Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I-quater
Sentenza 9 maggio 2016, n. 5379

Presidente: Lo Presti - Estensore: Mattei

FATTO E DIRITTO

Con atto (n. 6103/2014) il dott. Alberto I., magistrato con funzioni di consigliere della Corte di Appello di Cosenza, ha adito questo Tribunale per l'annullamento della nota del Consiglio Superiore della Magistratura (di seguito CSM) in data 21 febbraio 2014, con cui è stata lui negata l'autorizzazione allo svolgimento dell'incarico extragiudiziario di due lezioni (impegno orario di 8 ore) nella materia del diritto amministrativo, conferito dal servizio sanitario regionale Basilicata-Azienda sanitaria locale di Potenza, nonché, per quanto di interesse, della circolare del Consiglio Superiore della Magistratura in data 3 agosto 2011, n. 19942.

Riferisce di aver ricevuto, a fronte della predetta istanza di autorizzazione, apposito preavviso di rigetto, tenuto conto di quanto disposto dal capo 6.5 della riferita circolare consiliare, secondo cui "[n]on possono essere rilasciate autorizzazioni né designati per incarichi i magistrati che sono stati [...] sanzionati disciplinarmente negli ultimi cinque anni computati a decorrere dalla sentenza definitiva", in quanto destinatario, in data 27 aprile 2009, della sanzione disciplinare della censura per violazione degli artt. 1 e 2, lett. d), del d.lgs. 109 del 2006, e di aver presentato al CSM specifiche controdeduzioni nelle quali ha evidenziato il superamento di due valutazioni di professionalità, ed il rilascio di autorizzazioni per incarichi di insegnamento il 16 novembre 2011 ed il 13 marzo 2013, in date successive alla sentenza disciplinare di condanna e ricomprese nel quinquennio decorrente dal passaggio in giudicato di tale decisione.

Espone, altresì, di aver rappresentato all'Organo di autogoverno il perfezionamento del silenzio-assenso sulla sua istanza di autorizzazione.

Avverso i provvedimenti, in epigrafe indicati, il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

a) violazione falsa applicazione dei capi 6.5 e 6.6 della circolare consiliare 3 agosto 2011, n. 1942; eccesso di potere per contraddittorietà dell'azione amministrativa, atteso che l'attività di insegnamento, sancita dall'art. 33, comma 1, Cost., doveva essere assentita, tenuto conto delle pregresse autorizzazioni conseguite per analoghe attività extra giurisdizionali di insegnamento, nonché in ragione delle favorevoli valutazioni di professionalità (quinta e sesta) conseguite in data 29 luglio 2010 e 14 ottobre 2011 con deliberazioni della competente commissione consiliare.

b) violazione dell'art. 10-bis della l. 241 del 1990, violazione dell'art. 111 Cost.; eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e difetto di istruttoria, a causa dell'omessa instaurazione del contraddittorio in merito ad accadimenti per i quali è stato destinatario di denuncia querela per diffamazione a seguito di intervista rilasciata ad un quotidiano nazionale, menzionati nel provvedimento oggetto di impugnativa, ma non anche nel preavviso di rigetto.

c) violazione dell'art. 15 della circolare del CSM in materia di incarichi extragiudiziari e dell'art. 53, comma 10, del d.lgs. 165 del 2001 per formazione del silenzio-assenso formatosi sulla sua richiesta di autorizzazione allo svolgimento del predetto incarico di insegnamento, in ragione della presentazione della sua istanza di autorizzazione al CSM in data 22 ottobre 2013 e della deliberazione del preavviso di rigetto in data 9 dicembre 2013, nonché della presentazione di controdeduzioni in data 27 dicembre 2013 e conseguente adozione della deliberazione di diniego in data 21 febbraio 2004.

Si è costituito in giudizio il Consiglio Superiore della Magistratura che ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza delle proposte doglianze.

Con il primo motivo di ricorso il dott. I. deduce la violazione dell'art. 33 Cost. in materia di libertà di insegnamento, nonché la contraddittorietà del diniego espresso sulla sua istanza di autorizzazione rispetto a pregresse determinazioni favorevoli adottate nei suoi riguardi dal CSM su istanze di autorizzazione a svolgere incarichi insegnamento.

Occorre, in primo luogo, rilevare che il provvedimento di diniego oggetto di impugnativa risulta fondarsi su un articolato corredo motivazionale contenente un espresso richiamo alla normativa regolamentare contenuta nella circolare del CSM del 3 agosto 2011, n. 19942 in materia di autorizzazioni di incarichi extragiudiziari.

In particolare, la disposizione menzionata nella succitata deliberazione (punto 6.5) espressamente prevede il divieto di rilascio di autorizzazioni nei confronti dei magistrati che sono stati sanzionati disciplinarmente negli ultimi 5 anni computati a decorrere dalla sentenza definitiva.

Il provvedimento di diniego reca, altresì, espressa menzione di specifica sanzione disciplinare (censura) inflitta nei riguardi del ricorrente dalla sezione disciplinare del CSM con sentenza del 27 aprile 2009 e della sua sottoposizione a procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Catanzaro, a seguito di denuncia querela presentata nei suoi riguardi da persona offesa.

Secondo l'Organo di autogoverno della Magistratura tali addebiti sarebbero idonei a pregiudicare la credibilità del magistrato e dell'ordine giudiziario anche tenuto conto della natura didattica e scientifica dell'incarico conferito comportante "pubblica esposizione".

La censura è priva di pregio.

Al fine del decidere, deve considerarsi che la libertà di insegnamento, evocata dal ricorrente mediante l'espresso richiamo della disposizione contenuta nell'art. 33 Cost., non può certamente considerarsi immune da limitazioni o contemperamenti soprattutto con riferimento allo svolgimento di incarichi ed attività extra giurisdizionali da parte di particolari categorie di pubblici dipendenti cui è demandato l'esercizio di una rilevante pubblica funzione, quella giudiziaria, la quale deve essere costantemente svolta dal magistrato nel preminente rispetto di rilevanti principi di rango costituzionale quali l'indipendenza, la terzietà e l'equilibrio nel giudicare al fine di preservare la credibilità sia del magistrato che dell'ordine giudiziario nel suo complesso.

Le riferite condotte per le quali il dott. I. è stato destinatario della sanzione disciplinare disposta con sentenza del 27 aprile 2009 della competente sezione del CSM, costituiscono elementi fattuali per i quali l'Organo di autogoverno della Magistratura può certamente ritenere non autorizzabile un'attività extragiurisdizionale il cui svolgimento, in presenza di tali addebiti, provocherebbe una compromissione alla credibilità sia del magistrato che dell'ordine giudiziario.

E proprio a presidio della preminente esigenza di preservare la credibilità ed il prestigio dell'ordine giudiziario è la disposizione contenuta nella deliberazione del CSM del 3 agosto 2011 che ha introdotto un divieto al rilascio di autorizzazioni di incarichi extragiurisdizionali nei confronti dei magistrati che siano stati disciplinarmente sanzionati negli ultimi cinque anni.

Devono, pertanto, considerarsi prive di pregio le specifiche doglianze di contraddittorietà dell'azione del CSM fondate sul rilascio in favore del ricorrente di pregresse autorizzazioni per incarichi insegnamento in date ricomprese nel quinquennio successivo all'adozione della succitata sanzione disciplinare, non potendosi disconoscere all'Organo di autogoverno della Magistratura il potere di adottare, rispetto a precedenti determinazioni, statuizioni di differente tenore fondate su una diversa valutazione e, dunque, modificative dell'orientamento sino ad ora tenuto rispetto a fatti o condotte già oggetto di apprezzamento, fatta salva, in ogni caso, la compatibilità con le disposizioni normative di rango primario o regolamentare.

Proprio riguardo a tale ultimo profilo, occorre rilevare come il rigetto dell'istanza di autorizzazione configurando l'esercizio di un potere discrezionale, sia sindacabile dal giudice amministrativo entro limiti ben definiti ossia in presenza di una violazione di legge o di manifesta illogicità, irragionevolezza, irrazionalità, nel caso di specie non riscontrabili, anche alla luce delle ulteriori vicende processuali che hanno interessato il dott. I. presso la Procura della Repubblica di Catanzaro.

Per quanto premesso, le pregresse autorizzazioni a svolgere attività extragiurisdizionale e le positive valutazioni di professionalità conseguite dal ricorrente successivamente alla emanazione della sentenza disciplinare, non possono configurarsi quali elementi ostativi ad un legittimo mutamento di valutazione riguardante le predette condotte, non potendosi considerare il rigetto dell'istanza di autorizzazione manifestazione di un potere pubblico connotato da irrazionalità, illogicità o irragionevolezza, soprattutto alla luce delle specifiche motivazioni sottese alla determinazione sfavorevole adottata sull'istanza di autorizzazione presentata dal dott. I., poste a garanzia della credibilità del magistrato e dell'ordine giudiziario.

Parimenti, insuscettibili di positiva definizione sono gli ulteriori motivi di doglianza con i quali il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 10-bis della l. n. 241 del 1990, in quanto destinatario di specifico preavviso di rigetto a suo dire incompleto, poiché non contenente specifiche contestazioni concernenti il procedimento penale posto a suo carico presso la predetta Procura della Repubblica, nonché la violazione del cd. silenzio-assenso formatosi sulla sua istanza di autorizzazione.

Riguardo alla asserita violazione dell'art. 10-bis della l. 241 del 1990, il collegio si limita ad osservare l'avvenuta indicazione da parte del CSM, mediante preavviso di rigetto, delle ragioni ostative al rilascio dell'autorizzazione all'incarico, conformemente a quanto disposto dalla citata disposizione a norma della quale "Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti...".

La circostanza per cui nella motivazione del provvedimento oggetto di impugnativa si operi un riferimento non solo alla sanzione disciplinare della censura ma anche al procedimento penale pendente dinanzi la procura della Repubblica di Catanzaro, non costituisce motivo di illegittimità della deliberazione consiliare in epigrafe indicata, non potendosi, anche nel caso in esame, ritenere indispensabile ai fini della legittimità del provvedimento finale un rapporto di identità tra il preavviso di rigetto e la determinazione conclusiva del procedimento, né una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto dei due atti, ben potendo la p.a. ritenere, nel provvedimento finale, di dover meglio precisare le proprie posizioni giuridiche, nel caso di specie, in termini di credibilità del magistrato, attraverso il richiamo di un ulteriore elemento fattuale.

Riguardo al silenzio-assenso, secondo il ricorrente formatosi per decorso del termine di trenta giorni decorrenti dalla data di presentazione dell'istanza di autorizzazione in data 22 ottobre 2013 rispetto alla data di adozione della comunicazione del preavviso di rigetto formalizzata con deliberazione del CSM in data 16 dicembre 2013, il Collegio ritiene di poter affermare l'infondatezza della ragioni sottese al dedotto profilo di illegittimità, tenuto conto sia della evidente rilevanza delle vicende disciplinari del magistrato tali da richiedere lo svolgimento di una approfondita attività istruttoria, che del correlato espresso divieto ad autorizzare lo svolgimento di attività giurisdizionale in caso di condanna disciplinare, tale da precludere l'operatività dell'istituto del silenzio-assenso.

Pertanto, alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto, con compensazione, fra le parti in causa, delle spese e degli onorari di giudizio, tenuto conto della peculiarità della controversia in esame.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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