Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 15 gennaio 2016, n. 23856

Presidente: Vecchio - Estensore: Magi

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con ordinanza emessa in data 8 luglio 2015 il GIP del Tribunale di Napoli Nord ha sollevato conflitto negativo di competenza con il locale Tribunale nell'ambito del procedimento a carico di D.L.

In fatto, conviene evidenziare in sintesi cronologica i dati rilevanti:

a) nei confronti di D.L. il GIP del Tribunale di Napoli Nord risulta aver emesso decreto penale di condanna (per il reato di cui agli artt. 58 r.d. n. 635 del 1940 e 221 t.u.l.p.s.) in data 8 gennaio 2015;

b) con tempestiva opposizione D.L. articolava due istanze. La prima contiene una richiesta di improcedibilità dell'azione penale posto che per il medesimo fatto si sostiene essere stato emesso decreto penale di condanna da parte del GIP del Tribunale di Cassino in data 8 ottobre 2014, con successiva ammissione alla oblazione. In subordine D.L. chiedeva di essere ammesso alla oblazione;

c) a fronte di tale opposizione il GIP disponeva il giudizio, affermando che «l'esistenza del bis in idem potrà essere apprezzata soltanto in sede dibattimentale mediante la verifica della eventuale definitività del decreto penale di condanna emesso dal GIP del Tribunale di Cassino», in data 20 febbraio 2015;

d) il Tribunale, in sede di questioni preliminari, dichiarava la nullità del decreto di citazione a giudizio e disponeva la restituzione degli atti al GIP con ordinanza emessa il 3 giugno 2015, sostenendo che non poteva essere validamente instaurato il giudizio ordinario senza la previa definizione della domanda di oblazione, nel cui ambito - peraltro - il GIP ben avrebbe potuto vagliare la fondatezza della richiesta di improcedibilità dell'azione penale.

A fronte di tale sequenza, il GIP nel sollevare il conflitto negativo afferma che:

- la richiesta di ammissione all'oblazione è espressamente subordinata, nell'atto di opposizione, alla verifica della improcedibilità per violazione della regola del ne bis [in] idem e pertanto, non essendovi alcun potere del GIP, dopo l'emissione del decreto penale di condanna di emettere tale tipologia di decisione non poteva essere emesso alcun provvedimento di ammissione all'oblazione, dovendosi - di contro - demandare al giudice dibattimentale la verifica circa la fondatezza della domanda "principale". Ciò anche in rapporto ai contenuti di Corte cost. n. 14 del 2015 (decisione interpretativa che ha ritenuto possibile l'emissione di pronunzia ex art. 129 c.p.p. nell'ambito del procedimento di oblazione conseguente ad opposizione a decreto penale) in virtù del fatto che la causa di improcedibilità non emergeva in modo pacifico dall'istanza difensiva (peraltro formulata in modo da rendere inammissibile l'istanza subordinata) ma necessitava di una verifica istruttoria, circa la definitività della decisione emessa dall'A.G. di Cassino.

Di contro, con atto successivo alla proposizione del conflitto, il Tribunale evidenziava come i contenuti della decisione n. 14 del 2015 Corte cost. abbiano reso possibile l'applicazione - da parte del GIP ed in sede di sub-procedimento di oblazione ex art. 141 disp. att. c.p.p. - della regola generale di cui all'art. 129 c.p.p. e pertanto ben potevano le due istanze essere valutate in modo congiunto senza emissione del provvedimento di impulso processuale.

2. Ritiene questa Corte che il conflitto negativo insorto vada risolto con l'attribuzione della competenza al GIP del Tribunale di Napoli Nord, per le ragioni che seguono.

In sede di opposizione al decreto penale di condanna è stata proposta dall'opponente una duplice richiesta (emissione di sentenza di improcedibilità per precedente giudicato relativo al medesimo fatto e, in subordine, ammissione alla oblazione) e tale modalità di formulazione dell'atto di opposizione ha determinato, come si è detto in parte narrativa, la decisione del GIP di disporre il giudizio.

Il presupposto logico e giuridico di tale decisione risiede - a ben vedere - nella qualificazione di inammissibilità della richiesta di ammissione alla oblazione - successiva alla emissione del decreto penale di condanna e formulata in sede di opposizione - "condizionata" alla previa verifica della esistenza di una causa di improcedibilità dell'azione penale tale da condurre, in tesi, al proscioglimento (art. 649, comma 2, c.p.p.).

Tale opzione interpretativa era di certo sostenibile in rapporto agli orientamenti espressi da questa Corte di legittimità (in casi analoghi Sez. III, n. 39350 del 12 ottobre 2006, rv. 235499; Sez. III, n. 12518 del 24 febbraio 2011, rv. 249788) e relativi ai contenuti dell'art. 464, comma 2, c.p.p. (il giudice se è presentata domanda di oblazione contestuale alla opposizione decide sulla domanda stessa prima di emettere i provvedimenti a norma del comma 1) posto che la decisione emessa dalle Sezioni Unite di questa Corte n. 21243 del 25 marzo 2010, intervenendo sul tema, aveva qualificato come abnorme la sentenza di proscioglimento emessa dal GIP successivamente alla opposizione al decreto penale di condanna (affermando, tra l'altro che dopo che il decreto di condanna sia stato emesso, il giudice per le indagini preliminari è spogliato di poteri decisori sul merito dell'azione penale, incombendo sullo stesso, ove sia proposta opposizione, esclusivamente poteri-doveri di propulsione processuale, obbligati nell'an e nel quomodo, con la sola eccezione rappresentata dalla decisione sulla eventuale domanda di oblazione).

In tal senso, il GIP aveva ritenuto inammissibile la domanda di oblazione in quanto condizionata ad una verifica esorbitante dai suoi poteri (l'apprezzamento del precedente giudicato) atteso che esclusivamente la inammissibilità di una domanda di parte facoltizza il giudice a non esaminarne i contenuti.

Tuttavia va ritenuto che su detto quadro interpretativo ha inciso, con portata innovativa, la decisione interpretativa di rigetto n. 14 emessa dalla Corte costituzionale in data 28 gennaio 2015 e depositata il 13 febbraio 2015 (data antecedente, sia pure di pochi giorni, al deposito dell'atto di opposizione).

Con tale arresto il giudice delle leggi ha ritenuto infondato il dubbio di legittimità costituzionale dell'art. 464, comma 2, c.p.p. in tal sede proposto, affermando che lì dove venga, in sede di opposizione, richiesta l'ammissione alla oblazione ciò non preclude l'applicazione da parte del giudice - nell'ambito del relativo subprocedimento di cui all'art. 141 disp. att. c.p.p. - della particolare decisione di cui all'art. 129 c.p.p. invocata dall'opponente in modo specifico e argomentato nel medesimo atto di opposizione.

La decisione testé citata offre, in tutta evidenza, una particolare chiave di lettura del rapporto tra atto di opposizione al decreto penale, domanda di ammissione all'oblazione e recupero di poteri decisori da parte del Giudice per le indagini preliminari in riferimento ad una specifica sollecitazione della parte (nel particolare procedimento monitorio in esame) lettura da ritenersi preferibile, posto che una diversa opzione interpretativa delle norme coinvolte andrebbe a scontrarsi con la ratio della pronunzia, in ciò eludendo i contenuti dell'autorevole precedente (v. Sez. un., n. 25 del 16 dicembre 1998, rv. 212075).

Viene - pertanto - ritenuta idonea la "sede procedimentale" introdotta da un atto di opposizione al decreto penale di condanna contenente una domanda di oblazione (domanda il cui accoglimento prescinde, come è noto, dalla verifica di colpevolezza) allo scopo di ampliare le potenzialità cognitive del giudice, con potenziale approdo decisorio non più finalizzato alla esclusiva verifica della ricorrenza dei presupposti di legge per l'ammissione alla oblazione (art. 162 e 162-bis c.p.) ma esteso a tutte le ipotesi contemplate dall'art. 129 del codice di rito, sia pure nei limiti della indicazione contenuta e sostenuta nell'atto di opposizione.

La pregnante correlazione tra la domanda di ammissione all'oblazione e l'obbligo della immediata declaratoria delle cause di non punibilità, rilevata nel citato arresto della Corte costituzionale, impone pertanto, di ritenere senz'altro consentito l'innesto - in via incidentale - nella richiesta di oblazione della istanza (di carattere assolutamente preliminare) orientata alla verifica dell'aspetto di maggior favore per l'instante (sentenza ex art. 129 c.p.p.) con irretrattabilità della domanda di oblazione lì dove il giudice investito della richiesta ritenga di disattendere la prioritaria prospettazione (quanto alla irrevocabilità della domanda di oblazione, in termini generali, Sez. I, n. 29359 del 14 maggio 2009, rv. 244826).

Ciò, peraltro, appare il frutto di una scelta tendente alla valorizzazione delle facoltà difensive nell'ambito esclusivo del procedimento per decreto, caratterizzato dalla assenza di contraddittorio sino al momento della notifica dell'atto giudiziale idoneo, se non opposto, a divenire irrevocabile, il che esclude la possibilità di esportare la ratio decidendi al di fuori del procedimento monitorio e della particolare sequenza di atti del giudice e poteri delle parti che lo caratterizza.

Tornando al caso in esame, è dunque evidente che l'atto di opposizione, nel suo duplice contenuto, non risulta essere estraneo al sistema e non può, seppure in parte (la domanda di oblazione) essere dichiarato inammissibile ma deve essere in quanto tale valutato nei suoi contenuti dal giudice funzionalmente competente, che resta il Giudice per le indagini preliminari.

In tal senso, la declaratoria di nullità dell'atto di impulso processuale - che ha dato luogo al conflitto - appare consentita, posto che la opzione sottostante non ha tenuto conto della ritualità (e correlata irretrattabilità) della richiesta di ammissione alla oblazione formulata dalla parte privata.

È, infine, questione che esula dalla presente decisione - regolamento di competenza - quella della compatibilità, nel caso in esame, tra applicazione immediata della norma invocata in via preliminare dall'instante (art. 129 c.p.p.) e verifica delle condizioni di fatto e di diritto per l'operare di tale norma, rappresentate dalla identità storica del fatto e definitività o meno della decisione indicata come vertente sul medesimo fatto.

Va pertanto dichiarata la competenza del GIP del Tribunale di Napoli Nord, ufficio cui vanno trasmessi gli atti ai sensi dell'art. 32 c.p.p.

P.Q.M.

Dichiara la competenza del GIP del Tribunale di Napoli Nord, cui dispone trasmettersi gli atti.

Depositata l'8 giugno 2016.

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