Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 26 luglio 2016, n. 3347

Presidente: Caringella - Estensore: Maggio

FATTO E DIRITTO

Con lettera d'invito 17 gennaio 2011, la Regione Toscana ha indetto una procedura selettiva per la privatizzazione dell'impresa di navigazione regionale Toremar s.p.a. e per l'affidamento dei servizi pubblici di cabotaggio marittimo regionale.

Alla gara venivano ammesse le offerte della Moby s.p.a. e della Toscana di Navigazione s.r.l.

Quest'ultima aveva presentato l'offerta più vantaggiosa, ma è stata esclusa dalla gara a seguito del riscontro di una discordanza tra l'offerta economica e quella tecnica.

Il provvedimento espulsivo è stato, quindi, impugnato davanti al TAR Toscana e il giudizio si è concluso con la sentenza di questa Sezione 16 gennaio 2015, n. 83, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, l'amministrazione regionale è stata condannata a disporre l'aggiudicazione della procedura, in favore della Toscana di Navigazione s.r.l., previo il necessario controllo dei requisiti soggettivi.

In esecuzione della menzionata sentenza la Regione Toscana ha avviato il procedimento di verifica dei detti requisiti, a conclusione del quale ha emesso il decreto dirigenziale 30 marzo 2015, n. 1312, con cui ha disposto di non poter procedere all'aggiudicazione, sul presupposto che la concorrente non avesse comprovato di possedere, né il requisito di capacità tecnico-professionale, concernente il volume di servizi di trasporto marittimo passeggeri eseguiti nel periodo 30 novembre 2006-30 novembre 2009, né quello di capacità economico-finanziaria, tenuto conto che a tal fine era stata fornita documentazione relativa non solo alle società ausiliarie indicate nel contratto di avvalimento regolarmente allegato all'offerta (Alilauro s.p.a. e Ciano Trading & Service s.r.l.), ma anche a società terze (Alicot s.p.a., TMS s.r.l., Vola Via Mare s.c. a r.l. e Alilauro Gru.So.N. s.p.a.), i cui dati non potevano essere presi in considerazione, in quanto soggetti estranei alla gara.

Avverso il provvedimento di esclusione la Toscana di Navigazione s.r.l. ha proposto ricorso davanti al TAR Toscana, il quale, con sentenza 26 ottobre 2015, n. 1446, lo ha respinto.

Ritenendo la sentenza erronea e ingiusta la Toscana di Navigazione s.r.l., l'ha impugnata chiedendone l'annullamento.

Per resistere all'appello si sono costituite in giudizio sia la Regione Toscana, sia la Moby s.p.a.

Con ulteriori memorie entrambe le appellate hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 7 giugno 2016, la causa è passata in decisione.

Può prescindersi dall'esame dell'eccezione con cui la Regione Toscana ha dedotto l'improcedibilità dell'appello, in conseguenza dell'omessa impugnazione da parte dell'appellante del decreto dirigenziale 12 dicembre 2015, n. 5817, col quale la gara è stata definitivamente aggiudicata alla Moby s.p.a., essendo il gravame da respingere nel merito.

Ritiene il Collegio che, nell'economia del presente giudizio, abbiano carattere assorbente e possano essere esaminati prioritariamente, il secondo e terzo motivo d'appello, concernenti entrambi il requisito di capacità economico-finanziaria.

Col primo l'appellante lamenta che il giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere che l'esistenza di un rapporto di partecipazione societaria, o l'appartenenza ad uno stesso gruppo di imprese, non permetta di presumere che una delle imprese parte di tale rapporto o appartenente al gruppo, possa per ciò solo disporre, ai fini della partecipazione a una procedura di affidamento di contratti pubblici, dei mezzi dell'impresa partecipata o delle altre imprese del gruppo, ammettendosi altrimenti una sorta di avvalimento "a cascata" vietato dalla giurisprudenza.

A dire dell'appellante, che al fine di comprovare il requisito si era avvalsa, tra l'altro, della Alilauro s.p.a., dovevano essere computati, nel volume d'affari di quest'ultima, anche i fatturati della Alicot s.p.a., della TMS s.r.l., della Vola Via Mare s.c. a r.l. e della Alilauro Gru.So.N. s.p.a., essendo queste società tutte controllate e partecipate maggioritariamente dalla prima e, quindi, facenti parte del medesimo gruppo, cosicché non sarebbe pertinente il richiamo al principio che vieta il c.d. avvalimento "a cascata".

Col secondo mezzo, la Toscana di Navigazione s.r.l. deduce che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente escluso la manifesta sproporzione del fatturato richiesto, tenuto conto che, invece, risulterebbe irragionevole richiedere nel triennio un fatturato globale di 150 milioni di euro e specifico di 75 milioni di euro, a fronte di un valore complessivo dell'affidamento pari a 174 milioni di euro per dodici anni.

Le censure, così sinteticamente riassunte, non meritano accoglimento.

Quanto alla prima occorre rilevare che la deroga al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara è strettamente collegata alla possibilità di avere un rapporto diretto ed immediato con l'impresa ausiliaria da cui discende una responsabilità solidale delle due imprese (ausiliaria e ausiliata) in relazione all'intera prestazione da eseguire, e l'innesto di un ulteriore passaggio tra l'impresa che partecipa alla gara e l'impresa che possiede i requisiti, infrangerebbe questo ineludibile vincolo di responsabilità che giustifica il ricorso all'istituto dell'avvalimento ed alla deroga del principio del possesso in proprio dei requisiti di gara.

L'istituto dell'avvalimento risponde all'esigenza della massima partecipazione alle gare consentendo ai concorrenti, che siano privi dei requisiti richiesti dal bando, di concorrere ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, cionondimeno non può essere ignorato che il medesimo dev'essere idoneo a soddisfare l'interesse pubblico ad una sicura ed efficiente esecuzione del contratto e da ciò scaturisce la conseguenza che la possibilità di ricorrere a soggetti ausiliari presuppone che i requisiti mancanti siano da questi integralmente e autonomamente posseduti, senza poter estendere teoricamente all'infinito, la catena dei possibili subausiliari (cfr. C.d.S., Sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5161).

Il rapporto di partecipazione societaria o l'appartenenza al medesimo gruppo, non è certamente idoneo a dimostrare che una delle imprese facenti parte del rapporto o appartenenti al gruppo, possa ipso facto disporre dei requisiti tecnici, organizzativi e finanziari di un'altra e viceversa (cfr. C.d.S., Sez. IV, 20 novembre 2008, n. 5742).

Fin dalla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Sez. IV, 2 dicembre 1999, resa in C. 176/98 Holst Italia v/s Comune di Cagliari è stato affermato che l'avvalimento di soggetti estranei alla gara è ammissibile a condizione che l'impresa avvalente sia in grado di provare di poter disporre effettivamente dei mezzi posseduti da soggetti terzi necessari, con la precisazione che la disciplina di fonte comunitaria non consente "di presumere che il prestatore disponga dei mezzi di terzi basandosi sulla sola circostanza che esso fa parte di uno stesso gruppo di imprese".

Deve, dunque, sul punto concludersi nel senso che se è ben vero che l'ordinamento comunitario consente agli operatori economici il diritto di avvalersi della capacità di altri soggetti, "a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami con questi ultimi" (cfr. art. 47 della direttiva 18/2004/CE), da tale inciso - espressione tipica della libertà di forme concessa agli Stati membri per dare attuazione alle regole comunitarie - non può, invero, trarsi argomento per sostenere l'irrilevanza della disciplina di "diritto vivente" interno laddove, nell'attuazione dell'inciso medesimo, contempla in capo alle stazioni appaltanti l'obbligo di valutazione dell'effettività del possesso dei requisiti oggetto dell'avvalimento in capo al soggetto avvalso, da intendersi quindi nella sua inderogabile effettività e, quindi, senza ulteriori "rimandi" a soggetti terzi, ancorché dotati di collegamento societario con l'avvalso anzidetto (cfr. C.d.S., Sez. V, 13 marzo 2014, n. 1251 e 20 giugno 2011, n. 3670; Sez. IV, 24 maggio 2013, n. 2832).

Alla luce delle considerazioni svolte, l'ausiliaria Alilauro s.p.a. non poteva cumulare, al fine di raggiungere il volume d'affari richiesto dalla lex specialis della gara e di cui la Toscana di Navigazione s.r.l. era priva, il fatturato delle società Alicot s.p.a., TMS s.r.l., Vola Via Mare s.c. a r.l. e Alilauro Gru.So.N. s.p.a., per il solo fatto che queste appartenessero al medesimo gruppo d'imprese.

In conclusione il motivo è infondato.

Nemmeno la seconda doglianza (terzo motivo d'appello), merita accoglimento.

Le odierne appellate avevano eccepito in primo grado l'irricevibilità della censura in quanto tardivamente proposta.

L'adito TAR, senza pronunciarsi sull'eccezione, ha rigettato nel merito il motivo.

Le appellate con le memorie difensive depositate in prossimità dell'udienza ripropongono l'eccezione.

Poiché le memorie sono state depositate in giudizio oltre il termine di cui all'art. 101, comma 2, del c.p.a., occorre stabilire se le eccezioni riproposte debbano intendersi "rinunciate" o se possano essere esaminate.

Ritiene il Collegio che debba essere privilegiata la seconda alternativa.

Dispone l'art. 101, comma 2, c.p.a.: "Si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello o, per le parti diverse dall'appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio".

La norma riproduce, sostanzialmente, l'analoga disposizione contenuta nell'art. 346 del c.p.c., la quale è stata costantemente interpretata nel senso che essa disciplini unicamente il regime delle eccezioni in senso proprio, ovvero quelle attinenti a fatti modificativi, estintivi o impeditivi della situazione soggettiva azionata (Cass. civ., Sez. II, 20 giugno 2005, n. 13218 e Sez. lav., 3 febbraio 1996, n. 927) senza riferirsi anche alle questioni che il giudice potrebbe esaminare d'ufficio (Cass. civ., Sez. II, 20 maggio 2011, n. 11259), quali quelle concernenti il rito.

Considerato l'equivalente tenore delle due norme, deve ritersi che sussistano i presupposti per attribuire alle stesse il medesimo significato.

L'art. 101, comma 2, del c.p.a. va, dunque, interpretato nel senso che l'onere di tempestiva riproposizione delle eccezioni assorbite o non esaminate, riguardi esclusivamente le eccezioni in senso proprio e non, invece, le c.d. eccezioni preliminari di rito, le quali non costituiscono, in realtà, vere e proprie eccezioni, ma si configurano come mere difese (contra C.d.S., Sez. V, 7 novembre 2011, n. 5883; Sez. IV, 21 settembre 2015, n. 4396 e C. Si., 12 dicembre 2013, n. 929).

L'opzione ermeneutica trova, del resto, conforto nella norma di cui all'art. 104, comma 1, c.p.a., che nel vietare la proposizione in appello di nuove eccezioni, esclude dal divieto quelle rilevabili d'ufficio, tra le quali, per l'appunto, quelle concernenti i profili di rito, salvo, ovviamente, il caso che la questione sia stata già affrontata e risolta dal giudice di primo grado.

Nel caso di specie, l'esame dell'eccezione di tardività riproposta dalle appellate, non è nemmeno preclusa dell'esistenza di un giudicato implicito, atteso che il giudice di primo grado, nell'affrontare nel merito il motivo, senza pronunciarsi sull'eccezione, non lo ha accolto, ma lo ha respinto (sul principio che il giudicato implicito sulle questioni di rito si forma solo in caso di accoglimento del motivo e nel caso di reiezione dello stesso, cfr. C.d.S., Sez. VI, 24 settembre 2007, n. 4924).

Dalle esposte considerazioni discende che l'eccezione di tardività riproposta dalle appellate può essere affrontata nel merito, dove risulta fondata.

In base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, che il Collegio condivide, soggiacciono all'onere di immediata impugnazione le clausole della lex specialis delle procedure ad evidenza pubblica che, prescrivendo il possesso di un requisito di partecipazione di cui il concorrente è privo, hanno per il medesimo un effetto escludente precludendogli l'ammissione alla selezione (giurisprudenza pacifica, da ultimo, C.d.S., Sez. V, 12 maggio 2016, n. 1890).

Nel caso di specie la disciplina di gara richiedeva, ai fini della partecipazione, il possesso di un requisito di capacità economico-finanziaria di cui l'appellante era priva, così da ostacolarne l'ammissione alla procedura selettiva. Conseguentemente la relativa clausola andava tempestivamente impugnata.

Sennonché, la detta prescrizione è stata censurata solo in occasione del ricorso contro il provvedimento di aggiudicazione (decreto dirigenziale 30 marzo 2015, n. 1312) in favore della Moby s.p.a. e, dunque, quand'ormai il termine decadenziale per impugnare la disciplina di gara era irrimediabilmente scaduto.

Alla luce delle considerazioni svolte il motivo con cui in primo grado l'appellante aveva censurato il menzionato requisito di gara, dev'essere dichiarato irricevibile per tardività, in tal senso correggendo la motivazione dell'appellata sentenza.

L'appello va, in conclusione, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l'appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle appellate, liquidandole forfettariamente in complessivi Euro 2.500/00 (duemilacinquecento), pro parte oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

F. Caringella

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