"Alabama Black voters", § 2 VRA, Equal Protection Clause:
l'inaspettata decisione della Corte suprema statunitense sul caso Allen v. Milligan

Alessandro Oddi (*)

1. Premessa

Nel mese di novembre del 2021, a seguito del censimento decennale della popolazione svoltosi l'anno precedente, il parlamento dello Stato dell'Alabama - controllato dai repubblicani - approvò un redistricting plan («HB1») in vista delle imminenti elezioni di sette membri della Camera dei rappresentanti del Congresso.

Detto piano, non diversamente da quello del 2011, prevedeva un solo collegio in cui gli elettori di colore costituivano una maggioranza tale da consentire loro di ottenere un proprio rappresentante (1). Per questa ragione, esso fu impugnato dinanzi a una Corte federale («United States District Court for the Northern District of Alabama» - hinc: Corte distrettuale) da tre gruppi di cittadini (2), i quali lamentavano, nel complesso, la violazione sia del § 2 del Voting Rights Act (hinc: VRA) (3) sia della Equal Protection Clause del XIV Emendamento (4).

Nel mese di gennaio del 2022, la Corte distrettuale emise una preliminary injunction (5) che ordinava all'Alabama di astenersi dall'applicare l'atto contestato, ravvisandovi il fumus di una violazione del § 2 VRA (6), e di predisporre, entro quattordici giorni, una nuova districting map che includesse «two districts in which Black voters either comprise a voting-age majority or something quite close to it» (7).

Il 7 febbraio 2022, su istanza dello stesso Stato, la Corte suprema emanò un emergency order (8) col quale sospendeva l'efficacia dell'ingiunzione (9) e concedeva un certiorari before judgment, per poi confermarla, all'esito del proprio review, mediante la pronuncia qui in esame, resa l'8 giugno 2023 (10).

Una pronuncia per molti versi inaspettata (11), stante la conservative supermajority che attualmente domina la Corte di Washington (12). Il che, alla vigilia dell'arresto, aveva ingenerato il timore di un esito sfavorevole ai «Black voters», i quali in Alabama - come pure in altri Stati della Federazione, soprattutto quelli del sud (in primo luogo, Georgia, Louisiana e Texas) - sono da sempre oggetto di gravi discriminazioni razziali, volte a ridurre il loro peso elettorale.

Quell'esito non c'è stato. E tuttavia, volgendo lo sguardo al futuro, le preoccupazioni permangono.

2. La decisione della Corte suprema

La decisione - adottata con la maggioranza di 5 a 4 - è firmata dal giudice Roberts, eccettuata la parte III-B-1 (13), e condivisa, appieno, dai giudici Sotomayor, Kagan e Jackson, nonché, con l'eccezione della parte III-B-1, dal giudice Kavanaugh. Quest'ultimo ha inoltre allegato un'opinione concorrente per l'intera decisione, esclusa la parte III-B-1. Il giudice Thomas ha allegato un'opinione dissenziente, cui hanno aderito, appieno, il giudice Gorsuch e, in parte, i giudici Barrett e Alito. Quest'ultimo ha altresì allegato una propria opinione dissenziente, cui ha aderito il giudice Gorsuch.

2.1. L'opinion della maggioranza si fonda sull'applicazione del «three-part framework» elaborato dalla Corte nel precedente Thornburg v. Gingles (14).

In virtù di tale framework, le minoranze che lamentino la violazione del § 2 VRA hanno l'onere di soddisfare tre precondizioni, consistenti nel dimostrare: 1) di essere un gruppo sufficientemente ampio e geograficamente compatto, tale da costituire maggioranza in un collegio «reasonably configured» (ossia disegnato nel rispetto dei criteri tradizionali, quali la contiguità e la compattezza); 2) di essere un gruppo politicamente coeso; 3) che la maggioranza bianca vota come un blocco sufficientemente compatto per sconfiggere il candidato preferito dalla minoranza. Una volta soddisfatte queste tre precondizioni, i ricorrenti devono altresì provare che, alla luce di tutte le circostanze (fra le quali, ad esempio, le discriminazioni commesse in passato dall'amministrazione statale), il processo elettorale non è «equally open» agli elettori della minoranza.

Ciascuna delle anzidette precondizioni risponde a una finalità specifica: la prima è necessaria per stabilire se la minoranza è potenzialmente in grado di eleggere un proprio rappresentante all'interno di un collegio uninominale; la seconda serve a dimostrare che tale rappresentante sarebbe effettivamente eletto; e la terza serve a stabilire se il disegno dei collegi elettorali ostacola il voto di una specifica minoranza, almeno plausibilmente per ragioni razziali. Mentre la «totality of circumstances inquiry» si spiega col fatto che l'applicazione dei «Gingles factors» dipende essenzialmente dal caso concreto: pertanto, «[b]efore courts can find a violation of §2, [...] they must conduct "an intensely local appraisal" of the electoral mechanism at issue, as well as a "searching practical evaluation of the 'past and present reality.'"» (15).

La Corte distrettuale - si legge nell'opinion della maggioranza - «concluded that plaintiffs' §2 claim was likely to succeed under Gingles. [...] Based on our review of the record, we agree».

In particolare, la Corte distrettuale, sulla base degli elementi forniti dai ricorrenti, ha ritenuto:

- quanto alla prima precondizione, che gli elettori di colore potrebbero costituire una maggioranza in un secondo collegio ragionevolmente disegnato (i ricorrenti avevano prodotto undici mappe illustrative, ciascuna delle quali contenente «two majority-black districts that comported with traditional districting criteria»);

- quanto alle altre due precondizioni, che è pacifico che gli elettori di colore sono politicamente coesi e che la maggioranza bianca dei collegi contestati vota sufficientemente in blocco da sconfiggere di solito il candidato preferito dagli elettori di colore (la Corte distrettuale ha evidenziato che, in media, gli elettori di colore sostenevano i loro candidati preferiti col 92,3% dei voti, contro il 15,4% dei voti espressi dagli elettori bianchi a favore di candidati di colore; il che denota, all'evidenza, un voto fortemente polarizzato in ragione della razza);

- quanto, infine, alla fase della "totalità delle circostanze", che le elezioni in Alabama erano polarizzate dal punto di vista razziale; che i neri dell'Alabama non hanno praticamente alcuna probabilità di successo nelle elezioni dell'intero Stato; che le campagne politiche in Alabama erano state caratterizzate da riferimenti razziali ora più ora meno espliciti; e che «Alabama's extensive history of repugnant racial and voting-related discrimination is undeniable and well documented» (16).

In definitiva, quella della Corte distrettuale è una decisione incensurabile, tanto in fatto quanto in diritto: «[w]e see no reason to disturb the District Court's careful factual findings, which are subject to clear error review (17) and have gone unchallenged by Alabama in any event. [...] Nor is there a basis to upset the District Court's legal conclusions. The Court faithfully applied our precedents and correctly determined that, under existing law, HB1 violated §2»).

2.2. La Corte suprema ha così respinto la tesi sostenuta dall'Alabama secondo la quale, allorché si controverta della violazione del § 2 VRA, dovrebbe farsi applicazione - in luogo del «Gingles framework» - di un «race-neutral benchmark».

«The theory behind it» - si legge nella sentenza - «is this: Using modern computer technology, mapmakers can now generate millions of possible districting maps for a given State. The maps can be designed to comply with traditional districting criteria but to not consider race. The mapmaker can determine how many majority-minority districts exist in each map, and can then calculate the median or average number of majority-minority districts in the entire multimillion-map set. That number is called the race-neutral benchmark».

Ai fini dell'applicazione di quest'ultimo, i ricorrenti avrebbero l'onere di provare quantomeno: che il piano illustrativo da essi prodotto in ossequio alla prima delle tre «Gingles preconditions» prescinde dalla razza; nella fase della totalità delle circostanze, che il piano adottato dallo Stato diverge da quello che di norma si otterrebbe senza tener conto della razza; e infine che qualunque differenza fra il piano dello Stato e un piano neutrale rispetto alla razza è dovuta soltanto a quest'ultima, e non, ad esempio, alle normali caratteristiche geografiche e demografiche del medesimo Stato.

La Corte suprema ha tuttavia ritenuto di non dover riconsiderare - come sollecitato dall'Alabama - il proprio consolidato (quasi quarantennale) orientamento, secondo cui, per stabilire se ricorra una discriminazione vietata dal § 2 VRA, bisogna aver riguardo non già all'intento perseguito, bensì agli effetti prodottisi. In tale prospettiva, «[a] district is not equally open [...] when minority voters face - unlike their majority peers - bloc voting along racial lines, arising against the backdrop of substantial racial discrimination within the State, that renders a minority vote unequal to a vote by a nonminority voter».

2.2.1. Ad avviso dell'Alabama, un siffatto orientamento giurisprudenziale finisce inevitabilmente con l'imporre il rispetto di criteri di rappresentanza proporzionale, in contrasto con l'ultimo periodo del § 2(b) VRA.

In realtà - ha obiettato la Corte - «properly applied, the Gingles framework itself imposes meaningful constraints on proportionality, as our decisions have frequently demonstrated». Dai numerosi precedenti, infatti, si ricava chiaramente che «[f]orcing proportional representation is unlawful and inconsistent with this Court's approach to implementing §2».

Il reapportionment (18) - ha rimarcato la Corte - è innanzitutto compito e responsabilità degli Stati, non delle Corti federali; e una corretta applicazione dei «Gingles factors» contribuisce ad assicurare che sia effettivamente così. Il § 2 VRA, lungi dall'imporre la configurazione di collegi elettorali in contrasto coi «traditional redistricting principles», limita l'intervento dei giudici a quei soli casi in cui l'eccessiva incidenza dell'elemento razziale nel processo elettorale nega agli elettori della minoranza una pari opportunità di partecipazione.

2.2.2. La Corte ha ribadito la differenza tra considerazioni razziali e motivazioni razziali: le prime sono ammissibili (è lo stesso § 2 VRA a richiederle), le seconde generalmente no. La razza non può costituire il fattore predominante nel disegno dei collegi elettorali, a meno che non sussista una valida ragione. «While the line between racial predominance and racial consciousness can be difficult to discern, [...] it was not breached here».

La Corte ha concluso che «[t]he contention that mapmakers must be entirely "blind" to race has no footing in our §2 case law. The line that we have long drawn is between consciousness and predominance. Plaintiffs adduced at least one illustrative map that comported with our precedents. They were required to do no more to satisfy the first step of Gingles».

2.2.3. Sempre secondo l'Alabama, nella fase della totalità delle circostanze i ricorrenti dovrebbero altresì dimostrare che «the State's enacted plan contains fewer majority-minority districts than the race-neutral benchmark».

La Corte suprema ha però obiettato che la creazione dei collegi elettorali implica una miriade di valutazioni («compactness, contiguity, political subdivisions, natural geographic boundaries, county lines, pairing of incumbents, communities of interest, and population equality») che non si prestano a essere misurate o quantificate ovvero ordinate secondo un criterio gerarchico, dunque del tutto opinabili. Ne consegue che la stessa mappa potrebbe risultare o no legale solo a seconda degli obiettivi dichiaratamente perseguiti dai suoi autori. D'altronde, né il testo del § 2 VRA né l'intenso dibattito che ha condotto alla sua approvazione inducono a ritenere che "la parità di accesso" al diritto fondamentale di voto possa dipendere da simulazioni al computer che sono tecnicamente complicate, costose e nell'esclusiva disponibilità di un piccolo gruppo di ricercatori universitari, i quali hanno le risorse e le competenze per gestirle. Resta aperto, poi, un interrogativo fondamentale, cui lo stesso Alabama non fornisce alcuna risposta: qual è il numero di potenziali mappe «race-neutral» generate al computer necessario per poter stabilire se quella contestata viola il § 2 VRA? Un milione? Un miliardo? Un trilione? O persino di più? Impossibile dirlo. «Section 2 cannot require courts to judge a contest of computers when there is no reliable way to determine who wins, or even where the finish line is».

2.2.4. L'Alabama sosteneva, inoltre, che i ricorrenti dovessero dimostrare che ogni differenza fra il piano adottato dallo Stato e le «race-neutral alternatives» fosse spiegabile solo con la discriminazione razziale.

Ma - ha osservato la Corte suprema - «our precedents and the legislative compromise struck in the 1982 amendments clearly rejected treating discriminatory intent as a requirement for liability under §2». Ciò che rileva - come già detto - sono gli effetti, non l'intento.

2.2.5. L'Alabama deduceva, infine, che il testo del § 2 VRA non riguarda il redistricting dei collegi uninominali e che tale disposto, per come applicato nel caso di specie dalla Corte distrettuale, viola il XV Emendamento (19).

La Corte suprema ha respinto ambedue le tesi: la prima, perché essa - lo si è già ricordato - contrasta con una serie ininterrotta di precedenti (una dozzina) che abbracciano quattro decenni, e non sussistono i presupposti per un loro overruling, almeno fino a quando il Congresso non ritenga di modificare quel testo, il quale - lo comprova la stessa genesi storica della novella del 1982 - «in any event supports the conclusion that §2 applies to single-member districts»; la seconda, perché - contrariamente a quanto dedotto dall'Alabama - il XV Emendamento consente al Congresso di proibire non solo discriminazioni intenzionali da parte degli Stati, ma anche pratiche elettorali che producono effetti discriminatori.

2.2.6. Nella prospettiva dell'Alabama, ammesso e non concesso che quest'ultimo assunto sia corretto, il medesimo Emendamento non autorizzerebbe comunque un «race-based redistricting» quale rimedio alla violazione del § 2 VRA.

«But» - si legge nell'opinion - «for the last four decades, this Court and the lower federal courts have repeatedly applied the effects test of §2 as interpreted in Gingles and, under certain circumstances, have authorized race-based redistricting as a remedy for state districting maps that violate §2»; né può ritenersi che quella interpretazione travalichi la «remedial authority» del Congresso.

2.3. «The concern» - conclude la maggioranza - «that §2 may impermissibly elevate race in the allocation of political power within the States is, of course, not new. See, e.g., Shaw [v. Reno, 509 U.S. 630 (1993)] ("Racial gerrymandering (20), even for remedial purposes, may balkanize us into competing racial factions; it threatens to carry us further from the goal of a political system in which race no longer matters."). Our opinion today does not diminish or disregard these concerns. It simply holds that a faithful application of our precedents and a fair reading of the record before us do not bear them out here».

3. Segue: le opinioni separate

Come già accennato, alla decisione in commento sono allegate tre opinioni separate: una concorrente, le altre dissenzienti (congiunte).

3.1. L'opinione concorrente del giudice Kavanaugh sottolinea quattro punti.

1) La decisione della Corte si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato, inaugurato nel 1986 dalla sentenza Gingles; orientamento che, in tutti questi anni, né il Congresso né il Presidente degli Stati Uniti hanno mai ritenuto di dover smentire (ciò che ben avrebbero potuto fare, trattandosi di «statutory precedents»), ancorché essi abbiano apportato altre modifiche al VRA.

2) Il «Gingles framework» - contrariamente a quanto sostenuto dall'Alabama - «does not mandate a proportional number of majority-minority districts. Gingles requires the creation of a majority-minority district only when, among other things, (i) a State's redistricting map cracks or packs a large and "geographically compact" minority population and (ii) a plaintiff's proposed alternative map and proposed majority-minority district are "reasonably configured" - namely, by respecting compactness principles and other traditional districting criteria such as county, city, and town lines. [...] // If Gingles demanded a proportional number of majority-minority districts, States would be forced to group together geographically dispersed minority voters into unusually shaped districts, without concern for traditional districting criteria such as county, city, and town lines. But Gingles and this Court's later decisions have flatly rejected that approach».

3) È vero che le «race-blind computer simulations of redistricting maps» possono contribuire a disvelare la presenza o l'assenza di una «intentional discrimination». Tuttavia, come la Corte suprema ha più volte ribadito (e su questo punto tutti i suoi membri concordano anche oggi), ciò che rileva ai fini del § 2 VRA non è l'intento, ma sono gli effetti: «[a]nd the effects test, as applied by Gingles to redistricting, requires in certain circumstances that courts account for the race of voters so as to prevent the cracking or packing - whether intentional or not - of large and geographically compact minority populations».

4) Né può ritenersi - come asserisce l'Alabama - che l'imposizione di un «race-based redistricting», là dove necessaria, «exceeds Congress's remedial or preventive authority under the Fourteenth and Fifteenth Amendments». I precedenti della Corte suprema, infatti, respingono senza meno questa tesi.

Peraltro, nella sua opinione separata il giudice Thomas osserva che, «even if Congress in 1982 could constitutionally authorize race-based redistricting under §2 for some period of time, the authority to conduct race-based redistricting cannot extend indefinitely into the future. [...] But Alabama did not raise that temporal argument in this Court, and I therefore» - conclude Kavanaugh - «would not consider it at this time».

3.2. Dal canto suo, il giudice Thomas contesta in toto - come già aveva fatto in passato - l'indirizzo giurisprudenziale cui la sentenza in commento dà continuità, per le ragioni qui di seguito sintetizzate.

1) Nel testo del § 2 VRA, le parole «voting qualification or prerequisite to voting or standard, practice, or procedure» si riferiscono soltanto al concreto esercizio del diritto di voto e allo scrutinio dei suffragi, e non anche al disegno dei collegi elettorali, sicché non possono costituire la base per invalidare questi ultimi.

La Corte avrebbe potuto e dovuto ripensare la propria giurisprudenza, poiché fondata su un presupposto interpretativo errato, non ostandovi il principio dello stare decisis: principio che «should not rescue modern-day forms of de jure racial balkanization - which, as these cases show, is exactly where our §2 vote-dilution jurisprudence has led».

2) Quand'anche il § 2 VRA fosse applicabile alla fattispecie di cui si discute, difetterebbe in ogni caso un «race-neutral benchmark» alla cui stregua stabilire se vi sia stato o no «vote-dilution». «The text of §2 and the logic of vote-dilution claims» - scrive Thomas - «require a meaningfully race-neutral benchmark, and no race-neutral benchmark can justify the District Court's finding of vote dilution in these cases. The only benchmark that can justify it - and the one that the District Court demonstrably applied - is the decidedly nonneutral benchmark of proportional allocation of political power based on race».

In realtà, un corretto «districting benchmark» non può che astrarre dall'elemento razziale: «[i]t must not assume, a priori, that an acceptable plan should include any particular number or proportion of minority-controlled districts». Nella misura in cui si applica ai «districting plans», il § 2 VRA «requires that they be "equally open to participation" by voters of all races, but it is not a pure disparate-impact statute and does not guarantee proportional representation».

Su questo punto, dunque, la tesi dell'Alabama appare condivisibile: «[w]hatever "equal openness" means in the context of single-member districting, no "meaningful comparison" is possible using a benchmark that builds in a presumption in favor of minority-controlled districts. Indeed, any benchmark other than a race-neutral one would render the vote-dilution inquiry fundamentally circular, allowing courts to conclude that a districting plan "dilutes" a minority's voting strength "on account of race" merely because it does not measure up to an ideal already defined in racial terms».

La stessa Costituzione, del resto, ripudia qualunque classificazione basata sulla razza, e «[r]edistricting is no exception». Pertanto, «[t]o avoid setting §2 on a collision course with the Constitution, courts must apply a race-neutral benchmark in assessing any claim that a districting plan unlawfully dilutes a racial minority's voting strength».

Le iniziative legali intraprese dai ricorrenti sottendono istanze di rappresentanza proporzionale in funzione della razza. Stando al censimento del 2020, infatti, i cittadini di colore dell'Alabama rappresentano all'incirca i due settimi della popolazione dello Stato (precisamente, il 27,16% di quella totale e il 25,9% di quella in età di voto); solo uno dei sette congressional districts in cui esso è attualmente suddiviso vede la presenza di una maggioranza nera; di qui, la richiesta della creazione di un secondo «majority-black district». Sennonché, le mappe a tal fine prodotte dai ricorrenti, per come configurate, sono esse stesse viziate da un evidente «racial gerrymander». Nel negarlo, la decisione della Corte distrettuale si pone in contrasto con la giurisprudenza della Corte suprema, poiché non considera che «any plan whose predominant purpose is to achieve a nonnegotiable, predetermined racial target in a nonnegotiable, predetermined number of districts is a racial gerrymander subject to strict scrutiny. The precise fraction used as the racial target, and the number of districts it is applied to, are irrelevant».

Dal momento che il § 2 VRA richiede l'adozione di un metro di giudizio che prescinde dalla razza, «plaintiffs cannot satisfy their threshold burden of showing a reasonably configured alternative plan with a proposal that could only be viewed as a racial gerrymander if enacted by the State. This rule would not bar a showing, in an appropriate case, that a State could create an additional majority-minority district through a reasonable redistricting process in which race did not predominate. It would, on the other hand, screen out efforts to use §2 to push racially proportional districting to the limits of what a State's geography and demography make possible - the approach taken by the illustrative maps here».

A ben vedere, quello applicato dalla Corte distrettuale altro non è che un illegale «benchmark of proportional control based on race. To be sure, that benchmark was camouflaged by the elaborate vote-dilution framework we have inherited from Gingles».

Il problema di fondo sta nel fatto che «we have never succeeded in translating the Gingles framework into an objective and workable method of identifying the undiluted benchmark».

Invero, la seconda e la terza precondizione di tale framework sono pressoché inutili, giacché si risolvono essenzialmente nella domanda: il voto è polarizzato dal punto di vista razziale in modo tale che i candidati preferiti dalla minoranza perdono costantemente contro quelli preferiti dalla maggioranza? Anche se la risposta è sì, ciò non dice nulla su quanto dovrebbe essere difficile per gli elettori di minoranza eleggere i loro candidati preferiti in un sistema accettabile. Forse un sistema accettabile è quello in cui la minoranza semplicemente non può eleggere i suoi candidati preferiti; si tratta, dopotutto, di una minoranza. Il rifiuto di un tale esito in quanto «dilutive» richiede un giudizio di valore rispetto a un punto di riferimento che la polarizzazione non può ex se fornire.

La prima precondizione ha un'utilità solo marginale. Essa almeno richiede che i ricorrenti producano in giudizio un qualche «hypothetical, undiluted plan». Sennonché «that alternative plan need only be "reasonably configured," and [...] to say that a plan is reasonable is a far cry from establishing an objective standard of fairness».

Non resta che la fase finale, ossia «the totality-of-circumstances determination whether a State's "political process is equally open to minority voters."» (21). Ma, anche qui, ci troviamo dinanzi a un semplice giro di parole («this formulation is mere verbiage»), se prima non si stabilisce come debba essere un sistema "egualmente aperto", ossia se manca un parametro di riferimento preciso: parametro che la casistica giurisprudenziale della Corte suprema non è in grado di fornire, risolvendosi in «a grab bag of amorphous "factors"». E la riprova sta proprio nel modo in cui tali fattori sono stati utilizzati nella fattispecie in esame dalla Corte distrettuale: questa non ha fatto altro che riconoscere al gruppo di minoranza un numero di seggi direttamente proporzionale alla quota percentuale di tale gruppo sulla popolazione statale; il che contrasta con l'ultimo periodo del § 2(b) VRA e pone gravi problemi costituzionali. «In sum, the District Court's thinly disguised benchmark was proportionality: Black Alabamians are about two-sevenths of the State's population, so they should control two of the State's seven congressional seats. // That was error - perhaps an understandable error given the limitations of the Gingles framework, but error nonetheless. As explained earlier, any principled application of §2 to cases such as these requires a meaningfully race-neutral benchmark. The benchmark cannot be an a priori thumb on the scale for racially proportional control» (22).

La maggioranza minimizza la valenza probatoria delle simulazioni generate al computer, ma le ragioni che adduce al riguardo «would more logically support a holding that there is no judicially manageable way of applying §2's results test to single-member districts». Invero, gli inconvenienti pratici da essa enfatizzati «are inherent in the very enterprise of applying §2 to single-member districts. Everything the majority says about the difficulty of defining the undiluted benchmark with computer evidence applies with equal or greater force to the task of defining it without such evidence».

In definitiva, la maggioranza ha molto poco da dire su quale sia l'appropriato parametro di giudizio: quel poco che dice fa pensare che essa non veda alcuna alternativa al «proportional-control benchmark» adottato dalla Corte distrettuale, anche se preferisce non ammetterlo apertamente. Alla fin fine, il ragionamento dell'una non è dissimile da quello dell'altra: «[t]he ultimate benchmark is a racially proportional allocation of seats, and the main question on which liability turns is whether a closer approximation to proportionality is possible under any reasonable application of traditional districting criteria».

Nel confermare la decisione della Corte distrettuale, «the majority thus approves its benchmark of proportional control limited only by feasibility, and it entrenches the most perverse tendencies of our vote-dilution jurisprudence. It guarantees that courts will continue to approach vote-dilution claims just as the District Court here did: with no principled way of determining how many seats a minority "should" control and with a strong temptation to bless every incremental step toward a racially proportional allocation that plaintiffs can pass off as consistent with any reasonable map».

3) Il § 2 VRA, per come interpretato e applicato nella specie dalla Corte distrettuale, non può che essere ritenuto incostituzionale, giacché impone agli Stati di operare, in sede di districting, discriminazioni basate sulla razza, come tali soggette a uno strict scrutiny.

Seguendo la «remedial logic» della Corte distrettuale, infatti, «the relevant statutory rule may be approximately stated as follows: If voting is racially polarized in a jurisdiction, and if there exists any more or less reasonably configured districting plan that would enable the minority group to constitute a majority in a number of districts roughly proportional to its share of the population, then the jurisdiction must ensure that its districting plan includes that number of majority-minority districts "or something quite close." [...] Thus construed and applied, §2 is not congruent and proportional to any provisions of the Reconstruction Amendments» (23), i quali impongono che i cittadini siano trattati come "individui", in vista della realizzazione di un sistema politico in cui la razza non rivesta più alcuna importanza.

Nel modo in cui è stato applicato dalla Corte distrettuale, il § 2 VRA «replaces the constitutional right against intentionally discriminatory districting with an amorphous race-based right to a "fair" distribution of political power, a "right" that cannot be implemented without requiring the very evils the Constitution forbids». Quel modo, infatti, finisce col rendere la razza fattore costantemente presente e rilevante in ogni scelta di redistricting, alimentando così una concezione della politica come lotta per il potere tra fazioni razziali concorrenti.

In ultima analisi, «as construed by the District Court, §2 does not remedy or deter unconstitutional discrimination in districting in any way, shape, or form. On the contrary, it requires it, hijacking the districting process to pursue a goal that has no legitimate claim under our constitutional system: the proportional allocation of political power on the basis of race. Such a statute "cannot be considered remedial, preventive legislation," and the race-based redistricting it would command cannot be upheld under the Constitution» (24).

4) Se il «benchmark for vote dilution» ricavabile dal § 2 VRA è quello ritenuto dalla Corte distrettuale, allora tale disposto «is nothing more than a racial entitlement to roughly proportional control of elective offices - limited only by feasibility - wherever different racial groups consistently prefer different candidates»; e quindi la Corte suprema avrebbe dovuto dichiararlo incostituzionale. Se così non è, e il § 2 VRA si applica anche al disegno dei collegi elettorali, «then the Court should hold that vote-dilution challenges require a race-neutral benchmark that bears no resemblance to unconstitutional racial registers». D'altro canto, se la Corte ritiene che trovare un «race-neutral benchmark» sia impossibile, «as much of its rhetoric suggests», allora essa dovrebbe ritenere che il § 2 VRA non è applicabile al disegno dei collegi uninominali, proprio per la mancanza di un parametro di riferimento oggettivo e praticabile. Meglio ancora, essa dovrebbe ritenere, sulla base di una lettura corretta del testo del § 2 VRA, che il disegno dei collegi elettorali non rientra nell'ambito di applicazione di tale disposto. In tutti questi casi, la decisione della Corte distrettuale dovrebbe essere annullata.

«The majority» - rimarca infine Thomas - «goes to great lengths to decline all of these options and, in doing so, to fossilize all of the worst aspects of our long-deplorable vote-dilution jurisprudence. The majority recites Gingles' shopworn phrases as if their meaning were self-evident, and as if it were not common knowledge that they have spawned intractable difficulties of definition and application. It goes out of its way to reaffirm §2's applicability to single-member districting plans both as a purported original matter and on highly exaggerated stare decisis grounds. It virtually ignores Alabama's primary argument - that, whatever the benchmark is, it must be race neutral - choosing, instead, to quixotically joust with an imaginary adversary. In the process, it uses special pleading to close the door on the hope cherished by some thoughtful observers, [...] that computational redistricting methods might offer a principled, race-neutral way out of the thicket Gingles carried us into. Finally, it dismisses grave constitutional questions with an insupportably broad holding based on demonstrably inapposite cases. // I find it difficult to understand these maneuvers except as proceeding from a perception that what the District Court did here is essentially no different from what many courts have done for decades under this Court's superintendence, joined with a sentiment that it would be unthinkable to disturb that approach to the Voting Rights Act in any way. I share the perception, but I cannot understand the sentiment. It is true that, "under our direction, federal courts [have been] engaged in methodically carving the country into racially designated electoral districts" for decades now. [...] But that fact should inspire us to repentance, not resignation».

La Corte suprema, dunque, avrebbe dovuto abbandonare lo sfortunato indirizzo giurisprudenziale inaugurato dalla sentenza Gingles, anziché confermarlo ancora una volta.

3.3. L'opinione dissenziente del giudice Alito può essere compendiata come segue.

1) La decisione della Corte suprema si fonda su una erronea interpretazione del «Gingles framework», ed in particolare della sua prima precondizione.

Questa impone a coloro che richiedano la creazione di un «majority-minority district» aggiuntivo l'onere di produrre in giudizio una mappa esemplificativa che sia "ragionevolmente configurata". Il che, però, non significa solamente "compatta", ma anche conforme ad altri «traditional districting criteria», come quello secondo cui occorre evitare di scindere suddivisioni politiche o "comunità di interessi".

In vari punti della decisione, la maggioranza menziona alcuni di questi criteri («minimizing the splitting of counties and other political subdivisions, keeping "communities of interest" together where possible, and avoiding the creation of new districts that require two incumbents to run against each other»), aggiungendo che un collegio elettorale non è "ragionevolmente configurato" se non soddisfa (anche) il requisito «one person, one vote» della Equal Protection Clause. Ma essa omette di spiegare perché il rispetto dei «traditional districting criteria» sia importante ai sensi del § 2 VRA o perché l'unico principio di eguale protezione ad assumere rilievo sia quello del «one person, one vote». Se avesse cercato di rispondere a tali interrogativi, il suo errore nell'interpretare la prima precondizione «would be unmistakable».

Né il VRA né la Costituzione esigono il rispetto del requisito della "compattezza" o degli altri «traditional districting criteria». Violazioni cospicue di detti criteri costituiscono una «strong circumstantial evidence» di incostituzionalità. E quando si dimostra che la configurazione di un collegio è attribuibile prevalentemente alla razza, «that is more than circumstantial evidence that the district is unlawful. That is direct evidence of illegality because, as we have often held, race may not "predominate" in the drawing of district lines».

Questo principio non può non valere anche per le mappe esemplificative prodotte in giudizio dai ricorrenti, pena la violazione sia del precedente che richiede che i collegi siano "ragionevolmente configurati" sia del § 2 VRA, che richiede «equal openness». «When the race of one group is the predominant factor in the creation of a district, that district goes beyond making the electoral process equally open to the members of the group in question. It gives the members of that group an advantage that §2 does not require and that the Constitution may forbid. And because the creation of majority-minority districts is something of a zero-sum endeavor, giving an advantage to one minority group may disadvantage others».

Tutto ciò significa che colui il quale lamenti che una «districting map» viola il § 2 VRA perché non include un «majority-minority district» aggiuntivo deve innanzitutto dimostrare - non necessariamente per mezzo di una «computer-related evidence» - che questo può essere creato senza fare della razza il fattore predominante nella sua configurazione.

«Our cases make it perfectly clear that using race as a "predominant factor" in drawing legislative districts is unconstitutional unless the stringent requirements of strict scrutiny can be satisfied, and therefore if §2 can be found to require the adoption of an additional majority-minority district that was created under a process that assigned race a "predominant" role, §2 and the Constitution would be headed for a collision». Di qui, l'esigenza di un'interpretazione costituzionalmente orientata del § 2 VRA.

2) La Corte distrettuale «failed to consider whether the plaintiffs had shown that their illustrative districts were created without giving race a "predominant role."». Ed ha errato allorché ha affermato che i loro consulenti «testified that they prioritized race only for the purpose of determining and to the extent necessary to determine whether it was possible for the [...] plaintiffs to state a Section Two claim. As soon as they determined the answer to that question, they assigned greater weight to other traditional redistricting criteria». È ovvio, infatti, che gli esperti, nel riconoscere inizialmente priorità alla razza, le hanno attribuito un ruolo predominante. Ciò trova conferma nel fatto che una di essi, in sede di testimonianza, ha dichiarato di considerare "non negoziabile" la creazione di due «majority-Black districts»: ebbene, «[i]f it is "non-negotiable" that the district be majority black, then race is given a predominant role».

Non solo: «[t]he court thought that a §2 plaintiff cannot proffer a reasonably configured majority-minority district without first attempting to see if it is possible to create such a district - that is, by first making the identification of such a district "non-negotiable." [...] But that is simply not so. A plaintiff's expert can first create maps using only criteria that do not give race a predominant role and then determine how many contain the desired number of majority-minority districts».

La motivazione della Corte distrettuale «gives substantial weight to the disparity between the percentage of majority-black House districts in the legislature's plan (14%) and the percentage of black voting-age Alabamians (27%), while the percentage in the plaintiffs' plan (29%) came closer to that 27% mark. [...] Section 2 of the VRA, however, states expressly that no group has a right to representation "in numbers equal to their proportion in the population." [...] The District Court's reasoning contravened this statutory proviso».

3) Le critiche mosse dalla maggioranza alla tesi sostenuta dall'Alabama, incentrata sulla necessità di un overruling della sentenza Gingles, non colgono nel segno.

I casi in esame vanno risolti applicando il framework ivi elaborato, ma senza considerarlo alla stregua di una «statutory provision», bensì tenendo conto dei successivi sviluppi giurisprudenziali. In tale prospettiva, occorre anzitutto valorizzare maggiormente il dato testuale: il § 2 VRA richiede che il processo elettorale sia «equally open» ai membri di tutti i gruppi razziali; esso, dunque, dovrebbe essere interpretato «in a way that gives effect to this standard». In secondo luogo, occorre tener presente che decisioni successive alla sentenza Gingles hanno evidenziato che l'uso della razza come fattore predominante nel disegno dei collegi elettorali è incostituzionale. Quando il testo di una legge si presta a interpretazioni diverse, occorre privilegiare quella maggiormente conforme alla Costituzione. Ciò deve valere, a fortiori, anche per i precedenti giurisprudenziali: «[i]t therefore goes without question that we should apply the Gingles framework in a way that does not set up a confrontation between §2 and the Constitution, and understanding the first Gingles precondition in the way I have outlined achieves that result».

Non occorre, dunque, alcun revirement: l'attuale indirizzo giurisprudenziale della Corte suprema, imperniato sul «Gingles framework», richiede già che i collegi elettorali siano configurati senza attribuire alla razza un ruolo "predominante". Né si pongono i problemi pratici evidenziati dalla maggioranza: qualora, infatti, un ricorrente decida di avvalersi di un computer per generare una mappa illustrativa, tutto ciò che un giudice deve accertare è se il programma utilizzato abbia attribuito alla razza un ruolo predominante.

4) La Corte suprema avrebbe dovuto annullare con rinvio la decisione della Corte distrettuale, in modo che quest'ultima potesse stabilire, sulla base di una corretta interpretazione della sentenza Gingles, se i ricorrenti avessero dimostrato che le loro mappe illustrative non attribuiscono alla razza un ruolo predominante.

In ogni caso, dagli atti processuali emerge che «there is strong evidence that race played a predominant role in the production of the plaintiffs' illustrative maps and that it is most unlikely that a map with more than one majority-black district could be created without giving race such a role». E - a differenza di quanto sembra ritenere la maggioranza - la circostanza che tali mappe «does not violate other traditional districting criteria such as compactness, contiguity, equally populated districts, minimizing county splits, etc.», non ha alcun rilievo, giacché «conformity with traditional districting principles does not necessarily mean that a district was created without giving race a predominant role».

Infine, la maggioranza trascura di considerare che, sebbene il VRA imponga agli Stati di non "diluire" involontariamente il voto di particolari gruppi, tuttavia la Costituzione esige, in via di principio, che non si aumenti in modo intenzionale il potere politico di qualsiasi gruppo razziale a scapito di altri. Occorre evitare, dunque, un'interpretazione del § 2 VRA che finisca col richiedere agli Stati l'adozione di mappe incostituzionali, in quanto non «race-neutral».

«The Court's treatment of Gingles» - conclude Alito - «is inconsistent with the text of §2, our precedents on racial predominance, and the fundamental principle that States are almost always prohibited from basing decisions on race. Today's decision unnecessarily sets the VRA on a perilous and unfortunate path».

4. Osservazioni conclusive

Dunque la Corte suprema ha bocciato, confutandola in radice, la tesi difensiva dell'Alabama secondo cui il § 2 VRA non richiede che nell'opera di districting si tenga conto (anche) dell'elemento razziale. Nel contempo, tuttavia, essa ha lasciato privo di risposta un interrogativo assai più importante, che, quantunque non rientrasse formalmente nel thema decidendum, aleggiava sulla controversia: e cioè se il § 2 VRA, ove interpretato nel senso che imponga, in date circostanze, un «race-conscious districting», debba ritenersi in contrasto con la Costituzione. La maggioranza ha evitato, infatti, di affrontare la questione se i «race-conscious districting remedies» costituiscano vel non classificazioni razziali, come tali soggette a uno «strict scrutiny» alla stregua del XIV Emendamento. Dal canto suo, il giudice Kavanaugh (nominato nel 2018 da Donald Trump), in un obiter dictum che richiama un passaggio del più articolato dissent del giudice Thomas (25) (nominato nel 1991 da George Bush senior), ha ventilato l'ipotesi che la «remedial or preventive authority» del Congresso di prescrivere la creazione di «race-conscious districts», lungi dall'essere permanente, sia soggetta a un limite temporale (26). Sicché, mentre nella prospettiva dell'Alabama l'esigenza di un «race-blind approach» era il frutto di una mera «statutory interpretation» (27), l'arresto in commento, pur rigettando siffatta opzione esegetica, non ha escluso - e anzi lascia supporre - che essa si renda nondimeno necessaria in ossequio a una lettura costituzionalmente orientata del § 2 VRA: lettura che finirebbe giocoforza col ridurre parecchio la valenza antidiscriminatoria di quel disposto (28).

Ciò spiega come mai le parole di Kavanaugh suonino come una sorta di invito rivolto ai convenuti di future (molto probabili) districting challenges in cui si dovesse lamentare di nuovo la violazione del § 2 VRA (29): denunciarne il contrasto con la Equal Protection Clause, allo scopo di indurre la Corte suprema - per mezzo di argomenti più persuasivi di quelli (non irresistibili) spesi qui dall'Alabama - a riconsiderare il proprio quarantennale orientamento e ad accantonare il Gingles framework, o quanto meno a restringerne fortemente le maglie.

Certo è che l'assunto secondo cui gli Stati, nel dare forma ai collegi elettorali, non possono ignorare la razza degli elettori, ma, se essa diviene la ragione predominante delle loro scelte, allora queste si traducono in discriminazioni razziali, come tali vietate, altro non è, al fondo, che una vuota tautologia. È la stessa Corte, del resto, ad ammettere che «the line between racial predominance and racial consciousness can be difficult to discern» (30), riconoscendo così l'esistenza di un inconveniente pratico tutt'altro che trascurabile, giacché esso, oltre a ingenerare gravi dubbi e incertezze circa la portata dell'onere probatorio a carico delle parti, finisce con l'attribuire ai giudici un'amplissima discrezionalità, la quale può facilmente sconfinare nell'arbitrio.

Come si è giustamente osservato, «Milligan put race-conscious districting remedies on the safest ground that they have held for decades. But it did so by holding only that section 2 requires them. It left open, and even encouraged, the claim that a race-conscious section 2 must yield to a race-blind Fourteenth Amendment. If that argument succeeds, it would significantly reduce how much racial minorities can influence politics, elect representatives who will respond to their voices, and create legislatures that look like the state they represent. After Milligan, that challenge is coming next» (31).

Note

(*) Dottore di ricerca in diritto costituzionale nell'Università degli studi di Ferrara.

(1) In Alabama, l'introduzione di un «Black majority-minority district» risale al 1992, e fu anche allora il frutto di un'azione legale contro lo Stato basata sul VRA.

(2) Analoga causa fu promossa, davanti alla stessa Corte distrettuale, anche da un quarto gruppo di cittadini, ma procedette più lentamente delle altre tre. Quando nell'ambito di queste ultime fu emessa una preliminary injunction, detta causa non era ancora approdata a una decisione di merito e, pertanto, fu sospesa fino alla decisione della Corte suprema su quel provvedimento.

(3) Il § 2 del Voting Rights Act (1965), come novellato dal Congresso nel 1982, così dispone: «(a) No voting qualification or prerequisite to voting or standard, practice, or procedure shall be imposed or applied by any State or political subdivision in a manner which results in a denial or abridgement of the right of any citizen of the United States to vote on account of race or color [...] as provided in subsection (b). // (b) A violation of subsection (a) is established if, based on the totality of circumstances, it is shown that the political processes leading to nomination or election in the State or political subdivision are not equally open to participation by members of a class of citizens protected by subsection (a) of this section in that its members have less opportunity than other members of the electorate to participate in the political process and to elect representatives of their choice. The extent to which members of a protected class have been elected to office in the State or political subdivision is one circumstance which may be considered: Provided, That nothing in this section establishes a right to have members of a protected class elected in numbers equal to their proportion in the population» (52 U.S.C. § 10301).

(4) Il § 1 del XIV Emendamento (1868) così dispone: «[...] No State shall make or enforce any law which shall abridge the privileges or immunities of citizens of the United States; nor shall any State deprive any person of life, liberty, or property, without due process of law; nor deny to any person within its jurisdiction the equal protection of the laws» (corsivo non testuale).

(5) Si tratta, in realtà, di due distinti provvedimenti - uno emesso da un three-judge panel (previa riunione di due cause), l'altro da un giudice monocratico - della medesima Corte distrettuale, che tuttavia possono essere sostanzialmente considerati come un'unica decisione (cfr. p. 9, nt. 2, della sentenza in commento).

Sul progressivo affermarsi, a partire dalla seconda metà del XX secolo, dell'uso delle injunctions, in luogo delle damages actions, come «the primary remedy sought in voting cases», nonché sui limiti e difetti di tale strumento giudiziario (pure con riguardo alla controversia in parola), v. Voting Wrongs and Remedial Gaps, in Harvard Law Review, 2024, 137, 1182 ss., disponibile anche all'indirizzo harvardlawreview.org/print/vol-137/voting-wrongs-and-remedial-gaps.

(6) La Corte distrettuale ritenne di decidere, per il momento, «on statutory grounds only», senza pronunciarsi anche sulla dedotta violazione della Equal Protection Clause.

(7) In mancanza, la Corte distrettuale avrebbe nominato «an eminently qualified expert to draw on an expedited basis a map that complies with federal law for use in Alabama's 2022 congressional elections».

(8) ... adottato con la maggioranza di 5 a 4.

(9) Per effetto di tale sospensione, in Alabama le congressional elections del 2022 si sono svolte sulla base della districting map ritenuta illegittima dalla Corte distrettuale. Al riguardo, v. M. WINES, Maps in Four States Were Ruled Illegal Gerrymanders. They're Being Used Anyway, in The New York Times, www.nytimes.com/2022/08/08/us/elections/gerrymandering-maps-elections-republicans.html.

(10) 599 U.S. 1 (2023). Il testo integrale della pronuncia (c.d. slip opinion) e gli atti processuali possono essere scaricati dal sito della Corte suprema: www.supremecourt.gov/search.aspx?filename=/docket/docketfiles/html/public/21-1086.html e www.supremecourt.gov/search.aspx?filename=/docket/docketfiles/html/public/21-1087.html.

(11) V., fra gli altri, A. LIPTAK, Supreme Court Rejects Voting Map That Diluted Black Voters' Power, in The New York Times, www.nytimes.com/2023/06/08/us/supreme-court-voting-rights-act-alabama.html; M. MURRAY, S. VLADECK, The Supreme Court's Voting Rights Act ruling is no victory for democracy, in The Washington Post, www.washingtonpost.com/opinions/2023/06/08/supreme-court-alabama-redistricting-voting-rights-act; S. SEN, The Supreme Court's Verdict of Allen v. Milligan: A Pivotal Moment in the Battle for Voting Rights and Representation, in Columbia Undergraduate Law Review, www.culawreview.org/journal/the-supreme-courts-verdict-of-allen-v-milligan-a-pivotal-moment-in-the-battle-for-voting-rights-and-representation; M. SHERMAN, Supreme Court rules in favor of Black Alabama voters in unexpected defense of Voting Rights Act, in AP News, apnews.com/article/supreme-court-redistricting-race-voting-rights-alabama-af0d789ec7498625d344c0a4327367fe; N. TOTENBERG, Supreme Court unexpectedly upholds provision prohibiting racial gerrymandering, in NPR, www.npr.org/2023/06/08/1181002182/supreme-court-voting-rights; cui adde - anche per una ricostruzione dei successivi sviluppi della vicenda contenziosa de qua - M. GREENBERG, After Unprecedented Defiance, Alabama Finally Has a Fair Congressional Map for 2024, in Democracy Docket, www.democracydocket.com/news-alerts/after-unprecedented-defiance-alabama-has-a-fair-congressional-map-for-2024.

(12) V., per tutti, M. WALDMAN, The Supermajority. How the Supreme Court Divided America, New York, 2023.

(13) I passaggi salienti della parte III-B-1 sono riportati infra, al § 2.2.2.

(14) 478 U.S. 30 (1986).

(15) Le parole riportate fra virgolette alte sono citazioni della sentenza Gingles, che a sua volta richiama passi di decisioni precedenti.

(16) Così la Corte distrettuale.

(17) ... ossia un riesame volto unicamente ad accertare l'eventuale esistenza di errori evidenti su questioni fattuali.

(18) Sebbene siano spesso utilizzati come sinonimi, i termini reapportionment e redistricting indicano propriamente due diverse operazioni del procedimento elettorale (lato sensu inteso) relativo al Congresso: il primo, la determinazione del numero di seggi della Camera dei rappresentanti che spettano a ciascuno degli Stati in base alla rispettiva popolazione, quale risulta dal censimento decennale (attualmente la Camera si compone di 435 membri, mentre del Senato fanno parte - com'è noto - due membri per ogni Stato, indipendentemente dalla popolazione); il secondo, la suddivisione del territorio statale in collegi elettorali (sia per la Camera sia per il Senato).

(19) Il XV Emendamento (1870) così dispone: «[...] The right of citizens of the United States to vote shall not be denied or abridged by the United States or by any State on account of race, color, or previous condition of servitude. // [...] The Congress shall have power to enforce this article by appropriate legislation».

(20) In generale, sulla pratica del gerrymandering - attuata, a seconda dei casi, concentrando (packing) oppure frammentando (cracking) gli elettori nei diversi collegi elettorali, in modo da ridurre il voting power dei sostenitori del partito avversario (partisan gerrymandering) o - come nel caso di cui ci occupiamo - degli appartenenti a una minoranza razziale (racial gerrymandering), e per questo considerata un serio pericolo per l'esistenza stessa del sistema democratico - v., ex plurimis, E.C. GRIFFITH, The Rise And Development of the Gerrymander, Chicago, 1907, nonché la decisione della Corte suprema sulla controversia Rucho v. Common Cause, 588/2 (2019), slip opinion, pp. 8 ss.

(21) Le parole riportate fra virgolette alte sono una citazione della sentenza Gingles.

(22) «The majority opinion» - osserva criticamente Thomas - «does not acknowledge the District Court's express proportionality-based reasoning. That omission is of a piece with its earlier noted failures to acknowledge the well-known indeterminacy of the Gingles framework, that black Alabamians are about two-sevenths of the State's population, and that the plaintiffs here are thus seeking statewide proportionality. Through this pattern of omissions, the majority obscures the burning question in these cases. The District Court's vote-dilution finding can be justified only by a racially loaded benchmark - specifically, a benchmark of proportional control based on race. Is that the benchmark the statute demands? The majority fails to confront this question head on, and it studiously avoids mentioning anything that would require it to do so. // The same nonresponsiveness infects the majority's analysis, which is largely devoted to rebutting an argument nobody makes. Contrary to the majority's telling, Alabama does not equate the "race-neutral benchmark" with "the median or average number of majority-minority districts" in a large computer-generated set of race-blind districting plans. [...] The State's argument for a race-neutral benchmark is rooted in the text of §2, the logic of vote-dilution claims, and the constitutional problems with any nonneutral benchmark. [...] It then relies on the computer evidence in these cases, among other facts, to argue that the plaintiffs have not shown dilution relative to any race-neutral benchmark. [...] But the idea that "race-neutral benchmark" means the composite average of many computer-generated plans is the majority's alone».

(23) ... ovverosia degli Emendamenti XIII, XIV e XV (detti anche "Civil War Amendments").

(24) Le parole riportate fra virgolette alte sono una citazione della sentenza City of Boerne v. Flores, 521 U.S. 507 (1997).

(25) V. pp. 44 s.

(26) V. supra, § 3.1, sub 4).

(27) «In its brief, Alabama devoted the first twenty-two pages of argument to its statutory position. [...] It appended only five pages at the end on the Fourteenth Amendment»: Voting Rights Act of 1965 - Vote Dilution - Fourteenth Amendment - Allen v. Milligan, in Harvard Law Review, 2023, 137, p. 487, nt. 74, disponibile anche all'indirizzo harvardlawreview.org/print/vol-137/allen-v-milligan.

(28) Cfr. Voting Rights Act, cit., pp. 485 s.

(29) «The invitation to future defendants seems clear»: Voting Rights Act, cit., p. 489, nt. 91, con citazione di E. KATZ, "[T]he Whole Point of the Enterprise", in Election Law Blog, electionlawblog.org/?p=136723.

(30) Così a p. 23 della pronuncia in esame (cfr. supra, § 2.2.2), la quale richiama Miller v. Johnson, 515 U.S. 900 (1995), dove parimenti si afferma che «[t]he distinction between being aware of racial considerations and being motivated by them may be difficult to make» (p. 916).

(31) Voting Rights Act, cit., p. 489. V. anche l'analisi di W. SNEAD, The Supreme Court and the Allocation of Burden: Truncating the Voting Rights Act, in Law & Social Inquiry, 2024, pp. 1 ss. (spec. p. 25), disponibile all'indirizzo doi.org/10.1017/lsi.2023.80.

Data di pubblicazione: 5 aprile 2024.