Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 6 maggio 2016, n. 1829

Presidente: Giovagnoli - Estensore: Mele

FATTO

Con sentenza n. 4733/2014 del 7 maggio 2014 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Bis, rigettava il ricorso ed i motivi aggiunti proposti dalla dott. Simona S., intesi ad ottenere l'annullamento del provvedimento di esclusione della ricorrente alle prove orali del concorso a 145 posti di dirigente tecnico del MIUR indetto con ddg del 30 gennaio 2008, degli atti presupposti (bando, atti di nomina della commissione e atti della procedura selettiva), nonché degli ulteriori decreti ministeriali di nomina della Commissione e del d.d.g. del 17 aprile 2013 di approvazione e pubblicazione della graduatoria finale.

La sentenza esponeva in fatto quanto segue.

"Con il ricorso in esame... Simona S., insegnante di ruolo di scuola primaria, impugna - in uno agli atti presupposti di determinazione della composizione della commissione di concorso - la mancata ammissione alle prove orali del concorso pubblico per esami a 145 posti di dirigente tecnico del MIUR indetto con d.d.g. del 30 gennaio 2008, deducendo: 1) la violazione degli artt. 4 e 5 del d.p.r. 24-9-2004, n. 272, degli artt. 28 e 36 del d.lgs. 30-3-2001, n. 165, degli artt. 3, 6, 7, 8, 12 e 14 del dpr 9-5-1994, n. 487, degli artt. 3 e ss. l. n. 241 del 1990, degli artt. 3, 35, 36 e 97 Cost., l'eccesso di potere, per l'illegittimità dei decreti ministeriali 5-2-2008 e 8-4-2009 di determinazione della composizione della commissione esaminatrice nella parte in cui è fatta, peraltro senza motivazione, la nomina, quali esperti, di Luciano Favini, dirigente di II fascia del MIUR e di Dino Lauri, dirigente di II fascia in pensione, anziché di dirigenti di I fascia; inoltre, in quanto la Commissione sarebbe stata nominata con decreti del Ministro anziché con decreti del direttore generale che ha bandito il concorso; 2) l'irragionevolezza e la contraddittorietà delle valutazioni negative delle prove scritte della ricorrente che, in fase di preselezione, si era collocata al 3° posto su circa 6000 candidati partecipanti e su 440 ammessi alle prove scritte. Si è difeso il Ministero intimato chiedendo il rigetto dell'impugnativa. Con ordinanza cautelare n. 1149 del 9 marzo 2013 la sezione ha respinto la domanda cautelare articolata dalla ricorrente. quest'ultima, con motivi aggiunti...a seguito dell'acquisizione di tutti i decreti di nomina della commissione di concorso, ha ulteriormente gravato il d.m. 27-7-2009 col quale il numero dei componenti effettivi era stato portato da tre a cinque (mediante la trasformazione di un membro supplente e la nomina ex novo di altro componente "esperto") ed erano stati poi nominati effettivi tutti i precedenti membri supplenti, per culminare con la nomina, ad operazioni concorsuali iniziate da oltre un anno, col d.m. 24-10-2010 di integrazione della commissione con altri 18 membri esperti, ciascuno per settore e sottosettore, in particolare individuando la prof. M. Paola Tinaglia per l'intero settore Cod. 01 della ricorrente (e non per singola materia), così portando i relativi componenti da 5 a 6. In tal modo: 1) sarebbero stati violati il comma 5 dell'art. 4 del dpr n. 272/2004 (che consentirebbe l'integrazione della commissione solo con esperti in lingue straniere ed esperti di informatica) e il comma 1 dello stesso articolo (che impone un numero di componenti delle commissioni di concorso a dirigente sempre dispari); 2) inoltre, lamenta la ricorrente che la prof. Tinaglia, per come emerge dal verbale n. 174 del 28-11-2012 (nel quale è stato valutato negativamente l'unico elaborato della ricorrente preso in esame dalla commissione), nemmeno avrebbe partecipato alla seduta, nel mentre avrebbero preso parte alla riunione del 20-4-2009 (verbale n. 1) anche i membri supplenti e in veste deliberativa, tanto che il relativo verbale risulterebbe sottoscritto da uno di essi (la dott.ssa Luigia Savino) e dal componente Giuseppe Rossi che, tuttavia, sarebbe stato nominato membro effettivo solo col d.m. 27-5-2009; 3) ancora, risulterebbe violato l'art. 12 del dpr n. 487/1994 per essere stati stabiliti i criteri di valutazione non nella prima riunione ma in quella dell'11-4-2001 (verbale n. 58) e, comunque, per essere gli stessi contraddittori ed irragionevoli, laddove, sommando tutti i singoli punteggi di sufficienza previsti per i vari criteri nelle griglie di valutazione, si otterrebbe un punteggio complessivo inferiore ai 7/10, prescritti dal dpr menzionato e dal d.m. 30-1-2008 per accedere alle prove orali; 4) non sarebbero inoltre stati apposti sugli elaborati della ricorrente alcun segno o sottolineatura che potessero individuare sbagli di impostazione o di contenuto; 5) infine, risulterebbe violato l'anonimato concorsuale, tenuto conto che sull'elaborato di altro candidato ammesso alle prove orali compariva, alla fine delle prime sei pagine, la seguente postilla "continua su minuta a pag. 7", con ulteriori tredici pagine di elaborato, integrante un segno di riconoscimento non rilevato tuttavia dalla commissione di concorso. Con i secondi motivi aggiunti, la ricorrente ha, infine, impugnato, censurandola di illegittimità derivata, la graduatoria dei vincitori di concorso approvata con d.d.g. del 17-4-2013 e pubblicata nella stessa data...".

Avverso tale sentenza di rigetto la dott. S. ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendone l'annullamento e l'integrale riforma, con conseguente accoglimento del ricorso spiegato in primo grado.

Con articolata prospettazione ha prodotto cinque motivi di appello, lamentando l'erroneità della decisione del Tribunale Amministrativo.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Istruzione, deducendo l'infondatezza dell'appello e chiedendone il rigetto.

Sono state depositate memorie illustrative.

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all'udienza del 7 aprile 2016.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello la dott. S. censura la sentenza appellata nella parte in cui ha respinto il primo motivo del ricorso di primo grado con il quale era stata dedotta l'illegittimità delle nomine a commissari di esame, avvenuta con i decreti ministeriali del 5 febbraio 2008 e dell'8 aprile 2009, in qualità di esperti, del dott. Luciano Favini, dirigente di 2^ fascia in servizio, e del dott. Dino Lauri, dirigente di 2^ fascia in quiescenza.

Evidenzia in proposito l'erroneità della gravata sentenza laddove ha ritenuto la legittimità delle suddette nomine in quanto in linea con quanto affermato dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1218/2007.

Tale pronuncia evidenzierebbe, invece, l'illegittimità delle nomine, avendo affermato che i dirigenti di 2^ fascia in servizio o in quiescenza non possono essere nominati commissari, con la sola eccezione del dirigente di 2^ fascia in quiescenza che possieda titoli professionali, scientifici ed accademici di tale rilievo da poterlo annoverare tra gli esperti di comprovata qualificazione, titoli necessariamente estranei all'esercizio di funzioni pregresse svolte nell'ambito del rapporto di impiego.

Di conseguenza, il d.m. 5 febbraio 2008 sarebbe illegittimo in quanto nominerebbe il dott. Lino Lauri, dirigente di 2^ fascia ancora in servizio, mentre il d.m. 8 aprile 2009 sarebbe illegittimo in quanto avrebbe nominato il dott. Luciano Favini, dirigente di 2^ fascia in quiescenza, senza minimamente specificare i titoli di cui lo stesso è in possesso, tali da poterlo qualificare "esperto", senza allegare alcun curriculum ovvero rendere alcuna motivazione sul punto.

Il motivo di appello non è meritevole di favorevole considerazione.

La gravata sentenza così motiva sul punto.

"... è sufficiente richiamare il decisum di questa Sezione reso, in relazione al medesimo concorso, con la sentenza 5 luglio 2013 n. 6651 nella parte in cui, per un verso, riprende l'orientamento del Consiglio di Stato (12 marzo 2007 n. 1218) nei termini per cui "la corretta interpretazione del comma 3 dell'art. 4 del dpr n. 272 del 2004 non preclude la nomina, in qualità di esperti, dei dirigenti di seconda fascia nelle commissioni esaminatrici dei concorsi del tipo di quello per cui è causa, se è comprovata la loro qualificazione nelle materie oggetto del concorso" e, per altro verso, scrutina favorevolmente la qualificazione professionale dei componenti in questione (Favini e Lauri) in relazione alle specializzazioni di cui ciascuno di essi è dotato, quali aspetti sufficientemente motivati col richiamo, nelle premesse dei decreti di nomina, alle norme di legge e regolamentari, tra cui il dpr 24 settembre 2004, n. 272, in base al quale le nomine stesse erano state effettuate".

Il Collegio condivide la determinazione reiettiva del giudice di prime cure sulla base delle seguenti considerazioni.

L'art. 4, comma 3, del d.P.R. n. 272 del 2004 ("Regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente, ai sensi dell'art. 28, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165") prevede, quanto alla composizione della Commissione esaminatrice, che "I componenti sono scelti tra dirigenti di prima fascia delle amministrazioni pubbliche, professori di prima fascia di università pubbliche o private, nonché tra esperti di comprovata qualificazione nelle materie oggetto del concorso".

La Sezione, negli arresti giurisprudenziali più recenti, ha affermato (cfr. sent. 24 giugno 2010, n. 4007) che la corretta interpretazione della norma non preclude la nomina, in qualità di esperti, dei dirigenti di seconda fascia, se è comprovata la loro qualificazione nelle materie oggetto di concorso.

Si è in proposito argomentato:

- che la norma stabilisce che i componenti delle commissioni sono scelti tra dirigenti e docenti universitari di prima fascia e anche ("nonché") tra esperti di comprovata qualificazione, individuando così gli esperti come categoria distinta dalle precedenti;

- che essa pone, come solo requisito per la nomina degli esperti, che ne sia comprovata la qualificazione e non vieta la loro nomina tra dirigenti di seconda fascia laddove, nello stesso art. 4, divieti espressi sono invece stabiliti (comma 6);

- che la previsione, innovativa del previgente art. 4 del d.P.R. n. 324 del 2000, per cui i dirigenti e i docenti universitari devono essere di prima fascia e degli esperti deve essere comprovata la qualificazione, è volta a garantire che la commissione sia formata al meglio, in quanto composta da membri la cui qualificazione non deve essere verificata, perché collocati al massimo livello delle rispettive categorie, e da altri, gli esperti, la cui qualificazione si deve provare proprio perché non appartenenti a quelle categorie;

- che da tanto deriva che i membri della commissione possono essere, ove ne sia dimostrata la particolare qualificazione, anche dirigenti di seconda fascia non essendo ciò vietato da alcuna disposizione normativa, non potendosi escludere che, accanto ai dirigenti di prima fascia, in ogni caso in possesso di doti culturali specifiche nelle materie del concorso, vi siano dirigenti di seconda fascia che abbiano attinto nelle stesse materie un particolare prestigio per percorso di carriera e di studio, risultando irragionevole che la commissione debba privarsi del loro apporto soltanto perché non dirigenti di prima fascia e venendo con ciò comunque rispettato il principio per cui aspiranti dirigenti sono valutati da dipendenti interni di qualifica non inferiore;

- che, pertanto, la discrezionalità dell'amministrazione si colloca in questo quadro ed essa va esercitata nel duplice limite della qualificazione nelle materie oggetto di concorso e della prova di tale qualificazione.

Ciò posto, ritiene il Collegio che la nomina dei dottori Favini e Lauri sia legittima, in quanto conforme alla previsione normativa, come sopra letta ed interpretata.

Va, invero, in primo luogo considerato che gli stessi risultano essere stati espressamente nominati in qualità di "esperto".

Di poi, la "comprovata qualificazione nelle materie oggetto del concorso" emerge indiscutibilmente dai curricula vitae dei predetti soggetti, depositati in giudizio dall'Amministrazione.

Dagli stessi è possibile evincere, oltre ai titoli di studio di livello superiore, una lunga esperienza di dirigente tecnico nei ruoli del MIUR, la partecipazione a commissioni, comitati e gruppi di lavoro che ne evidenziano una peculiare qualificazione nelle materie - di attinenza alla legislazione scolastica, alla organizzazione, al funzionamento delle istituzioni scolastiche, all'ordinamento degli studi - sulle quali deve essere operata la selezione dei dirigenti tecnici di cui alla procedura concorsuale in oggetto.

Orbene, elemento sufficiente a fondare la legittimità della nomina è la sussistenza, in capo al commissario, della qualificazione che ne fonda la designazione in qualità di "esperto" e che tale qualificazione sia "comprovata", cioè realmente esistente.

Tale presupposto sussiste nella fattispecie concreta oggetto del presente giudizio e, dunque, gli atti gravati sono, sotto tale profilo, legittimi.

Né è condivisibile, a giustificare l'invocata invalidità, la prospettata carenza motivazionale.

Ritiene in proposito la Sezione che la nomina non debba scontare della diffusa esplicitazione delle ragioni e degli elementi sui quali la ritenuta qualificazione si fonda, risultando bastevole ai fini della legittimità di essa - per come si desume dai contenuti dell'art. 4, comma 3, citato - che la qualificazione sussista in concreto.

Tenuto conto della natura dell'atto di nomina della Commissione giudicatrice, risulta sufficiente, ai fini dell'adempimento dell'obbligo motivazionale, il semplice richiamo alla normativa di riferimento e l'indicazione della qualità del soggetto nominato (nella specie, come "esperto"), con ciò sufficientemente esternandosi le ragioni della scelta in relazione a quanto disposto dalla norma, ferma restando evidentemente la sussistenza in concreto dei requisiti di qualificazione richiesti dal richiamato art. 4.

L'indicazione della qualifica in relazione alla quale il soggetto è nominato commissario costituisce, invero, elemento sufficiente a dar conto delle ragioni sottese alla sua scelta e consente in tal modo, attraverso successive verifiche, di acclarare, indirizzando verso il pertinente parametro di legittimità, la sostanziale validità o invalidità della determinazione amministrativa.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, il primo motivo di appello deve essere, pertanto, rigettato.

Con il secondo motivo la dott. S. censura la sentenza del Tribunale Amministrativo nella parte in cui ha respinto la doglianza che aveva censurato i provvedimenti di nomina della Commissione giudicatrice in quanto disposti con decreto del Ministro e non del Direttore Generale.

L'appellante lamenta in primo luogo l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l'inciso "organo di governo", contenuto nell'art. 4, comma 1, del d.P.R. n. 272/2004, andasse interpretato come riferito all'organo politico del Ministero e non anche all'organo di gestione.

Tale lettura si porrebbe in contrasto con:

- l'art. 9, comma 1, del d.P.R. n. 487/1994, il quale dispone che le commissioni esaminatrici dei concorsi sono nominate con provvedimento del "competente organo amministrativo";

- gli artt. 4 e 16 del d.lgs. n. 165/2001, che attribuiscono ai dirigenti l'attività di gestione amministrativa e le attività di organizzazione e gestione del personale.

La tesi affermata dal Tribunale sarebbe, poi, priva di qualsiasi ragionevolezza e logicità, in quanto non avrebbe senso alcuno che l'attribuzione del potere di bandire il concorso sia riconosciuto al Direttore Generale mentre quello di nominare la Commissione giudicatrice sia invece assegnato al Ministro.

L'inciso "organo di governo" non può che essere interpretato come riferito al "dirigente" anche alla luce dell'art. 37 del d.lgs. n. 150/2009, il quale afferma il rafforzamento del principio di separazione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni amministrative spettanti alla dirigenza.

Il motivo di appello non è meritevole di favorevole considerazione.

La sentenza gravata così motiva sul punto.

"Va del pari respinta la censura di incompetenza articolata dalla ricorrente per violazione dell'articolo 4, comma 1, del dpr 24 settembre 2004, n. 272... il quale, nel disporre che "la commissione esaminatrice del concorso è nominata con decreto dell'organo di governo dell'amministrazione che indice il concorso", scolpirebbe, ad avviso della S., la competenza esclusiva del direttore generale il quale, anche nel caso in esame, aveva provveduto a bandire con proprio decreto il concorso. Ne discenderebbe l'illegittimità dei decreti ministeriali di nomina della Commissione. In contrario, come pure evidenziato dalla difesa pubblica, vale la piana lettura della norma sopra riportata dalla quale si evince che la commissione è nominata dall'organo di governo (cioè il Ministro, nel caso di specie) posto al vertice (che governa) l'amministrazione la quale, per mezzo dei necessari decreti direttoriali, ha già provveduto a bandire il concorso medesimo; in definitiva, con una separazione, letterale prima ancora che giuridica, tra l'attività di indizione della procedura concorsuale e quella di nomina dei componenti la commissione giudicatrice".

La Sezione condivide la determinazione reiettiva del Tribunale, sulla base delle considerazioni che di seguito si espongono, le quali evidenziano l'infondatezza delle proposte censure.

L'art. 4, comma 1, del d.P.R. n. 272/2004 prevede che "La commissione esaminatrice del concorso è nominata con decreto dell'Organo di governo che indice il concorso".

Punctum pruriens è, pertanto, la corretta interpretazione dell'inciso "organo di governo", al fine di verificare se lo stesso sia identificabile nel Ministro ovvero nell'organo dirigenziale.

Ritiene il Collegio che correttamente il giudice di primo grado abbia ritenuto che "organo di governo" sia il Ministro, così affermando la legittimità dei decreti di nomina dei componenti della Commissione giudicatrice.

A tale conclusione si giunge non solo attraverso una analisi letterale per così dire "generica" e "neutra" del testo normativo, così come operata dal giudice di primo grado, secondo il quale "organo di governo (cioè il Ministro nel caso di specie)" è quello "posto al vertice (che governa) l'amministrazione".

Ma vi si perviene - a giudizio del Collegio - con esiti ancora più sicuri indagando lo specifico significato che il d.lgs. n. 165/2001 (dal cui art. 28, comma 5, origina il d.P.R. n. 272/2004) attribuisce al termine "organi di governo".

L'esame delle disposizioni contenute nel citato decreto legislativo esclude, infatti, che con tale termine possa farsi riferimento all'organo dirigenziale.

Va in primo luogo considerato che l'art. 4 di tale testo normativo, scolpendo il principio della separazione tra la funzione di indirizzo politico-amministrativo e quella di gestione amministrativa, tiene ben distinti gli "organi di governo" dai "dirigenti", in tal modo chiarendo che si tratta di soggetti diversi.

Invero, il comma 1 dispone che "gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo...", mentre il comma 2 chiarisce che "ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo".

Tale conclusione è ulteriormente avvalorata dallo stesso art. 37 del d.lgs. n. 150/2009, invocato dall'appellante, laddove tiene ben distinti "organi di governo" dalla "dirigenza" ("... rafforzare il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza").

Già tali norme escludono, dunque, che l'inciso "organi di governo" possa essere interpretato nel senso di "organi dirigenziali".

Va, peraltro, evidenziato che si rinvengono nel d.lgs. n. 165/2001 ulteriori norme le quali espressamente identificano, nelle amministrazioni statali, l'organo di governo con il Ministro.

Ed, invero, l'art. 14 precisa che "il Ministro esercita le funzioni di cui all'articolo 4, comma 1", in tal modo chiarendo che è questo l'"organo di governo", cui l'art. 4, comma 1, citato assegna le funzioni di indirizzo politico-amministrativo.

Dall'analisi letterale del dato normativo, così come sopra effettuata, emerge, dunque, senza possibilità di smentita che quando l'art. 4, comma 1, del d.P.R. n. 272/2004 ha attribuito il potere di nomina della commissione amministratrice del concorso all'"organo di governo dell'amministrazione che indice il concorso" ha inteso riferirsi al Ministro (il quale è "organo di governo" nell'amministrazione ministeriale) e non anche al dirigente, il quale non è tale alla luce dell'analisi condotta sul testo normativo fondamentale in materia di ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, dal quale origina la specifica disposizione regolamentare della cui applicazione in questa sede si controverte.

Parimenti non risulta condivisibile l'ulteriore profilo di censura proposto dall'appellante, secondo cui tale conclusione sarebbe priva di ragionevolezza e logicità, atteso che non avrebbe senso alcuno assegnare al dirigente il potere di indizione del concorso e riservare invece al Ministro quello di nomina della commissione, che costituirebbe pur sempre un atto di gestione amministrativa.

Rileva in proposito la Sezione che l'atto di nomina di una commissione di concorso, inserito in un più ampio procedimento di reclutamento di personale dipendente della pubblica amministrazione, configura per sua intrinseca natura un atto di gestione e non anche attività di indirizzo politico-amministrativo.

Esso, dunque, in relazione alla suddetta natura, dovrebbe, per regola generale, rientrare nella competenza dirigenziale.

Vi è però che nella specie esiste una espressa disposizione normativa (l'art. 4, comma 1, del d.P.R. n. 272/2004) la quale attribuisce tale potere all'organo ministeriale e che tale disposizione, evidentemente derogatoria del principio generale della separazione tra politica e amministrazione, trova un suo fondamento legislativo.

Va, invero, considerato che l'art. 4, comma 1, lett. e) del citato d.lgs. n. 165/2001 prevede che spettino agli organi di governo "le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni".

È stato, pertanto, affermato (cfr. C.d.S., IV, 12 novembre 2015, n. 5137) che il principio di separatezza delle competenze tra organo di indirizzo politico e dirigenti può trovare eccezione, ai sensi della citata norma, proprio per i provvedimenti di nomina e designazione dei componenti commissioni esaminatrici dei concorsi a pubblici impieghi, i quali possono restare a carico degli organi di governo ove a questi attribuiti da specifiche disposizioni.

Nella vicenda in esame la nomina delle commissioni operata del Ministro risulta, pertanto, conforme a legge, giacché effettuata ai sensi dell'art. 4, comma 1, del richiamato d.P.R. e fondata sulla specifica possibilità di attribuzione di competenza declinata dall'art. 4 del d.lgs. n. 165/2001.

Non sembrano, infine, sussistere profili di irragionevolezza neppure sotto l'aspetto - evidenziato nella memoria conclusionale depositata il 7 marzo 2016 - della conformità all'art. 97 della Cost., citandosi la giurisprudenza della Corte costituzionale.

Il giudice delle leggi ha chiarito che la separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione amministrativa costituisce un principio di carattere generale che trova il suo fondamento nell'art. 97 Cost., spettando, peraltro, al legislatore l'individuazione della esatta linea di demarcazione tra gli atti da ricondurre alle funzioni dell'organo politico e quelli di competenza della dirigenza amministrativa.

Ha, altresì, precisato che tale potere incontra un limite nello stesso art. 97 Cost., in quanto nel suo esercizio il legislatore non può compiere scelte che, contrastando in modo irragionevole con il principio di separazione, vengano a ledere il principio di imparzialità della pubblica amministrazione.

Ritiene la Sezione che nel caso di specie tali irragionevoli violazioni non si configurino, avuto riguardo alla circostanza che l'esercizio dei poteri ministeriali risulta limitato alla sola nomina dei commissari e non, dunque, a profili direttamente inerenti alle operazioni concernenti la gestione della procedura concorsuale e la selezione del personale da assumere.

Non si ritiene, infine, utile, ai fini della definizione del presente giudizio, l'espletamento di attività istruttoria volta ad acquisire i decreto di nomina della commissione del concorso successivamente svolto, trattandosi di diversa procedura concorsuale e potendo la legittimità dei provvedimenti oggetto del presente giudizio essere - come si è sopra visto - esaustivamente scrutinata sulla base della normativa vigente, disciplinatrice della materia.

Anche il secondo motivo di appello deve, di conseguenza, essere rigettato.

Con il terzo motivo la dott. S. censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto il secondo dei motivi aggiunti proposti, relativo alla illegittimità della integrazione della Commissione con il membro aggiunto prof. Tinaglia, quale esperto nel settore della "scuola infanzia e primaria" e, più in generale, alle integrazioni disposte alla originaria composizione della commissione.

Deduce:

- che tale nomina si porrebbe in contrasto con l'art. 4, comma 5, del d.P.R. n. 272/2004, che limita l'integrazione ai soli membri esperti in lingue straniere o in informatica;

- che essa sarebbe irragionevole in quanto, assumendosene la necessità, non si capirebbe i membri effettivi della Commissione in quali settori o materie sarebbero "esperti";

- che la nomina del membro aggiunto avrebbe portato la Commissione al numero di 6, in violazione dell'art. 4, comma 1, del richiamato d.P.R., che prevede che la commissione sia formata da un numero dispari di componenti;

- che, infine, alla riunione della commissione esaminatrice del 28 novembre 2012, ove si è proceduto alla correzione del suo unico elaborato, era assente proprio l'esperta del settore prof. Tinaglia.

La sentenza di primo grado così motiva sul punto.

"... legittima appare la nomina di ulteriori membri della commissione di concorso, posto che la norma di cui all'art. 4, comma 5 del d.p.r. n. 272/2004 ("la commissione esaminatrice può essere integrata da uno o più componenti esperti nelle lingue straniere oggetto del concorso e da uno o più componenti esperti in informatica") non vale ad esprimere un divieto di integrazione della commissione (nella specie necessitato dall'alto numero di candidati), quanto piuttosto a disporre, in linea generale, che di essa possono far parte, a seconda delle esigenze specialistiche, esperti di lingua straniera e di informatica. Ne discende (cfr. sul punto la sentenza di questa Sezione n. 4190 del 17 aprile 2014) la legittimità della previsione del bando (art. 5) per cui "la commissione esaminatrice può essere integrata in ogni momento da uno o più componenti esperti nelle materie oggetto del concorso, da uno o più esperti nelle lingue straniere prescelte dai candidati o più componenti esperti in informatica", da che si deduce che tale integrazione, quanto al numero degli esperti da inserire nella Commissione, costituiva una scelta dell'amministrazione e non presentava i caratteri della vincolatività. Assorbite dalle motivazioni di cui al capo 1.1. le censure in ordine all'asserita carenza motivatoria della qualificazione professionale degli esperti aggiuntivi, vanno del pari respinte le doglianze relative alla nomina della prof. Tinaglia a membro ulteriore della commissione quale esperta con riguardo al "settore scuola infanzia e primaria" piuttosto che in relazione ad una singola materia, posto che questa competenza, al di là della già sottolineata nomina degli altri componenti effettivi della Commissione, appare massimamente congruente con il tipo di valutazioni predicate dall'oggetto concorsuale..Contraddittorie appaiono poi le difese della ricorrente - che vanno pertanto respinte - laddove per un verso censurano la nomina "per settore" e non "per materia" della prof. Tinaglia e, poi, ne lamentano l'assenza alla riunione (del 28-11-2012) in cui è stato valutato negativamente l'elaborato scritto della ricorrente esaminato dalla Commissione. Ciò che, per altro verso, determina anche il respingimento della censura di violazione dell'art. 4, comma 1, del dpr n. 272 del 2004 ("La commissione esaminatrice... è composta da un numero dispari di membri"), posto che proprio l'assenza della prof. Tinaglia avrebbe nei fatti ristabilito, nel momento rilevante della valutazione della prova della S., la composizione del numero dispari della Commissione che la ricorrente assume violata dalla nomina di questa".

Il motivo di appello non è meritevole di favorevole scrutinio in ragione delle argomentazioni che di seguito si svolgono.

Va in primo luogo osservato che, in linea generale, non è preclusa dalla normativa recata dal d.P.R. n. 272/2004 la nomina di ulteriori membri della Commissione esaminatrice.

Invero, l'art. 4, limitandosi a prevedere, ai commi 1, 2 e 3 che la nomina è disposta con decreto dell'organo di governo dell'amministrazione, nonché le modalità di composizione della stessa, non impedisce la possibilità di integrarne la composizione con ulteriori membri esperti, purché vengano rispettati i requisiti richiesti dalla norma medesima in capo ai commissari.

Parimenti, l'integrazione della composizione originaria con ulteriori membri "esperti" non risulta irragionevole in relazione alla prevista presenza, già nella composizione originaria, di soggetti "esperti".

Va in primo luogo considerato che questo Consiglio ha già affermato (cfr. sez. IV, n. 5137/2015, cit.) che l'osservanza del requisito degli "esperti di comprovata qualificazione nelle materie oggetto di concorso" va verificata con riferimento alla Commissione nel suo complesso, ritenendosi che "intuitive esigenze di speditezza e semplificazione dell'azione amministrativa postulano che il requisito di esperto proprio di ciascun commissario sia valutato con una certa ragionevolezza, ad evitare che una interpretazione troppo rigorosa della qualifica di esperto in ciascuna delle materie di esame (per titoli di studio, riconoscimenti scientifici, esperienza professionale, etc.) comporti un intorrelabile aggravamento del procedimento selettivo già nella fase della formazione dell'organo tecnico chiamato a operare le valutazioni sui titoli e le prove d'esame dei candidati".

Di conseguenza, l'originaria presenza di esperti non esclude che sia valutata l'opportunità di nomina di ulteriori soggetti muniti di peculiare e più specifica qualificazione in talune delle materie oggetto di concorso.

Va, di poi, osservato che la presenza già nella composizione originaria di soggetti "esperti", non impedisce che possano esserne nominati altri, laddove tali integrazioni rispondano anche alla esigenza di far fronte alla presenza di un numero elevato di candidati.

Né può ritenersi che la nomina di ulteriori "esperti" risulti preclusa dal comma 5 dell'art. 4, considerato che essa si limita a prevedere la possibilità di integrazione con esperti nelle lingue straniere e nell'informatica e non esclude, pertanto, che possa esservi integrazione della originaria composizione con soggetti "esperti di comprovata qualificazione nelle materie oggetto di concorso", la quale è categoria che ordinariamente concorre alla composizione della commissione, la cui nomina trova, di conseguenza, legittimazione nella previsione generale del comma 3 della norma.

Non può, invece, essere scrutinata la doglianza relativa alla composizione, per effetto della nomina della prof. Tinaglia, della commissione in numero di sei e, dunque, in violazione del prescritto numero dispari di cui al comma 1 dell'art. 4.

Va, invero, considerato che nella controversia in esame la dott. S. si duole del disposto mancato superamento delle prove scritte e che in tale esito lesivo (che giustifica e legittima la contestazione in via giurisdizionale degli atti della procedura concorsuale) la richiamata violazione non ha in alcun modo concorso, atteso che risulta circostanza pacifica in fatto che nella seduta in cui la Commissione ha ritenuto l'insufficienza della prova scritta della candidata la prof. Tinaglia non era presente e, dunque, la Commissione non ha operato in numero pari.

Può, dunque, convenirsi sul punto con la conclusione cui è giunto il Tribunale Amministrativo, secondo cui "l'assenza della prof. Tinaglia avrebbe nei fatti ristabilito, nel momento rilevante della valutazione della prova della S., la composizione in numero dispari dei componenti della Commissione che la ricorrente assume violata dalla nomina di questa".

L'esercizio di tale potere è vieppiù consentito nel caso in cui la integrazione si giustifichi in relazione all'alto numero di candidati che hanno partecipato alla procedura concorsuale.

Con il quarto motivo di appello la dott. S. censura la sentenza di prime cure nella parte in cui ha rigettato la censura di cui al n. 3 dei motivi aggiunti "avente ad oggetto l'illegittimità delle operazioni concorsuali perché dal verbale n. 1 del 20-4-2009 risulta che a tale riunione hanno partecipato non solo i membri effettivi ma anche quelli supplenti della commissione esaminatrice, e che l'atto non è stato sottoscritto dal commissario dr. N. Nazzaro, mentre risulta la firma, inconfondibile, del dr. Giuseppe Rossi che non era presente per la semplice ragione che sarebbe stato nominato membro effettivo soltanto con d.m. 27-5-2009, vale a dire dopo oltre un mese".

Lamenta che erroneamente il Tribunale avrebbe affermato che alla prima riunione potrebbero prendere parte non solo i membri supplenti ma anche coloro che in futuro avrebbero la possibilità di esservi inseriti in sostituzione di altri membri.

Il verbale sarebbe illegittimo in quanto sottoscritto da soggetto che non avrebbe partecipato alla riunione (dr. Rossi) e non sottoscritto da soggetto (dr. Nazzaro) "che vi ha, o vi avrebbe, effettivamente preso parte".

Quanto sopra dimostrerebbe che il verbale non è stato redatto e sottoscritto alla fine della riunione e non attesterebbe l'attività realmente svolta.

L'illegittimità del verbale travolgerebbe l'intera fase successiva del procedimento concorsuale che deve, pertanto, essere annullata e ripetuta dall'Amministrazione.

La sentenza gravata, nel richiamare la precedente sentenza n. 6651/2013, così motiva sul punto.

"Al riguardo questa Sezione ha già rilevato come, trattandosi di una "prima riunione essenzialmente preordinata a mettere il Collegio in condizioni di operare una ricognizione preliminare dei lavori da svolgere nelle successive fasi della procedura, è parso opportuno e logico far si che in tale contesto intervenissero tutti i componenti dell'organo, sia effettivi che supplenti (e, può aggiungersi, quelli per i quali la nomina era in corso di perfezionamento), al fine di consentire loro di prendere atto delle attività da svolgere in seguito e di espletare le necessarie ed improcrastinabili formalità connesse all'insediamento. Né in tale prassi si può rinvenire alcuna illegittimità, avuto riguardo proprio all'art. 11, comma 1, del dpr n. 487 del 1994 stante il quale: "prima dell'inizio delle prove concorsuali la commissione, considerato il numero dei concorrenti, stabilisce il termine del procedimento concorsuale e lo rende pubblico. I componenti, presa visione dell'elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi e i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile", che sono esattamente gli adempimenti effettuasti dalla Commissione nel verbale n. 1 del 20 aprile 2009".

Il motivo di appello non è meritevole di favorevole considerazione, alla luce dei chiarimenti in proposito forniti dall'amministrazione e sulla base delle considerazioni che di seguito si svolgono.

In punto di fatto è riconosciuto dall'Amministrazione che alla riunione del 20 aprile 2009 abbiano preso parte sia i componenti effettivi che quelli supplenti.

Peraltro, la partecipazione di questi ultimi non inficia la validità delle operazioni, considerandosi che nella predetta seduta sono stati effettuati adempimenti preliminari, di interesse anche dei componenti supplenti, e comunque non risultano essere state assunte determinazioni di tipo valutativo o inerenti a queste ultime, riservate ai soli componenti effettivi.

Leggendo il verbale, invero, si rileva che:

- si è preso atto del numero dei candidati e delle domande pervenute;

- si è preso atto della impossibilità di stabilire il termine della procedura concorsuale;

- si è presa visione dell'elenco dei candidati, si è proceduto alla verifica dell'assenza di cause di incompatibilità ed alla sottoscrizione delle relative dichiarazioni;

- si è discusso dei "criteri fondamentali che dovranno orientare la scelta degli argomenti della prova di preselezione".

Orbene, non vi è chi non veda che gli adempimenti indicati nei primi tre punti attengono ad elementi di interesse anche dei componenti supplenti, in quanto concernenti al termine di ultimazione delle attività (tra l'altro, non stabilito) ovvero alla verifica della esistenza, in relazione ai soggetti partecipanti, di cause di incompatibilità, requisito quest'ultimo da accertarsi anche per i componenti supplenti.

Quanto, poi, ai "criteri fondamentali che dovranno orientare la prova di preselezione", va in primo luogo rilevato che nel corso della seduta si è proceduto solo ad una preliminare discussione senza pervenire a decisioni di tipo sostanziale.

Di tanto dà atto lo stesso verbale, laddove viene precisato che "la commissione aggiorna i propri lavori al successivo 12 maggio 2009... al fine di elaborare... un primo gruppo di quesiti. In quella sede saranno definiti gli argomenti di cui ai punti 1, 2, 3 e 4 sopra elencati". Dunque, nella predetta seduta non vi sono state sostanziali decisioni in merito ai contenuti della prova preselettiva.

Sotto altro profilo, osserva la Sezione che la dott. S. non ha interesse alcuno a contestare per tale parte il suddetto verbale, considerandosi che, pure ove in tale sede fossero state assunte decisioni "di merito" in ordine a tale prova, la stessa risulta essere stata brillantemente superata dall'appellante, la quale, a quanto risulta dallo steso atto di appello, si sarebbe classificata al 3° posto.

In disparte quanto da ultimo sopra rilevato e venendo ora alla doglianza concernente la mancata sottoscrizione del verbale da parte del commissario dott. Nazzaro, la Sezione ne ritiene la non condivisibilità ai fini caducatori pretesi dall'appellante.

Va, invero, precisato che il verbale non è atto collegiale, ma solo un documento che attesta, con le dovute garanzie legali, il contenuto della volontà collegiale, così che la mancanza di firma da parte di uno dei commissari, ove non sia determinata dalla mancata partecipazione di questi alla seduta, non inficia la validità del verbale ma concreta una mera irregolarità sanabile (cfr. C.d.S., IV, 22 settembre 2005, n. 4989).

Orbene, il verbale in contestazione, pur se non sottoscritto dal dott. Nazzaro ma comunque sottoscritto dal Presidente, dagli altri componenti e dal segretario verbalizzante, dà atto della sua presenza alla riunione.

La suddetta circostanza trova, poi, conferma nel fatto che è depositata in atti la dichiarazione di assenza di cause di incompatibilità del 20 aprile 2009 relativa allo stesso commissario e dal medesimo sottoscritta.

Tale elemento avvalora ulteriormente la convinzione che il Commissario fosse presente ed avesse partecipato alla riunione del 20 aprile 2009 e che, di conseguenza, la mancata sottoscrizione sia riconducibile esclusivamente - come affermato dall'amministrazione nei propri atti difensivi - a un mero errore nell'attività di sottoscrizione dei verbali successivamente redatti in formato elettronico.

D'altra parte, non può desumersi l'illegittimità dell'atto dalla mera circostanza della non contestuale redazione del verbale.

La giurisprudenza, nella materia delle gare pubbliche ma con principi che possono essere condivisi anche nelle procedure concorsuali finalizzate all'assunzione di impiegati pubblici, ha affermato che è legittima un'unica verbalizzazione riferita a più sedute come pure la redazione del verbale non contestuale alle operazioni compiute (cfr. C.d.S., V, n. 4463/2005; III, 1° settembre 2014, n. 4449; VI, 30 giugno 2011, n. 3902).

Si è, peraltro, chiarita la necessità che vi sia una corretta rappresentazione documentale dello svolgimento della procedura e che la verbalizzazione non contestuale segua il compimento delle attività rappresentate entro un termine ragionevolmente breve, tale da scongiurare gli effetti negativi della naturale tendenza alla dispersione degli elementi informativi.

L'interesse sotteso alla verbalizzazione contestuale ed alla possibilità di effettuazione di una verbalizzazione differita è, dunque, rinvenibile nella esigenza di una corretta rappresentazione documentale, id est di una analitica ed attendibile resocontazione delle operazioni compiute.

Orbene, se è vero - per come emerge dalla memoria difensiva dell'amministrazione - che nella specie il verbale in forma elettronica sarebbe stato materialmente redatto il 19 giugno, con riferimento ad una seduta risalente al 20 aprile, va, peraltro, evidenziato che le suddette esigenze non paiono aver ricevuto apprezzabile vulnus.

Si osserva, infatti, che l'Amministrazione evidenzia che il 19 giugno non vi è stata redazione ex novo del verbale ma unicamente la formalizzazione in formato elettronico di minute di verbale che erano state redatte nel corso di ciascuna riunione.

Di poi, le peculiari operazioni poste in essere nella seduta del 20 aprile - come sopra descritte - non scontano, in relazione alle attività svolte, di contenuti tali da richiedere, per specificità, complessità ed analiticità, di una immediata resocontazione, necessaria ad evitare la dispersione di elementi informativi; osservandosi pure che parte appellante si limita genericamente (nell'atto di appello, ma non nei motivi aggiunti di primo grado) a rilevare che "il verbale non attesta l'attività realmente svolta", senza specificare quali sarebbero state le omissioni (e la rilevanza di esse) dovute alla redazione successiva.

Le considerazioni sopra svolte denotano, altresì, la non condivisibilità ai dedotti fini caducatori della doglianza relativa alla sottoscrizione del verbale da parte del dott. Rossi.

Come si è visto, se la suddetta sottoscrizione vale a dimostrare che il verbale è stato materialmente redatto in data successiva alla seduta del 20 aprile, tale circostanza non è di per sé causa di illegittimità dell'atto, potendosi far luogo ad una redazione non contestuale di esso.

Ove, poi, da essa si volesse trarre la conclusione della illegittima partecipazione alla seduta di un soggetto non ancora nominato commissario, la Sezione evidenzia (ed in ciò va resa diversa motivazione rispetto alla statuizione del giudice di primo grado) che sussistono elementi per ritenere che il dott. Rossi non abbia partecipato al tale riunione e che effettivamente la sottoscrizione discenda da un mero errore conseguente alla successiva contestuale redazione in forma elettronica di più verbali relativi a sedute diverse, così come chiarito dall'amministrazione nella memoria difensiva.

Invero, nello stesso verbale del 20 aprile 2009 il dott. Rossi non è indicato tra i soggetti presenti alla riunione.

Di poi, non figura una sottoscrizione, da parte dello stesso, a tale data della dichiarazione di insussistenza di cause di incompatibilità (che è verifica operata nella seduta del 20 aprile 2009); considerandosi che tale dichiarazione del dott. Rossi risulta essere datata al 19 giugno 2009, in epoca successiva alla sua nomina quale componente della commissione.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte deve, di conseguenza, ritenersi anche la infondatezza del quarto motivo di appello.

Con il quinto mezzo di gravame la dott. S. censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto la doglianza di illegittimità e irragionevolezza dei criteri di valutazione fissati dalla Commissione nelle riunioni dell'11 e del 12 aprile 2011.

Deduce che, risultando richiesto ai fini dell'accesso alle prove orali, il raggiungimento di un punteggio non inferiore a 70/100, in ciascuna delle prove scritte, nella griglia di valutazione anche la valutazione di sufficienza avrebbe dovuto essere stata parametrata a tale punteggio complessivo.

Ciò non sarebbe avvenuto in quanto, sommando i punteggi minimi attestanti la "sufficienza" per ciascun elemento di valutazione, si raggiungerebbe il punteggio di 67/100, che non consentirebbe, pur in una valutazione di "sufficienza", l'accesso alle prove orali.

Sarebbe, pertanto, illogico fissare indicatori che, pur conducendo ad un giudizio di "sufficienza" dell'elaborato, non consentano, poi, in concreto il superamento della prova.

Evidenzia in proposito che i singoli indicatori non sono diretti all'accertamento della sufficienza "in astratto" dell'elaborato ma ad una valutazione "in concreto" della stessa ai fini del raggiungimento del punteggio complessivo di 7/10.

Sostiene, dunque, che il suo elaborato, pur essendo stato valutato come "sufficiente" con riferimento a tutti i singoli indicatori, non ha raggiunto la soglia minima di 7/10 richiesta per l'accesso agli orali.

La censura, pur se abilmente articolata, non è condivisa dalla Sezione.

La sentenza del Tribunale così motiva sul punto.

"... posto che il principio di economicità, corretta una prova, qualora questa sia insufficiente, la Commissione può non correggere l'altra o le altre, va altresì rilevato come non vi sia irragionevolezza nel fissare punteggi di "sufficienza" per i singoli indicatori non rapportabili, presi isolatamente, alla soglia finale di idoneità a sostenere la prova orale stabilita in 7/10. I primi, infatti, corrispondono a singole e parcellari valutazioni, ciascuna relativa a peculiari aspetti rilevanti in fase di correzione dell'elaborato la cui funzione immediata, in termini di sufficienza, è quella di consentire di procedere nella correzione alla stregua degli ulteriori indicatori, fermo restando che, con un legittimo cambio di funzione finale, soltanto il superamento della soglia complessiva di 7/10 abilita a sostenere le prove orali".

Ciò posto, ritiene la Sezione che la determinazione reiettiva del Tribunale debba essere condivisa, sulla base delle considerazioni che di seguito si espongono.

L'art. 6 del bando di concorso prevede che "al colloquio sono ammessi i candidati che abbiano riportato non meno di settanta centesimi in ciascuna delle prove scritte".

L'art. 5, comma 4, stabilisce che "la Commissione esaminatrice, al fine di assicurare la trasparenza amministrativa nell'ambito del procedimento concorsuale, stabilisce preventivamente, i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali da formalizzare nei relativi verbali, al fine da assegnare i punteggi da attribuire alle singole prove".

Orbene, risulta indubitabile, dalla chiara lettera della lex specialis di gara, che il punteggio minimo necessario per superare la prova scritta è pari a 70/100.

Come è ben evidente, esso contempla una soglia "minima" che è superiore al parametro cui ordinariamente si collega la cd. "sufficienza", cioè il 6 o, con riferimento al parametro utilizzato nella procedura in questione, 60/100.

Tale scelta dell'Amministrazione, in quanto discrezionale, non è sindacabile in sede giurisdizionale, non potendosi, tra l'altro, configurare profili di irragionevolezza o illogicità in una determinazione che individui una soglia minima superiore a quella che ordinariamente è considerata la sufficienza, ben potendo il soggetto pubblico richiedere, ai fini dell'utile selezione, un risultato che denoti una preparazione e cognizioni di maggiore spessore.

Affermata la necessità (e la legittimità) del richiesto punteggio minimo, occorre verificare se, in relazione ad esso, la griglia stabilita sia, sotto il profilo denunciato dalla concorrente, logica e ragionevole.

In particolare, si deduce che, in relazione ai diversi indicatori, sarebbe indicato un punteggio minimo che complessivamente considerato comunque non condurrebbe al voto di 70/100.

La censura non è condivisibile.

La griglia opera una ripartizione, tra i vari indicatori, del punteggio massimo di 100/100.

Ciò che viene contestato è che il minimo ritenuto sufficiente per ciascun indicatore non raggiunga, complessivamente considerato, il minimo di 70/100 utile al superamento della prova scritta.

Rileva, peraltro, il Collegio che la determinazione dei criteri e la loro individuazione con indicazione dei punteggi vale ad individuare gli elementi in base ai quali il punteggio verrà assegnato e concretamente modulato.

Di conseguenza, la specifica indicazione di una soglia minima di sufficienza per ciascuno di essi vale esclusivamente ad individuare la valutazione relativa al singolo parametro o criterio.

Non esclude, peraltro, che la prova, ai fini del superamento, debba conseguire almeno il punteggio complessivo di 70/100. Tanto è sicuramente consentito, pur nel conseguimento di punteggi più bassi in alcuni indicatori, attraverso un punteggio più alto conseguito in altri, così che la somma complessiva raggiunga la soglia dei 70/100, realizzandosi in tal modo la possibilità di compensazione tra singoli punteggi più alti e più bassi.

Sotto tale profilo, dunque, la griglia di valutazione predisposta non presenta elementi di irragionevolezza o illogicità, considerandosi che essa opera comunque una ripartizione del punteggio massimo assegnabile e che, in ragione della parcellizzazione dei singoli aspetti della valutazione, la sommatoria dei minimi previsti non deve necessariamente raggiungere i 70 punti, bastevole essendo (come nella specie avviene) che tale punteggio finale possa essere conseguito per mezzo di un punteggio più alto del minimo riportato per alcuni dei molteplici indicatori previsti.

Va, invero, considerato che la valutazione della prova, ai fini del suo superamento, è comunque complessiva ed unitaria, in essa confluendo i punteggi relativi ai singoli parametri.

Ciò che, pertanto, è necessario è che la griglia di valutazione, così come predisposta, consenta, nell'esito valutativo unitario e finale della prova, la possibilità di raggiungimento del punteggio richiesto dal bando, anche attingendo per compensazione a punteggio maggiore in altri singoli parametri.

Sicché il minimo previsto per ciascun parametro risulta correttamente riferibile alla valutazione (parziale) dello specifico indicatore, risultando la griglia di valutazione, così come predisposta, comunque legittima in quanto consente, nella attribuzione del punteggio finale della prova, il raggiungimento della soglia minima prevista dal bando.

Va, poi, precisato che la dott. S. non ha comunque conseguito, per ciascun parametro, il punteggio minimo indicato come sufficiente (dalla cui sommatoria si lamenta l'impossibilità di riportare il punteggio di 70/100).

Invero, nello stesso ricorso per motivi aggiunti viene precisato che per l'indicatore n. 3 (punteggio previsto da 21 a 30) ella ha ricevuto punti 16, per l'indicatore n. 4 (punteggio previsto da 31 a 45) ha conseguito punti 29, mentre per l'indicatore n. 5 (punteggio previsto da 3 a 5) ha riportato punti 1.

Ritiene, infine, il Collegio che non sia condivisibile l'ultimo aspetto di censura, laddove si opera riferimento alla mancanza su proprio elaborato di segni o sottolineature, considerandosi la sufficienza del voto numerico attribuito, letto in relazione alla predisposta griglia di valutazione.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, l'appello è, dunque, infondato, con conseguente reiezione dello stesso e conferma della pronuncia del Tribunale Amministrativo.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

La particolarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

R. Garofoli

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F. Caringella

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