Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 3 maggio 2016, n. 1696

Presidente ed Estensore: Maruotti

FATTO E DIRITTO

1. Con l'atto n. 2226 del 9 giugno 2010, il Questore della provincia di Alessandria ha revocato la licenza di porto di fucile, rilasciata all'appellato in data 22 giugno 2007 per uso caccia.

A fondamento dell'atto di revoca, il Questore ha rilevato che l'appellato è stato condannato in sede penale per la commissione di un delitto di furto, alla pena di sei mesi di reclusione e di 200 euro di multa, convertita - quanto alla pena detentiva - nella pena pecuniaria di euro 6.840.

2. Con il ricorso di primo grado n. 1085 del 2010 (proposto al TAR per il Piemonte), l'interessato ha impugnato l'atto di revoca, chiedendone l'annullamento per violazione dell'art. 57 della l. n. 689 del 1981 e degli artt. 11 e 43 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con il r.d. n. 773 del 1931.

3. Il TAR per il Piemonte - con la sentenza impugnata n. 910 del 2011 - ha accolto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio, rilevando la sussistenza dei vizi dedotti.

4. Con l'appello in esame, il Ministero dell'Interno ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado sia respinto, poiché l'atto emesso il 9 giugno 2010 non sarebbe affetto dai vizi rilevati dal TAR.

L'appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l'appello sia respinto.

5. All'udienza del 28 aprile 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. Ritiene la Sezione che l'appello del Ministero dell'Interno sia infondato e vada respinto.

6.1. L'atto impugnato in primo grado ha ritenuto che vi sia stata la condanna dell'appellato per uno dei "reati ostativi" previsti dall'art. 43, primo comma, del testo unico approvato con il r.d. n. 773 del 1931 (per il quale «oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi: a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione...»), che comporta il dovere di disporre la «revoca» della licenza già rilasciata, ai sensi dell'art. 11, secondo comma, del medesimo testo unico.

Il TAR ha rilevato che la condanna penale, nella specie, ha disposto la sostituzione della pena della reclusione in pena pecuniaria, ai sensi dell'art. 57 della l. n. 689 del 1981, sicché non sussistono i presupposti per ravvisare un "reato ostativo" e, dunque, per disporre la revoca della licenza a suo tempo rilasciata.

Il TAR in tal modo ha tenuto conto di quanto affermato dalla sentenza della Sesta Sezione di questo Consiglio, 23 luglio 2008, n. 3654.

6.2. Il Ministero dell'Interno, nel contestare la legittimità della statuizione del TAR, ha dedotto che l'art. 43 del testo unico attribuisce decisivo rilievo alla condanna alla reclusione «per furto», che rende doveroso l'atto di ritiro della licenza di portare le armi.

6.3. Dopo un approfondito esame, ritiene la Sezione che la sentenza impugnata vada confermata.

La l. n. 689 del 1981 all'art. 53 ha disciplinato la «sostituzione di pene semidetentive brevi», mentre all'art. 57, secondo comma, ha disposto che «la pena pecuniaria si considera sempre come tale, anche se sostitutiva della pena detentiva».

Al riguardo, la Sezione rileva che:

- il sopra riportato art. 43, primo comma, del testo unico attribuisce rilievo non alla condanna in sé per uno dei reati ivi specificati (tra cui il furto), ma alla «condanna alla reclusione»;

- il dispositivo della sentenza che applica l'art. 57 della l. n. 689 del 1971 contiene testualmente la condanna alla pena pecuniaria (e non alla pena detentiva);

- con l'avverbio «sempre», l'art. 57 evidenzia la voluntas legis di disporre che un tale dispositivo di sentenza non rende applicabili le disposizioni che - nel prevedere conseguenze sfavorevoli per i condannati - presuppongano l'avvenuta condanna ad una «pena detentiva», non solo quando si tratti di «effetti penali» in senso tecnico, ma anche quando si tratti di conseguenze amministrative previste da leggi di settore;

- nella specie, l'appellato è stato condannato ad una «pena pecuniaria» e non alla pena della «reclusione», sicché non sussiste il fatto posto a base dell'emanazione del provvedimento di revoca impugnato in primo grado.

7. Ritiene pertanto la Sezione di dover affermare il seguente principio di diritto:

«Qualora il giudice penale abbia disposto la condanna al pagamento della pena pecuniaria - in luogo della reclusione - ai sensi degli artt. 53 e 57 della l. n. 689 del 1981, per uno dei reati individuati dall'art. 43, primo comma, del testo unico approvato con il r.d. n. 773 del 1931 (e dunque per uno dei reati "ostativi" al rilascio o al mantenimento di licenze di portare le armi), l'autorità amministrativa non deve disporre senz'altro la revoca (prevista dal medesimo primo comma) della già rilasciata licenza, ma può valutare le relative circostanze ai fini dell'esercizio del potere discrezionale (previsto dal secondo comma dell'art. 43)».

8. Per le ragioni che precedono, l'appello va respinto, con conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l'appello n. 2727 del 2016.

Compensa tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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