Corte di cassazione
Sezione I civile
Sentenza 23 febbraio 2016, n. 3480

Presidente: Bernabai - Estensore: Dogliotti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 22 febbraio 2003, F. Luigi conveniva davanti al Tribunale di Larino - Sezione distaccata di Termoli, San Paolo IMI S.p.A., chiedendo la condanna della banca a restituirgli somme indebitamente percepite, a titolo di interessi extralegali nonché di capitalizzazione degli stessi, riguardo a conto corrente di cui era titolare.

Costituitosi il contraddittorio, la convenuta chiedeva il rigetto delle domande.

Con ordinanza ex art. 186-quater c.p.c. in data 12 aprile 2006, il Tribunale di Larino, Sezione distaccata di Termoli, in composizione monocratica, dichiarava la nullità delle clausole del contratto di conto corrente, relative alla determinazione del tasso di interesse e alla capitalizzazione trimestrale, e condannava la banca stessa a restituire all'attore la somma di euro 69.383,00.

Avverso tale sentenza proponeva appello la banca.

Costituitosi il contraddittorio, il Fallimento di F. Luigi, in persona del curatore, ne chiedeva il rigetto.

La Corte di Appello di Campobasso, con sentenza in data 3 settembre 2009, rigettava l'appello.

Ricorre per cassazione INTESA San Paolo S.p.A., successore.

Non svolge attività difensiva il Fallimento del F.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 112, 115, 167, 180, 183 e 385 c.p.c. nonché vizio di motivazione, là dove la Corte di Merito ha affermato che il riferimento alla clausola contrattuale relativa al tasso di interesse del 17%, fino a nuovo avviso, è inammissibile, trattandosi di domanda nuova, non tempestivamente proposta.

Con il secondo, violazione degli artt. 1284, 1342, 1362, 1363, 1367 c.c.; 4, 6 l. n. 154 del 1992; 117 e 118 d.lgs. n. 385 del 1993; nonché vizio di motivazione, là dove la Corte di Appello ha confermato la dichiarazione di illegittimità, resa dal primo giudice, della clausola del contratto di conto corrente, determinativa del tasso di interesse, ed applicato il saggio legale di cui all'art. 1284 c.c.

Quanto al primo motivo, va precisato che questa Corte a Sezioni Unite (Cass., Sez. un., n. 1099 del 1998; e v. pure Cass. 421 del 2006) ha individuato la tipologia di eccezioni in senso stretto, come tali non rilevabili di ufficio (per cui sulla parte grava un onere di formulazione nei termini previsti dal codice di rito) e di quelle in senso lato, rilevabili d'ufficio e dunque proponibili anche dalle parti in ogni fase e grado del procedimento, alla condizione che risultino acquisiti agli atti del giudizio entro i prescritti termini processuali, i documenti e il materiale istruttorio necessario per sostenerle. Questa stessa Corte ha pure affermato (tra le altre, Cass. n. 15211 del 2005; Cass. n. 11774 del 2007) che sono proponibili in appello le mere difese con cui le parti si limitano a contestare le avversarie pretese, e che non costituiscono eccezioni in senso tecnico.

Per quanto osservato, appare evidente che l'affermazione circa l'esistenza di una valida causa contrattuale, determinante il tasso ultralegale degli interessi applicato al F., non costituisce sicuramente eccezione in senso stretto, e poteva quindi essere esaminata dalla Corte di merito.

Quanto al secondo motivo, esso appare fondato nei limiti di cui si dirà.

Pacificamente il contratto de quo prevedeva all'art. 57, terzo comma, delle condizioni generali, che gli interessi dovuti dal correntista alla banca, salvo patto diverso, si intendessero determinati alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza e producessero, a loro volta, interessi nella stessa misura (clausola a stampa). Lo stesso contratto recava peraltro in apertura l'espressa previsione "tasso debitore" 17% + 1/4 c.m.s. nei limiti del fido e fino a nuovo avviso (clausola dattiloscritta).

Può recepirsi l'interpretazione delle clausole, effettuata, con motivazione adeguata e non illogica, dal giudice a quo: non vi sarebbe contrasto tra clausola dattiloscritta e a stampa, essendo previsto il tasso iniziale al 17%, e le variazioni, secondo gli usi di piazza.

Hanno errato peraltro i giudici di appello nel ritenere illegittima l'applicazione di interessi extralegali al rapporto dedotto. Ai sensi dell'art. 1284, terzo comma, c.c., è sufficiente che gli interessi superiori alla misura legale siano determinati, come nella specie, per iscritto. Dunque il tasso iniziale del 17% appariva del tutto conforme alla legge.

Non può invece accogliersi l'impostazione della ricorrente in ordine alle variazioni: è sicuramente ammissibile la facoltà della banca di variare il tasso unilateralmente (e il principio veniva esplicitamente recepito nel contratto de quo), ma, secondo l'insegnamento di una giurisprudenza ampiamente consolidata (tra le altre, Cass. 9080 del 2002), esso doveva ancorarsi a criteri prestabiliti, in modo che fosse assicurata con certezza, al di fuori di ogni margine di discrezionalità, rimessa all'arbitrio del creditore, una concreta determinazione, sulla base di una disciplina, fissata su scala nazionale e vincolante (ad esempio: il tasso unico di sconto, la cui manovra è rimessa all'autorità di vigilanza) o comunque con riferimento ad elementi obbiettivi ed esterni, come il tasso di cambio di una valuta, concordata tra le parti.

Nella specie, invece, le variazioni erano del tutto genericamente collegate agli usi di piazza.

Solo in questi termini, va accolto il ricorso, apparendo dunque legittimo il tasso iniziale del 17%, dovendosi invece ritenere illegittima ogni variazione unilaterale, superiore al predetto tasso, che va riportata al 17%.

Va pertanto cassata la sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, che, sulla base dei principi suindicati, dovrà determinare la relativa somma.

Nulla sulle spese, non avendo svolto attività difensiva l'intimato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione.

M. Marazza

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