Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 13 aprile 2016, n. 1444

Presidente: Patroni Griffi - Estensore: Castiglia

La signora Immacolata M. ha adito il T.A.R. del Lazio per ottenere l'esecuzione di un decreto della Corte d'appello di Roma (procedimento n. 54904/2009 R.G.) che ha condannato il Ministero della giustizia a corrispondere l'importo di euro 1.000,00 a titolo di equa riparazione (ai sensi della l. 24 marzo 2001, n. 89), oltre gli accessori, e a pagare le spese di lite, con gli accessori di legge, in favore del difensore dichiaratosi antistatario.

Con sentenza 22 dicembre 2015, n. 14368, il Tribunale regionale ha accolto il ricorso, condannando l'Amministrazione a dare esecuzione alla decisione e a pagare una somma di denaro a norma dell'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., a far data dalla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di ottemperanza, nonché nominando sin d'ora un commissario ad acta nel caso di persistente inerzia.

Il Ministero della giustizia ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell'efficacia esecutiva.

Il Ministero deduce:

1. la mancata verifica da parte del T.A.R. dei presupposti per l'irrogazione delle c.d. astreintes, tenendo conto della limitatezza delle risorse disponibili in relazione all'art. 3, comma 7, della l. n. 89 del 2011 (che costituirebbe una "ragione ostativa" alla condanna) e dell'importo irrisorio della somma dovuta (che renderebbe la condanna "manifestamente iniqua");

2. in via subordinata, l'illegittimità della fissazione del termine a quo in un momento antecedente alla pronunzia sull'ottemperanza.

La signora M. non si è costituita in giudizio per resistere all'appello.

Alla camera di consiglio del 10 marzo 2016 la domanda cautelare è stata chiamata e trattenuta in decisione.

Nella sussistenza dei requisiti di legge (per le parti nessuno è comparso), il Collegio ritiene di poter definire la controversia in camera di consiglio con una sentenza in forma semplificata a norma del combinato disposto degli artt. 60 e 74 c.p.a.

L'appello è fondato nei sensi di cui subito si dirà.

Occorre premettere che - come ha rilevato l'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (25 giugno 2014, n. 15, par. 6.5.1) - "la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell'esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare non ai fini di un'astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura nonché al momento dell'esercizio del potere discrezionale di graduazione dell'importo.

Non va sottaciuto che l'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., proprio in considerazione della specialità, in questo caso favorevole, del debitore pubblico - con specifico riferimento alle difficoltà nell'adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici - ha aggiunto al limite negativo della manifesta iniquità, previsto nel codice di rito civile, quello, del tutto autonomo, della sussistenza di altre ragioni ostative.

Ferma restando l'assenza di preclusioni astratte sul piano dell'ammissibilità, spetterà allora al giudice dell'ottemperanza, dotato di un ampio potere discrezionale sia in sede di scrutinio delle ricordate esimenti che in sede di determinazione dell'ammontare della sanzione, verificare se le circostanza addotte dal debitore pubblico assumano rilievo al fine di negare la sanzione o di mitigarne l'importo".

Nel caso di specie, il Collegio - quanto al primo motivo dell'appello - è dell'avviso che le ragioni addotte dall'Avvocatura Generale non vadano oltre una generica allegazione delle ben note ristrettezze finanziarie e limitazioni di bilancio e non possano perciò giustificare una totale esenzione dell'Amministrazione inadempiente dalle penalità di mora. Ciò, anche alla luce delle modifiche introdotte dalla legge di stabilità per il 2016 nell'art. 3, comma 7, della l. n. 89 del 2001, per effetto delle quali "l'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili nel relativo capitolo", ma è "fatto salvo il ricorso al conto sospeso".

È evidente che, a seguito di tale innovazione normativa, scema di molto, se addirittura non viene del tutto meno, l'effetto impeditivo al pagamento dell'equa riparazione derivante dalla momentanea incapienza del relativo capitolo di bilancio.

Al tempo stesso, poiché la penalità di mora non deve risolversi in una ragione di ingiustificato arricchimento per il creditore, il Collegio reputa eccessivo e non conforme a equità il parametro scelto dal T.A.R. (interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, aumentato di tre punti percentuali) e ritiene di doverlo sostituire con quello dell'interesse legale, peraltro ora esplicitamente indicato dall'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., secondo le modifiche ancora una volta introdotte dalla legge di stabilità per il 2016.

Quanto poi al secondo motivo dell'appello (decorrenza delle penalità di mora), sarà sufficiente ricordare l'indirizzo prevalente della Sezione (v. per tutte, da ultimo, 9 dicembre 2015, n. 5580), ora formalmente recepita nel nuovo testo della citata lett. e), secondo cui le astreintes, tenuto conto della loro funzione sollecitatoria e non risarcitoria, decorrono dalla comunicazione o notificazione della sentenza di ottemperanza che dispone il pagamento e non da un momento anteriore (secondo qualche decisione della Sezione, ancora più restrittiva, esse potrebbero decorrere solo una volta decorso inutilmente il termine accordato all'Amministrazione per adempiere: cfr. 21 dicembre 2015, n. 5786). In tal senso, il motivo è fondato e va dunque accolto.

Dalle considerazioni che precedono discende che i due motivi dell'appello sono fondati, il primo in parte (come sopra si è detto), il secondo integralmente. Ne segue la parziale riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la condanna dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

Quanto alle spese di giudizio, rilevato che il T.A.R. nulla ha disposto per il primo grado, quelle relative al presente grado di appello possono essere compensate fra le parti, trattandosi di questioni che hanno trovato una definitiva sistemazione solo a seguito delle ricordate, recentissime modiche legislative.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi esposti in motivazione; per l'effetto, riforma parzialmente la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la condanna dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.

Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P. Loddo (cur.)

L'amministratore di sostegno

Cedam, 2024

M.N. Bugetti

Amministrazione di sostegno

Zanichelli, 2024

L. Iacobellis

Schemi di diritto tributario

Neldiritto, 2024