è per essa rappresenta un costo puro in quanto viene interamente riversata alla Banca issuer - o emettitrice della carta -).

Né appare in alcun modo persuasivo l'argomento profuso sul punto dall'Autorità con la memoria in data 15 giugno 2015. Si è ivi affermato che il mantenimento di un livello elevato della MIF avvantaggerebbe anche le banche net acquirer in quanto esse "incassano l'eccedenza della Merchant Fee rispetto alla MIF. E tale incasso è tanto più probabile quanto più alta è la quota di carte del circuito in fase di espansione e quindi di negozianti contrattualizzati con il marchio MasterCard".

L'argomento non appare persuasivo sia perché rappresenta una sorta di (inammissibile) integrazione ex post della motivazione originariamente posta a fondamento del provvedimento sanzionatorio, sia perché l'Autorità non ha dimostrato con puntuali allegazioni fattuali che l'erosione del margine operativo determinato a carico delle banche acquirer/convenzionatrici da un livello alto della MIF (e quindi dei costi) risulterebbe più che compensato grazie all'espansione delle quote di mercato che un più elevato livello della MIF sarebbe idoneo ad assicurare.

L'argomento resta quindi relegato all'ambito delle affermazioni di principio e non sembra adeguatamente supportato da logiche di coerenza economica.

Né può essere condiviso l'argomento che l'Autorità sembra voler desumere dal punto 383 della decisione della Commissione europea sul caso MasterCard del 19 dicembre 2007 (vi si legge che "both issiung and acquiring banks have an interest in the perpetuation of the system with a MIF, even if some banks may prefer a different level of the MIF than others" - "sia le banche acquirer/convenzionatrici, sia le banche issuers/emettitrici delle carte hanno un interesse al mantenimento del sistema che prevede una MIF, anche se alcune banche possono preferire un diverso livello di MIF rispetto ad altre").

L'argomento non risulta condivisibile (e comunque non depone nel senso auspicato dall'AGCM) in quanto non viene qui in contestazione la legittimità in se di un sistema basato sul modello della MIF (si tratta, peraltro, di un modello che ha recentemente ricevuto un sostanziale avallo al livello UE con l'emanazione del Regolamento (CE) n. 751/2015), né viene contestato che anche le banche licenziatarie possano tratte un vantaggio alla partecipazione a un sistema fondato anche sull'esistenza di una MIF.

Ma il punto è che il richiamato passaggio motivazionale non suffraga in alcun modo la tesi dell'Autorità secondo cui il presunto "fascio" di intese verticali rinverrebbe una delle sue ragioni giustificatrici nel comune interesse al mantenimento di una MIF particolarmente elevata.

Tale tesi, lo si ripete, resta implausibile (e comunque non adeguatamente suffragata) almeno per quanto riguarda la posizione delle banche "net acquirer".

Ed ancora, nessuno degli ulteriori argomenti profusi sul punto dall'Autorità è idoneo a dimostrare in modo convincente la sussistenza della richiamata comunanza di interessi fra tutti i licenziatari (ivi compresi i "net acquirer").

In particolare:

- non depone in tal senso la previsione di modalità di recesso condizionate dal livello della MIF. Contrariamente a quanto ritenuto dall'AGCM, infatti, tale argomento sembra deporre nell'opposto senso per cui le licenziatarie acquirer (soggetti convenzionatori) abbiano interesse al mantenimento della MIF a un livello ragionevolmente moderato, salvo esercitare - in caso contrario - il diritto di recesso convenzionalmente previsto;

- non depone nel richiamato senso la sussistenza di un sistema di informazioni fra il circuito e le licenziatarie in merito all'impatto delle MIF sui ricavi delle singole licenziatarie. Si osserva al riguardo che non emerge alcuna ragione plausibile per cui la sussistenza di un siffatto sistema dimostrerebbe un comune interesse al mantenimento della MIF su livelli elevati. Al contrario, il sistema in questione sembrerebbe volto a consentire alle banche acquirer (convenzionatrici) di monitorare l'andamento del livello della MIF, al fine di adottare adeguate misure in caso di raggiungimento di livelli troppo elevati della MIF (anche attraverso l'esercizio del richiamato diritto di recesso);

- non depone, infine, nel senso richiamato la previsione della conversione del portafoglio clienti Visa in carte MasterCard in funzione dell'evoluzione delle MIF. Anche questo argomento sembra piuttosto riferito alla posizione delle banche issuer (o emettitrici, che hanno davvero interesse a mantenere alto il livello della MIF, la quale rappresenta per loro un ricavo), ma non depone affatto nel senso dell'esistenza di un "comune interesse" fra le banche licenziatarie (ivi comprese, quindi, quelle in posizione di net acquirer).

9.4.1. Anche per tale ragione i motivi del ricorso di primo grado qui riproposti dalle banche appellate sono meritevoli di accoglimento e il loro favorevole scrutinio palesa l'illegittimità del provvedimento sanzionatorio per i lamentati profili di difetto di istruttoria e di motivazione.

10. Per le ragioni sin qui esposte gli appelli in epigrafe, previa riunione, devono essere respinti, pur se per ragioni diverse da quelle esposte dal primo giudice.

Resta quindi confermato l'annullamento del provvedimento in data 3 novembre 2010, mentre non può essere annullato il provvedimento di rigetto degli impegni del 22 dicembre 2009.

Deve altresì essere respinto l'appello incidentale proposto dall'ICBPI.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese fra le parti, in considerazione della rilevante peculiarità e parziale novità delle quaestiones iuris sottese alla presente decisione.

Così deciso in Roma alle Camere di consiglio dei giorni 1 dicembre 2015 e 16 dicembre 2015

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposto, previa riunione li respinge nei sensi di cui al punto 10 della motivazione.

Respinge l'appello incidentale proposto dall'Istituto Centrale Banche Popolari Italiane - ICBPI.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

L. Bolognini, E. Pelino (dirr.)

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