Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo
Pescara
Sentenza 5 novembre 2008, n. 878

FATTO

1. La società ricorrente è titolare della licenza n. 140 in data 30 maggio 2006 tipologia B per la somministrazione di bevande, comprese alcoliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari) in Casalbordino, Località Miracoli, Piazza Giovanni Paolo I, antistante il Santuario Madonna dei Miracoli.

Alla fine di luglio 2007 la ricorrente si accorgeva che il sig. Di Vito Roberto dava corso a lavori in locale attiguo di proprietà dell'Amministrazione comunale per l'apertura di attività commerciale similare. Il 31 luglio 2007 diffidava l'Amministrazione, in quanto il presunto affidamento al terzo era avvenuto in violazione delle regole di evidenza pubblica.

Effettuava in data 7 agosto 2007 istanza di accesso documentale da cui si evinceva che la Giunta comunale con deliberazione n. 11 del 23 gennaio 2007 (in accoglimento della richiesta formulata dal controinteressato in data 27 settembre 2006) decideva di cedere in locazione al medesimo i locali di superficie mq. 83 al canone annuo di Euro 4.385,00 da pagarsi in rate semestrali posticipate.

Con atto 2 agosto 2007 il Comune autorizzava il controinteressato all'esercizio dell'attività di somministrazione al pubblico di tipo A (autorizzazione 152) e D (autorizzazione 153).

Con il ricorso in epigrafe insorgeva la ricorrente avverso i provvedimenti citati, articolando i seguenti motivi.

1) Illegittimità per violazione e falsa applicazione delle regole e dei principi in materia di evidenza pubblica. Illegittimità per violazione del principio di trasparenza, di pubblicità dell'azione amministrativa nonché di par condicio tra i concorrenti. Eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta. Danno erariale. L'affidamento della locazione al controinteressato è avvenuto in spregio ai principi di trasparenza e non discriminazione, senza che sia stata espletata nemmeno una trattativa privata, violandosi i principi in materia di scelta del contraente dell'Amministrazione.

2) Violazione e falsa applicazione d.lgs. n. 267/2000, art. 42, co. 2, lettera f, incompetenza della Giunta municipale, sviamento di potere.

Con tale motivo la ricorrente ricorda in fatto che la Giunta ha deliberato di concedere in locazione l'immobile in assenza di un Regolamento comunale sul punto, determinando anche il canone e le modalità di versamento dello stesso. Assume che la Giunta sul punto sarebbe priva di competenza, in quanto l'art. 42 d.lgs. 267/2000 prevede la competenza del Consiglio Comunale in materia di disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e servizi.

3) Nullità e/o annullabilità del contratto stipulato dal Comune di Casalbordino con il Sig. Vito Roberto. A fronte dei motivi di cui sopra, il contratto concluso è affetto da nullità.

4) Violazione e falsa applicazione della legge 287/1981, art. 3, nonché dei parametri di riferimento stabiliti con delibera g.m. n. 412 del 21/07/1994. L'Amministrazione, in applicazione della legge n. 287/1991, ha stabilito per la zona che interessa che la distanza minima tra esercizi similari posti sulla stessa piazza o via debba essere di 50 metri lineari (doc. 14 p. 11).

Nella specie la distanza è inferiore e pari a 39,90.

Articola infine domanda risarcitoria per perdita della clientela, quantificandola in Euro 100.000.

Si costituiva il Comune di Casalbordino dapprima con memoria formale, poi con memoria difensiva depositata il 6.6.2008 con la quale eccepiva preliminarmente la tardività del ricorso, sostenendone altresì l'infondatezza nel merito, allegando Cons. di Stato n. 197/1994 sull'impossibilità di limitare la libertà di iniziativa economica per la tutela degli interessi dei titolari di preesistenti esercizi, nonché Cons. Stato n. 6309/2001 sull'illegittimità di provvedimenti del Sindaco che fissino distanze minime tra esercizi commerciali.

Non si costituiva il Di Vito. Depositava invece la ricorrente una memoria in data 7.6.2008 con la quale corroborava le sue tesi difensive sui vari motivi di doglianza.

Pervenuto l'affare alla pubblica Udienza del 19.6.2008, sulle conclusioni delle parti e la Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano la causa veniva trattenuta a sentenza.

DIRITTO

1. Deve preliminarmente il Collegio darsi carico di scrutinare l'eccezione di irricevibilità del gravame per tardività della notifica, spiegata dal Comune nella memoria del 6.6.2008 sull'assunto che la deliberazione di cessione in affitto del bar in questione, con allegato lo schema di contratto è stata affissa all'Albo dell'Ente il 29.1.2007 per i consueti 15 giorni, conseguendone che la ricorrente doveva impugnarla nei successivi 60 giorni decorrenti dall'ultimo di pubblicazione.

L'eccezione è palesemente infondata. Soccorre al riguardo il pacifico insegnamento della giurisprudenza, secondo la quale la pubblicazione negli albi fa decorrere il dies a quo di proposizione del ricorso solo per i soggetti non contemplati nell'atto e per quelli che non possano ritenersi in qualche modo destinatari dello stesso. Per questi ultimi, tra i quali sicuramente rientrano coloro che abbiano preso parte ad una procedura ad evidenza pubblica, ancorché non menzionati nell'atto, il termine decorre dalla comunicazione individuale o, in difetto, dalla piena conoscenza (T.A.R. Piemonte, I. 9.9.2008, n. 1886; Consiglio di Stato, Sez. V, 9.6.2003, n. 3243; ID, V, 11.6.2001, n. 3131; T.A.R. Toscana, I, 15.1.2001, n. 24 ). In forza ed estensione di tali principi il Consiglio di Stato ha recentemente precisato che "per gli atti di esclusione e di aggiudicazione il termine per l'impugnazione decorre, ai sensi dell'art. 21, l. Tar, dalla piena conoscenza degli stessi da parte dell'interessato" (Consiglio di Stato, Sez. V, 24.3.2006, n. 1534).

Segnala inoltre il Tribunale che in materia consta anche un precedente specifico del Giudice d'appello, a stare al quale, "in sede d'impugnazione del bando di gara, per violazione delle forme di pubblicità, il dies a quo del termine per la presentazione del ricorso non può essere quello della pubblicazione del bando, ma quello dell'effettiva e piena conoscenza del bando; con la conseguenza che, se gli adempimenti pubblicitari non sono stati corretti, non può operare la presunzione legale di conoscenza del bando". (Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 maggio 2003, n. 2998).

Anche altro Tribunale ha statuito che "il termine per l'impugnativa da parte dei soggetti che si ritengono lesi dall'affidamento diretto a terzi di un servizio pubblico locale inizia a decorrere, in difetto di comunicazione individuale, dall'effettiva piena cognizione della relativa delibera comunale"(T.A.R. Campania - Napoli, Sez. IV, 7.11.2003, n. 13382)

Applicando al caso all'esame i delineati principi, dai quali il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, si rileva che nessun adempimento pubblicitario, tranne quello generico, è stato posto in essere, conseguendone che il ricorso tende proprio a far valere l'omissione delle regole della pubblicità e della trasparenza, ragion per cui non può attribuirsi due volte all'Amministrazione una ingiustificata posizione di privilegio: la prima volta per non aver pubblicato il bando; la seconda facendo derivare da tale omissione la regola della decorrenza del termine a ricorrere dalla mera affissione all'albo pretorio della delibera a contrattare.

Ne consegue che il ricorso che mira a censurare la violazione delle regole di trasparenza e l'omissione della pubblica gara deve essere considerato tempestivo se proposto nei sessanta giorni dalla piena conoscenza del contenuto e della lesività del provvedimento.

Nel caso di specie parte ricorrente allega di aver avuto contezza che nell'attiguo locale si stavano effettuando lavori di avvio di una nuova attività commerciale solo il 30.7.2007. Ne deriva che considerata la sospensione feriale dei termini, la decorrenza va fissata al 16.9.07, con il che è tempestivo il ricorso in epigrafe, che risulta notificato il 5.11.2007. L'eccezione va dunque disattesa.

2.1. Può passarsi all'esame del merito.

Con il primo mezzo di gravame assume la ricorrente che nel caso all'esame il Comune avrebbe concesso in locazione i locali in questione in violazione delle procedure di evidenza pubblica, avendo concluso il contratto in affidamento diretto, senza pubblicare un avviso di selezione e senza esperire un confronto concorrenziale, che avrebbe portato anche ad individuare un'offerta migliore per l'amministrazione. Per la ricorrente si sarebbe dovuta esperire quanto meno una trattativa privata. Allega sul punto che altre Amministrazioni Comunali (Chieri e Monte Argentario, poi, in memoria, Agrigento) con appositi Regolamenti prevedono l'espletamento di idonea gara per la locazione di immobili comunali.

Nella specie, poi, il Comune non avrebbe posto in essere adeguata istruttoria, in quanto non avrebbe locato l'immobile secondo i reali valori si mercato e per di più pretendendo il pagamento del canone a rate posticipate, quindi a detrimento del Comune.

La censura coglie nel segno e va accolta.

È principio generale quello secondo cui anche in assenza di specifica disposizione normativa che imponga l'adozione di procedure concorrenziali per la selezione del contraente privato l'Amministrazione deve osservare i fondamentali canoni della trasparenza, dell'imparzialità e della par condicio.

In forza della Comunicazione della Commissione europea del 12.4.2000, richiamata e valorizzata dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 945 del 1.3.2002, i principi dell'evidenza amministrativa vanno applicati, in misura proporzionata alla fattispecie, anche laddove difettino specifiche disposizioni che regolino puntualmente ed impongano l'espletamento di una procedura di gara, atteso che detti principi sono dettati in via diretta e self-executing dall'art. 81 del Trattato istitutivo dell'Unione Europea.

Viene in considerazione nel caso al vaglio del Collegio un contratto c.d. attivo, che procura un'entrata al Comune, rappresentata dai canoni di locazione. Tale circostanza non può peraltro condurre a ritenere sottratto ai principi descritti, l'affidamento del negozio. Militano in tal senso a livello ermeneutico, oltre che le norme della abrogata l. n. 2440/1923 e del r.d. n. 827/1924 recanti il corpus normativo della contabilità pubblica, che assoggettavano alla regola della gara sia i contratti passivi che quelli attivi, anche l'art. 27 del d.lgs. 16.4.2006, n. 163, il quale stabilisce che "l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture esclusi in tutto o in parte dall'applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità"

Rammenta inoltre il Collegio che la giurisprudenza, anche nel regime ante codice, aveva statuito che "anche quando un soggetto pubblico non è direttamente tenuto all'applicazione di una specifica disciplina per la scelta del contraente, il rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento comunitario (ritraibili principalmente dagli art. 43 e 55 del trattato Ce), nonché dei principi generali che governano la materia dei contratti pubblici impone all'amministrazione procedente di operare con modalità che preservino la pubblicità degli affidamenti e la non discriminazione delle imprese, mercé l'utilizzo di procedure competitive selettive" (Consiglio Stato, Sez. VI, 15 novembre 2005, n. 6368).

Si era anche puntualizzato che "il contraente pubblico è obbligato a mantenere un contegno che, in relazione alla rilevanza economica della fattispecie, consenta a tutte le imprese interessate di venir per tempo a conoscenza dell'intenzione amministrativa di stipulare il contratto e di giocare le proprie "chances" competitive attraverso lo formulazione di un' offerta appropriata, così da favorire la più ampia partecipazione di aspiranti alle procedure selettive; e, pertanto, l'obbligo di seguire le norme di evidenza pubblica, ivi incluse quelle concernenti l'adeguata pubblicizzazione della selezione, è regola generale, valevole anche per i contratti c.d. "sotto soglia" (T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 23 agosto 2006, n. 7375).

Più di recente altro Tribunale ha condivisibilmente affermato che " il principio di concorrenza e quelli che ne rappresentano attuazione e corollario, di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento (...) costituendo principi fondamentali del diritto comunitario, si elevano a principi generali di tutti i contratti pubblici e sono direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne"(T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. II, sentenza 21 maggio 2008, n. 1978). È pertanto a parere del Collegio del tutto in conferente il richiamo a Cons. di Stato n. 197/1994 sulla libertà di iniziativa economica. Che anzi muove in senso contrario e favorevole al ricorrente.

Da tutti i principi esposti consegue che il Comune di Casalbordino doveva osservare le regole di trasparenza e non discriminazione e procedere alla preliminare pubblicazione di un avviso, onde passare all'affidamento della locazione dell'immobile di sua proprietà, solo mediante l'esperimento di idonea procedura concorrenziale, che consentisse a tutti i potenziali aspiranti di parteciparvi ed esprimere la propria offerta. È conseguentemente illegittimo l'affidamento del contratto de quo in via diretta, in violazione delle descritte elementari e minime regole di trasparenza.

Il primo motivo di ricorso è dunque fondato e va accolto.

2.2. Del pari fondato è a parere del Collegio il IV motivo di gravame, con il quale la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della legge 287/81, art. 3, nonché dei parametri di riferimento stabiliti con delibera g.m. n. 412 del 21/07/1994.

L'Amministrazione, in applicazione legge n. 287/1991, ha stabilito per la zona che interessa che la distanza minima tra esercizi similari posti sulla stessa piazza o via debba essere di 50 metri lineari (doc. 14 p. 11).

Orbene, in osservanza dell'art. 3, comma 5 della l. n. 287/1991 il Comune ha fissato le condizioni per il rilascio delle autorizzazioni, prescrivendo che tra esercizi similari la distanza debba essere non inferiore ai 50 mt. come si evince dalla delibera di cui al doc. 14.

Nella specie l'allegata perizia di parte (doc. 15) attesta che la distanza tra i due esercizi, misurata tra l'altro in applicazione dei prefissati criteri comunali, è inferiore ai 50 mt. essendo pari a 39,90 metri.

Le risultanze dell'allegata perizia non sono contestate dal Comune, e vanno quindi ritenute pacifiche.

L'Amministrazione invoca solo un precedente del Consiglio di Stato (n. 6309/2001) secondo il quale sono illegittimi i provvedimenti del sindaco che stabiliscano una distanza minima tra esercizi commerciali.

A ben guardare l'assunto non giova al Comune, posto che la regola richiamata è vigente per il Comune di Casalbordino, non essendo stata annullata dal Giudice né rimossa in via di autotutela, conseguendone la sua cogenza ed applicabilità alla fattispecie.

Il provvedimento impugnato, avendo assentito l'esercizio di attività similare a quella della ricorrente a distanza inferiore ai 50 mt., viola dunque la Delibera n. 412/1994 del Comune e va pertanto dichiarato illegittimo ed annullato.

Ne consegue l'accoglimento del IV motivo.

3.1. Gli altri motivi possono essere assorbiti, rimanendo da affrontare quello con cui si deduce nullità del contratto di affitto stipulato dal Comune senza gara.

Il motivo è fondato alla luce della recente giurisprudenza. In primo luogo va richiamata la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I Civile, n. 11031 del 5 maggio 2008, che ha sancito che "nel contratto di appalto pubblico l'omissione della gara prescritta dalla legge per l'individuazione del contraente privato (...) comporta la nullità del contratto per contrasto con norme imperative". Senza approfondire la spinosa questione degli effetti dell'annullamento dell'aggiudicazione sul contratto, risolta dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 30.7.2008, non può tuttavia esimersi il Collegio dal richiamare anche altra decisione del giudice di legittimità che è molto precisa nel definire gli effetti che debbono predicarsi conseguire dall'annullamento della delibera di aggiudicazione.

La Cassazione ha nettamente statuito che "L'annullamento in sede giurisdizionale del verbale di aggiudicazione di una gara di appalto pone nel nulla l'intero effetto-vicenda derivato dall'aggiudicazione, a cominciare quindi dal contratto di appalto che vi è insito o che, ove stipulato in successivo momento, non ha alcuna autonomia propria e non costituisce la fonte dei diritti ed obblighi tra le parti, ma, assumendo il valore di mero atto formale e riproduttivo, è destinato a subire gli effetti del vizio che affligge il provvedimento cui è inscindibilmente collegato e a restare automaticamente e immediatamente caducato, senza necessità di pronunce costitutive del suo cessato effetto o di atti di ritiro dell'amministrazione, in conseguenza della pronunciata inefficacia del provvedimento amministrativo ex tunc, travolto dall'annullamento giurisdizionale" (Corte di Cassazione, Sez. I Civile, 15.4.2008, n. 9906).

Più di recente anche il Giudice amministrativo ha applicato e recepito siffatto indirizzo, affermando che "con la pubblicazione del dispositivo della sentenza con cui viene annullata l'aggiudicazione di una gara di appalto (nella specie si trattava di un appalto di servizi) vengono meno gli effetti del contratto di appalto stipulato medio tempore dalla P.A." (T.A.R. Molise, Sez. I, 24.9.2008, n. 719).

Ricorda peraltro il Tribunale che la teorica della automatica caducazione del contratto per effetto del disposto annullamento dell'aggiudicazione non è certo nuova nella giurisprudenza della Cassazione, che la aveva a chiare note disegnata già con Cass., n. 12629 del 2006; Cass., n. 17673 del 2004.

3.2. Orbene, ritiene al riguardo il Tribunale che esigenze di concentrazione e pienezza della tutela giurisdizionale impongano di aderire alle delineate coordinate ermeneutiche, dovendosi affermare che a seguito dell'annullamento giudiziale dell'aggiudicazione, vuoi per mancanza originaria di una gara - come nel caso all'esame - vuoi per illegittimità della procedura concorsuale, il contratto medio tempore stipulato è automaticamente travolto, senza che necessiti sul punto alcuna statuizione del giudice dell'annullamento. Il meccanismo del travolgimento, che può ben essere inquadrato nella teorica della caducazione, stante il nesso di consequenzialità necessaria da predicarsi tra aggiudicazione e contratto, come pure in quella della nullità c.d. extratestuale per violazione di norme imperative ex art. 1418 comma 2, c.c., si produce ex se, in via immediata ed automatica, senza la necessità di una statuizione del giudice, che sarebbe meramente dichiarativa. Con il che è rispettato il discrimen tra i due ordini di giurisdizioni e il relativo limite posto al Giudice amministrativo dalle Sezioni Unite con la nota sentenza del 27.12.2007.

Ne consegue che il contratto d'affitto stipulato dal Comune di Casalbordino è automaticamente caducato ovvero nullo in conseguenza dell'annullamento della delibera di concessione in locazione che in questa sede viene annullata. L'Amministrazione dovrà quindi astenersi dal portare ad ulteriore esecuzione il contratto di locazione convenuto con il sig. Di Vito.

La censura di nullità del contratto (o di sua caducazione) si presta pertanto a positiva considerazione e va pertanto accolta.

In definitiva, per tutte le suesposte ragioni, la domanda di annullamento dei provvedimenti gravati e di declaratoria di nullità del contratto va accolta.

4. Va invece respinta la domanda risarcitoria, per difetto di interesse al ricorso.

Invero, il gravame mira alla statuizione non dell'illegittimità della cessione in locazione in assoluto dell'immobile in questione, bensì della cessione a quel determinato controinteressato, per via dell'illegittima stipulazione del negozio in affidamento diretto, senza gara.

La ricorrente censura cioè la modalità della stipula, non la stipula in sé. L'eventuale espletamento della gara, infatti, avrebbe condotto ad individuare eventualmente un affittuario diverso dal controinteressato, oppure egli stesso, o altro soggetto, conseguendone che comunque l'attività commerciale concorrente sarebbe stata avviata con il correlativo decremento del volume d'affari della ricorrente.

Manca pertanto a parere del Tribunale l'interesse alla domanda di risarcimento, perché l'espletamento della gara comunque avrebbe comportato l'individuazione di un soggetto gestore del bar con relativa ricaduta sull'attività della ricorrente.

Inoltre, ricorda pure il Collegio che per pacifica giurisprudenza il prius della tutela risarcitoria è dato dal risarcimento in forma specifica, conseguibile attraverso la rinnovazione (nel caso di specie, l'indizione) della gara, la quale concreta e condensa l'interesse strumentale del ricorrente, che vede soddisfatto per tale via il suo diritto al risarcimento del danno.

In conclusione, pertanto, il Collegio accoglie la domanda demolitoria dei provvedimenti impugnati e respinge quella risarcitoria.

Le spese debbono seguire la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale dell'Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe lo Accoglie, nei sensi tutti di cui in motivazione e, per l'effetto, Annulla i provvedimenti impugnati.

Respinge la domanda di risarcimento del danno per equivalente monetario.

Condanna il Comune di Casalbordino al pagamento in favore della ricorrente delle spese processuali, che liquida in Euro 3.000,00 oltre IVA e CNAP di legge.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.