Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 5 aprile 2024, n. 3164

Presidente: Lotti - Estensore: Barreca

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza n. 3134 del 19 aprile 2021, indicata in epigrafe, questa Sezione ha respinto l'appello proposto dalla società SALT - Società Autostrada Ligure Toscana s.p.a., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del r.t.i. con Itinera s.p.a., Euroimpianti s.p.a., Sinelec s.p.a. e Proger s.p.a. (mandanti), contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la riforma della sentenza del TAR per il Lazio, Sezione I, 15 gennaio 2021, n. 620, resa tra le parti.

1.1. Il ricorso era stato proposto in primo grado dalla SALT, in proprio e nella qualità predetta, avverso il provvedimento di esclusione del r.t.i. dalla procedura di gara per l'affidamento in concessione "delle attività di gestione delle tratte autostradali A21 Torino - Alessandria - Piacenza, A5 Torino - Ivrea - Quincinetto, la Bretella di collegamento A4/A5 Ivrea - Santhià, la diramazione Torino - Pinerolo e il Sistema Autostradale Tangenziale Torinese (SATT)".

L'esclusione era stata disposta perché l'amministrazione aggiudicatrice aveva ritenuto che il r.t.i. non fosse in possesso dei requisiti prescritti dal bando di gara, con riferimento al par. III.1.3.2, secondo comma, sui requisiti dell'esecutore, in ragione del fatto che le mandanti Itinera s.p.a., Euroimpianti s.p.a. e Sinelec s.p.a. intendevano eseguire i lavori e, pur essendo queste in possesso dei relativi requisiti, anche i restanti soggetti costituenti il r.t.i. SALT avrebbero dovuto esserne in possesso, e la mandataria in misura maggioritaria, mentre la società SALT ne era priva.

1.2. Con la sentenza di primo grado il ricorso di SALT era stato ritenuto infondato, avendo il tribunale rilevato che:

- SALT, quale mandataria, aveva dichiarato di non essere in possesso di attestazioni SOA necessarie per l'esecuzione;

- il bando di gara era chiaro nello stabilire, al punto III.1.3.2, che "Qualora il candidato alla concessione sia costituito da un raggruppamento temporaneo... i requisiti di cui ai paragrafi III.1.2.1 e III.1.3.1 devono essere posseduti complessivamente, fermo restando che ciascuno dei componenti... possegga una percentuale non inferiore al dieci percento dei requisiti di cui al paragrafo III.1.2.1, lettere a) e b). La mandataria in ogni caso deve possedere tali requisiti in misura maggioritaria";

- se pure, quindi, i suddetti requisiti di capacità economico-finanziaria (III.1.2.1) e di capacità tecnico-professionale (III.1.3.1) dovevano essere posseduti complessivamente dal raggruppamento, comunque quelli di cui al par. III.1.2.1, lett. a) e b), dovevano essere posseduti da tutti i componenti al minimo al 10%;

- analogamente, per i requisiti di "esecuzione" di cui al par. III.1.3.2, era richiesto "... il possesso di attestazione in corso di validità rilasciata da S.O.A. appositamente autorizzata per le attività di progettazione e costruzione ai sensi dell'art. 79, comma 7, del d.P.R. 207/2010, dalla quale si evinca il possesso delle relative categorie e classifiche previste nel presente bando ovvero di tutte quelle attinenti alle lavorazioni che il concorrente intende eseguire direttamente... I raggruppamenti temporanei di OO.EE. ed i consorzi ordinari, che intendono eseguire i lavori con la propria organizzazione di impresa devono possedere i requisiti di qualificazione in conformità alla normativa vigente ed, in particolare, agli artt. 47 e 48 del Codice e all'art. 92 del d.P.R. 207/2010. Detti requisiti devono essere posseduti complessivamente, fermo restando che ciascuno dei componenti del raggruppamento ne possegga una percentuale non inferiore al dieci per cento e che la mandataria possegga detti requisiti ed esegua le prestazioni in misura maggioritaria";

- pertanto il bando richiedeva il possesso dei suddetti requisiti "di esecuzione" per i concorrenti in raggruppamento che avevano dichiarato la volontà di procedere anche all'esecuzione dei lavori;

- nel caso di specie il r.t.i. SALT aveva dichiarato di competere come "concessionario, esecutore e progettista", secondo una delle possibilità previste, ma ciò comportava che anche la mandataria dovesse possedere i requisiti specifici, tra cui quello di attestazioni SOA adeguate, che la società ricorrente non aveva;

- la clausola di esclusione era individuabile nel par. III.1.1.1 del bando, il quale richiedeva in tal senso il possesso dei requisiti dell'intero par. III.1;

- lo stesso par. III.1.1.1 prevedeva esplicitamente che i soggetti partecipanti, già in possesso dei requisiti del concessionario, che intendevano eseguire i lavori oggetto di concessione, dovevano essere in possesso dei requisiti dell'«esecutore» di cui anche al richiamato par. III.1.3.2;

- tale specifica disposizione di bando, come anche osservato dalla difesa erariale, trovava la sua logica prevalente al fine di garanzia per la stazione appaltante, visto che l'intera compagine aggiudicataria si assumeva l'onere di eseguire importanti lavori di messa in sicurezza, quali oggetto ulteriore dell'affidamento in questione.

In base a dette argomentazioni, e ad altre, concernenti specifiche deduzioni della ricorrente, il ricorso era respinto in primo grado con compensazione delle spese processuali.

1.3. La società SALT, in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del costituendo r.t.i. sopra detto, appellava la sentenza con quattro motivi.

1.3.1. Il collegio d'appello ha dato conto nella parte in fatto di quattro motivi di gravame, della resistenza del Ministero (con proposizione anche di appello incidentale) e dell'intervento ad opponendum del Consorzio stabile SIS.

I motivi di appello sono stati sintetizzati al paragrafo 3 della motivazione della sentenza secondo un'elencazione numerica tuttavia non corrispondente a quella dell'atto di appello; sono stati perciò esaminati dal Collegio, al paragrafo 6 della motivazione, seguendo la numerazione del precedente paragrafo 3, non quella dell'appellante. Così esaminati, i motivi di gravame sono stati ritenuti infondati.

1.3.2. L'appello è stato perciò respinto.

1.3.3. Le spese processuali del grado d'appello sono state regolate secondo il principio della soccombenza, poste a carico di SALT ed a favore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Consorzio stabile SIS.

2. La società SALT - Società Autostrada Ligure Toscana p.a. ha proposto ricorso per revocazione, ai sensi degli artt. 106 c.p.a. e 395, n. 4, c.p.c., sulla base di tre motivi per la fase rescindente e riproposizione dei corrispondenti motivi di appello per la fase rescissoria.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Consorzio stabile SIS si sono costituiti per resistere al ricorso per revocazione.

2.1. Adottata l'ordinanza cautelare n. 6238 del 19 novembre 2021 di sospensione dell'esecutività della sentenza oggetto di istanza di revocazione, dopo diversi rinvii, all'esito dell'udienza pubblica del 7 luglio 2022, questa Sezione, con ordinanza collegiale del 3 ottobre 2022 n. 8436, ha sottoposto all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato i seguenti quesiti:

a) "se e a quali condizioni la condotta del giudice che ometta di pronunciarsi sull'istanza di rinvio alla Corte di giustizia dell'Unione europea formulata da una delle parti in causa ex art. 267 T.F.U.E. sia qualificabile come omissione di pronuncia dovuta ad errore di fatto con conseguente ammissibilità della revocazione della sentenza pronunciata ai sensi degli artt. 106 c.p.a. e 395, comma 1, n. 4), c.p.c.";

b) "in particolare, se configuri l'omissione di pronuncia di cui sopra il caso in cui il giudice non si sia pronunciato sull'istanza di rinvio in conseguenza di un fraintendimento in cui è incorso in merito alla questione di possibile incompatibilità delle disposizioni interne da applicare per risolvere la controversia con il diritto dell'Unione europea prospettata dalla parte nei motivi di appello".

2.2. L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con ordinanza 19 aprile 2023, n. 13, ha disposto la restituzione degli atti alla Sezione per l'esame prioritario del secondo e del terzo motivo di ricorso per revocazione, enunciando la condizione che "solo se questi risulteranno inammissibili o infondati, la Sezione dovrà poi valutare l'ammissibilità e la fondatezza del primo motivo del ricorso per revocazione".

2.3. A seguito di istanza del Consorzio stabile SIS è stata fissata l'udienza pubblica del 5 ottobre 2023.

A tale udienza il ricorso per revocazione è stato nuovamente discusso e assegnato in decisione, previo deposito di memorie e repliche delle parti.

2.4. Su istanza del Consorzio stabile SIS, è stato pubblicato anticipatamente il dispositivo in data 6 ottobre 2023.

A) Secondo motivo di revocazione

I) Fase rescindente

3. Dando seguito all'indicazione contenuta nell'ordinanza n. 13/2023 dell'Adunanza plenaria si esamina preventivamente il secondo motivo di revocazione, col quale è stato denunciato un "errore revocatorio in relazione al secondo motivo di appello".

3.1. Con tale motivo di appello (rubricato: Ancora error in iudicando. Erroneità della Sentenza per violazione dell'art. 95, comma 4, del DPR 207 del 2010 in relazione ai principi della massima partecipazione alle gare per l'affidamento dei contratti) il r.t.i. SALT aveva rilevato, come si legge nel ricorso per revocazione, che: (i) il raggruppamento era strutturato in termini di raggruppamento misto, in cui la componente lavori era affidata ad un sub-raggruppamento, composto da Itinera, Sinelec ed Euroimpianti, con a capo Itinera (definita "mandataria interna"); (ii) i requisiti dell'«esecutore» erano posseduti dalle "imprese associate" nel sub-raggruppamento ed in via maggioritaria dalla capo-fila Itinera; (iii) tale modello partecipativo, per un verso, era conforme alle prescrizioni di gara, per altro era pienamente ammissibile secondo la "conferente" giurisprudenza nazionale, che ha dichiarato l'illegittimità delle clausole limitative della partecipazione dei raggruppamenti misti, come quello del r.t.i. SALT.

3.2. La sentenza del Consiglio di Stato, pur facendo riferimento al "quarto motivo di appello" (con un "errore" riconosciuto come tale dalla stessa ricorrente, quindi da ritenersi in sé non suscettibile di censura, comunque spiegabile per la diversa numerazione di cui si è detto sopra, per la quale al paragrafo 3 della motivazione il secondo motivo è stato sintetizzato al numero 4 e quindi esaminato come "quarto" al paragrafo 6), ha respinto il motivo con la seguente motivazione di cui al punto 6.3 della motivazione: «anche l'argomento sollevato col quarto [rectius, secondo] motivo d'appello non persuade perché implica la disarticolazione del raggruppamento di imprese che si è presentato come concorrente nella gara; si pretende, infatti, di non considerare la partecipazione di SALT ai fini della qualificazione per i requisiti di esecuzione dei lavori (pur se SALT si è presentata in gara come futura mandataria del raggruppamento concorrente; e pur se ha dichiarato in gara di partecipare anche per l'esecuzione dei lavori) e di valutare i requisiti di qualificazione solo nei confronti delle imprese mandanti. Operazione inammissibile, perché comporterebbe la sostanziale disapplicazione sia delle norme in materia di qualificazione (articoli 48 e 84 del Codice dei contratti pubblici, già sopra richiamati), sia delle norme che impongono alla mandataria il possesso dei requisiti in misura percentuale superiore rispetto a ciascuna delle mandanti (art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici e art. 92, comma 2, del D.P.R. n. 207 del 2010). Soluzione interpretativa che non sarebbe giustificata nemmeno alla luce della norma dell'art. 95, comma 4, del D.P.R. n. 207 del 2010, il quale, come si è già veduto, si riferisce ai soli requisiti economico-finanziari e di fatturato specifico, non ai requisiti di qualificazione per i lavori pubblici».

3.3. La società ricorrente per la revocazione assume che il giudice d'appello sarebbe incorso in errore revocatorio perché avrebbe dato per presupposto un fatto, cioè che la mandataria SALT si sarebbe candidata anche all'esecuzione dei lavori, che invece non esiste ed è smentito dalle evidenze processuali, quali riportate anche nel ricorso per revocazione (ai punti 48 e 49, cui è qui sufficiente fare rinvio).

Osserva inoltre che la circostanza che la mandataria SALT si fosse candidata soltanto per il servizio di gestione, e non per l'esecuzione dei lavori, è fatto pacifico e mai contestato dalle parti (come risulta anche dalla memoria prodotta in giudizio dal Ministero il 18 marzo 2021).

Il travisamento del fatto nel quale sarebbe incorso il giudice d'appello si ricaverebbe, in primo luogo, dalla circostanza che sarebbe scritto in sentenza che la mandataria SALT "ha dichiarato in gara di partecipare anche per l'esecuzione dei lavori".

Inoltre, "il palese e decisivo abbaglio in cui è incorsa la sentenza" emergerebbe anche nella parte espositiva dei fatti, laddove la sentenza attribuisce erroneamente al giudice di primo grado le affermazioni che "la mandataria SALT ha dichiarato in gara di competere come concessionario, esecutore e progettista" e pertanto "anche la mandataria dovesse possedere i requisiti specifici previsti dal bando per i soggetti esecutori dei lavori" (pag. 3 della sentenza d'appello impugnata), mentre la sentenza di primo grado ha escluso che la mandataria SALT fosse candidata (anche) all'esecuzione dei lavori.

3.4. Il motivo è inammissibile perché la stessa prospettazione della ricorrente non consente di configurare un errore di fatto revocatorio ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c.

3.4.1. In effetti, nel sintetizzare la motivazione della sentenza di primo grado, la sentenza di appello (al paragrafo 2, punto I) riferisce alla "mandataria" SALT la dichiarazione che la sentenza appellata riferiva piuttosto al r.t.i. identificato come "Salt", per come si evince dall'intero passaggio motivazionale considerato.

La sentenza del TAR, appunto, in tale passaggio afferma: «nel caso di specie Salt aveva dichiarato di competere come "concessionario, esecutore e progettista", secondo una delle possibilità previste, ma ciò comportava che anche la mandataria dovesse possedere i requisiti specifici, tra cui quello di attestazioni SOA adeguate, che nel caso di specie la ricorrente non aveva»; esso sintetizza, contestualmente, il fatto secondo cui il raggruppamento temporaneo d'imprese "Salt" aveva dichiarato nella domanda di partecipazione di competere come "concessionario, esecutore e progettista" e la ratio decidendi della sentenza (confermativa della ragione di esclusione da parte dell'amministrazione) secondo cui tale modalità di partecipazione ("ciò") comportava che anche la mandataria (cioè la società SALT) dovesse possedere i requisiti specifici, compresi quelli dell'esecutore, per come chiarito dal riferimento alle "attestazioni SOA".

3.4.2. La motivazione della sentenza d'appello, malgrado l'imprecisione nella sintesi di cui al paragrafo 2 (dove riporta il contenuto della sentenza di primo grado), è tuttavia inequivocabile - considerato il tenore complessivo del paragrafo 6, e del sotto-paragrafo 6.3, in particolare - nella conferma integrale della decisione appellata.

La conferma si basa sulla condivisione da parte del giudice d'appello della ricostruzione interpretativa della legge di gara esposta nella sentenza appellata, pur se non riprodotta in quella d'appello.

La lettura integrale e scevra da preconcetti del passaggio motivazionale della sentenza d'appello in contestazione (vale a dire il sotto-paragrafo 6.3 sopra testualmente e per intero riportato) rende palese che il Consiglio di Stato ha pienamente condiviso, non solo la decisione di primo grado, ma l'interpretazione della legge di gara effettuata da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in sede di gara, e da parte dell'Avvocatura generale, in sede di giudizio; e segnatamente che:

- il raggruppamento di imprese che si è presentato come concorrente nella gara andava considerato unitariamente (in quanto non se ne condivideva la "disarticolazione" implicata dal motivo di appello);

- data tale considerazione unitaria del "concorrente nella gara", costituiva "operazione inammissibile" quella pretesa dall'appellante "di non considerare la partecipazione di SALT ai fini della qualificazione per i requisiti di esecuzione dei lavori [...] e di valutare i requisiti di qualificazione solo nei confronti delle imprese mandanti";

- segue l'interpretazione delle norme di legge e di regolamento ritenute applicabili, per le quali il motivo è stato ritenuto infondato, date le premesse interpretative della legge di gara appena dette.

3.5. È vero che lo stesso sotto-paragrafo 6.3 reca un inciso, tra parentesi, in cui - in contrapposizione alla pretesa dell'appellante di non considerare "la partecipazione di SALT ai fini della qualificazione per i requisiti di esecuzione dei lavori" - è detto quanto segue: "(pur se SALT si è presentata in gara come futura mandataria del raggruppamento concorrente; e pur se ha dichiarato in gara di partecipare anche per l'esecuzione dei lavori)".

Anche ad ipotizzare l'interpretazione della parte finale dell'inciso sostenuta dalla ricorrente per revocazione - avere cioè il giudice d'appello attribuito alla dichiarazione di partecipazione alla gara del r.t.i. il significato che la società SALT avesse dichiarato di partecipare come "esecutore" dei lavori - mancherebbero comunque le condizioni per la revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. per due ordini di ragioni.

3.5.1. In primo luogo, l'assunto della ricorrente per revocazione finisce per attribuire al giudice d'appello un'errata ricostruzione e valutazione delle risultanze processuali, in particolare della domanda di partecipazione del r.t.i. prodotta come documento 5 del fascicolo di parte ricorrente in primo grado.

Non è possibile, sulla base del solo inciso anzidetto, configurare una svista del giudice di appello in ordine alla percezione materiale del contenuto letterale della domanda di partecipazione. Questa, come d'altronde la stessa ricorrente riconosce, è stata considerata sia in primo che in secondo grado, come riferibile al raggruppamento temporaneo, pur se le imprese componenti il raggruppamento avevano dichiarato di assumere diversi compiti, essendosi qualificate come "soggetto costruttore" soltanto le imprese mandanti.

Non risulta affatto dalla motivazione della sentenza che il giudice d'appello abbia errato nel leggere la domanda di partecipazione, desumendosi piuttosto dal contenuto della sentenza che si tratti tutt'al più di un errore nella ricostruzione-interpretazione della domanda di partecipazione, attinente quindi all'attività interpretativa e valutativa dell'organo giudicante, non rilevante ai fini dell'art. 106 c.p.a. (secondo la ben nota e ripetuta affermazione giurisprudenziale per la quale "Non si è, quindi, in presenza di un errore revocatorio nell'ipotesi di inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di anomalie del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero ancora nel caso in cui la questione sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita; ipotesi, queste, che possono semmai dar luogo ad un errore di valutazione, come tale qualificabile come errore di diritto e non deducibile in sede di revocazione (cfr., sul punto, anche C.d.S., Sez. III, n. 2316/2021)" (così, tra le tante, C.d.S., II, 5 aprile 2022, n. 2532).

3.6. In ogni caso la ricorrente non ha nemmeno argomentato sul fatto che la parte finale dell'inciso - qui in contestazione - possa costituire, nel contesto dell'intera motivazione sopra riferito, la ratio decidendi (o, a tutto voler concedere, l'unica ratio decidendi) della sentenza. D'altronde, si tratta di evenienza che trova sicura smentita nelle argomentazioni che seguono.

Va premesso che tra le caratteristiche dell'errore di fatto revocatorio vi è quella che l'errore deve essere "decisivo", cioè trovarsi in un rapporto di stretta consequenzialità con la pronuncia adottata dal giudice o, meglio, con la soluzione prescelta per definire la controversia, di modo che si possa dire che se l'errore non si fosse verificato la decisione sarebbe stata diversa (cfr., tra le tante, C.d.S., IV, 14 giugno 2018, n. 6061; VI, 2 novembre 2018, n. 6223).

Il fatto che, nel caso di specie, si assume erroneamente supposto dal giudice è invece irrilevante ai fini della decisione, tanto è vero che, anche prescindendone, la decisione non risulta affatto immotivata.

3.6.1. Le ragioni della decisione - così come sintetizzate nella sentenza d'appello, già dettagliatamente esposte nella sentenza di primo grado, integralmente confermata in appello - prescindono invero da quello che - in sede di revocazione - la difesa di SALT individua come "fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa", ma la cui "supposizione" avrebbe fondato la decisione (arg. ex art. 395, n. 4, c.p.c.).

Né la decisione di primo grado, né quella d'appello - che, si ripete, l'ha integralmente confermata - si basano sul fatto (o, a tutto voler concedere, soltanto sul fatto) che la società SALT abbia dichiarato in gara di assumere il ruolo di esecutore dei lavori. Né d'altronde questo è stato mai sostenuto dalle parti in giudizio.

3.6.2. La questione controversa tra le parti, oggetto del thema decide[n]dum, non era quella interpretativa della domanda di partecipazione del raggruppamento d'imprese, ma piuttosto quella, interpretativa della legge di gara, se - data in fatto la dichiarazione in gara del r.t.i. di competere come "concessionario, esecutore e progettista" - le clausole del bando comportassero che il r.t.i. dovesse essere considerato come unico concorrente ai fini del possesso dei requisiti di qualificazione.

In particolare, la questione da risolvere consisteva nell'alternativa se la presentazione del raggruppamento in quella forma consentisse comunque di distinguere all'interno del raggruppamento, ai fini del possesso dei requisiti, le imprese associate che avrebbero eseguito i lavori, con esclusione della mandataria non esecutrice (come sostenuto dal r.t.i. SALT) ovvero comportasse che tutte le imprese del raggruppamento dovessero essere in possesso dei requisiti dell'«esecutore» di cui al paragrafo III.1.3.2, letto in combinato disposto col paragrafo III.1.1 (come sostenuto dal Ministero aggiudicatore e, in giudizio, dall'Avvocatura generale dello Stato).

Non vi è alcun dubbio, in base alla leale lettura della sentenza di appello, che il Consiglio di Stato abbia preferito tale seconda interpretazione.

3.6.3. Continuando secondo corretti criteri di lettura della sentenza d'appello (che tengano conto delle tesi contrapposte delle parti, quindi del thema decidendum cui sono riferite), non vi è altresì dubbio che la preferenza per detta interpretazione (della legge di gara, non della domanda di partecipazione del r.t.i.) risulti fondata sulla ratio concernente, per un verso, l'impossibilità di "disarticolare" il raggruppamento in qualità di "concorrente nella gara", come da incipit del sotto-paragrafo 6.3, per altro verso, la posizione della società SALT come "mandataria" del raggruppamento temporaneo d'imprese, per come fatto palese dal riferimento alle norme del Codice dei contratti pubblici e del regolamento del 2010 menzionate nella seconda parte dello stesso sotto-paragrafo 6.3.

3.6.4. In detto contesto motivazionale, l'inciso tra parentesi in contestazione potrebbe essere considerato come frutto di una sintesi imprecisa della tesi di fondo condivisa dal collegio d'appello, nel senso di considerare unitaria, riferendola all'intero raggruppamento, con capogruppo la mandataria società SALT, la dichiarazione di partecipazione ("anche per l'esecuzione dei lavori", quindi) nella triplice qualità di "concessionario, esecutore e progettista".

3.7. Comunque inteso, il detto inciso, considerato non atomisticamente, ma nell'insieme della motivazione, non è espressione di un errore di fatto con le caratteristiche dell'errore revocatorio.

II) Fase rescissoria

4. L'inammissibilità del motivo di revocazione fin qui esaminato comporta che sia preclusa la fase rescissoria e quindi sia precluso un nuovo esame del secondo motivo di appello, riproposto dall'appellante società SALT, in proprio e quale mandataria del r.t.i.

B) Terzo motivo di revocazione

I) Fase rescindente

5. Col terzo motivo di revocazione è stato denunciato un "errore revocatorio in relazione all'omessa pronuncia sul terzo motivo di appello".

5.1. Con tale motivo il r.t.i. SALT, come si legge nel ricorso per revocazione, aveva dedotto la violazione dei principi di massima partecipazione per la mancata ammissione dell'offerta del r.t.i. SALT come "concessionario" non esecutore. Secondo l'appellante, avendo il raggruppamento tutti i requisiti del "concessionario" - circostanza che non sarebbe stata contestata dalla stazione appaltante e comunque estranea al presente giudizio - il r.t.i. non avrebbe dovuto essere escluso in quanto avrebbe potuto concorrere come "concessionario" non esecutore.

5.2. Col motivo in esame la ricorrente denuncia che il giudice d'appello ha del tutto omesso di esaminare la censura (respinta in primo grado), che non è mai menzionata nella sentenza (né nella sezione espositiva dei fatti, né nei successivi passaggi motivazionali). La svista sarebbe confermata dal fatto che in taluni passaggi della sentenza è indicato come "terzo motivo di appello", ciò che invece era la quarta censura proposta dal r.t.i. SALT relativa alla violazione del diritto UE (v. par. 3, n. 3, pag. 4, e par. 6.4, pag. 6).

In conclusione, la ricorrente lamenta che, per effetto di tale travisamento delle risultanze processuali, concernente l'esistenza e il contenuto di uno specifico motivo di appello (i.e. il terzo motivo), questo non ha avuto alcuna risposta, con conseguente "palese e decisivo errore revocatorio della sentenza".

5.3. Il motivo è ammissibile, già come prospettato dalla ricorrente, e comporta la revocazione della sentenza in parte qua per le ragioni di cui appresso.

5.3.1. In effetti, la sentenza non riporta né nell'elencazione né nel contenuto dei motivi di appello, riassunti nel paragrafo 3 della motivazione, il motivo di gravame rubricato come III nel ricorso in appello.

Sebbene infatti graficamente siano quattro le censure sintetizzate nel paragrafo 3 (sotto i numeri appunto 1, 2, 3 e 4), risulta per tabulas dal confronto fra la motivazione della sentenza e l'atto di appello che, come già detto, l'elencazione numerica della sentenza non corrisponde all'ordine di esposizione dei motivi da parte dell'appellante (cfr., per questo rilievo, anche l'ordinanza di rimessione all'Adunanza plenaria n. 8436/2022, punto 3.1.2) e che, essendo stato "sdoppiato" il primo motivo di appello (sub 1 e 2 del paragrafo 3) ed essendo stati inseriti i motivi quarto e secondo rispettivamente ai numeri 3 e 4 dello stesso paragrafo 3, quest'ultimo è risultato mancante della considerazione (id est, della stessa lettura) del motivo terzo d'appello.

5.3.2. Il paragrafo 6 della motivazione della sentenza segue dichiaratamente l'ordine dei motivi del precedente paragrafo 3 (come da esordio del paragrafo 6.1: «Seguendo l'ordine dei motivi di cui sopra...») e di conseguenza (oltre all'indicazione come "quarto motivo di appello" di quello che era il secondo nella numerazione dell'atto di appello, del quale si è detto sopra, ed all'indicazione come "terzo motivo di appello" di quello che era il quarto nella numerazione dell'atto di appello, di cui si dirà nel prosieguo e su cui pure si è soffermata la detta ordinanza n. 8436/2022, punto 3.1.2) il paragrafo 6 non si occupa della censura oggetto del terzo motivo secondo la numerazione del ricorso in appello proposto da SALT.

5.4. Si verte nella tipica ipotesi in cui, univocamente, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato riconosce che il vizio di omessa pronuncia sia frutto di errore revocatorio e renda perciò ammissibile il rimedio degli artt. 106 c.p.a. e 395, n. 4, c.p.c., distinguendosi dall'omessa pronuncia sui motivi del ricorso costituente errore di diritto, irrilevante ai fini della revocazione della sentenza nella misura in cui sia conseguenza di un errore di giudizio o di valutazione sul contenuto dell'atto di parte.

La giurisprudenza amministrativa (quantomeno a partire dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 22 gennaio 1997, n. 3) ha assunto l'indirizzo secondo cui l'omessa pronuncia sulle domande ed eccezioni delle parti può assumere rilevanza ai fini della revocazione, e non limitarsi, quindi, a integrare la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, quando la causa dell'omissione debba essere fatta risalire a un errore di fatto, risultante dalla motivazione; ossia, a una divergenza tra la decisione e la realtà costituita dagli atti della causa, originata da un errore di percezione o da una svista.

In proposito, a riscontro di un indirizzo giurisprudenziale oramai consolidato, è sufficiente richiamare le pronunce di cui appresso, applicabili, in via diretta o per argomentazione a contrario, alla fattispecie processuale in oggetto, nella quale il giudice ha omesso di pronunciarsi su un motivo d'appello perché risulta dalla stessa sentenza che non ha affatto tenuto conto (per non essersi accorto, per mero errore di percezione) della relativa formulazione:

- "Tale manifesta omissione, peraltro, non può essere equiparata a un difetto o carenza della motivazione della sentenza o delle argomentazioni giuridiche utilizzate dal giudice per vagliare il ricorso, ma appare dipendere, piuttosto, data la totale assenza sia della esposizione dei motivi di appello sia dell'esame (neanche abbozzato, invero) del loro contenuto, da un errore di percezione del fatto processuale, ovvero dalla supposizione erronea circa il contenuto dell'impugnazione. Si vuole dire, in definitiva, che la sentenza, per quanto traspare dalla sua motivazione, è stata silente sui singoli motivi dell'appello perché ha erroneamente supposto l'inesistenza degli stessi; e, quindi, ha supposto un dato incontrastabilmente contrario a quanto risulta dall'esame dei documenti di causa e dell'atto processuale in questione" (C.d.S., V, 21 settembre 2020, n. 5493);

- "laddove una sentenza menzioni nella parte descrittiva in fatto un motivo di doglianza, pur se ometta di pronunciarsi espressamente su di esso nella parte motiva, ciò non configura un vizio di omessa pronuncia, dovendosi considerare la pronuncia sul punto implicita nella statuizione complessiva della sentenza" (C.d.S., V, 4 dicembre 2020, n. 7692).

5.5. L'errore sull'esistenza del terzo motivo di appello si configura quindi, nel caso di specie, come errore revocatorio, comportando, limitatamente all'omessa pronuncia su tale motivo, la revocazione della sentenza.

II) Fase rescissoria

6. In conseguenza della ragione di revocazione, la fase rescissoria non può che consistere nella decisione sul terzo motivo d'appello, rubricato come segue: "III. Error in iudicando. Errata interpretazione del Bando in violazione del principio della massima partecipazione".

6.1. Esso è volto a censurare le seguenti affermazioni della sentenza di primo grado:

«- non può essere condivisa neppure l'ulteriore considerazione critica della ricorrente, per la quale essa sarebbe potuta essere ammessa come mera "concessionaria", dato che il bando di gara non prevedeva tale possibilità residua per i soggetti che si dichiaravano, partecipando in tale forma, in grado di garantire contestualmente, ai fini della valutazione dei relativi requisiti, interventi di messa in sicurezza dell'infrastruttura esistente, progettazione, costruzione e gestione;

- né si evince dalla legge di gara la possibilità di "derubricare" su iniziativa della stazione appaltante - come affermato condivisibilmente dalla difesa erariale - la partecipazione alla procedura solo quale concessionario di chi ne avesse invece fatto richiesta in forma integrale di concessione, gestione ed esecuzione».

6.2. Con l'appello si formulano le critiche che seguono:

- la conclusione del TAR omette di considerare la netta distinzione che sarebbe stata operata dal bando tra requisiti "necessari" per la partecipazione alla gara e requisiti "facoltativi" e ulteriori, limitati esclusivamente a chi avesse poi anche eseguito i lavori oggetto della concessione (la cui mancanza non avrebbe precluso la partecipazione alla gara ai concorrenti che avessero avuto quelli del "concessionario");

- è indiscusso che l'ATI SALT è in possesso dei requisiti del concessionario (posseduti anche solo da SALT) e quindi pienamente legittimata a partecipare alla gara in tale veste; pertanto, anche a voler ritenere quanto (illegittimamente) ritenuto dalla commissione di gara e dal r.u.p. sulla mancanza dei requisiti per eseguire i lavori, il r.t.i. SALT avrebbe potuto acquisire la concessione e darvi esecuzione quale "concessionario" non esecutore;

- non si trattava di due gare distinte, ma essendo un'unica gara per l'affidamento della concessione non avrebbe potuto essere escluso il concorrente in possesso dei requisiti richiesti quale "concessionario";

- sarebbe errata la sentenza di primo grado nel pretendere un'apposita previsione del bando per tale eventualità, in quanto questa deriverebbe direttamente dalla distinzione che sarebbe stata fatta nel bando tra requisiti "necessari" e requisiti "eventuali", con la conseguenza che il M.I.T. avrebbe dovuto ammettere l'a.t.i. SALT alla gara quale concessionario non esecutore, al più interpellandola in sede di soccorso istruttorio.

6.3. Il motivo è infondato.

Come dedotto dall'Avvocatura generale dello Stato, e ritenuto dal TAR, il bando non ha imposto la partecipazione come raggruppamento di operatori tutti in possesso dei requisiti dell'esecutore, ma ha lasciato liberi i partecipanti alla gara di modulare la propria domanda, partecipando come "concessionario", come "concessionario ed esecutore" o come "concessionario, esecutore e progettista".

Il raggruppamento di imprese SALT ha chiesto di partecipare in tutte e tre le vesti così descritte.

Dato ciò, non è fondata la pretesa del r.t.i. SALT di essere considerato come partecipante esclusivamente nella qualità di "concessionario" e quindi di essere ammesso in tale (sola) qualità alle ulteriori fasi della procedura, come concorrente che, in caso di aggiudicazione, non avrebbe potuto eseguire direttamente i lavori oggetto della concessione.

6.3.1. Tale pretesa muove dal presupposto che unica causa di esclusione dalla gara sarebbe quella della carenza dei requisiti previsti dal paragrafo III.1.1.2 del bando ("Situazione personale degli operatori comportano esclusione"), mentre per tutti gli altri requisiti indicati nel bando non sarebbe prevista alcuna esplicita prescrizione di esclusione e le cause di esclusione potrebbero essere desunte unicamente dalla "eterointegrazione" del bando con le previsioni dell'art. 95 del regolamento riguardanti il concessionario.

Corollario di detta impostazione sarebbe che mentre i requisiti del "concessionario" sarebbero, ai sensi della richiamata disposizione regolamentare, condizione essenziale di partecipazione, quindi "necessari", i requisiti dell'«esecutore» e del «prestatore dei servizi di progettazione» sarebbero "eventuali" ed opererebbero solo laddove, una volta acquisita la concessione, il concorrente intenda eseguire i lavori previsti; con la conseguenza che la carenza dei requisiti "eventuali" non avrebbe potuto comportare l'esclusione dalla gara, ma tutt'al più impedire al concorrente aggiudicatario di eseguire i lavori in proprio.

6.3.2. L'interpretazione del bando di gara sostenuta dalla ricorrente e, quindi, i corollari che ne trae sono da respingere.

La clausola del bando che prevede i requisiti da possedersi da parte degli operatori economici concorrenti, a pena di esclusione, è in primo luogo quella - considerata dalla sentenza appellata - dell'art. III.1.1. che prevedeva esplicitamente che i soggetti partecipanti, già "in possesso dei requisiti del concessionario che intendano realizzare i lavori oggetto di concessione", dovevano essere in possesso dei requisiti dell'"esecutore" di cui ai parr. III.1.2.2 e III.1.3.2.

Il riferimento all'intenzione di "realizzare i lavori oggetto di concessione", contenuto nella legge di gara e completato dal rinvio al possesso dei requisiti dell'«esecutore», comporta che tale intenzione rilevasse ove manifestata già in sede di domanda di partecipazione alla gara; in siffatta eventualità era quindi richiesto, sin dal momento della partecipazione alla gara, il possesso dei requisiti sia del "concessionario" che dell'"esecutore dei lavori", essendo condizioni di partecipazione alla gara nelle due qualità contestualmente dichiarate.

La lettura della ricorrente, secondo cui vi sarebbero stati requisiti "necessari" ed altri "eventuali", non trova riscontro nella lettera delle clausole del bando sopra dette ed è evidentemente smentita dalla lettura complessiva della legge di gara. Da tale lettura complessiva si evince che soltanto la richiesta di partecipare alla gara nell'unica qualità di "concessionario" - pure ammessa - avrebbe avuto l'effetto (di rimettere alla fase esecutiva della concessione l'affidamento dei lavori da parte del concessionario a soggetti terzi adeguatamente qualificati), sostenuto dalla ricorrente (anche) per l'ipotesi della partecipazione con la richiesta di cumulare le due qualità di concessionario ed esecutore, che però il bando differenziava dall'altra.

6.4. Considerato che la legge di gara non contiene affatto la distinzione tra requisiti "necessari" e requisiti "eventuali" su cui si basa il motivo in esame e che la gara è unica e unitariamente disciplinata secondo quanto sopra, mediante la richiesta dei requisiti in dipendenza della forma prescelta per la partecipazione, è corretta la conclusione raggiunta dal primo giudice secondo cui il bando di gara non consentiva per i concorrenti che si dichiaravano in grado di garantire contestualmente, ai fini della valutazione dei relativi requisiti, interventi di messa in sicurezza dell'infrastruttura esistente, progettazione, costruzione e gestione, di prescindere dal possesso dei requisiti per l'affidamento dei lavori, considerandoli soltanto nella qualità di concessionari.

6.5. Giova precisare che diversa è la questione se, in caso di partecipazione in r.t.i., anche la società indicata come mandataria del r.t.i. dovesse avere i requisiti di qualificazione dell'esecutore, pur non essendo stata indicata specificamente nella domanda di partecipazione come "soggetto costruttore".

Tuttavia si tratta di questione che esula dall'ambito del motivo in esame, essendo stata oggetto del secondo motivo di appello, respinto da questa Sezione con la sentenza n. 3431/2021, sul punto non revocabile.

6.6. Il terzo motivo di appello, esaminato invece a seguito della revocazione della sentenza appena detta, va respinto.

C) Primo motivo di revocazione

I) Fase rescindente

7. Essendo inammissibile il secondo motivo di revocazione ed infondato il terzo motivo di appello, come esaminato a seguito dell'accoglimento dell'istanza di revocazione, resta da esaminare il primo motivo di revocazione, col quale si articolano due censure relative alla fase rescindente.

7.1. Nell'illustrare la prima censura (L'errore revocatorio sulla censurata compatibilità delle prescrizioni nazionali con il diritto UE) la ricorrente espone che col quarto motivo di appello il r.t.i. SALT aveva rilevato la contrarietà del par. III.1.3.2 del bando e delle norme nazionali (che ne sarebbero state a fondamento), come interpretati dalla stazione appaltante e dalla sentenza, alle norme e ai principi dell'ordinamento dell'Unione europea, formulando altresì espressa richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ex art. 267 TFUE.

Osserva quindi che la sentenza ha "manifestamente omesso di pronunciarsi sulla questione di diritto UE sottoposta e sulla relativa istanza di rinvio". La ricorrente aggiunge che ciò sarebbe avvenuto "in ragione di una percezione del tutto erronea del contenuto della domanda proposta", in quanto la sentenza si sarebbe concentrata su un'unica questione "manifestamente estranea al perimetro della censura". In particolare: I) per un verso, non avrebbe esaminato minimamente i profili di compatibilità europea sollevati da SALT, né avrebbe esaminato in alcun modo il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità dei requisiti prescritti dal par. III.1.3.2 del bando (e delle norme nazionali che ne sarebbero a fondamento) alla luce del quadro europeo e, II) per altro verso, si sarebbe limitata ad "esaminare (unicamente) una questione diversa", cioè l'esistenza di forme giuridiche alternative al raggruppamento, che sarebbe però del tutto inconferente rispetto al perimetro del giudizio in quanto priva di relazione, in termini logici e giuridici, con il reale oggetto della censura.

La ricorrente svolge quindi articolate argomentazioni (ai punti da 25 a 34 del ricorso per revocazione) volte a dimostrare le deduzioni di cui sopra in merito al "duplice errore" nel quale sarebbe incorsa la sentenza.

7.2. Nell'illustrare poi la seconda censura (L'errore revocatorio derivante dall'omesso rinvio alla Corte di giustizia) la ricorrente premette che l'errore revocatorio e il conseguente vizio di omessa pronuncia possono ricadere anche sulla richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE alla Corte di giustizia.

Ciò, ad avviso della ricorrente, accadrebbe quando: a) per un errore sull'esistenza della domanda, il giudice adito omette del tutto di pronunciarsi sulla questione pregiudiziale e b) per un errore (di fatto) sul contenuto della stessa, il giudice si pronuncia su una questione diversa da quella sottoposta al suo esame. Assume quindi la riconducibilità della decisione qui impugnata per revocazione a quella oggetto della sentenza di questo Consiglio di Stato, IV, 26 aprile 2018, n. 2532.

In particolare, la ricorrente sostiene che la sentenza avrebbe travisato la questione di diritto UE sottoposta col quarto motivo di appello e, conseguentemente, avrebbe a) omesso di esaminare i profili di diritto UE rilevanti e b) omesso di rinviare gli atti alla Corte di giustizia UE.

8. Va premesso che, come già ritenuto con l'ordinanza di questa Sezione V, 3 ottobre 2022, n. 8436, e come peraltro riconosciuto dalla stessa ricorrente, non vi è stata omissione di pronuncia sul quarto motivo di appello, perché la sentenza ha espressamente pronunciato rigettandolo.

8.1. Sebbene, poi, la detta ordinanza, seguendo l'impostazione del ricorso per revocazione, si sia soffermata sulla corrispondenza logica tra la questione posta dall'appellante e il decisum della sentenza, si ritiene che, nel caso di specie, si possa prescindere dall'esame di tale, pur denunciato, vizio della sentenza, onde verificarne la riconducibilità all'errore revocatorio.

Si tratta invero di un vizio che, di norma, attiene all'ambito di operatività dei vizi della motivazione, sub specie di motivazione mancante o insufficiente.

Pertanto, effettivamente controvertibile - perciò suscettibile di rimessione all'Adunanza plenaria nei termini esposti nella citata ordinanza della Sezione - è la questione se sia invece riconducibile all'ambito dell'errore revocatorio il fraintendimento interpretativo del giudice sul contenuto dell'atto di parte, in punto di compatibilità del diritto interno col diritto dell'Unione europea, che l'abbia indotto a non pronunciarsi sul rinvio pregiudiziale alla Corte europea (o, secondo un'ulteriore possibile variante, a negare la sussistenza dei presupposti per il rinvio pregiudiziale).

Così posta, la questione è stata infatti oggetto delle pronunce contrastanti di questo Consiglio di Stato, citate nella detta ordinanza, vale a dire le sentenze della IV Sezione, 26 aprile 2018, n. 2530, da un lato, e della V Sezione, 28 gennaio 2021, n. 838, seguita dalla sentenza della VI Sezione, 15 febbraio 2022, n. 1088, dall'altro.

8.2. Tuttavia il caso di specie presenta dei profili fattuali che lo differenziano rispetto a quelli oggetto dei precedenti in contrasto e consentono la soluzione della questione posta col primo motivo di revocazione prescindendo dalla composizione del contrasto.

Rilevano, in proposito, il risalente orientamento giurisprudenziale che ammette il rimedio della revocazione nel caso in cui la violazione del principio tra chiesto e pronunciato sia riconducibile ad un errore revocatorio (secondo le coordinate ermeneutiche tracciate dalla già richiamata decisione dell'Adunanza plenaria n. 3 del 1997, delle quali è stata fatta recente applicazione anche nel caso di omessa pronuncia del giudice sull'istanza della parte di rimessione di questione di legittimità costituzionale da C.d.S., V, 11 settembre 2023, n. 8265), ma soprattutto l'orientamento della Corte di giustizia dell'Unione europea sulla natura del rinvio pregiudiziale e sull'obbligo di rinvio da parte del giudice di ultima istanza; orientamento, già espresso con la nota sentenza 6 ottobre 1982, "Cilfit" in C-283/81, ma ribadito e approfondito con la più recente sentenza dalla Corte di giustizia nel caso C-561/19 "Consorzio Italian Management" del 6 ottobre 2021.

8.3.1. La Corte di giustizia ha precisato che il "sistema di cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali", instaurato dall'art. 267 TFUE, "è estraneo ad ogni iniziativa delle parti..." e che "... non costituisce quindi un rimedio giuridico esperibile dalle parti..." (punti 53 e 54 della sentenza in C-561/19); tuttavia ha chiarito che i giudici nazionali di ultima istanza hanno l'obbligo di esaminare la questione "in maniera indipendente e con tutta la dovuta attenzione", fornendo una motivazione che faccia emergere "se si trovino in una delle ipotesi che consentono loro di astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell'Unione che è stata sollevata dinanzi ad essi" (punto 50), cioè che faccia emergere "o che la questione di diritto dell'Unione sollevata non è rilevante ai fini della soluzione della controversia, o che l'interpretazione della disposizione considerata del diritto dell'Unione è fondata sulla giurisprudenza della Corte, o, in mancanza di tale giurisprudenza, che l'interpretazione del diritto dell'Unione si è imposta al giudice nazionale di ultima istanza con un'evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi" (punto 51).

Ne consegue che, se il giudice nazionale di ultima istanza non può essere obbligato dalle parti "a presentare una domanda di rinvio pregiudiziale", è tuttavia obbligato a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio e, nel caso in cui ritenga di non rinviare, a motivare sul difetto di rilevanza o sulle altre ragioni di esonero dall'obbligo di rinvio, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte europea.

In definitiva, si può affermare che in ragione del "sistema di cooperazione tra la C.G.U.E. e i giudici nazionali" di cui prima all'art. 177 e ora all'art. 267 TFUE, terzo paragrafo, nonché dell'evoluzione dell'ordinamento europeo, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c. va riferito anche all'istanza di rinvio pregiudiziale esplicitamente avanzata dalle parti, in specie dinanzi al giudice di ultima istanza.

8.3.2. L'omissione di pronuncia sull'istanza di rinvio pregiudiziale è quindi, sotto questo profilo (fermo restando ovviamente il rilievo officioso), equiparabile all'omessa pronuncia su domanda o eccezione di parte, con la conseguenza che anche a tale fattispecie sono applicabili i principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa sulla rilevanza del processo causale che ha determinato l'omessa pronuncia e sulle condizioni che consentono di fare valere l'omissione di pronuncia non ex se, ma come risultato di un vizio dovuto ad errore di fatto revocatorio (dovendosi perciò ritenere, in parte qua, superate le contrarie affermazioni contenute nella sentenza della Sezione, 28 gennaio 2021, n. 838).

Come già sopra affermato a proposito del terzo motivo di revocazione (sull'omessa pronuncia sul terzo motivo di appello), va quindi ritenuto che, anche per l'istanza di rinvio pregiudiziale, l'errore revocatorio è configurabile in ipotesi di omessa pronuncia, purché risulti evidente dalla lettura della sentenza che in nessun modo il giudice ha preso in esame l'istanza medesima: si deve trattare, in altri termini, di una totale mancanza di esame e/o valutazione dell'istanza (cfr., in aggiunta alle sentenze già citate, C.d.S., Sez. IV, 1° settembre 2015, n. 4099; Sez. V, 6 aprile 2017, n. 1610; 8 aprile 2021, n. 2840).

8.4. La vicenda processuale oggetto del presente contenzioso consente l'applicazione dei richiamati principi, senza necessità - come detto - di esaminare l'ulteriore questione dell'ammissibilità della revocazione nel caso di fraintendimento interpretativo del giudice sul contenuto della questione pregiudiziale posta dalla parte.

8.4.1. Invero, il quarto motivo dell'appello proposto da SALT conteneva al punto 6 l'esplicita richiesta «nella sola denegata ipotesi in cui dovesse ritenere la disciplina del Bando di gara, come interpretata dal TAR, non in contrasto con la normativa nazionale vigente in tema di gare di concessione e ritenere altresì il medesimo Bando non suscettibile di essere interpretato in modo da consentire la partecipazione di un raggruppamento temporaneo "misto" tra costruttori e gestori di autostrade, nemmeno in coerenza con il principio di interpretazione conforme ai principi della normativa europea relativi al favor partecipationis - di sollevare questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE circa la compatibilità della prescrizione del Bando e delle norme nazionali che renderebbero legittima questa prescrizione con i principi di obbiettività e proporzionalità, recati dalla Direttiva del 26 febbraio 2014 n. 23, nonché con gli articoli 49 e 56 TFUE che impongono una disciplina delle gare di concessione idonea a ampliare e non a restringere il confronto competitivo fra i diversi operatori economici interessati al contratto messo a gara, ovvero, direttamente di disapplicare le predette disposizioni di legge e del Bando, annullando il conseguente provvedimento di esclusione».

8.4.2. La sentenza non fa alcuna menzione dell'istanza di rinvio pregiudiziale né nella parte in fatto (in specie nel paragrafo 3, n. 3, dove il quarto motivo è sintetizzato senza dare conto dell'esplicita richiesta di parte) né nella parte in diritto (nel paragrafo 6.4, dove non è affrontata la questione di compatibilità della legge di gara con la normativa comunitaria e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea).

8.4.3. La combinazione delle due parti della sentenza appena dette manifesta prima facie una lettura "monca" della parte "grafica" del motivo di appello, perché, alla mancanza di menzione dell'istanza di rinvio pregiudiziale, corrisponde altresì la mancanza integrale della motivazione sulle ragioni di esonero dall'obbligo di rinvio.

Tenendo conto, come è la regola, della sola motivazione della sentenza, è possibile affermare che non vi sia stato, da parte del giudice d'appello, tanto (o soltanto) un possibile fraintendimento della questione di compatibilità posta dalla parte, quanto la totale omessa pronuncia sulla questione intesa come questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE (a differenza di quanto accaduto nel precedente di cui a C.d.S., IV, 26 aprile 2018, n. 2532, relativo ad un caso in cui però il giudice d'appello aveva espressamente denegato il rinvio alla CGUE: cfr. C.d.S., IV, 29 febbraio 2016, n. 813, punto 22).

Giova aggiungere che il tenore della motivazione di cui al sotto-paragrafo 6.4 (anche in collegamento col precedente paragrafo 3, n. 3) induce ad escludere qualsivoglia motivazione implicita, o esplicitata in termini tali da consentire di affermare che il giudice d'appello avesse tenuto presente la domanda di rinvio pregiudiziale avanzata dalla parte.

In sintesi, è da ritenere che, se è vero che la sentenza si è pronunciata sul quarto motivo, lo ha fatto solo in parte, poiché ha omesso totalmente la pronuncia sull'istanza di parte di cui al punto 6 dello stesso motivo.

8.5. L'errore sull'esistenza della domanda di rinvio pregiudiziale si configura quindi, nel caso di specie, come errore revocatorio, comportando, limitatamente a tale omessa pronuncia, la revocazione della sentenza.

II) Fase rescissoria

9. In conseguenza della ragione di revocazione, la fase rescissoria non può che consistere nella decisione sull'istanza di rinvio pregiudiziale, sollevata nei termini sopra testualmente riportati.

9.1. Le argomentazioni a sostegno della richiesta di rinvio pregiudiziale, letteralmente riproposte in sede revocazione, mediante riproduzione (anche nella veste grafica) del quarto motivo di appello (intitolato "In subordine: illegittimità del par. III.1.3.2 del Bando per violazione della normativa comunitaria"), sono sintetizzabili come segue:

- l'art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, nell'imporre alle stazioni appaltanti di richiedere il possesso di requisiti "attinenti e proporzionati all'oggetto dell'appalto", si è limitato a recepire nell'ordinamento italiano i principi fissati in materia dall'ordinamento comunitario così come declinati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE;

- quest'ultima si è più volte espressa nel senso dell'illegittimità di disposizioni (normative o recate dai bandi di gara) suscettibili di determinare, per oggetto o per effetto, una restrizione delle condizioni di partecipazione (come da precedenti citati nel ricorso della Corte di giustizia, 5 aprile 2017, in C-298/15, in materia di partecipazione in forma associata, e 10 luglio 2014, in C-358/12, e 28 gennaio 2016, in C-50/14, in materia di subappalto);

- in particolare, con riferimento alla partecipazione in r.t.i., la Corte ha più volte ribadito che, in coerenza con il principio di concorrenza e di massima partecipazione, ai fini del possesso dei requisiti relativi alle capacità tecniche e professionali deve essere generalmente consentito ad un operatore economico di avvalersi delle capacità di altri soggetti e, per il caso di offerta congiunta, di avvalersi delle capacità degli appartenenti al gruppo o di altri soggetti, alle condizioni specificate dalla stessa Corte;

- una previsione nazionale (contemplata dalle norme o dal bando), o anche una interpretazione di tale previsione, quale quella delineata nella sentenza appellata, si pone in netto contrasto con i richiamati principi e disposizioni della direttiva 2014/23/UE, in sintesi perché, da un lato, esige in capo a SALT requisiti obiettivamente ingiustificati e ultronei (visto che è candidata solo per il servizio di gestione) e, dall'altro, pone su un piano di irrilevanza il raggruppamento e i requisiti e le capacità possedute dagli altri partecipanti allo stesso;

- dovrebbe invece essere sempre possibile la presentazione di un'offerta congiunta da parte di più offerenti, ciascuno dei quali "esegua compiti specifici corrispondenti alle proprie capacità professionali, in considerazione dell'oggetto o della natura di tali lavori o compiti";

- di conseguenza, dovrebbe ritenersi sproporzionata o irragionevole la previsione che, per la concessione di costruzione e gestione, le cui gare sono aperte normativamente alla partecipazione di costruttori, gestori di servizi e finanziatori, non consenta la partecipazione di costruttori e gestori associati nel medesimo raggruppamento, richiedendo anche ai secondi i requisiti del "costruttore" (a maggior ragione in un caso quale quello di specie, in cui principale oggetto dell'affidamento è la gestione di autostrade da molti anni in esercizio, con prevalenza quindi della componente "servizi di gestione").

9.2. Nelle more del giudizio di revocazione si è svolta la vicenda giudiziaria che ha condotto alla pronuncia della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, Quarta Sezione, 28 aprile 2022, in C-642/20, c.d. sentenza "Caruter", sulla quale si sono intrattenute le difese delle parti.

Si può prescindere dalle contrapposte posizioni espresse in riferimento agli atti che hanno preceduto la sentenza della Corte di giustizia (in particolare in riferimento alle osservazioni della Commissione europea nella causa C-642/20 e alle comunicazioni della stessa Commissione di cui alle lettere dell'8 ottobre 2021 e del 19 dicembre 2021 depositate in giudizio dalla ricorrente), poiché superate dal contenuto della decisione e dai principi di diritto ivi enunciati.

Anche in relazione a questi ultimi, peraltro, le posizioni delle parti sono rimaste contrapposte, sostenendo la ricorrente la rilevanza anche nel presente giudizio della questione pregiudiziale sottoposta alla Corte nel procedimento C-642/20, ritenuta analoga a quella oggetto dell'istanza di rinvio pregiudiziale di cui al quarto motivo di appello, e contrapponendo l'Avvocatura generale e la difesa del Consorzio stabile SIS ragioni di irrilevanza o di diversità della questione già rimessa e poi decisa dalla Corte di giustizia.

10. La sentenza Caruter - che, prendendo le mosse dalla fattispecie oggetto dell'ordinanza di rinvio pregiudiziale del C.G.A.R.S., 24 novembre 2020, n. 1106, nella quale in effetti rilevava l'istituto dell'avvalimento, in specie interno al raggruppamento, ha finito per valutare più in generale la compatibilità con la direttiva 2014/24 dell'art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 - ha affermato che:

- «imponendo all'impresa mandataria del raggruppamento di operatori economici di eseguire le prestazioni "in misura maggioritaria" rispetto a tutti i membri del raggruppamento, vale a dire di eseguire la maggior parte dell'insieme delle prestazioni contemplate dall'appalto, l'articolo 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici fissa una condizione più rigorosa di quella prevista dalla direttiva 2014/24, la quale si limita ad autorizzare l'amministrazione aggiudicatrice a prevedere, nel bando di gara, che taluni compiti essenziali siano svolti direttamente da un partecipante al raggruppamento di operatori economici» (punto 37);

- "[...] il legislatore nazionale impone, in modo orizzontale, per tutti gli appalti pubblici in Italia, che il mandatario del raggruppamento di operatori economici esegua la maggior parte delle prestazioni" (punto 38);

- pur consentendo l'art. 19, paragrafo 2, della direttiva che gli Stati membri possano stabilire clausole standard che specifichino il modo in cui i raggruppamenti di operatori economici devono soddisfare le condizioni relative alla capacita economica e finanziaria o alle capacita tecniche e professionali di cui all'articolo 58 di tale direttiva, "una norma come quella contenuta nell'articolo 83, comma 8, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici, che obbliga il mandatario del raggruppamento di operatori economici ad eseguire direttamente la maggior parte dei compiti, va al di là di quanto consentito da tale direttiva. Infatti, una norma del genere non si limita a precisare il modo in cui un raggruppamento di operatori economici deve garantire di possedere le risorse umane e tecniche necessarie per eseguire l'appalto, ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 2, di detta direttiva, in combinato disposto con l'articolo 58, paragrafo 4, della stessa, ma riguarda l'esecuzione stessa dell'appalto e richiede in proposito che essa sia svolta in misura maggioritaria dal mandatario del raggruppamento" (punto 40).

10.1. Queste essendo le ragioni di incompatibilità con la direttiva "appalti" dell'art. 83, comma 8 (nell'inciso esaminato), del d.lgs. n. 50 del 2016, anche a volere intendere le stesse in senso ampio (contrariamente quindi all'impostazione dell'Avvocatura generale dello Stato che, anche con gli scritti conclusivi, delimita la portata della sentenza alla fattispecie del divieto di avvalimento) è comunque evidente l'irrilevanza della questione risolta dalla citata sentenza della Corte di giustizia ai fini della decisione sull'esclusione disposta dal Ministero ai danni del r.t.i. SALT dalla gara de qua.

Seppure infatti la clausola della cui illegittimità tratta il quarto motivo di appello, cioè il paragrafo III.1.3.2 del bando, riproduce la previsione dell'art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 (secondo cui la mandataria avrebbe dovuto possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria), va considerato che la società mandataria del r.t.i. era priva del tutto dei requisiti richiesti per l'esecuzione dei lavori, in quanto società di gestione e non società costruttrice.

Ferme quindi restando tutte le altre previsioni del bando di gara, in particolare la clausola di cui al punto III.1.1, come interpretata in combinato disposto con la richiamata clausola di cui al punto III.1.3.2, l'esclusione del r.t.i. SALT non avrebbe potuto essere evitata anche eliminando la richiesta del possesso dei requisiti dell'esecutore in misura maggioritaria nei confronti della mandataria del r.t.i.

10.3. D'altronde - a riscontro della mancanza di coincidenza della questione di compatibilità del diritto interno col diritto euro-unitario oggetto della causa C-642/20 con quella posta nel presente giudizio - va sottolineato come (in disparte il riferimento a due diverse direttive) sia diversa la portata - rispetto a quello rimesso alla Corte di giustizia - del quesito formulato dalla difesa della SALT al punto 6 del quarto motivo di appello, sulla base delle argomentazioni svolte ai precedenti punti 4 e 5 del motivo.

11. Esso infatti attiene, non immediatamente alla misura in cui i requisiti di capacità tecnica e professionale devono essere posseduti da ciascuno dei componenti un raggruppamento d'imprese concorrente per l'affidamento di una concessione di lavori o di servizi, bensì alla compatibilità dei requisiti di partecipazione di un raggruppamento "misto" tra costruttori e gestori di autostrade, fissati in un bando di gara quale quello in oggetto, per l'affidamento di una concessione "mista" di costruzione e gestione autostradale, con i principi di obiettività e proporzionalità recati dalla direttiva 2014/23 (in specie dagli artt. 38, 26 e 3 della direttiva medesima), nonché con gli artt. 49 e 56 TFUE che impongono una disciplina delle gare di concessione idonea ad ampliare il confronto competitivo fra i diversi operatori economici interessati al contratto messo in gara.

La richiesta di rinvio pregiudiziale di SALT va quindi esaminata così come effettivamente posta in giudizio, nei termini appena sintetizzati.

11.1. Sebbene le parti non ne abbiano fatto menzione, se non in parte ed anche per il tramite delle corrispondenti norme della direttiva 2014/23, le disposizioni legislative di diritto interno ratione temporis applicabili alle procedure di gara per l'affidamento di contratti "misti" di concessione sono, oltre all'art. 169 del d.lgs. n. 50 del 2016 (sostanzialmente conforme agli artt. 20 e 21 della direttiva), l'art. 172 del d.lgs. n. 50 del 2016, ai fini della selezione e valutazione qualitativa dei candidati, in gran parte riproduttivo dei primi tre comma dell'art. 38 della direttiva 2014/23, salvo che per la mancata riproduzione dell'inciso che, nella direttiva, alla fine del primo periodo del primo comma, fa riferimento ai "requisiti specificati nel bando di concessione i quali sono non discriminatori e proporzionati all'oggetto della concessione". I contenuti di tale ultima disposizione, nonché dei commi successivi dell'art. 38 della direttiva (cioè i commi 4-10, riguardanti i requisiti generali di partecipazione), risultano però applicabili alle procedure interne selettive dei concessionari per effetto del rinvio operato dall'art. 164, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 alle disposizioni, per quanto compatibili, contenute nella parte I e nella parte II del codice. In ragione di tale rinvio interno, relativo, tra l'altro, ai requisiti speciali di partecipazione, è applicabile l'art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Tale disposizione, oltre ad essere conforme alla direttiva 2014/24, come riconosciuto anche dalla parte ricorrente, colma il detto mancato richiamo dell'art. 38, comma 1, ultimo inciso del primo periodo, della direttiva 2014/23, nel prevedere che i requisiti di idoneità professionale e di capacità economica e finanziaria e di capacità tecniche e professionali, anche nelle gare per l'affidamento delle concessioni, "sono attinenti e proporzionati all'oggetto dell'appalto, tenendo presente l'interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di rotazione".

Tenuto conto di quanto sopra, nonché di quanto previsto in tema di requisiti speciali di partecipazione dall'intera disposizione dell'art. 83 - espunto l'inciso del comma 8 oggetto della pronuncia della Corte di giustizia "Caruter" - le norme di legge interne applicabili sono pressoché sovrapponibili alle norme euro-unitarie richiamate nell'istanza di rinvio pregiudiziale, ivi compresi gli artt. 49 e 56 TFUE, essendo tra l'altro la direttiva e le norme interne che vi si conformano interpretabili conformemente ai principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi.

11.2. La verifica di compatibilità va tuttavia completata prendendo in considerazione le norme regolamentari applicabili ratione temporis, in conseguenza della permanente vigenza - ai sensi dell'art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 - delle parti del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 richiamate dall'art. 216, comma 14, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Direttamente applicabile al concessionario è la disposizione regolamentare dell'art. 95, ma essa risulta irrilevante ai fini della decisione sul rinvio pregiudiziale perché il r.t.i. SALT non è stato escluso in applicazione di tale disposizione regolamentare (che, anzi, è stata invocata da SALT proprio a sostegno di una diversa interpretazione del bando: cfr. il primo motivo di appello).

11.3. L'esclusione del r.t.i. SALT è stata invece disposta perché l'amministrazione aggiudicatrice ha ritenuto che fosse applicabile al concorrente che partecipava nella forma di r.t.i. "misto" di imprese costruttrici e di gestione autostradale, la disposizione regolamentare dell'art. 92, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, in quanto il r.t.i. si sarebbe dovuto considerare unitariamente come "esecutore" ai fini dell'applicazione della clausola III.1.3.2 "Requisiti dell'esecutore".

11.4.1. In disparte la questione interpretativa del bando a proposito della considerazione "unitaria" del raggruppamento misto (oggetto di un motivo di ricorso e, poi, di appello, definitivamente respinto), risulta per tabulas che detta clausola richiedesse per i consorzi ordinari e i raggruppamenti temporanei di OO.EE., che intendessero eseguire i lavori con la propria organizzazione d'impresa, il possesso dei requisiti di qualificazione "in conformità alla normativa vigente ed, in particolare agli artt. 47 e 48 del Codice, e all'art. 92 del DPR 207/2010".

11.3. Si tratta di una disciplina dei requisiti di partecipazione scelta dall'amministrazione concedente per la gara de qua, dato che, in base alle norme di legge e di regolamento sopra richiamate, applicabili ratione temporis, non risulta imposta dall'ordinamento interno, in via generale ed astratta, a tutte le amministrazioni aggiudicatrici per la predisposizione dei bandi per l'affidamento di concessioni "miste" di costruzione e gestione.

11.3.1. In proposito, è bene sottolineare che l'art. 26 della direttiva "concessioni" prevede, al secondo paragrafo, che "I raggruppamenti di operatori economici, comprese le associazioni temporanee, sono autorizzati a partecipare alle procedure di aggiudicazione delle concessioni. Essi non possono essere obbligati dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori ad avere una forma giuridica specifica ai fini della presentazione di un'offerta o di una domanda di partecipazione. Ove necessario, le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori possono precisare nei documenti di gara le modalità con cui gli operatori economici ottemperano ai requisiti in materia di capacità economica e finanziaria o di capacità tecniche e professionali di cui all'articolo 38, purché ciò sia giustificato da motivazioni obiettive e proporzionate. Gli Stati membri possono stabilire le condizioni generali relative all'ottemperanza a tali modalità da parte degli operatori economici. Eventuali condizioni per l'esecuzione di una concessione da parte di tali gruppi di operatori economici diverse da quelle imposte a singoli partecipanti sono giustificate da motivazioni obiettive e proporzionate".

La disposizione è corrispondente a quella dell'art. 19, paragrafo 2, della direttiva "appalti".

Entrambe sono da interpretare nel senso che, in relazione alla singola procedura, è consentito alle amministrazioni aggiudicatrici dettare delle imposizioni per i requisiti speciali da possedersi da parte degli operatori in raggruppamento, purché ciò risponda ai criteri di ragionevolezza e proporzione, riferiti alla specifica gara (cfr. Corte di giustizia, in C-642/20, paragrafi 38-43).

Nel caso di specie, l'Avvocatura di Stato ha difeso la scelta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sostenendo che la legge di gara, oltre a non aver vietato in alcun modo il ricorso all'avvalimento, nell'imporre i requisiti dell'«esecutore» per la qualificazione del r.t.i. partecipante come "concessionario-esecutore", fosse finalizzata a garantire profili di qualificazione dell'aggiudicatario (anche per ragioni di sicurezza), dal momento che erano ricompresi nell'oggetto della concessione lavori di rilevante importo e di particolare delicatezza.

11.3.2. Si tratta di argomenti difensivi non sindacabili nel presente giudizio di revocazione, nemmeno ai fini del rinvio pregiudiziale, una volta escluso, come sopra, che l'illegittimità della legge di gara derivi direttamente dall'applicazione di una norma o più norme nazionali contrastanti con la direttiva.

In particolare il bando di gara non riproduce pedissequamente norme di legge che si possano assumere, in sé, contrarie al diritto dell'Unione (salvo, come ridetto, il terzo inciso dell'art. 83, comma 8, da cui si può tuttavia prescindere) né si può ritenere che la "costruzione" del bando di gara così come regolante la procedura de qua, per le clausole in contestazione, fosse imposta dall'ordinamento nazionale.

In una situazione siffatta, per fare valere il contrasto col diritto dell'Unione delle norme interne come interpretate ed applicate dall'amministrazione aggiudicatrice nel formulare il bando di gara o comunque per fare valere il contrasto delle disposizioni del bando di gara con il diritto dell'Unione, anche sotto il profilo della violazione dei principi di obiettività e di proporzionalità dei requisiti di partecipazione, il bando di gara va impugnato dinanzi al giudice nazionale, deducendone l'illegittimità appunto per detto contrasto.

Si tratta infatti di un vizio dell'atto amministrativo che - pur essendo state prospettate differenti impostazioni dottrinali e giurisprudenziali - la giurisprudenza amministrativa più recente, che si condivide, riconduce alla fattispecie dell'annullabilità, con tutte le dovute conseguenze in punto di modalità e tempestività della relativa impugnazione (cfr., sulla questione, anche C.d.S., V, 10 gennaio 2024, n. 321).

11.4. Nel presente giudizio la clausola III.1.3.2, secondo comma, del bando di gara è stata impugnata col ricorso introduttivo del giudizio per il seguente testuale motivo: «se tale prescrizione del Bando dovesse essere intesa anche da codesto Ecc.mo Tribunale Amministrativo come preclusiva della partecipazione dell'ATI SALT alla procedura di gara, essa stessa sarebbe illegittima per violazione dell'art. 95 del Regolamento e - pertanto - in tale subordinata prospettiva, viene anch'essa impugnata con il presente ricorso per le medesime ragioni più sopra esposte».

Si tratta del motivo di impugnazione riproposto, unitamente alla critica alla sentenza di primo grado, come primo motivo di appello, respinto dalla sentenza n. 3134/21, sul punto non oggetto di revocazione.

11.4.1. In disparte la questione dell'irricevibilità per tardività dell'impugnativa del bando (riproposta con appello incidentale dall'Avvocatura dello Stato), detta clausola del bando non è stata invece impugnata, nemmeno col ricorso introduttivo, per irragionevolezza e sproporzione dei requisiti richiesti, né in riferimento all'art. 83, comma 2 (a cui accenna solo il ricorso in appello), né - per quanto rileva ai fini dell'obbligo del rinvio pregiudiziale - in riferimento all'ordinamento comunitario.

11.5. Consegue a tutto quanto fin qui esposto che la normativa nazionale vigente in tema di gare di concessione contenuta nel codice dei contratti pubblici del 2016 è - per quanto rileva ai fini della decisione - conforme alla direttiva 2014/23, mentre la questione dell'interpretazione ed applicazione, asseritamente non conforme al diritto dell'Unione, che ne avrebbe dato l'amministrazione aggiudicatrice nella formulazione delle clausole del bando di gara relative al possesso dei requisiti speciali di partecipazione, non è rilevante per la mancata impugnazione del bando di gara.

Si è in presenza delle condizioni di esonero dall'obbligo del rinvio pregiudiziale di cui all'art. 267 TFUE, come inteso dalla richiamata sentenza della CGUE del 6 ottobre 2021, in C-561/19.

12. In conclusione, il ricorso per revocazione va dichiarato ammissibile ed accolto nei limiti sopra specificati e, revocata la sentenza limitatamente all'omessa pronuncia sul terzo motivo di appello e sull'istanza di rinvio pregiudiziale alla CGUE, il motivo d'appello e l'istanza di rinvio, esaminati nel merito, vanno respinti, con conseguente definitivo rigetto dell'appello e conferma della sentenza di primo grado di rigetto dei motivi del ricorso proposto da SALT.

12.1. Le spese processuali dell'intero giudizio di revocazione, compresa la fase di rimessione all'Adunanza plenaria, si compensano eccezionalmente per la complessità e la novità di gran parte delle questioni poste col ricorso per revocazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione come in epigrafe proposto, lo dichiara ammissibile nei limiti di cui in motivazione e, nel merito, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto CdS, sez. V, sent. n. 3134/2021.