Corte di cassazione
Sezione VI civile
Sentenza 17 novembre 2016, n. 23451

Presidente ed Estensore: Petitti

Ritenuto che, con ricorso depositato presso la Corte d'appello di Caltanissetta, il 16 luglio 2012, B. Carmela chiedeva la condanna del Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento dell'indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Sicilia, con ricorso depositato il 4 maggio 2006 e deciso con sentenza depositata il 31 gennaio 2012;

che l'adita Corte d'appello accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo che il giudizio presupposto, protrattosi per cinque anni e otto mesi, avesse avuto una durata irragionevole di due anni e otto mesi, dalla quale tuttavia, doveva essere detratto il segmento di otto mesi intercorso tra il decesso del difensore della ricorrente e la costituzione del nuovo difensore;

che, dunque, accertata una violazione del termine di durata ragionevole di due anni, la Corte d'appello liquidava un indennizzo di 1.500,00 euro;

che per la cassazione di questo decreto hanno proposto ricorso B. Carmela, P. Marianna, P. Vincenzo, P. Stefania sulla base di tre motivi;

che l'intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all'udienza di discussione.

Considerato che il Collegio ha deliberato l'adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza;

che con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della l. n. 89 del 2001, dell'art. 6, par. I, della CEDU e dell'art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d'appello ha pronunciato nei confronti della sola B. Carmela e non anche nei confronti degli altri ricorrenti;

che con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 6, par. I, della CEDU, dell'art. 2 della l. n. 89 del 2001 nonché omesso esame di fatto decisivo, con riferimento alla detrazione effettuata dalla Corte d'appello del periodo intercorso tra il decesso del difensore e la costituzione del nuovo difensore, evidenziandosi come il diritto all'equa riparazione spetta a tutte le parti del giudizio presupposto, anche se contumaci; con la precisazione che per effetto del decesso il giudizio presupposto non aveva subito alcuna interruzione, atteso che l'udienza in cui la causa è stata decisa era quella originariamente fissata;

che dunque, si sostiene, la irragionevole durata avrebbe dovuto essere determinata in due anni, otto mesi e sette giorni e l'indennizzo in euro 2.250,00;

che con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell'art. 2 del d.m. n. 55 del 2014, nonché omesso esame di fatto decisivo, e si censura il capo del decreto impugnato relativo alla disposta compensazione per metà delle spese di lite, giustificata dalla Corte d'appello solo con riferimento all'accoglimento parziale della domanda, in realtà inesistente atteso che la indicazione quantitativa era meramente indicativa ed era comunque accompagnata dalla precisazione "o della somma maggiore o minore che verrà ritenuta congrua";

che il primo motivo di ricorso è fondato, atteso che dall'esame dell'atto introduttivo del giudizio dinnanzi alla Corte d'appello emerge chiaramente che la domanda di equa riparazione era stata proposta non solo da B. Carmela, ma anche da P. Marianna, P. Vincenzo, P. Stefania, i quali quindi hanno diritto anch'essi all'indennizzo per la irragionevole durata del processo del quale sono stati parte;

che anche il secondo motivo è fondato;

che la Corte d'appello ha detratto dalla durata del giudizio presupposto il periodo intercorso tra il decesso del difensore e la costituzione del nuovo difensore, senza che il detto evento avesse provocato alcuna interferenza sul processo sino all'udienza in cui il ricorso è stato discusso e poi deciso;

che, invero, come questa Corte ha già avuto modo di affermare (v. di recente, Cass. n. 23354 del 2015), il decesso del difensore, ove non venga dichiarato nel processo e non ne determini l'interruzione, appare del tutto ininfluente ai fini della determinazione della durata ragionevole del processo, a meno che non si dimostri - ma ciò non emerge dal decreto impugnato - che a causa di quell'evento si sia comunque determinato un prolungamento dei tempi del giudizio;

che poiché, come rilevato, nella specie, ciò non emerge dal decreto impugnato, la detrazione dell'intero lasso di tempo intercorso tra il decesso del difensore e la costituzione del nuovo appare ingiustificata;

che l'accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso comporta l'assorbimento del terzo, concernente la disposta compensazione parziale delle spese del giudizio di merito;

che il decreto impugnato deve essere quindi cassato;

che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, c.p.c.;

che, invero, applicando il non contestato criterio di liquidazione individuato dalla Corte d'appello, detratta dalla durata complessiva del giudizio di cinque anni e nove mesi la durata ragionevole di tre anni, a ciascuno dei ricorrenti può essere liquidato un indennizzo complessivo di euro 2.062,50, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al soddisfo;

che, dunque, il Ministero dell'economia e delle finanze deve essere condannato al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della indicata somma, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al soddisfo;

che, quanto alle spese, le stesse seguono la soccombenza: quelle del giudizio di merito, possono essere liquidate nella stessa misura già indicata dalla Corte d'appello, senza compensazione; quelle del giudizio di cassazione, vanno liquidate nella misura di euro 800,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese forfetarie;

che le spese, come liquidate, vanno poi distratte in favore del difensore delle ricorrenti, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della somma di euro 2.062,50, oltre agli interessi legali dalla domanda al soddisfo; condanna inoltre il Ministero al pagamento delle spese del giudizio che liquida, quanto al grado di merito, in euro 1.198,50 per compensi, e, quanto al giudizio di legittimità, in euro 800,00, per compensi, oltre accessori di legge e spese forfetarie; dispone la distrazione delle spese del giudizio di cassazione in favore del difensore antistatario.

A. Di Tullio D'Elisiis

La riforma dell'udienza preliminare

Maggioli Editore, 2024

R. Garofoli

Manuale di diritto penale

Neldiritto, 2024

M. Marazza

Diritto sindacale contemporaneo

Giuffrè, 2024