Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 17 ottobre 2016, n. 4273

Presidente: Caringella - Estensore: Aureli

FATTO E DIRITTO

La sentenza impugnata ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia promossa dall'odierno appellante per ottenere l'annullamento adottato in autotutela dal Comune appellato.

Tale contestato annullamento è motivato con l'assenza delle condizioni inderogabili imposte dalle leggi nn. 296/2006 e 244/2007 (leggi finanziarie, rispettivamente, del 2007 e 2008) per "stabilizzare" il rapporto di lavoro della quale l'appellante aveva beneficiato.

Opponendosi a tale provvedimento di autotutela parte appellante ha richiamato la prova selettiva indetta dal Comune alla quale ha partecipato risultando idoneo e vincitore; ha invocato a proprio favore le norme disciplinatrici dei rapporti di collaborazione continuata, ponendo in evidenza che tali rapporti e quindi anche quello instauratosi con il Comune, sono equiparati, ai fini del presupposto utile ad ottenere la stabilizzazione, al rapporto di lavoro a tempo determinato.

Il giudice di primo grado adito ha escluso la propria giurisdizione in ossequio all'insegnamento delle Sezioni Unite della Cassazione (ord. n. 19552/2010), rilevando inoltre, in linea con l'annullamento in autotutela adottato dalla giunta comunale (delibera n. 51 del 26 marzo 2015), che parte ricorrente non ha fondato la sua pretesa sullo svolgimento di una procedura concorsuale, bensì reclamando la corretta applicazione di una specifica norma di legge che prevede, appunto, la stabilizzazione, a domanda, del personale già in servizio presso l'Ente comune con rapporto di lavoro a tempo determinato, potendo come co.co.co. vantare anche gli altri requisiti previsti dalla legge che disciplina tale stabilizzazione.

Ha quindi sostenuto parte appellante d'aver diritto alla stabilizzazione del suo rapporto di lavoro come co.co.co.

In particolare ha sostenuto in primo grado, nel contestare il provvedimento di autotutela, d'essere nella condizione, in realtà insussistente, di lavoratore dipendente a tempo determinato della P.A.

Ciò gli avrebbe consentito di accedere alle procedure per la stabilizzazione del rapporto di lavoro, finalizzata all'assunzione a tempo indeterminato nell'Ente sulla base di una procedura di selezione.

Quest'ultima tuttavia non ha natura di procedura concorsuale, e dunque esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo, avendo ad oggetto atti di gestione e di organizzazione del personale di un Ente locale, adottati successivamente al 30 giugno 1998, con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro ai sensi del d.lgs. n. 165 del 2001 (art. 5, comma 2).

Con il ricorso di primo grado e con l'appello in esame parte ricorrente contesta di non poter essere annoverato tra i soggetti legittimati alla procedura di stabilizzazione a tempo indeterminato, sostenendo di essere stato assunto a tempo determinato dal Comune dal 2008 per effetto di procedura concorsuale di pre-stabilizzazione (art. 1, commi 529 e 560, della finanziaria del 2007).

In realtà, il ricorrente effettua una non consentita equiparazione tra l'attività lavorativa di tre anni svolta come co.co.co. e quella di tre anni di rapporto di lavoro a tempo determinato alla quale soltanto è riservata ex lege la possibilità della stabilizzazione del predetto rapporto di lavoro, avendo quest'ultima e non la prima le condizioni per rientrare nella c.d. indispensabile "pre-stabilizzazione".

In disparte da ciò, è incontestabile che oggetto del contendere è la presenza o meno delle condizioni per la stabilizzazione del rapporto di lavoro con il Comune della cui natura di procedura non concorsuale s'è detto, con la conseguente conferma in questa sede della sentenza di primo grado (per la conferma dello stesso principio v. la recentissima sentenza del T.A.R. Lecce, Sez. II, n. 1507 del 29 settembre 2016).

Le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessivi euro 3.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

P. Emanuele

Compendio di diritto parlamentare

Simone, 2024

V. De Gioia

Concorso in magistratura 2024

La Tribuna, 2024

L. Bolognini, E. Pelino (dirr.)

Codice della disciplina privacy

Giuffrè, 2024