Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 9 marzo 2016, n. 934

Presidente: Barra Caracciolo - Estensore: Mele

FATTO

Con sentenza n. 229/2009 del 26 giugno 2009 il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione Autonoma di Bolzano accoglieva il ricorso proposto dal signor Salay Ahamed avverso il decreto del Questore della Provincia di Bolzano n. 22/2008 di rigetto dell'istanza di rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, disponendone l'annullamento.

Essa esponeva in fatto quanto segue.

"Con il ricorso notificato in data 16-5-2008 il signor Salay Ahmed impugna il provvedimento indicato in epigrafe per i motivi di cui in seguito. Si premette che il ricorrente, cittadino magrebino, è presente sul territorio nazionale dal 1998 in base a regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato. In data 2.8.2007 l'interessato presentava alla Questura di Bolzano istanza per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno). Poiché in fase di istruzione della pratica emergeva che il medesimo, con sentenza del 10-3-2005 (divenuta irrevocabile il 4-5-2005) del Tribunale di Velletri-Sezione distaccata di Anzio, era stato condannato per reati riguardanti la violazione delle norme sul diritto d'autore (art. 171 ter, lett. b, della legge 22.4.1941, n. 633) e la vendita di cose con impronte contraffatte di una pubblica autenticazione o certificazione (art. 470 c.p.), il Questore di Bolzano, con l'impugnato provvedimento, rigettava la suddetta istanza, motivando il diniego con il richiamo all'art. 26, comma 7 bis, ed all'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998...".

Avverso la prefata sentenza di accoglimento il Ministero dell'Interno e la Questura di Bolzano hanno proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendone l'annullamento.

Con articolata prospettazione ne hanno lamentato l'erroneità, richiamando la previsione di cui all'art. 26, comma 7-bis, del T.U. Immigrazione, la circostanza che la condanna irrevocabile riportata nel 2005 aveva fatto automaticamente venire meno il precedente permesso di soggiorno e che, dunque, il sig. Salay non poteva ritenersi titolare di permesso di soggiorno in corso di validità, presupposto indispensabile per la conversione del permesso ordinario in un permesso di soggiorno CE.

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all'udienza del 18 febbraio 2016.

DIRITTO

Con un primo motivo il Ministero censura l'appellata sentenza, rilevando che il permesso di soggiorno di lungo periodo non spetta automaticamente, ma richiede, ai sensi del comma 1 dell'art. 9 del d.lgs. n. 286/1998, apposita richiesta da parte dell'istante, il quale sia in possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità.

Nella specie, tale indefettibile presupposto mancherebbe in quanto l'appellato - che ha prodotto domanda per il rilascio del permesso di soggiorno CE nel 2007 - con sentenza del Tribunale di Velletri irrevocabile il 4 maggio 2005 era stato condannato per violazione delle norme sul diritto d'autore (art. 171-ter, lett. b), l. n. 633/1941) e per vendita di cose con impronte contraffatte ex art. 470 c.p.; condanna che, ex art. 26, comma 7-bis, del T.U. Immigrazione, comporta la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero.

Rileva che, in base al rigido automatismo previsto dalla disposizione, lo straniero dal momento del passaggio in giudicato della sentenza non poteva ritenersi in possesso del permesso di soggiorno.

La censura non è condivisa dal Collegio.

Va in primo luogo rilevato che la "revoca" prevista dal citato art. 26, comma 7-bis, del d.lgs. n. 286/1998 non è applicabile al permesso di soggiorno di cui risultava titolare l'appellato (nell'atto impugnato si legge che il Salay "è titolare di autorizzazione al soggiorno per lavoro subordinato resa valida fino al 30-6-2007...").

Invero, la giurisprudenza (cfr. C.d.S., III, 27 luglio 2012, n. 2932) ha chiarito che la condanna con provvedimento irrevocabile ai sensi dell'art. 26, comma 7-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, con il conseguente effetto dell'automatica preclusione del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno ed espulsione dello straniero con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, riguarda esclusivamente, per ragioni letterali e sistematiche, la fattispecie di "ingresso e soggiorno per lavoro autonomo" e non anche i titolari di permesso di soggiorno ad altro titolo.

Osserva inoltre la Sezione, in disparte il dirimente argomento di cui sopra, che dalla lettura del richiamato art. 26, comma 7-bis, del d.lgs. n. 286/1998 ("la condanna... comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo") emerge che il permesso di soggiorno non viene meno automaticamente con l'intervenuta irrevocabilità della sentenza di condanna, ma che quest'ultima costituisce presupposto per la sua revoca, il quale costituisce atto di autotutela sanzionatoria che richiede espressa determinazione in proposito da parte dell'autorità amministrativa.

Ove, infatti, il legislatore avesse voluto accedere all'effetto diretto ed automatico invocato dal Ministero sarebbe ricorso a una diversa formulazione della norma, utilizzando l'istituto della "decadenza" e prevedendo espressamente un effetto caducante "automatico".

Considerandosi, poi, che la revoca è atto costitutivo, o al più, in mancanza di margini di discrezionalità in capo all'autorità amministrativa come nella specie, atto di accertamento costitutivo (sia pur dovuto e vincolato), risulta indubitabile che la perdita di efficacia del precedente permesso di soggiorno necessitava comunque di una determinazione espressa dell'autorità amministrativa al riguardo.

Non può, pertanto, condividersi l'assunto del Ministero appellante secondo il quale "la Questura ha dunque correttamente tenuto conto di tale situazione giuridica venutasi a creare in capo al ricorrente sin dal 2005, considerandolo privo di un permesso di soggiorno ordinario in corso di validità".

In disparte le considerazioni sopra svolte in ordine alla necessità di un provvedimento espresso di revoca, va evidenziato che tale giustificazione, richiamata nell'atto di appello, non risulta invece esternata nel provvedimento impugnato, laddove, dopo aver fatto riferimento alla titolarità di "autorizzazione al soggiorno per lavoro subordinato resa valida fino al 30-6-2007", il Questore si limita a richiamare, a fondamento del rigetto, l'art. 26, comma 7-bis, del T.U., l'intervenuta condanna irrevocabile e, di conseguenza, "l'attuale condizione del richiedente non consentire il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo né il possesso di un permesso di soggiorno a qualsiasi titolo perché condannato...".

Con un secondo motivo il Ministero censura la sentenza di primo grado per avere ritenuto non applicabile all'appellato la previsione dell'art. 26, comma 7-bis, in quanto egli era titolare di un permesso per lavoro subordinato e non invece per lavoro autonomo.

Sostiene il Ministero che è ben vero che tale disposizione è inserita nella disciplina dell'ingresso e soggiorno per lavoro autonomo, ma, sulla base di una interpretazione logico-giuridica dell'intera disciplina sull'immigrazione, conseguirebbe che comunque i reati previsti dall'art. 26, comma 7-bis, esprimono una valutazione di gravità, operata dal legislatore, tale da precludere il soggiorno in Italia.

La norma, dunque, andrebbe intesa nel senso che "la condanna per i reati di cui all'articolo 26, comma 7 bis non incide semplicemente su uno specifico titolo di soggiorno ma assurge a preclusione generale alla permanenza sul territorio nazionale".

La prospettazione del Ministero non è condivisa dalla Sezione.

Si è sopra già detto dell'orientamento giurisprudenziale in base al quale la valenza preclusiva della condanna irrevocabile prevista dal citato art. 26, comma 7-bis, riguarda la sola fattispecie dell'ingresso e soggiorno per lavoro autonomo.

Va, poi, evidenziato che il d.lgs. n. 286 del 1998 tiene ben distinti gli istituti del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, lavoro subordinato ed il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo.

Quanto a quest'ultimo istituto, l'art. 9 disciplina compiutamente i requisiti necessari per il rilascio e, al comma 4, indica espressamente le ragioni ostative alla sua concessione.

Dispone, infatti, la norma che "Il permesso di soggiorno UE per i soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'art. 1 della legge n. 1423/1956... o nell'art. 1 della legge 31 maggio 1965 n. 375..., ovvero di eventuali condanne, anche non definitive, per i reati previsti dall'art. 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'art. 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero".

Dalla lettura della disposizione si evince che la possibilità di diniego non è correlata ad un'unica ragione ostativa, ma ad un insieme di elementi i quali devono essere posti in comparazione tra loro ai fini della espressione della determinazione finale.

Ciò posto, ritiene il Tribunale che la condanna irrevocabile per i reati di cui all'art. 26, comma 7-bis, del T.U - la quale ha valenza revocatoria vincolata per il permesso di soggiorno per lavoro autonomo - non è espressamente prevista nella disciplina dell'istituto del permesso di soggiorno UE, onde la sua portata preclusiva esclusiva non può ad esso direttamente applicarsi.

Va, invero, evidenziata la diversità delle due distinte tipologie di permesso di soggiorno e la peculiare afferenza dei reati contemplati dall'art. 26 citato alla attività di lavoro autonomo.

Possono, peraltro, configurarsi margini di rilevanza della suddetta condanna irrevocabile anche ai fini del diniego del permesso di soggiorno UE; ciò, peraltro, nei limiti imposti dalla disposizione specifica regolatrice dell'istituto (art. 9).

Può, dunque, in primo luogo affermarsi che essa impedisca il rilascio di tale permesso quando abbia determinato la revoca del pregresso permesso di soggiorno di cui lo straniero era titolare (dunque, come sopra visto, non di per sé ed in via automatica, ma quando abbia determinato l'adozione di un espresso atto di revoca del precedente permesso, sicché si configuri la mancanza del requisito, richiesto dal primo comma dell'art. 9, del "possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità").

La richiamata condanna irrevocabile per i reati di cui all'art. 26, comma 7-bis, può, inoltre, rilevare nel giudizio di pericolosità sociale di cui al comma 4 dell'art. 9, non potendosi, peraltro, non rimarcare che lo stesso richiede, in relazione alla natura del reato, adeguata motivazione, la quale va resa tenendo conto anche degli altri elementi di valutazione richiesti dal richiamato comma 4. Invero, l'autorità amministrativa non può limitare il proprio giudizio ai soli precedenti penali dello straniero, ma deve avere altresì riguardo anche agli altri elementi indicati dalla disposizione (durata del soggiorno nel territorio nazionale, inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero).

Orbene, osserva la Sezione che tale complessiva valutazione comparativa non è stata operata dal provvedimento oggetto di impugnativa in primo grado, con la conseguenza che risulta corretta la statuizione di illegittimità che ne ha fatto il Tribunale Amministrativo.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, deve ritenersi l'infondatezza dell'appello proposto, con conseguente conferma della sentenza gravata.

Nulla è dovuto per le spese, attesa la mancata costituzione in giudizio dell'appellato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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