Corte di cassazione
Sezione VI penale
Ordinanza 13 maggio 2016, n. 20685

Presidente: Conti - Estensore: Fidelbo

Premesso che nel procedimento penale R.G. n. 8684/2015, relativo al ricorso per cassazione proposto da P. Renzo, imputato del reato di cui all'art. 643 c.p., l'avvocato Giovanni Anazza, in data 9 gennaio 2016, ha depositato dichiarazione di ricusazione del giudice Margherita Taddei, quale componente del collegio della Sezione Settima, a cui il ricorso è stato assegnato ai sensi dell'art. 610, comma 1, c.p.p.;

che la dichiarazione di ricusazione viene giustificata con riferimento alla circostanza che il giudice Taddei, in qualità di magistrato delegato dal Primo presidente all'esame preliminare dei ricorsi, avrebbe già operato una valutazione sull'inammissibilità del ricorso, trasmettendolo alla Sezione Settima;

che, secondo il difensore, nella specie ricorrerebbe un'ipotesi di incompatibilità avendo il giudice Taddei compiuto atti nello stesso procedimento, sicché vi sarebbero i presupposti per la ricusazione ai sensi dell'art. 37, comma 1, lett. a), c.p.p., in relazione all'art. 36, comma 1, lett. g), c.p.p.;

Ritenuto che attraverso l'istituto della ricusazione l'ordinamento processuale intende assicurare alle parti uno strumento per estromettere dal processo il giudice che versa in una situazione che possa pregiudicare la sua terzietà e imparzialità, così da assicurare l'osservanza del principio costituzionale del giusto processo ex art. 111, secondo comma, Cost.;

che l'art. 37 c.p.p. prevede tassativamente le cause che possono determinare una situazione di compromissione della terzietà e dell'imparzialità del giudice, dando luogo ad una disciplina in cui i casi di ricusazione sono predefiniti, sicché non possono né essere ampliati né essere applicati in via analogica;

che nella specie è stata dedotta la causa di ricusazione prevista dall'art. 37, comma 1, lett. a), c.p.p. in relazione all'art. 36, comma 1, lett. g), c.p.p., che a sua volta richiama le ipotesi di incompatibilità di cui all'art. 34 c.p.p.;

che le ipotesi di incompatibilità considerate dall'art. 34 c.p.p. sono tutte funzionali ad evitare che il giudice si possa trovare in una situazione di "prevenzione" causata dall'avere in precedenza esercitato funzioni giurisdizionali ovvero dall'avere svolto altre funzioni nell'ambito dello stesso procedimento, ipotesi che sono funzionali a garantire un'organizzazione dell'attività giurisdizionale che sia adeguata ad assicurare l'imparzialità del giudice;

Considerato che la presente fattispecie non rientra in alcuna delle ipotesi contemplate dall'art. 34 c.p.p., così come arricchito dai numerosi interventi della Corte costituzionale;

che, infatti, la procedura prevista dall'art. 610, comma 1, c.p.p., come modificato dalla l. n. 128 del 2001, è strutturata in maniera unitaria ed è strettamente funzionale a realizzare le premesse per una efficace organizzazione interna della Corte di cassazione in base alla previsione di una preliminare selezione dei ricorsi ritenuti, ad un primo esame, ictu oculi inammissibili, ricorsi che una volta individuati vengono assegnati ad una apposita sezione penale - la Settima - che mantiene intatto ogni potere di valutazione;

che tale accertamento interviene in una fase di avvio del giudizio di cassazione e che l'inammissibilità, rilevata in prima battuta dai c.d. spogliatori, delegati del Primo Presidente, ha natura necessariamente provvisoria, che si innesta in un procedimento che inizia con l'esame preliminare e prosegue con l'eventuale assegnazione alla Settima sezione, con la possibilità che il ricorso sia restituito - in quanto ritenuto non prima facie inammissibile - alla sezione ordinaria per il giudizio definitivo;

che con riferimento alla c.d. "incompatibilità da prevenzione" la Corte costituzionale ha sempre escluso l'incompatibilità nell'ambito della stessa fase procedimentale, evidenziando come poiché ogni provvedimento preparatorio o istruttorio può implicare una delibazione del merito, ritenere sussistente l'incompatibilità in tali casi comporterebbe "un'assurda frammentazione del procedimento, con l'attribuzione di ciascun segmento di esso ad un giudice diverso" (così, Corte cost., n. 24 del 1996 e n. 177 del 1996; cfr., Corte cost., n. 448 del 1995, n. 40 del 1999, nonché n. 153 del 2012, che ha affermato che il requisito della "diversità di fase" è divenuto vero e proprio paradigma di sistema in materia di incompatibilità da prevenzione);

Considerato che deve escludersi che ricorrano ipotesi di incompatibilità che possano dar luogo alla ricusazione del magistrato delegato dal Primo Presidente della Corte che, dopo aver assegnato il ricorso alla sezione settima, faccia parte anche del collegio che lo deve valutare, in quanto:

- l'esame preliminare comporta una valutazione provvisoria, limitata ad un accertamento sul fumus dell'inammissibilità, valutazione che avviene nell'ambito della stessa fase e che rientra nel giudizio di cassazione;

- deve escludersi che in sede di giudizio di legittimità sussistano situazioni di incompatibilità c.d. orizzontale, atteso che come attività pregiudicante ai fini dell'incompatibilità di cui all'art. 34 c.p.p. va intesa quella che implica una valutazione di merito sull'accusa e come sede pregiudicata quella giurisdizionale diretta a decidere sul merito stesso dell'accusa o di una misura de libertate (Sez. 3, n. 24961 del 20 aprile 2005, Fanale);

Ritenuto, pertanto, che la dichiarazione di ricusazione deve essere respinta, con la condanna della parte che l'ha proposta al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell'art. 44 c.p.p.

P.Q.M.

Rigetta la dichiarazione di ricusazione e condanna P. Renzo al pagamento delle spese processuali nonché a versare a favore della cassa delle ammende la somma di euro 1.000,00.

Depositata il 18 maggio 2016.