Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 13 aprile 2016, n. 1446

Presidente: Patroni Griffi - Estensore: Greco

FATTO

I. L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell'esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, in accoglimento del ricorso proposto dal dottor Giovanni M., ha annullato gli atti della procedura concorsuale indetta con determinazione dirigenziale del 16 dicembre 2011 per complessivi 69 posti di dirigente di seconda fascia presso la medesima Agenzia, a partire dalla correzione delle prove scritte di tutti i candidati, disponendo per l'effetto la rinnovazione delle operazioni di correzione da parte di una nuova Commissione esaminatrice.

L'appello dell'Amministrazione è affidato ai seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione del principio di collegialità nonché dell'art. 15, comma 1, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487; travisamento dei fatti; motivazione insufficiente e contraddittoria (in relazione alla parte della sentenza nella quale il primo giudice ha ritenuto effettivamente inveratasi la violazione della collegialità nelle correzioni, laddove i verbali della Commissione versati in atti non indirizzavano affatto univocamente verso tale conclusione);

2) violazione e falsa applicazione del principio di conservazione degli atti amministrativi e del principio di economicità dell'azione amministrativa; travisamento dei fatti; motivazione insufficiente e contraddittoria (in relazione alla statuizione di annullamento dell'intera fase di correzione della procedura concorsuale, laddove, anche a voler ritenere effettivamente sussistente il vizio riscontrato, questo avrebbe dovuto condurre all'annullamento delle sole correzioni che risultassero affette da tale vizio, e non anche di quelle per le quali il principio di collegialità risultava certamente essere stato rispettato).

Si sono costituiti i dottori Francesco G. e altri (in epigrafe meglio indicati), controinteressati e interventori ad opponendum in prime cure, per aderire all'appello dell'Amministrazione.

Si è altresì costituito il dottor Giovanni M., ricorrente in prime cure, il quale, oltre a eccepire in limine l'inammissibilità dell'appello e a controdedurre alle censure di parte appellante per chiederne la reiezione, ha proposto appello incidentale avverso la medesima sentenza, articolando il seguente motivo d'impugnazione, relativi a censure disattese dal T.A.R.: erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che non sussistesse alcuna situazione di incompatibilità in capo al dottor L., componente della Commissione esaminatrice del concorso, nonché nella parte in cui ha ritenuto che il principio della par condicio dei candidati non fosse stato violato nella procedura concorsuale oggetto di ricorso.

Inoltre, l'appellante incidentale ha riproposto come segue i motivi di censura non esaminati dal giudice di primo grado:

i) illegittimità dei voti e dei giudizi assegnati agli elaborati del dottor M.;

ii) carenza di istruttoria nella correzione degli elaborati dei candidati (in relazione all'eccessiva brevità dei tempi impiegati dalla Commissione, come ricavabile dai verbali);

iii) mancato rilievo da parte della Commissione di plurimi segni di riconoscimento sull'elaborato A del candidato inserito nella posizione n. 9 dell'elenco degli ammessi all'orale;

iv) ulteriori vizi degli atti impugnati (in relazione all'essersi svolta una seduta della Commissione presso lo studio professionale di uno dei commissari, nonché all'incompletezza della Commissione medesima in occasione di alcune sedute).

II. Avverso la medesima sentenza in epigrafe hanno proposto appello, chiedendone la riforma previa sospensione, anche gli interventori ad opponendum e controinteressati di primo grado, dottori Giorgio P. e altri (meglio indicati in epigrafe), sulla scorta dei seguenti motivi:

1) violazione del principio di presunzione di legittimità degli atti amministrativi; violazione ed erronea interpretazione del principio di collegialità di cui all'art. 4, comma 3, del d.P.R. 24 settembre 2004, n. 272, ed all'art. 28, comma 5, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165; difetto di istruttoria e motivazione; irragionevolezza manifesta (censura sovrapponibile nei contenuti al primo motivo dell'appello dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, come sopra descritto al punto I, sub 1);

2) violazione del principio di conservazione degli atti amministrativi legittimi; violazione del principio di economicità dell'azione amministrativa; difetto di istruttoria e motivazione; irragionevolezza manifesta nella individuazione dell'effetto conformativo del disposto annullamento (censura sovrapponibile nei contenuti al secondo motivo dell'appello dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, come sopra descritto al punto I, sub 2).

Anche in questo giudizio, si è costituito l'originario ricorrente, dottor Giovanni M., opponendosi con diffuse argomentazioni all'accoglimento del gravame.

III. All'esito della camera di consiglio del 2 luglio 2015, questa Sezione ha respinto le domande incidentali di sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata formulate dalle parti istanti.

IV. Da ultimo, all'udienza del 18 febbraio 2016, entrambe le cause sono state spedite in decisione.

DIRITTO

1. In via del tutto preliminare, va disposta la riunione dei giudizi in epigrafe ai sensi dell'art. 96 c.p.a., trattandosi di appelli proposti avverso la medesima sentenza.

2. Come già accennato nella premessa in fatto, il presente contenzioso concerne la procedura concorsuale, indetta con determinazione dirigenziale del 16 dicembre 2011 (prot. n. 146312 R.U.), per la copertura di 69 posti di dirigente di seconda fascia presso l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

2.1. L'odierno appellato nonché appellante incidentale nel primo giudizio, dottor Giovanni M., avendo sostenuto con esito negativo le prove scritte d'esame, ha impugnato dinanzi al T.A.R. del Lazio gli atti della procedura, lamentando plurimi vizi di legittimità.

2.2. Con la sentenza oggetto degli odierni gravami, il T.A.R. adìto:

- ha disatteso le censure formulate nel ricorso introduttivo in relazione alla partecipazione alla Commissione esaminatrice del dirigente dottor Alberto L. ed ai suoi effetti in termini di disparità di trattamento sulla scelta delle tracce da somministrare ai candidati;

- ha, invece, ritenuto fondata e assorbente la doglianza di violazione del principio di collegialità in relazione al modus procedendi seguito dalla Commissione per la correzione delle prove scritte, che sulla scorta dei verbali in atti risultava essere stato connotato dall'adozione di un "filtro" monocratico nella lettura degli elaborati, per poi sottoporre alla valutazione collegiale solo le prove che superassero una determinata "soglia" in termini di punteggio potenzialmente assegnabile;

- ha, conseguentemente, annullato tutti gli atti della procedura in questione a partire dalla correzione di tutte le prove scritte, disponendone pertanto la integrale rinnovazione da parte di una nuova Commissione, reputando impossibile, attesa la gravità e l'estensione dei vizi riscontrati, un annullamento limitato alle sole correzioni che risultavano inficiate dal suindicato modus procedendi;

- ha, infine, dichiarato improcedibili le ulteriori doglianze sollevate con i motivi aggiunti in relazione ad altre irregolarità e anomalie risultanti dalla lettura dei verbali della Commissione, nonché all'incongruità e inadeguatezza dei giudizi di inidoneità e dei voti assegnati al ricorrente ed alle posizioni di altri concorrenti.

2.3. Avverso le statuizioni così riassunte insorgono, in via principale, l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e i controinteressati di prime cure, e, con apposito appello incidentale, il ricorrente vittorioso, al fine di riproporre - anche condizionatamente all'eventuale accoglimento degli appelli principali - le censure respinte o non esaminate dal primo giudice.

3. La ricostruzione in fatto che precede, come ricavabile da quella operata dal giudice di prime cure e dalla documentazione in atti, non risulta contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all'art. 64, comma 2, c.p.a., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

4. Tutto ciò premesso, va preliminarmente delibata l'eccezione, sollevata dall'appellato nel secondo dei giudizi qui riuniti, di inammissibilità dell'appello per insussistenza in capo agli istanti di una "posizione giuridica autonoma", come richiesto dall'art. 102, comma 2, c.p.a. ai fini della legittimazione all'impugnazione degli interventori di primo grado.

L'eccezione è infondata.

4.1. Ed invero, la disposizione dianzi evocata va ragionevolmente interpretata, pur nella sua apparente oscurità, nel senso di ammettere - in conformità all'indirizzo giurisprudenziale prevalente in epoca anteriore all'entrata in vigore del codice processuale (cfr. C.d.S., Ad. pl., 24 luglio 1997, n. 15; id., sez. IV, 12 luglio 2010, n. 4495, id., sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8968; id., sez. VI, 7 settembre 2004, n. 5843) - la legittimazione dell'interventore ad opponendum, il quale è per definizione portatore in primo grado di una situazione giuridica sostanziale suscettibile di essere pregiudicata dall'accoglimento del ricorso (ed è, quindi, sempre un controinteressato in senso sostanziale, cosa oggi desumibile dal disposto dell'art. 28, comma 1, c.p.a.), e non anche dell'interventore ad adiuvandum, che di regola è portatore di un interesse di mero fatto, dipendente da quello dell'originario ricorrente, e pertanto interviene nel giudizio per sostenere le ragioni di quest'ultimo.

4.2. Ciò premesso, le deduzioni sulla scorta delle quali parte appellata assume l'inammissibilità dell'appello proposto dagli originari interventori ad opponendum sono incentrate, a ben vedere, sulla negazione della loro stessa qualità di controinteressati in prime cure (in ciò sostanziandosi la negazione dell'esistenza in capo ad essi di una "posizione giuridica autonoma"), traducendosi pertanto in una sorta di tardiva opposizione all'intervento medesimo.

Al di là di tale rilievo, suscettibile di disvelare un profilo di possibile inammissibilità dell'eccezione (non risultando che l'odierno appellato abbia ritualmente sollevato la questione in prime cure), vi è comunque che le deduzioni in esame sono manifestamente infondate, risultando per tabulas che gli odierni appellanti, siccome risultati inseriti nell'elenco dei candidati ammessi alle prove orali, rivestivano certamente qualità sostanziale di controinteressati a fronte di un ricorso - quale è quello esaminato in primo grado - che tendeva non solo e non tanto a contestare il giudizio di inidoneità riportato dal ricorrente, ma anche a travolgere l'intera procedura concorsuale mercé doglianze a carattere formale (come in fatto avvenuto, avendo il T.A.R. - come detto - reputato fondate e accolto proprio dette doglianze).

5. Nel merito, gli appelli principali sono solo parzialmente fondati, mentre infondato è l'appello incidentale.

6. Più specificamente, col primo motivo di entrambi gli appelli principali, viene contestata in radice la conclusione cui è giunto il giudice di prime cure, laddove ha ritenuto che il peculiare modus procedendi seguito dalla Commissione esaminatrice nella correzione degli elaborati relativi alle prove scritte abbia comportato una violazione del principio di collegialità; si assume, in sintesi, che tale conclusione non discendeva in modo indefettibile dai verbali in atti, potendo quanto in essi riportato interpretarsi anche in modo da ricostruire l'operato della Commissione in modo non incompatibile col pieno rispetto del principio dianzi indicato.

La Sezione reputa poco persuasive le argomentazioni, pur pregevolmente sviluppate dalle parti appellate (e, soprattutto, dalla difesa erariale), con le quali si cerca di proporre una ricostruzione "alternativa" a quella sposata dal primo giudice, e pertanto ritiene che il motivo in esame non sia meritevole di favorevole delibazione.

6.1. Ed invero, l'atto sul quale il T.A.R. ha fatto perno per le proprie valutazioni è costituito dal verbale n. 31 del 22-23 maggio 2014, nel quale, a conclusione delle operazioni di correzione delle prove scritte (cui erano stati dedicati i precedenti verbali dal n. 12 al n. 30), la Commissione ha ritenuto di formulare un "riepilogo" dell'attività compiuta fino a quel momento: è proprio in tale "riepilogo" che, come condivisibilmente rilevato in sentenza, si rinvengono incongruenze e anomalie tali da proiettare pesanti ombre sull'operato della Commissione esaminatrice, il quale alla stregua dei soli verbali pregressi apparirebbe invece immune da mende.

In questa sede, giova richiamare sinteticamente il contenuto del ridetto verbale n. 31, a leggere il quale in modo rigorosamente consequenziale risulterebbe che la Commissione:

a) in una prima fase, della quale peraltro non è precisato per quanto si sia protratta, abbia proceduto a lettura collegiale degli elaborati, allo scopo di "definire un metro di valutazione comune";

b) parallelamente a tale fase iniziale, e per i primi 221 candidati esaminati, abbia ritenuto di limitare la lettura ad un solo elaborato per candidato ed omettere l'esame del secondo laddove il primo non raggiungesse il punteggio di 70/110 (ossia, la soglia della sufficienza);

c) successivamente, a partire dal duecentoventiduesimo candidato, preso atto di un parere dell'Ufficio Procedimenti Disciplinari che aveva reputato non corretto il modus procedendi di cui al punto b) che precede, abbia esaminato entrambi gli elaborati di ciascun candidato, provvedendo poi a "recuperare" l'esame del secondo elaborato di quelli, fra i primi 221 candidati, per i quali tale esame era stato omesso;

d) inoltre, una volta esaurita la fase di cui al punto a), abbia delegato la "prima lettura di ogni elaborato" a un singolo componente della Commissione, differenziando l'iter successivo a seconda che tale componente proponesse un punteggio inferiore alla soglia di grave insufficienza di 40/100 (in tal caso "la lettura restava individuale", e il collegio si limitava alla valutazione ed all'assegnazione del punteggio) ovvero superiore a tale soglia (in tal caso si procedeva a lettura collegiale, al fine di meglio determinare il punteggio da attribuire alla prova).

6.2. I passaggi sopra descritti sono riportati nel verbale n. 31 nello stesso ordine cronologico con cui sono stati qui riprodotti e riassunti, ma ciò - contrariamente a quanto si assume da parte appellante - non vale affatto a eliminare i dubbi e le incertezze che tale modalità di redazione del verbale medesimo lascia aperti in ordine a quale sia stato l'effettivo operato della Commissione.

6.2.1. Innanzi tutto, come già rilevato, non è dato conoscere per quanto tempo si sia protratta, e quanti candidati abbia interessato, la prima fase di lettura collegiale di cui al precedente punto a), finalizzata all'individuazione di un parametro valutativo comune da impiegare poi per le successive letture individuali; certamente non può ritenersi, come pure la lettera del verbale potrebbe far credere, che tale fase abbia integralmente coperto le parallele fasi di cui ai punti b) e c), giacché se così fosse le correzioni si sarebbero esaurite per tutti i candidati, mentre è lo stesso verbale a chiarire che a un certo punto alla lettura collegiale si sostituirono le letture individuali di cui sub d) (secondo il meccanismo che il primo giudice ha definito del previo "filtro monocratico" nella correzione).

6.2.2. In secondo luogo, né dal verbale n. 31 né da quelli precedenti è dato evincere in quale momento storico la Commissione abbia ricevuto il ricordato parere dell'Ufficio Procedimenti Disciplinari e ne abbia preso atto, né in quali sedute si sia proceduto a "recuperare" l'esame del secondo elaborato di quelli fra i primi 221 candidati per i quali l'esame era stato omesso alla luce del punteggio di insufficienza attribuito alla prima prova (questa lacuna, peraltro, ha indotto i ricorrenti in distinto giudizio avente a oggetto la stessa procedura concorsuale a proporre querela di falso, atteso che nei fogli excel allegati ai verbali nn. 12-30 sono sempre riportati i punteggi assegnati a entrambe le prove di ciascun candidato, in modo da indurre a ritenere che per i concorrenti la cui seconda prova era stata esaminata in un secondo momento per le ragioni innanzi dette vi sia stata una sorta di integrazione ex post delle schede valutative, senza però che risulti in quale seduta e da chi le relative tracce siano state esaminate e corrette).

6.2.3. In terzo luogo, e ciò che più rileva ai fini che qui interessano, resta del tutto oscuro in che cosa si sia sostanziata quella "condivisione" del punteggio, cui avrebbe proceduto la Commissione nella sua interezza, dopo la lettura individuale da parte del singolo commissario, per gli elaborati che avessero riportato un punteggio di 40/100 o inferiore: l'unica cosa certa è che in tale ipotesi non vi è stata alcuna nuova lettura collegiale dell'elaborato, dal momento che, se così fosse stato, questa ipotesi non si differenzierebbe per nulla da quella dei concorrenti per i quali all'esito della lettura individuale fosse stato proposto un punteggio superiore alla soglia suindicata (ipotesi in cui, come lo stesso verbale n. 31 si preoccupa di precisare, vi sarebbe stata invece una "lettura collegiale" finalizzata alle successive determinazioni).

6.3. Così stando le cose, è evidente che la ricostruzione alternativa suggerita dalle parti appellanti in via principale si basa su presupposti del tutto evanescenti, ipotetici o congetturali - come quando si assume che la fase preliminare di cui sub a) si sarebbe "presumibilmente (sic) protratta per svariate sedute", senza però che le risultanze dei verbali autorizzino alcuna conclusione sul punto -, e pertanto non sono idonee a smentire quella che è la lettura più ragionevole ricavabile dai (pochi) dati certi emergenti dalla documentazione in atti: e, cioè, che un consistente numero di candidati è stato giudicato non idoneo sulla base della lettura di uno solo o di entrambi gli elaborati fatta da un singolo commissario, cui è seguita l'assegnazione di un punteggio di grave insufficienza nel migliore dei casi all'esito di una sorta di "relazione" sintetica svolta dal commissario delegato all'organo collegiale, nel peggiore avendo la Commissione recepito acriticamente le conclusioni del singolo suo componente.

In entrambi i casi, il modus procedendi seguito non risulta compatibile col rispetto del principio del collegio perfetto che, per costante giurisprudenza, deve permeare in primo luogo e soprattutto le attività della Commissione di concorso nella fase di esame e valutazione delle prove da correggere (cfr. C.d.S., sez. IV, 12 novembre 2015, n. 5137; id., sez. VI, 29 luglio 2009, n. 4708; id., sez. IV, 12 marzo 2007, n. 1218).

7. A conclusioni parzialmente diverse deve addivenirsi quanto al secondo motivo degli appelli in esame, con i quali, in via subordinata, si tende a limitare l'effetto demolitorio della sentenza di prime cure alle sole correzioni che risultino effettivamente inficiate dal vizio derivante dalla divisata violazione della collegialità, censurando le statuizioni del primo giudice che ha, invece, annullato integralmente le correzioni de quibus, ordinandone l'integrale rinnovazione.

7.1. Al riguardo, occorre innanzi tutto precisare quanto sinteticamente rilevato in fase cautelare (e contestato dalle parti appellanti), e cioè che la favorevole delibazione dei motivi in esame imporrebbe l'esame dei verbali oggetto di querela di falso in separato ma connesso giudizio, ponendo il connesso problema di una possibile sospensione del giudizio nelle more della definizione dell'incidente tuttora pendente dinanzi al giudice ordinario.

Per l'esattezza, ciò che la condivisione anche solo parziale delle ragioni rappresentate dagli appellanti principali imporrebbe è il successivo esame dell'appello incidentale proposto dall'originario ricorrente, anche nelle parti relative alle doglianze di primo grado che il T.A.R. ha dichiarato improcedibili in ragione del già disposto annullamento integrale degli atti impugnati: ed è appunto sotto tale profilo che non potrebbe escludersi la "riemersione" delle problematiche sottese all'incidente di falso de quo (che il primo giudice, invece, ha ritenuto allo stato irrilevanti ai sensi dell'art. 77, comma 2, c.p.a.).

Al riguardo, può però immediatamente soggiungersi che le censure riproposte dall'appellante principale non evocano in nessuna parte la questione della veridicità dei verbali della Commissione nn. 12-30, oggetto dell'incidente di falso de quo: pertanto, può sin d'ora escludersi ogni rilevanza della questione attualmente al vaglio del giudice ordinario, e quindi la necessità di una sospensione pregiudiziale del presente giudizio.

7.2. Ciò premesso, va rammentato che il giudice di prime cure ha espressamente enunciato le ragioni che rendevano impossibile, a suo avviso, prevenire ad annullamento solo parziale degli atti posti in essere dalla Commissione, facendo salve le correzioni relative a quei candidati per i quali vi era certezza che fosse stato pienamente rispettato il principio di collegialità: al riguardo, sono state evidenziate l'estensione della portata del vizio in questione, coinvolgente - come non smentito dalla stessa Amministrazione - ben 525 candidati su complessivi 727 (e, quindi, il 72,21% del totale), ed anche la sua oggettiva gravità, essendo l'operato della Commissione così macroscopicamente illegittimo da evidenziarne una più generale inaffidabilità o inadeguatezza.

In contrario, gli odierni appellanti invocano i principi di conservazione e di economicità dell'azione amministrativa, in ragione dei quali non sarebbe opzione obbligata l'integrale ripetizione delle operazioni di correzione; si aggiunge anche, con riguardo al dato numerico, che i candidati risultati "immuni" dal vizio riscontrato in primo grado sarebbero sibbene 202, ma di questi solo 80 risultano aver superato anche le prove orali, medio tempore tenutesi (e che non verrebbero travolte, ove si accogliesse la soluzione prospettata nei motivi in esame).

7.3. La Sezione non si nasconde la delicatezza, e anche la difficoltà, dell'applicazione nella specie dei principi richiamati dalle parti appellanti, e in particolare del principio di conservazione, che in relazione alle procedure concorsuali è di regola declinato dalla giurisprudenza in senso "diacronico", e quindi in modo da considerare viziate le fasi successive all'insorgere del vizio di legittimità e lasciare invece integre quelle anteriori, mentre in questo caso si tratterebbe di differenziare, all'interno di una medesima fase della procedura (quella della correzione delle prove scritte), le posizioni degli interessati, in modo da reputare il vizio inficiante per taluni di essi, e non per altri.

Inoltre, è evidente che i divisati principi di conservazione ed economicità - e, quindi, anche il connesso principio che impone di evitare un inutile "aggravamento" del procedimento amministrativo, anche in sede di sua rinnovazione all'esito di giudizio di annullamento - non operano in modo meccanico e automatico, ma piuttosto postulano un'attenta comparazione degli interessi implicati nell'azione della p.a., dovendo in ogni caso prediligersi la soluzione che meglio realizzi l'interesse pubblico da questa perseguito.

Sotto tale angolo visuale, è evidente come, nella prospettiva prescelta dal primo giudice, sarebbe da scongiurare l'evenienza di una rinnovazione solo parziale delle operazioni di correzione da parte di una "nuova Commissione", ossia di una Commissione in composizione diversa, con il contestuale mantenimento in essere di una residua attività di correzione già compiuta dall'originaria Commissione: infatti, per quanto il nuovo organismo di valutazione possa sforzarsi di conformarsi ai criteri e parametri stabiliti dall'originaria Commissione, sarebbe ineliminabile il rischio di disparità e di incongruenze, e quindi di nuovi contenziosi pregiudizievoli per l'Amministrazione (quanto meno in sede di esecuzione del decisum giudiziale).

7.3.1. Tuttavia, la Sezione è dell'avviso che nella specie i rischi suindicati siano evitabili, e l'interesse pubblico possa ricevere una miglior tutela compatibilmente con la più idonea definizione del più generale assetto degli interessi in gioco, attraverso una riforma parziale della sentenza impugnata che, in accoglimento dei motivi in esame, non si limiti a circoscrivere l'annullamento alle sole correzioni che siano state effettivamente compiute in violazione della regola del collegio perfetto, ma statuisca anche nel senso che la rinnovazione delle operazioni di correzione de quibus sia compiuta dalla medesima Commissione esaminatrice che ha finora operato, e non da una nuova Commissione.

Al riguardo, mentre non è dubbio che le critiche delle parti appellanti investano anche questa parte del decisum giudiziale (come è dato evincere, in particolare, dall'epigrafe e dal tenore complessivo dell'appello degli originari interventori), va osservato che la necessità che, in seguito all'annullamento giurisdizionale delle operazioni di correzione in una procedura concorsuale, la rinnovazione delle correzioni medesime sia compiuta da una Commissione "fisicamente" diversa da quella che ha in precedenza operato non costituisce un portato indefettibile della decisione di annullamento, ma piuttosto un effetto conformativo rimesso alle determinazioni del giudice in ragione della più efficace ottemperanza delle statuizioni giudiziali, con particolare riferimento all'esigenze di assicurare pure in tale fase la par condicio fra i candidati e il rispetto dei principi di segretezza e anonimità delle prove d'esame.

Così stando le cose, è evidente che nel caso di specie - al di là dei giudizi negativi espressi dal primo giudice in ordine all'affidabilità e adeguatezza della Commissione, che palesemente fuoriescono dallo stretto ambito del sindacato giurisdizionale - non sussistono esigenze tali da imporre quale effetto ineluttabile dell'annullamento il subentro di una Commissione avente composizione diversa rispetto a quella che ha fin qui operato, e ciò per un duplice ordine di motivi:

- per il gran numero (525) dei candidati interessati dalla prospettata rinnovazione delle correzioni, già di per sé tale da far escludere che, una volta risigillati e resi anonimi i relativi elaborati, la Commissione possa essere influenzata dalla eventuale "memoria" delle correzioni precedentemente effettuate;

- per il fatto, davvero dirimente, che nel caso che qui occupa il vizio che ha indotto l'annullamento si è sostanziato proprio nell'omesso esame di una pluralità di elaborati da parte della Commissione nel suo complesso, di tal che per la stragrande maggioranza delle prove può escludersi a priori che possa sussistere in capo ai commissari un "pregiudizio" riveniente da una precedente (e, come si è visto, quasi sempre inesistente) lettura e correzione delle prove stesse.

7.4. Alla luce di tali piane considerazioni, e considerato che effettivamente non risulta contestato né contestabile che per un certo numero di candidati, sia pure minoritario, vi sia stato il pieno rispetto del principio di collegialità, essendosi proceduto nell'ambito del procedimento più sopra descritto al punto d) alla lettura collegiale delle prove per avere le stesse, all'esito dell'esame da parte del singolo commissario delegato, riportato un punteggio superiore alla soglia di 40/100, possono trovare accoglimento i motivi subordinati d'appello principale, con l'effetto di limitare gli effetti dell'annullamento ai soli 525 candidati risultati inidonei all'esito di valutazione illegittima (per le ragioni sopra precisate), per i quali - anche in tale aspetto dovendo riformarsi le statuizioni di primo grado - la rinnovazione delle correzioni dovrà essere compiuta dalla Commissione originaria, la quale dovrà all'uopo riconvocarsi.

8. Come già accennato, l'acclarata fondatezza (sia pur solo parziale) degli appelli principali impone l'esame, nella sua interezza, dell'appello incidentale proposto dall'originario ricorrente, il quale però si appalesa infondato e pertanto meritevole di reiezione.

9. Col primo, e per vero unico, motivo d'impugnazione incidentale, si reitera la censura - disattesa dal primo giudice - relativa alla pretesa violazione della par condicio fra i candidati determinata dalla scelta delle tracce d'esame, le quali si assume riproducessero gli argomenti di un corso di formazione precedentemente svolto da uno dei commissari (la prima) ed afferissero problematiche specifiche dell'ufficio presso cui questo stesso commissario svolgeva le proprie funzioni (la seconda), in modo da avvantaggiare i candidati che avessero seguito il predetto corso ovvero operassero presso l'ufficio in questione.

La censura viene riproposta, così come avvenuto in primo grado, anche sub specie di illegittima composizione della Commissione esaminatrice, a cagione della asserita incompatibilità del componente in questione.

9.1. Il motivo è infondato sotto tutti i profili prospettati.

9.2. Con riguardo alla predisposizione delle tracce d'esame, il giudice di prime cure ha condivisibilmente richiamato i noti insegnamenti giurisprudenziali secondo cui siffatta attività costituisce espressione di discrezionalità tecnica riservata alla Commissione, ed è pertanto sindacabile in sede giudiziale nei soli casi estremi di macroscopica erroneità o incongruenza rispetto alla materia d'esame.

Tuttavia, nel caso che qui occupa da parte odierna appellante incidentale, più che la sussistenza di siffatti vizi, si assume che le tracce sarebbero state deliberatamente predisposte in modo tale da favorire determinati candidati a scapito di altri, in ciò riposando l'ipotizzata lesione della par condicio.

È del tutto evidente che un tale assunto, per la sua indubbia gravità (astrattamente suscettibile anche di implicazioni di natura penale, delle quali però non è traccia agli atti del presente giudizio), avrebbe necessitato dell'indicazione quanto meno di elementi indiziari precisi, plurimi e concordanti: ciò che non risulta avvenuto, essendosi l'istante limitati ad allegazioni suggestive e per lo più congetturali, ma non tali da raggiungere neanche la soglia di una delle figure sintomatiche del vizio di eccesso di potere.

9.2.1. Innanzi tutto, quanto alla prova teorica, questa ha avuto a oggetto un argomento (il procedimento disciplinare) che costituisce indubbiamente un tema generalissimo e fondamentale della materia del pubblico impiego in generale, e quindi il semplice fatto che esso fosse stato trattato in un recente corso di formazione non può ex se essere addotto quale elemento decisivo nel senso di una artata violazione della par condicio fra i partecipanti al concorso.

In altri termini, si tratta di un argomento così generale e fondamentale da dover essere certamente conosciuto da qualsiasi candidato in possesso di una preparazione un minimo seria, indipendentemente dall'aver questi frequentato uno o più corsi di formazione.

9.2.2. Con riguardo all'oggetto della seconda prova, se anche è vero che si trattava di un tema estremamente specifico e settoriale, e quindi tale da avvantaggiare quanti fra i candidati si fossero trovati nella condizione di averne una conoscenza approfondita a cagione del servizio prestato, neanche ciò può di per sé solo autorizzare la conclusione che la traccia sia stata predisposta al preciso scopo di favorire alcuni concorrenti e svantaggiarne altri.

Insomma, il fatto che nell'ambito di un concorso pubblico possa venir sorteggiata una traccia alquanto specifica e settoriale, che solo pochi candidati hanno la ventura di conoscere, costituisce evenienza in qualche modo "fisiologica" (ancorché per molti versi deprecabile), e quindi inidonea, in difetto di ulteriori elementi esterni di riscontro, a dimostrare uno sviamento di potere nel senso denunciato dagli appellanti incidentali.

9.2.3. Se a tutto questo si aggiunge che, come è ovvio, le tracce in questione sono scaturite da un sorteggio eseguito nell'ambito di una "rosa" di tracce anche molto diverse, ed in relazione alla cui formazione non sono stati allegati profili di illegittimità (così come non sono state neanche adombrate irregolarità del sorteggio medesimo), è agevole concludere che le deduzioni attoree non raggiungono la soglia minima di consistenza tale da disvelare il vizio denunciato.

9.3. Per motivi in parte analoghi a quelli fin qui esposti, va escluso che sussistesse una situazione di opportunità, rilevante ai sensi del comma 2 dell'art. 51 c.p.c., tale da rendere anche solo consigliabile (se non doverosa) l'astensione del commissario de quo.

Infatti, è del tutto evidente che non possono determinare incompatibilità a far parte della Commissione esaminatrice né l'aver svolto funzioni di docente in un corso di formazione del personale (essendo del tutto naturale che tali funzioni vengano svolte anche da dirigenti della stessa Amministrazione), né tanto meno la stessa qualità rivestita di dirigente di un determinato ufficio (atteso che è per legge che la Commissione in discorso doveva essere integrata anche da dirigenti della stessa Amministrazione indicente la procedura di concorso).

10. Restano da esaminare le censure di primo grado che l'istante ha riproposto nell'appello incidentale, essendone stato omesso l'esame da parte del primo giudice a cagione della declaratoria di improcedibilità indotta dalla già acclarata necessità di annullare l'intera procedura per altri motivi.

11. Dette censure sono anch'esse o infondate o inammissibili.

11.1. In primis, va disattesa la primaria doglianza con la quale, ancorché sulla scorta di estesi ed argomentati rilievi, si tende a sollecitare un riesame giudiziale degli esiti delle prove sostenute dal ricorrente, assumendo l'erroneità dei voti e dei giudizi d'insufficienza riportati.

Tale censura è invero inammissibile, dovendo in ogni caso procedersi - per le ragioni dianzi esposte - a rinnovazione della correzione anche degli elaborati dell'odierno appellante incidentale: e, tuttavia, anche al fine di orientare la successiva attività della Commissione in tale sede, non è fuori luogo richiamare sinteticamente il consolidato indirizzo che esclude l'ammissibilità delle doglianze impingenti la sfera riservata alla valutazione tecnico-discrezionale attribuita ex lege all'organo deputato alla valutazione delle prove di esame, al di fuori di casi limite di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza (cfr., ex plurimis e solo fra le più recenti, C.d.S., sez. V, 26 giugno 2015, n. 3240; id., 10 giugno 2015, n. 2845; id., sez. IV, 29 dicembre 2014, n. 6387).

11.2. Del pari inammissibili sono le ulteriori censure afferenti alla posizione di altri candidati, cui si imputano o ipotesi di plagio o l'aver apposto sui propri elaborati segni di riconoscimento tali da pregiudicarne l'anonimato.

Tale inammissibilità, discendente dalle ragioni già più sopra rappresentante, andrebbe a fortiori ribadita qualora, all'esito della nuova correzione conseguente alla presente decisione, dovesse trovare conferma il giudizio di non ammissione alle prove orali dell'odierno appellante incidentale, in virtù del noto principio per cui i partecipanti a una procedura concorsuale, i quali risultino legittimamente dichiarati inidonei, non hanno legittimazione né interesse a contestare la posizione dei candidati risultati idonei (cfr. C.d.S., sez. IV, 12 novembre 2015, n. 5137).

11.3. Va disattesa, poi, anche la censura articolata in relazione all'asseritamente eccessiva brevità dei tempi impiegati dalla Commissione per correggere tutti gli elaborati, essendo al riguardo sufficiente richiamare la pacifica giurisprudenza per cui non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d'esame di candidati: in primo luogo, infatti, manca una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti; in secondo luogo, non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato; inoltre, i calcoli risultano scarsamente significativi laddove siano stati effettuati in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati (cfr. C.d.S., sez. IV, n. 5137/2015, cit.; id., sez. VI, 1° febbraio 2013, n. 614; in termini, cfr. anche C.d.S., sez. IV, 12 luglio 2013, n. 3754; id., 1° agosto 2012, n. 3103; id., 23 febbraio 2012, n. 970; id., 13 luglio 2011, n. 4237).

11.4. Del pari destituite di fondatezza sono le doglianze afferenti alle ulteriori anomalie e irregolarità che, a dire dell'istante, avrebbero connotato l'operato della Commissione esaminatrice.

11.4.1. In particolare, con riferimento allo svolgimento di una seduta della Commissione presso lo studio professionale di uno dei commissari, premesso che non esiste alcuna norma che imponga in modo vincolante in quali luoghi le attività della Commissione devono avvenire, può osservarsi che l'istante non ha spiegato se e quali alterazioni del regolare iter procedimentale sarebbero discese da tale circostanza, e quindi quale pregiudizio ne sarebbe derivato al medesimo istante (sul punto, può farsi rinvio alle repliche degli appellanti principali in ordine alla insussistenza della "confusione" che secondo l'originario ricorrente vi sarebbe stata nell'individuazione dei fogli impiegati per la correzione).

11.4.2. Quanto poi all'incompletezza della Commissione in occasione delle sedute dei giorni 25 novembre 2013 e del 16 dicembre 2013, non è contestato che in tali occasioni non fu svolta alcuna attività (nel primo caso essendovi stato un mero rinvio ad altra data proprio per l'impedimento di uno dei commissari e per non esservi stato tempo di convocare il supplente, nel secondo caso essendosi la Commissione limitata a prendere atto della sospensiva disposta dal T.A.R. nel presente giudizio e quindi della necessità di astenersi da ogni ulteriore attività fino alla trattazione del merito).

Pertanto, la ravvisata assenza di alcuni componenti non risulta aver spiegato alcuna incidenza viziante sulla procedura concorsuale de qua.

12. In conclusione, sulla scorta dei rilievi fin qui svolti, s'impongono l'accoglimento parziale degli appelli principali e l'integrale reiezione dell'appello incidentale, con la parziale riforma della sentenza impugnata nei sensi e con gli effetti che si sono precisati: in particolare, va ulteriormente limitato l'accoglimento dei primi motivi aggiunti di primo grado, con la evidenziata riduzione degli effetti, demolitori e conformativi, della decisione di annullamento.

Peraltro, le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: cfr., ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

13. In considerazione della parziale soccombenza reciproca, nonché della peculiarità della vicenda esaminata, le spese del grado possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, riuniti gli appelli come in epigrafe proposti:

- accoglie in parte gli appelli principali e li respinge per il resto;

- respinge l'appello incidentale;

- per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte più limitata i primi motivi aggiunti di primo grado, nei sensi e con gli effetti di cui in motivazione, confermando per il resto la sentenza medesima.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

F. Caringella

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