Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 7 marzo 2016, n. 914

Presidente: Severini - Estensore: Lageder

1. Premesso che, giusta segnalazione alle parti all'odierna udienza cautelare, sussistono i presupposti per decidere la controversia con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 c.p.a. (con la precisazione, quanto alle esigenze di tutela cautelare, che le stesse devono ritenersi superate dall'adozione di una nuova proposta di vincolo in data 13 ottobre 2015, con conseguente operatività delle misure di salvaguardia ex art. 139, comma 4, d.lgs. n. 42 del 2004);

2. Ritenuta l'infondatezza dell'eccezione pregiudiziale di inammissibilità dell'appello per intervenuta acquiescenza - sollevata dalla parte appellata sotto il profilo della sopravvenuta adozione da parte del Ministero, in data 13 ottobre 2015, di una nuova, identica proposta di notevole interesse pubblico, ex art. 136 d.lgs. n. 42 del 2004, dell'area in questione -, trattandosi, invero, di riedizione del potere in seguito alla qui appellata sentenza del Tribunale amministrativo regionale, di annullamento con remand all'Amministrazione, e non potendosi all'esecuzione della sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva, riconnettere valenza di acquiescenza, con la precisazione che la parte, la quale eccepisca l'inammissibilità dell'appello per intervenuta acquiescenza, è onerata di allegare e provare atti espressi, inequivocabili e spontanei, posti in essere dall'appellante in epoca successiva alla pubblicazione della sentenza di primo grado ad essa sfavorevole, assolutamente incompatibili con la volontà di impugnarla: onere di allegazione e di prova, nella specie non assolto, non essendo dal tenore degli atti sopravvenuti (v. doc. 2 e 3 prodotti in allegato alla memoria di costituzione in appello) evincibile siffatta inequivoca ed espressa volontà di acquietarsi alla sentenza, tanto più che nella missiva del 10 ottobre 2015, diretta al Comune di Acquapendente, il Ministero ha dichiarato espressamente che «l'Avvocatura procederà in tempi brevi a notificare l'appello, chiedendo altresì la sospensione dell'esecutività della sentenza»;

3. Rilevato, in linea di fatto, che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con la sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso n. 1158 del 2011 (integrato da motivi aggiunti), proposto dalla Gioacchini Sante s.a.s. - nella sua qualità di impresa operante nel settore delle attività estrattive, autorizzata allo svolgimento di attività estrattiva di basalto in località "Greppie" nel Comune di Acquapendente (Viterbo) sin dal 1988, ed acquirente, nel 2005, di terreni confinanti con l'attuale cava in funzione di un suo ampliamento - avverso la proposta e il successivo decreto del Ministero per i beni e per le attività culturali, Direzione generale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, del 12 maggio 2011, aventi ad oggetto la dichiarazione di notevole interesse pubblico ex art. 136, lett. d), d.lgs. n. 42 del 2004 dell'area denominata «Altopiano dell'Alfina - Ampliamento del vincolo "Monte Rufeno e Valle del Paglia" DM 22.05.1985»;

4. Considerato, in particolare, che l'adìto Tribunale amministrativo regionale, in accoglimento del ricorso, provvedeva come segue:

- ravvisava integrati (i) il vizio di difetto di motivazione, sotto il profilo che il Ministero avrebbe provocato una riedizione della procedura del vincolo paesaggistico senza esplicitare adeguatamente le ragioni sottese a tale nuova iniziativa, nonostante che la precedente procedura (sfociata in una proposta di vincolo nel mese di maggio 2010) fosse stata lasciata cadere per decorso dei termini, e (ii) il vizio di violazione del principio di leale collaborazione con gli enti locali coinvolti, in quanto il riesercizio del potere amministrativo sarebbe avvenuto in via sostitutiva rispetto alla Regione Lazio senza acquisizione del parere obbligatorio ex art. 138, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004 e gli atti impugnati (proposta e decreto) sarebbero intervenuti nonostante che nel 2007 fosse già stato adottato un Piano territoriale paesaggistico regionale che qualificava espressamente l'area in questione come "zona agricola" esente da vincoli;

- affermava, di conseguenza, la necessità di rinnovare la procedura svolta, «mantenendo indenne la posizione di tutti i soggetti pubblici coinvolti e/o interessati ed alla quale deve accompagnarsi una adeguata motivazione tecnico-giuridica delle scelte che verranno operate dal Ministero e dagli altri enti (...) coinvolti nella procedura» (v. così, testualmente, l'appellata sentenza);

5. Ritenuta la fondatezza dell'appello interposto dall'Amministrazione statale avverso tale sentenza, in quanto:

- i provvedimenti impugnati sono stati emanati ai sensi del combinato disposto degli artt. 141, comma 2, 136, 138, 139 e 140 d.lgs. n. 42 del 2004, e perciò nell'esercizio del potere del Ministero di dichiarare il notevole interesse pubblico di beni paesaggistici, attribuito all'Amministrazione statale dall'art. 138, comma 3;

- secondo consolidato orientamento questa Sezione (v., per tutte, sentenze 11 gennaio 2013, n. 118 e n. 120), tale potere è autonomo - e non meramente sostitutivo, come assunto nell'appellata sentenza - rispetto a quello attribuito alle regioni per corrispondenti esigenze di tutela, poiché, in primo luogo, nell'ambito della disciplina dell'iter di formazione della dichiarazione di notevole interesse pubblico, la medesima disposizione prevede che comunque è «Fatto salvo il potere del Ministero (su proposta motivata del Soprintendente e previo parere della regione interessata; n.d.e.) di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136», e, in secondo luogo, ai sensi dell'art. 140, comma 2, d.lgs. n. 42 del 2004 (richiamato dall'art. 141, concernente i provvedimenti ministeriali), la dichiarazione determinata dal Ministero diviene «parte integrante del piano paesaggistico» di cui all'art. 135 «e non è suscettibile di rimozioni o modifiche nel corso del procedimento di redazione o revisione del piano medesimo»;

- in considerazione della titolarità, in capo allo Stato, dei poteri in materia paesaggistica (sulla base in primis dell'art. 9 della Costituzione), la normativa del Codice ha dunque stabilito espressamente l'autonomia del potere ministeriale di disporre il vincolo paesaggistico (rispetto al corrispondente potere attribuito alla regione sulla base della legislazione trasfusa nel d.lgs. n. 42 del 2004), mediante determinazioni che hanno ipso iure l'effetto della conseguente e corrispondente integrazione del Piano regionale, qualora - come nel caso di specie - già emanato;

- non è, pertanto, condivisibile la qualificazione del potere ministeriale come meramente sostitutivo (v. punto 6. a pp. 15 e 16 dell'appellata sentenza), trattandosi per contro di potere autonomo (v. sopra);

- né si ravvisa la violazione del principio di leale collaborazione tra enti, essendo stato acquisito il parere (obbligatorio, ma non vincolante) della Regione Lazio, la quale con atto del 9 novembre 2010, «esaminata la documentazione di supporto allegata alla richiesta di parere», ha espresso «condivisione sull'individuazione dell'ambito da tutelare e dei contenuti della proposta medesima», prendendo «favorevolmente atto che, per quanto attiene alla specifica disciplina dettata ai sensi dell'art. 140, co. 2, del Codice, sono state introdotte norme coerenti con l'articolato del Piano Territoriale Paesaggistico del Lazio», e in particolare concordando, «per l'ambito individuato, sull'applicazione della disciplina di tutela e di uso del Paesaggio Naturale Agrario con le modifiche normative proposte»;

- a fronte dell'autonomia del nuovo procedimento, non esisteva un obbligo motivazionale specifico in relazione alla procedura pregressa, non definita per decorso dei termini, mentre la proposta e il decreto di vincolo qui impugnati sono sorretti da puntuale e approfondita istruttoria e motivazione, idonee a sorreggerne la portata dispositiva (v. infra sub 6.);

- per le esposte ragioni e contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale, deve concludersi nel senso dell'inconsistenza dei vizi di cui sopra sub 4. (i) e 4. (ii), nonché dei vizi di eccesso di potere riproposti nella memoria di costituzione in appello 4.1), 4.2) 4.5) (sotto i profili di abuso dell'asserito potere sostitutivo e di omessa informazione in ordine al pregresso procedimento ed al relativo esito, nonché di contraddittorietà), presupponenti la - qui esclusa - qualificazione del potere ministeriale come potere sostitutivo e non autonomo;

6. Rilevato che, in reiezione degli altri motivi assorbiti ed espressamente riproposti nel presente grado nella memoria di costituzione in appello (per gli effetti di cui all'art. 101, comma 2, c.p.a.), s'impongono le seguenti considerazioni:

- in reiezione dei motivi di eccesso di potere per travisamento, irragionevolezza e sviamento - di cui sub punti 4.3) («Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed irragionevolezza della scelta discrezionale della p.a.»), 4.4) «Eccesso di potere consistente nello sviamento della causa tipica dell'atto impugnato», 4.6) «Eccesso di potere della pubblica amministrazione in particolare disparità di trattamento e contraddittorietà dell'attività del Ministero», 4.8) «Eccesso di potere consistente nella falsità dei presupposti, travisa,mento, erronea valutazione dei fatti, illogicità e contraddittorietà della motivazione nonché del comportamento della pubblica amministrazione» e 4.9) «Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà del comportamento del Ministero» della memoria di costituzione in appello -, è sufficiente rilevare, per un verso, che l'adombrato sviamento in funzione del perseguimento di asseriti interessi privati è rimasto privo di riscontri oggettivi precisi, gravi e concordanti, e, per altro verso, che la delimitazione dei confini di una zona da sottoporre a vincolo paesaggistico quale "bellezza d'insieme" ex art. 136, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 42 (che non richiede necessariamente l'omogeneità dei singoli elementi, nel senso che non ogni singolo elemento compreso nell'area assoggettata al vincolo deve presentare i caratteri della bellezza naturale) costituisce tipica espressione di una valutazione di discrezionalità tecnica, non sindacabile se non sotto i profili della manifesta illogicità, incongruità, irragionevolezza o arbitrarietà, nella specie non ravvisabili alla luce del tenore puntuale e circostanziato delle relazioni e della documentazione planimetrica e fotografica richiamate ed allegate quali parti integranti (d)ai provvedimenti qui impugnati (v., in particolare, l'art. 2 del decreto di vincolo del 12 maggio 2011, in G.U. n. 112 del 16 maggio 2011);

- quanto ai dedotti vizi procedimentali, dalla documentazione versata in giudizio si evince la conformità dell'azione amministrativa (compresa l'attività consultiva del comitato scientifico ex art. 141, comma 2) alla disciplina speciale dettata dagli artt. 136 ss. d.lgs. n. 42 del 2004, da ritenersi prevalente sulla disciplina generale ex l. n. 241 del 1990;

7. Ritenuto conclusivamente che, per le esposte ragioni, in riforma dell'appellata sentenza, il ricorso di primo grado debba essere respinto, a spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto (ricorso n. 8815 del 2015), lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.