Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 6 luglio 2016, n. 3003

Presidente: Santoro - Estensore: D'Alessio

FATTO E DIRITTO

1. La signora Giulia Maria L., con atto in data 10 marzo 2015, ha fatto istanza alla CONSOB di accesso agli atti sulla base dei quali la stessa CONSOB ha reso i pareri 22 maggio 2012, n. 12042821 e 24 maggio 2012, n. 12044042, a seguito di un quesito proposto, da UGF-Unipol Gruppo Finanziario, il 20 febbraio 2012, relativo all'applicabilità dell'Opa obbligatoria alle fasi di integrazione, attraverso fusione, di Unipol Assicurazioni S.p.a., Premafin Finanziaria S.p.a., Fondiaria Sai S.p.a. e Milano Assicurazioni S.p.a.

La signora L. ha giustificato la richiesta esponendo di essere stata convenuta in giudizio, avanti il Tribunale civile di Bologna, da UGF e Premafin finanziaria S.p.a. per sentir dichiarare che alla stessa non spettava il diritto di recesso da Premafin finanziaria a seguito della incorporazione in Fondiaria-Sai.

1.1. La CONSOB ha negato l'accesso facendo riferimento al divieto dettato dal combinato disposto degli artt. 24, comma 1, della l. n. 241 del 1990, e 4, comma 10, del d.lgs. n. 58 del 1998, nonché dell'art. 2, comma 4, del regolamento n. 9641 del 1995, per effetto dei quali gli atti e i dati che sono in possesso della CONSOB, in relazione all'attività di vigilanza, non sono accessibili a meno che non siano posti a base di un procedimento sanzionatorio o disciplinare.

2. La signora L. ha fatto ricorso al T.A.R. per il Lazio per ottenere l'accesso agli atti in questione.

2.1. Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II, con la sentenza n. 11731 del 15 ottobre 2015 ha respinto il ricorso.

Il T.A.R., in particolare, dopo aver rilevato che dai pareri «emergono con assoluta chiarezza le valutazioni di Consob non solo sulla vicenda, ma soprattutto sui passaggi, sulla natura, rilevanza e opponibilità di un certo tipo di accordi, sulle azioni di responsabilità e sulle loro limitazioni, e, in genere, sulle conseguenze deducibili da complicate operazioni societarie concernenti le fusioni e l'acquisizione dei controlli», ha sostenuto che l'attività esercitata da parte della CONSOB, nel caso in esame, non poteva ritenersi una attività di consulenza fornita ad un privato ma una attività svolta nell'esercizio della funzione istituzionale di vigilanza «coerente all'attività di controllo, di tutela della trasparenza, dell'esercizio di potestà sanzionatorie e comunque incisive sulle altrui situazioni giuridiche» e volta ad «individuare e rendere chiaramente percepibili i principi e gli orientamenti che l'autorità di vigilanza assume e potrà in prosieguo seguire in analoghi casi». Con la conseguente inaccessibilità degli atti emessi nell'esercizio di tale funzione.

2.2. Né, secondo il T.A.R., poteva essere accolta la richiesta di accesso in relazione alla prospettazione secondo la quale «il negato accesso determinerebbe l'alterazione della parità delle parti nel processo civile radicato a Bologna».

3. La signora Giulia Maria L. ha appellato l'indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

All'appello si oppone la CONSOB che ne ha chiesto il rigetto perché infondato.

4. Al riguardo, si deve ricordare che la disciplina che regola l'accesso agli atti della CONSOB, analogamente a quanto avviene per le altre Autorità indipendenti di garanzia e di vigilanza, è dettata, in generale, dall'art. 23 della l. n. 241 del 1990, in base al quale «il diritto di accesso nei confronti delle autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti secondo quanto previsto dall'art. 24...».

L'art. 24 della l. n. 241, al riguardo, prevede, al comma 1, lett. a), l'esclusione del diritto di accesso per i documenti coperti da segreto di Stato, ai sensi della l. 24 ottobre 1977, n. 801, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo. Il comma 2 prevede poi che «le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso ai sensi del comma 1».

Il comma 5 dell'art. 24 stabilisce, inoltre, che «i documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell'ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l'eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all'accesso».

4.1. Per la CONSOB la materia dell'accesso ai documenti amministrativi è stata disciplinata dal regolamento adottato con delibera n. 9642 del 13 dicembre 1995, recante disposizioni concernenti misure organizzative per l'esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'art. 22, comma 3, della l. 7 agosto 1990, n. 241.

L'art. 2, prevede, in proposito, che il diritto di accesso ha ad oggetto tutti i documenti amministrativi relativi ad atti di competenza della CONSOB o comunque rientranti nella sua disponibilità, ad eccezione di quelli appartenenti alle categorie escluse dall'accesso ai sensi del relativo regolamento ex art. 24, comma 4, della l. n. 241 del 1990, adottato con delibera n. 9641 del 13 dicembre 1995.

4.2. Con l'art. 4, comma 10, del d.lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998, recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (T.U.F.), è stato poi stabilito che «tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della CONSOB in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti dal segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, a eccezione del Ministro dell'economia e delle finanze. Sono fatti salvi i casi previsti dalla legge per le indagini relative a violazioni sanzionate penalmente».

4.3. Per effetto di tale rigorosa disposizione gli atti riguardanti l'esercizio, da parte della CONSOB, della sua funzione istituzionale di vigilanza sull'andamento del mercato azionario sono stati normativamente sottratti all'accesso, con la sola eccezione degli atti riguardanti violazioni sanzionate penalmente che devono essere messi a disposizione della parte che deve esercitare il suo diritto di difesa in giudizio.

5. I limiti entro i quali può essere consentito l'accesso agli atti della CONSOB, riguardanti l'esercizio delle sue funzioni istituzionali di vigilanza, sono state più volte sottoposte all'attenzione della Corte costituzionale perché ritenuti eccessivamente rigidi e in possibile contrasto con diverse norme di rango costituzionale.

5.1. La Corte costituzionale, con sentenza 23 ottobre-3 novembre 2000, n. 460, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 10, del d.lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 21, 24, 97, primo comma, e 98, primo comma, della Costituzione. Successivamente la Corte, con ordinanza 19-23 marzo 2001, n. 80, e con ordinanza 21-30 marzo 2001, n. 93 ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità.

La stessa Corte, con sentenza 12-26 gennaio 2005, n. 32, ha poi dichiarato ancora non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 10, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 97 della Costituzione.

5.2. In particolare, come ha ricordato anche il T.A.R. nella sentenza appellata, la Corte costituzionale ha ritenuto che il bilanciamento effettuato dal legislatore tra il segreto d'ufficio e il diritto di accesso difensionale deve ritenersi legittimo dal punto di vista costituzionale.

La Corte, con la sentenza n. 460 del 2000, nel ritenere infondata la questione di legittimità costituzionale, ha peraltro ritenuto, sulla base di una interpretazione sistematica della norma, che la sfera di applicazione dell'art. 4, comma 10, del d.lgs. n. 58 del 1998, quale che ne sia l'effettiva estensione, con certezza non comprende gli atti, le notizie e i dati in possesso della Commissione in relazione alla sua attività di vigilanza, posti a fondamento di un procedimento disciplinare, sicché questi nei confronti dell'interessato non sono affatto segreti e sono invece pienamente accessibili non solo nel giudizio di opposizione alla sanzione disciplinare ma anche nello speciale procedimento di accesso regolato dall'art. 25 della l. n. 241 del 1990, strumento esperibile anche dall'incolpato nei procedimenti disciplinari, per orientare preventivamente l'azione amministrativa onde impedirne eventuali deviazioni.

La Corte ha, poi, aggiunto che le esigenze di segretezza, che costituiscono la "ratio" dell'art. 4 del T.U.F., sono recessive rispetto al diritto di accesso "defensionale", nell'ipotesi in cui si chieda l'ostensione di atti confluiti in un procedimento sanzionatorio o a carattere contenzioso e la loro conoscenza sia necessaria per la difesa dell'interessato nell'ambito del procedimento stesso.

5.3. La Corte ha, in proposito, chiarito che «ogni residuo dubbio è... destinato a dissolversi se agli argomenti interpretativi... desunti dalla legislazione ordinaria si aggiungono quelli derivanti dai principi costituzionali. Soccorrono in primo luogo, sia pure con diversa intensità, il diritto di difesa ed i principi di imparzialità e trasparenza dell'attività amministrativa. Di fronte alla distinzione tra procedimenti disciplinari giurisdizionali e procedimenti disciplinari amministrativi, questa Corte ha già ricordato che la proclamazione contenuta nell'art. 24 Cost., se indubbiamente si dispiega nella pienezza del suo valore prescrittivo solo con riferimento ai primi, non manca tuttavia di riflettersi, seppure in maniera più attenuata, sui secondi, in relazione ai quali, in compenso, si impongono al più alto grado di cogenza le garanzie di imparzialità e di trasparenza che circondano l'agire della Pubblica Amministrazione. V'è, insomma, un sensibile accostamento tra i due diversi tipi di procedimento disciplinare, che trova ragione "nella natura sanzionatoria delle pene disciplinari, che sono destinate ad incidere sullo stato della persona nell'impiego o nella professione" (sent. n. 71 del 1995). L'approdo del procedimento, nell'un caso e nell'altro, può toccare invero la sfera lavorativa e, con essa, le condizioni di vita della persona e postula perciò, anche in relazione ai procedimenti non aventi carattere giurisdizionale, talune garanzie che non possono mancare, quali la contestazione degli addebiti e la conoscenza, da parte dell'interessato, dei fatti e dei documenti sui quali si fondano (sent. n. 505 del 1995)».

5.4. Nella sentenza n. 32 del 2005 la Corte costituzionale ha poi ritenuto, con riferimento al manifestato interesse a ottenere la disponibilità di documentazione raccolta dalla CONSOB nell'esercizio della sua attività di vigilanza, onde poterne far uso in un successivo giudizio civile concernente i medesimi fatti già valutati dalla autorità di vigilanza, che la caducazione del regime di segreto sui documenti acquisiti dalla CONSOB in tal caso andrebbe ad esclusivo vantaggio di una sola delle parti del giudizio civile mentre i documenti acquisiti dal soggetto sottoposto a vigilanza resterebbero, per tutti, e in particolare per il suo contraddittore nel giudizio civile di danno, assoggettati a segreto, sicché una eventuale pronuncia di accoglimento finirebbe per introdurre, in un rapporto processuale conformato dal principio di parità, un trattamento irragionevolmente differenziato tra le parti.

6. Facendo applicazione di tali disposizioni e dei principi che sono stati affermati dalla Corte costituzionale sui limiti entro i quali può essere opposto il segreto ai documenti amministrativi in possesso dell'Autorità nell'esercizio delle funzioni istituzionali di vigilanza, l'appello proposto dalla signora L. deve essere, in parte, accolto.

7. Come si è già ricordato, la richiesta di accesso della signora L. riguarda atti e documenti sulla base dei quali la CONSOB ha emesso due pareri a seguito della proposizione di un quesito, in data 20 febbraio 2012, da parte di UGF-Unipol Gruppo Finanziario, relativo all'applicabilità dell'Opa obbligatoria alle fasi di integrazione, attraverso fusione, di Unipol Assicurazioni S.p.a., Premafin Finanziaria S.p.a., Fondiaria Sai S.p.a. e Milano Assicurazioni S.p.a.

8. Al riguardo, si deve escludere, come ha correttamente ritenuto anche il T.A.R., che l'accesso agli atti doveva, nella fattispecie, essere consentito perché l'attività esercitata dalla CONSOB non poteva farsi rientrare in quella di vigilanza sul mercato azionario e della borsa, per legge sottratta all'accesso.

Sebbene, infatti, i due citati pareri siano stati emessi a seguito di una richiesta di chiarimenti avanzata da UGF-Unipol Gruppo Finanziario, soggetto operante sul mercato, la CONSOB non ha esercitato, nella fattispecie, una attività di mera consulenza in favore di tale soggetto ma ha comunque esercitato funzioni istituzionali di vigilanza e regolazione del mercato azionario e, nell'esercizio di tali funzioni, ha emanato i due pareri in questione, che sono stati pubblicati dalla stessa Autorità sul proprio sito istituzionale, nella sezione "Regolamentazione - Normativa, massime e orientamenti CONSOB", destinati a regolare una complessa vicenda di rilevante interesse per il settore assicurativo nazionale e per il funzionamento del mercato.

In conseguenza, l'attività esercitata dalla CONSOB, nella fattispecie, si deve ritenere assoggettata ai limiti in materia di accesso agli atti che, come si è ricordato, sono stati dettati in tale settore, a tutela di rilevanti interessi pubblici.

9. La Sezione ritiene, tuttavia, che i limiti all'accesso stabiliti in tale materia, non possano estendersi fino a legittimare l'esclusione dall'accesso anche degli atti che, inviati alla CONSOB da un soggetto privato, hanno poi determinato l'emanazione dei due citati pareri.

9.1. Si deve, infatti, considerare che tali atti non possono ritenersi, in senso stretto, espressione di quella funzione di vigilanza e di regolazione dei mercati che giustifica il diniego di accesso.

9.2. A ciò si deve aggiungere che l'accesso a tali atti è stato richiesto dalla ricorrente per poter far valere le sue ragioni nel procedimento giurisdizionale pendente a suo carico davanti al giudice civile.

10. In relazione alla questione dei limiti entro i quali può essere fatto valere il divieto di accesso nei casi in cui l'accesso può essere negato perché l'ordinamento riconosce la prevalenza di (diversi) determinati interessi pubblici, si deve ricordare che, ai sensi dell'art. 24, comma 5, della l. n. 241 del 1990, «i documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell'ambito e nei limiti di tale connessione». Lo stesso comma 5 dell'art. 24 dà, inoltre, prevalenza alle ragioni di segretezza con riferimento ad un arco temporale che non può ritenersi illimitato ma che è connesso alla rilevante attualità degli interessi tutelati.

In conseguenza, solo nei limiti della (stretta) connessione degli atti e documenti richiesti con i diversi e prevalenti interessi pubblici tutelati (e della persistente attualità di tali interessi) può essere legittimamente negato l'accesso.

11. Particolare attenzione alle ragioni dell'accesso deve essere poi riconosciuta quando l'accesso è richiesto in funzione difensiva.

Si deve, infatti, ricordare che il diritto di accesso in funzione difensiva è garantito dall'art. 24 comma 7, della l. n. 241 del 1990 che, nel rispetto dell'art. 24 della Costituzione, prevede, con una formula di portata generale, che «deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici». Fermo restando che, nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile.

11.1. Entro i predetti limiti deve essere quindi, garantito l'accesso agli atti, a fini difensionali, quando un soggetto è coinvolto in un procedimento giurisdizionale da cui può scaturire una decisione pregiudizievole a suo carico.

12. Facendo applicazione di tali principi e tenuto conto delle disposizioni regolanti l'accesso agli atti della CONSOB riguardanti la sua attività di vigilanza (che si sono prima ricordati), non può, pertanto, ritenersi legittimo il diniego, opposto alla signora L., di accesso agli atti e ai documenti depositati da UGF-Unipol Gruppo Finanziario nella sua richiesta di parere, dovendosi ritenere recessivo, nella fattispecie, il segreto d'ufficio opposto all'interessata rispetto all'esigenza (costituzionalmente tutelata) della ricorrente di potersi difendere adeguatamente in giudizio.

12.1. Del resto anche la Corte costituzionale ha affermato, nella citata sentenza n. 460 del 2000, che le esigenze di segretezza, che costituiscono la "ratio" dell'art. 4 del T.U.F., possono essere in determinati casi recessive rispetto al diritto di accesso "defensionale", se la conoscenza di atti è necessaria per la difesa dell'interessato nell'ambito di un procedimento giudiziario.

13. Tale conclusione, tenuto anche conto della peculiarità del caso esaminato, non si pone peraltro in contrasto con le conclusioni raggiunte, nel diverso caso esaminato, dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 32 del 2005, in quanto in tale decisione la Corte ha evidenziato che il generale segreto d'ufficio non poteva essere derogato nel caso della pendenza di un giudizio davanti al giudice civile perché avrebbe potuto giovare solo ad una delle parti del giudizio mentre, nella fattispecie, gli atti dei quali si ritiene che possa essere consentito l'accesso provengono proprio da una parte che ha citato in giudizio la richiedente l'accesso.

14. Si deve aggiungere che le conclusioni raggiunte devono ritenersi anche coerenti con la sempre maggiore attenzione che il nostro ordinamento assicura al rispetto dei principi di trasparenza dell'azione amministrativa e di accesso agli atti della pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 97 della Costituzione.

In proposito, di recente, la Sezione Consultiva per gli Atti normativi di questo Consiglio di Stato, nell'Adunanza di Sezione del 18 febbraio 2016 (n. 343/2016), ha esaminato lo schema del decreto legislativo con il quale, nel dare attuazione alla delega di cui all'art. 7 della l. 7 agosto 2015, n. 124, recante "Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche", in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché prevenzione della corruzione, è stato riconosciuto un vero e proprio diritto del cittadino alla richiesta di atti delle pubbliche amministrazioni, a qualunque fine e senza necessità di motivazioni, fatti salvi i casi in cui possano essere compromessi alcuni rilevanti interessi pubblici generali.

15. In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l'appello deve essere accolto e deve essere, pertanto, consentito l'accesso richiesto, nei limiti di cui in motivazione.

Le spese del doppio grado di giudizio, considerata la novità della questione, possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in integrale riforma della appellata sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II, n. 11731 del 15 ottobre 2015, accoglie il ricorso di primo grado e dispone quindi l'accesso agli atti richiesto dalla ricorrente, nei limiti di cui in motivazione.

Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.