Corte di cassazione
Sezione VI civile
Sentenza 17 marzo 2016, n. 5356

Presidente ed Estensore: Petitti

Ritenuto che, con ricorso depositato presso la Corte d'appello di Perugia, S. Renzo, M. Giuseppe e R. Antonio chiedevano la condanna del Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento dell'indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio amministrativo, iniziato dinnanzi al TAR Lazio con ricorso del 16 giugno 2005 e conclusosi con sentenza depositata il 15 novembre 2012;

che il consigliere designato rigettava la domanda sul rilievo che, venendo in considerazione un giudizio amministrativo pendente alla data del 16 settembre 2010, non poteva tenersi conto del periodo anteriore alla presentazione dell'istanza di prelievo (5 novembre 2008);

che avverso questo decreto i ricorrenti proponevano opposizione ex art. 5-ter della l. n. 89 del 2001;

che la Corte d'appello, in composizione collegiale, rigettava l'opposizione rilevando che correttamente il consigliere designato, essendo in discussione la durata di un giudizio amministrativo, aveva espunto dal computo il periodo antecedente alla proposizione della istanza di prelievo (5 novembre 2008), facendo applicazione del principio di cui a Cass. n. 3740 del 2013;

che per la cassazione di questo decreto S. Renzo, M. Giuseppe e R. Antonio hanno proposto ricorso sulla base di un motivo;

che l'intimato Ministero ha resistito con controricorso.

Considerato che il Collegio ha deliberato l'adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con l'unico motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 2, comma 1, della l. n. 89 del 2001 e dell'art. 6, par. I, della CEDU in relazione all'art. 54 del d.l. n. 112 del 2008, dolendosi del fatto che la Corte d'appello, pur dando atto dell'avvenuta presentazione della istanza di prelievo nel giudizio presupposto, abbia poi ritenuto non computabile il periodo anteriore al deposito della detta istanza;

che, in ogni caso, la Corte d'appello avrebbe errato nel non riconoscere la irragionevole durata quanto meno di un anno, atteso che dalla data dell'istanza di prelievo al deposito della sentenza nel giudizio presupposto erano trascorsi circa quattro anni;

che il ricorso è fondato;

che, quanto al quadro normativo di riferimento, si deve precisare quanto segue: a) l'art. 54, comma 2, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008 (art. 85) -, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della l. 6 agosto 2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008 -, nella sua versione originaria, disponeva: «La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, non è stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4, comma 1-ter, lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole "articolo 2, comma 1" sono inserite le seguenti: "della legge 24 marzo 2001, n. 89" e le parole "nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4, comma 1-ter, lettera b)" sono soppresse»; c) conseguentemente, il testo definitivo dell'art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, quale convertito in legge dalla l. n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; d) successivamente, l'art. 3, comma 23, dell'Allegato 4 al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito che, all'art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, «le parole "un'istanza ai sensi del secondo comma dell'articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642" sono sostituite dalle seguenti: "l'istanza di prelievo di cui all'articolo 81, comma 1, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione"»; e) ancora successivamente, l'art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) - in vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto che: «al comma 23, le parole "81, comma 1" sono sostituite dalle seguenti "71, comma 2"»; f) la disposizione dell'art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 - in vigore dal 16 settembre 2010 - risulta del seguente testuale tenore: "La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione"»; g) per effetto delle modificazioni introdotte dalla l. n. 208 del 2015 nel testo della l. n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio 2016), «il comma 2 dell'articolo 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'articolo 3, comma 23, dell'allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi amministrativi la cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis»;

che, questo essendo il quadro normativo di riferimento, è del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 25 giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 16 settembre 2010, si applica - invece - l'art. 54, comma 2, dello stesso d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) la disposizione di cui al citato art. 6, comma 2-ter, della l. n. 89 del 2001, introdotta dalla l. n. 208 del 2015, in vigore dal 1° gennaio 2016, non opera nel presente giudizio, essendo destinata ad operare con riferimento alla istanza di prelievo ora prevista come strumento sollecitatorio dall'art. 1-ter, comma 3, della medesima legge, introdotto del pari dalla l. n. 208 del 205, e da presentarsi almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'art. 2, comma 2-bis;

che nel caso di specie la disposizione deve essere applicata nella formulazione di cui sub 2), trattandosi di domanda di equa riparazione proposta dopo il 16 settembre 2010;

che, peraltro, questa Corte ha già avuto modo di affermare che, nel caso in cui nel giudizio presupposto si sia verificato il presupposto processuale della domanda di equa riparazione ai sensi dell'art. 54, comma 2, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 133 del 2008, deve escludersi che il periodo di tempo decorso anteriormente alla avvenuta presentazione dell'istanza di prelievo sia irrilevante al fine del computo del termine di durata ragionevole del giudizio (Cass. n. 25447 del 2013);

che, nella specie, dal decreto impugnato emerge che l'istanza di prelievo era stata presentata nel giudizio presupposto, sicché la Corte d'appello nell'escludere la rilevanza del periodo anteriore al 27 ottobre 2005, si è discostata dal richiamato principio;

che, dunque, il ricorso va accolto e il decreto impugnato cassato;

che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, c.p.c.;

che, invero, accertata la durata complessiva del giudizio presupposto in sette anni e cinque mesi e detratti tre anni di durata ragionevole, il ritardo nella definizione del procedimento suscettibile di indennizzo è di quattro anni e cinque mesi, in relazione alla quale a ciascuno dei ricorrenti va riconosciuto un indennizzo di euro 2.210,00, facendo applicazione del non contestato criterio di 500,00 euro per anno di ritardo;

che, dunque, il Ministero dell'economia e delle finanze deve essere condannato al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della somma di euro 2.210,00, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al soddisfo;

che, in applicazione del principio della soccombenza, il Ministero deve essere altresì condannato al pagamento delle spese dell'intero giudizio, come liquidate in dispositivo, da distrarsi in favore del difensore dei ricorrenti, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e decidendo la causa nel merito, condanna il Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della somma di euro 2.210,00, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al soddisfo; condanna, inoltre, il Ministero al pagamento delle spese dell'intero giudizio che liquida, quanto alla fase di merito, in euro 564,00 per compensi, oltre accessori di legge e, quanto alla fase di legittimità, in euro 700,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese forfetarie; dispone la distrazione delle spese come liquidate in favore del difensore dei ricorrenti, Avvocato Pietro L. Frisani, dichiaratosi antistatario.

A. Bartolini e al. (curr.)

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