Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione II
Sentenza 18 gennaio 2017, n. 50

Presidente: Pasi - Estensore: Mielli

FATTO

Il Comune di Caldogno ha previsto nel proprio strumento urbanistico la possibilità di realizzare tre progetti denominati "Parco Tecnologico", "Borgo Rurale & Green Housing" e "Centro Equestre Internazionale", in recepimento di alcune proposte di accordo pubblico-privato stipulate ai sensi dell'art. 6 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, considerate di rilevante interesse pubblico.

La ricorrente Italia Nostra, Associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della Nazione Onlus, si oppone a tali previsioni ritenendo che comportino un eccessivo consumo del suolo comunale non ancora edificato, in un territorio pregiato di alta valenza ambientale e paesaggistica.

In particolare con il ricorso introduttivo Italia Nostra impugna gli atti di formazione del Piano di assetto del territorio (PAT), ovvero la deliberazione del Consiglio comunale n. 24 del 27 aprile 2011, di adozione del Piano, il parere n. 36 del 18 aprile 2012 della Commissione regionale V.A.S., il decreto n. 32 del 18 aprile 2012 del Dirigente regionale dell'urbanistica con il quale è stato validato il Quadro conoscitivo del piano, il parere n. 42 del 19 aprile 2012, espresso nella Valutazione tecnica regionale, l'approvazione del Piano intervenuta nella conferenza di servizi del 26 aprile 2012, e la deliberazione della Giunta regionale n. 701 del 2 maggio 2012, con la quale è stata ratificata l'approvazione del Piano, per le seguenti censure:

I) violazione dell'art. 38, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, erroneità e contraddittorietà della motivazione, travisamento e sviamento perché la deliberazione consiliare n. 24 del 27 aprile 2011, di adozione del Piano di assetto del territorio è stata approvata successivamente alla pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali nonostante non avesse ad oggetto un atto urgente ed improrogabile;

II) violazione, relativamente al progetto denominato "Borgo rurale & green housing", dell'art. 25 delle norme tecniche di attuazione allegate al Piano territoriale di coordinamento regionale, perché lo stesso ricade in zona qualificata dal piano territoriale come "corridoio ecologico", in cui sono vietati gli interventi che interrompono o deteriorano le funzioni ecosistemiche dei corridoi ecologici, mentre tale progetto interrompe il corridoio e ne deteriora le funzioni;

III) violazione dell'art. 45, comma 2, lett. b), delle norme tecniche di attuazione allegate al Piano territoriale di coordinamento regionale relativamente al progetto denominato "Parco tecnologico", perché viene prevista, inglobando una nuova area agricola, la realizzazione di edifici a destinazione produttiva, residenziale e ricettiva in area soggetta a vincolo paesaggistico prima che sia stata realizzata la preesistente previsione del piano regolatore che già destinava a zona artigianale e produttiva un'altra area, nonché violazione dei criteri di individuazione di nuovi ambiti previsti dal comma 3, lett. a), b) e d), del medesimo articolo, perché, in area soggetta a rischio idrogeologico, essendo zona delle risorgive, è prevista la realizzazione di un'edificazione di tipo intensivo in un'area attualmente agricola;

IV) violazione della direttiva 2001/42/CE e degli artt. 5, 11 e seguenti del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, perché l'art. 14 della legge regionale 26 giugno 2008, n. 4, e la deliberazione della Giunta regionale n. 3262 del 24 ottobre 2006, individuano in un'articolazione organizzativa interna all'ente l'Autorità competente per lo svolgimento della procedura di valutazione ambientale strategica, che risulta pertanto priva dei necessari requisiti di autonomia in quanto il Piano d'assetto del territorio è approvato dal medesimo ente;

V) carenza, contraddittorietà e genericità della motivazione, perché il parere sulla valutazione ambientale strategica è stato reso favorevolmente nonostante la rilevata mancanza di valutazione degli effetti derivanti dall'attuazione dei programmi complessi, come risulta dalla prescrizione di sottoporre a verifica di assoggettabilità gli strumenti attuativi di tali previsioni;

VI) contraddittorietà ed erroneità della motivazione, perché sono state respinte le osservazioni n. 11, sub 1), e n. 66, sub 4), proposte rispettivamente da Italia Nostra e da "Caldogno terra nostra", interpretando in modo erroneo le prescrizioni del PTRC.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Caldogno, la Regione Veneto, la Provincia di Vicenza, Nuova Caldogno Srl, e Askoll Srl replicando alle censure proposte e concludendo per la reiezione della domanda cautelare.

Con ordinanza n. 555 del 13 settembre 2012, è stata respinta la domanda cautelare, e tale statuizione è stata confermata in appello con ordinanza n. 4922 del 18 dicembre 2012, della IV Sezione del Consiglio di Stato.

Successivamente, il Consiglio comunale, nella nuova composizione risultante dallo svolgimento delle elezioni, con deliberazione n. 50 del 28 novembre 2012, in occasione della presentazione del documento programmatico propedeutico all'adozione del Piano degli interventi, ha approvato un emendamento proposto dal Sindaco con il quale è stata confermata:

- la sussistenza e la cogenza delle ragioni tecnico giuridiche dell'inserimento nel Piano di assetto del territorio della localizzazione del bacino di laminazione;

- la sussistenza delle ragioni di urgenza per l'adozione del Piano di assetto del territorio dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, in ragione della necessaria localizzazione del bacino di laminazione;

- l'approvazione delle linee programmatiche tracciate nel Piano di assetto del territorio effettuate dall'amministrazione nel periodo seguente all'adozione e sino al momento attuale.

Tale deliberazione è impugnata con motivi aggiunti per le seguenti censure:

I) violazione dell'art. 18, comma 1, delle legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, e sviamento, perché l'emendamento approvato non ha alcuna attinenza con il contenuto tipico della deliberazione avente ad oggetto l'approvazione del documento programmatico propedeutico all'adozione del Piano degli interventi;

II) violazione dell'art. 42, comma 3, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e dell'art. 8, comma 3, dello Statuto del Comune, perché il Consiglio comunale ha deliberato su un argomento non iscritto all'ordine del giorno;

III) violazione dell'art. 48, comma 2, del regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale, perché l'emendamento approvato è stato presentato direttamente in consiglio comunale nonostante la norma richiamata disponga che gli emendamenti devono essere presentati entro due giorni precedenti quello dell'adunanza;

IV) illegittimità derivata da quella degli atti impugnati con il ricorso introduttivo, nonché erroneità e contraddittorietà della motivazione e travisamento, perché l'emendamento approvato a giustificazione dell'urgenza, richiama due aspetti: la direttiva emanata dalla Regione Veneto nella quale si indicava come indifferibile l'individuazione nel Piano di assetto del territorio di un'area da destinare al nuovo bacino di invaso, e la finalità di definire al più presto un accordo con i privati per lo spostamento di alcune proprietà; tali giustificazioni sono erronee perché quella della Regione non costituisce una vera e propria direttiva ma una lettera sottoscritta dal Dirigente regionale priva di effetti vincolanti, e l'obiettivo di velocizzare l'occupazione delle aree interessate dall'invaso e di dare al più presto inizio all'esecuzione delle opere avrebbe potuto essere raggiunto, anziché mediante l'adozione del Piano di assetto del territorio, attraverso l'esercizio dei poteri del Commissario straordinario.

Dal quinto al decimo del primo atto di motivi aggiunti, l'Associazione ricorrente lamenta l'illegittimità degli atti impugnati per illegittimità derivata da quella degli atti impugnati con il ricorso introduttivo, riproponendo le medesime censure.

Successivamente il Comune, con deliberazione di Giunta n. 63 del 31 luglio 2013, ha chiesto alla Giunta regionale di avviare il procedimento finalizzato a concludere un accordo di programma ai sensi dell'art. 32 della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35, volto all'attuazione organica e coordinata tra tutte la amministrazioni coinvolte del progetto "Centro Equestre - Equus Dome" e, con deliberazione consiliare n. 39 del 27 settembre 2013, ha integrato il documento programmatico propedeutico all'adozione del Piano degli interventi.

Tali deliberazioni sono impugnate con motivi aggiunti:

I) quanto alla prima, lamentando la violazione dell'art. 32 della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35, perché il Piano di assetto del territorio fa riferimento ad un progetto denominato "Centro Equestre Internazionale" che non trova riscontro nel progetto menzionato nella deliberazione di Giunta n. 63 del 31 luglio 2013, relativo al "Centro Equestre - Equus Dome", e difettano i presupposti per l'attivazione della procedura con accordo di programma di cui alla norma citata, perché l'attuazione del progetto non richiede l'esercizio congiunto di competenze di più amministrazioni;

II) quanto alla seconda, violazione dell'art. 18 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, sviamento e contraddittorietà della motivazione, perché non è consentita, dopo la sua approvazione, un'integrazione del documento programmatico propedeutico all'adozione del Piano degli interventi.

Con i motivi dal terzo al dodicesimo l'Associazione ricorrente lamenta l'illegittimità delle predette deliberazioni consiliari per illegittimità derivata da quella degli atti impugnati con il ricorso introduttivo ed i primi motivi aggiunti, riproponendo le medesime censure.

Successivamente, con atto depositato in giudizio l'8 aprile 2015, è intervenuta in giudizio Italconst Spa proprietaria di un'area direttamente menzionata tra quelle trasformabili in base ai progetti proposti e considerati dal Piano di assetto del territorio, eccependo l'inammissibilità del ricorso per difetto di contraddittorio.

Alla pubblica udienza dell'8 aprile 2015, l'Associazione ricorrente ha chiesto un termine per integrare il contraddittorio nei confronti degli altri controinteressati.

L'Associazione ricorrente con atto depositato il 9 luglio 2015, ha integrato il contraddittorio nei confronti dei controinteressati Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro Spa, Azienda Agricola Borella Sas di Borella Graziella & C., Italconst Srl, Benvegnù Giangaetano, Benvegnù Gianni Battista, Todesco Giovanni, Todesco Giuseppe, Todesco Lucia, Todesco Lorenzo e Cattelan Todesco Giovanna.

Alla pubblica udienza del 5 novembre 2015, l'Associazione ricorrente ha chiesto un nuovo rinvio per la presentazione di ulteriori motivi aggiunti.

Successivamente il Comune di Caldogno con deliberazione consiliare n. 39 del 27 luglio 2015, ha ratificato l'accordo di programma relativo al progetto "Centro Equestre Equus Dome", e con deliberazione consiliare n. 40 del 27 luglio 2015, ha approvato il Piano degli interventi, comprendente anche l'accordo di pianificazione relativo al progetto "Centro Equestre - Equus Dome".

Tali deliberazioni, unitamente a tutti gli atti con le stesse connessi ed anche al parere della Commissione regionale Vas n. 44 del 24 marzo 2015, di non assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica del Piano degli interventi, sono impugnate con motivi aggiunti per le seguenti censure:

I) violazione dell'art. 3-quater, comma 2, dell'art. 4, commi 3 e 4, lett. a), dell'art. 6, commi 1, 2 lett. a) e b), e 3, dell'art. 11, dell'art. 12, dell'art. 13, comma 4, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, perché la decisione di non sottoporre alla procedura di valutazione ambientale strategica il Piano degli interventi deve ritenersi illegittima in quanto il piano vi è obbligatoriamente assoggettato;

II) violazione dell'art. 32 della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35, e dell'art. 7 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, nonché sviamento, perché non sussistono i presupposti per ricorrere alla procedura dell'accordo di programma per il progetto "Centro Equestre - Equus Dome", che in realtà è strumentalmente applicata al solo fine di consentire di derogare al limite di superficie agricola utilizzata applicabile al Comune di Caldogno;

III) violazione dell'art. 2, comma 1, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, perché il progetto relativo al "Centro Equestre - Equus Dome", contraddice le finalità della legge regionale in materia urbanistica volte alla promozione di uno sviluppo sostenibile e durevole, alla tutela del paesaggio, all'utilizzo delle risorse territoriali solo quando non esistono alternative e alla tutela del territorio dal dissesto idrogeologico;

IV) travisamento, erroneità e carenza della motivazione rispetto ai criteri applicativi della deroga della superficie agricola utilizzata stabiliti dalla deliberazione della Giunta regionale n. 3650 del 25 novembre 2008, perché non ricorrono i presupposti di eccezionalità e del carattere sovracomunale dell'intervento, e perché il giudizio sulla sostenibilità viabilistica del progetto tiene conto di un ingresso ad una rotonda a due corsie, anziché ad una corsia come quella esistente, che tuttavia non rientra tra le opere previste dal progetto.

I motivi dal quinto al sedicesimo ripropongono in forma riassuntiva le stesse censure proposte con il ricorso introduttivo e con il primo ed il secondo atto di motivi aggiunti.

Successivamente la Regione Veneto con decreto del Presidente n. 17 del 25 febbraio 2016, ha approvato l'accordo di programma relativo alla realizzazione di un Centro equestre internazionale denominato "Equus Dome", che viene impugnato con un quarto atto di quarti motivi aggiunti per le seguenti censure:

I) violazione dell'art. 52, comma 4, dello Statuto della Regione Veneto perché sottoscritto dal Vicepresidente senza l'indicazione dei presupposti di assenza e impedimento del Presidente che giustificano l'esercizio delle funzioni vicarie;

II) violazione dell'art. 13, comma 1, lett. f), della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, ed inosservanza dei principi procedurali per la concessione della deroga alla superficie agricola utilizzata trasformabile indicati dalla deliberazione della Giunta regionale n. 3650 del 25 novembre 2008, perché la nuova deroga al limite della superficie stabilito dal Piano di assetto del territorio, è stata concessa senza la preventiva autorizzazione della Giunta regionale, e contraddittorietà tra i diversi orientamenti espressi dalla Regione;

III) violazione dell'art. 32, commi 3 e 4, della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35, contraddittorietà della motivazione e travisamento, perché, una volta che la Regione, cambiando l'orientamento precedentemente espresso, ha ritenuto non fosse necessaria una deroga ai limiti di superficie agricola utilizzata, avrebbe dovuto rivedere l'accordo di programma che invece faceva riferimento alla predetta deroga.

I motivi dal quarto al diciannovesimo lamentano l'illegittimità derivata del decreto di approvazione dell'accordo di programma riproducendo le medesime censure proposte con il ricorso introduttivo, ed il primo, il secondo ed il terzo atto di motivi aggiunti.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Caldogno, la Provincia di Vicenza, la Regione Veneto, le Società Nuova Caldogno Srl, Askoll Srl e Italconst Srl eccependo l'inammissibilità di alcuni dei motivi proposti, e concludendo per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 16 novembre 2016, in prossimità della quale tutte le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo del ricorso introduttivo l'Associazione ricorrente lamenta la violazione dell'art. 38, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, perché il Piano di assetto del territorio è stato adottato successivamente alla convocazione dei comizi elettorali in mancanza dei presupposti di improrogabilità ed urgenza richiesti dalla norma.

1.1. Le Amministrazioni resistenti ed i controinteressati eccepiscono l'inammissibilità dell'impugnazione della deliberazione per difetto di legittimazione di Italia Nostra che non può ritenersi abilitata ad impugnare deliberazioni di carattere urbanistico prive di valenza ambientale, e per l'omessa impugnazione della direttiva n. 169977/63 del 7 aprile 2011 del Dirigente regionale della Direzione difesa del suolo, con la quale il Consiglio comunale è stato invitato ad individuare urgentemente nel Piano di assetto del territorio l'area interessata alla realizzazione di un bacino di laminazione, al fine di velocizzare l'iter di realizzazione dell'opera necessaria a mettere in sicurezza dal punto di vista idrogeologico il territorio interessato dai recenti fenomeni dell'alluvione dell'autunno 2010.

Entrambe le eccezioni devono essere respinte.

Infatti Italia Nostra è legittimata ad agire in giudizio in quanto riconosciuta ai sensi degli artt. 13 e 18, comma 5, della legge 8 luglio 1986, n. 349, ed anche gli atti di pianificazione urbanistica funzionali a definire e contemperare tutti gli interessi presenti sul territorio, devono ritenersi impugnabili dalle Associazioni ambientaliste qualora, come nel caso di specie, si deduca che incidano negativamente sugli interessi ambientali (cfr. C.d.S., Sez. IV, 14 aprile 2011, n. 2329; T.A.R. Toscana, Sez. I, 23 giugno 2008, n. 1651).

1.2. Anche l'eccezione relativa all'omessa impugnazione della nota n. 169977/63 del 7 aprile 2011, della Regione non può essere accolta, perché, benché si tratti di una formale sollecitazione ad inserire al più presto possibile nel Piano di assetto del territorio la previsione dell'opera necessaria alla messa in sicurezza idrogeologica di un vasto territorio idonea ad assumere un importante rilievo nella procedura sia per l'autorevolezza della fonte da cui proviene, sia per i contenuti che rappresenta, non costituisce tuttavia un provvedimento che manifesti una qualche cogenza per il Comune o che sia ascrivibile al potere di direttiva in materia urbanistica di cui è titolare la Regione.

La sua omessa impugnazione deve pertanto ritenersi priva di rilievo.

2. Nel merito il primo motivo deve essere respinto.

Sul punto va premesso che l'art. 38, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, prevede che i Consigli comunali dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, devono limitarsi ad adottare gli atti urgenti e improrogabili.

Come è noto la limitazione delle potestà consiliari trova la sua ratio nella necessità di prevenire da parte del Consiglio Comunale uscente la possibilità di condizionare il corpo elettorale attraverso una captatio benevolentiae motivata dalla finalità di ottenere maggiori consensi anziché di salvaguardare l'interesse pubblico.

Pertanto l'analisi circa la sussistenza dei presupposti di improrogabilità ed urgenza che giustificano l'esercizio di tale potere deve essere condotta con particolare rigore.

Tuttavia una volta che l'Amministrazione abbia dato una descrizione analitica delle ragioni di opportunità ed indifferibilità con una motivazione stringente ed approfondita, i presupposti dell'urgenza ed improrogabilità costituiscono un apprezzamento di merito insindacabile in sede di giurisdizione di legittimità, se non sotto il limitato profilo della palese irrazionalità od illogicità della motivazione addotta (cfr. T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 30 agosto 2006, n. 585).

Inoltre va osservato che l'urgenza e l'improrogabilità di procedere all'approvazione di atti consiliari non può essere negata a priori neppure con riguardo agli atti di pianificazione urbanistica, rispetto ai quali, in casi particolari, come osservato in giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 2 luglio 2014, n. 1717; C.d.S., Sez. IV, 30 giugno 2003, n. 3894), la circostanza che i tempi di attuazione siano lunghi, non esclude di per sé l'urgenza di darvi avvio.

Ciò premesso, nel caso all'esame, tenuto conto della motivazione che sorregge la deliberazione e dell'integrazione motivazionale effettuata dallo stesso Consiglio comunale con la deliberazione n. 50 del 28 novembre 2012, impugnata con i primi motivi aggiunti, le valutazioni dell'Amministrazione circa il ricorrere dei presupposti dell'urgenza ed improrogabilità risultano sufficientemente motivate e prive di vizi logici.

2.1. Poiché nel caso all'esame l'integrazione motivazionale svolge un ruolo essenziale nel sorreggere la motivazione della deliberazione di adozione del Piano di assetto del territorio, devono essere esaminate prioritariamente le censure volte a contestare la legittimità della deliberazione consiliare n. 50 del 28 novembre 2012, impugnata con il primo atto di motivi aggiunti, con la quale il Consiglio comunale, nella nuova composizione risultante dallo svolgimento delle elezioni, in occasione della presentazione del documento programmatico propedeutico all'adozione del Piano degli interventi, ha approvato un emendamento proposto dal Sindaco, con il quale è stata confermata la sussistenza e la cogenza delle ragioni tecnico giuridiche dell'inserimento nel Piano di assetto del territorio della localizzazione del bacino di laminazione e delle ragioni di urgenza per la sua adozione dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali.

2.2. Con il primo motivo del primo atto di motivi aggiunti, la parte ricorrente sostiene che in sede di presentazione del documento programmatico propedeutico all'adozione del Piano degli interventi, il Consiglio comunale non avrebbe potuto approvare un emendamento volto ad integrare la motivazione circa le ragioni di improrogabilità ed urgenza, perché estraneo al contenuto tipico del documento programmatico previsto dall'art. 18 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11.

La censura non può essere accolta.

Va premesso che all'Amministrazione è consentito di integrare l'impianto motivazionale di un proprio atto anche dopo la proposizione del ricorso giurisdizionale, perché il ricorso non fa venir meno il potere esercitato, a condizione che l'integrazione sia adottata dallo stesso organo di amministrazione attiva che ha emesso l'atto impugnato.

A tale facoltà fa necessario riscontro la possibilità per la parte ricorrente di proporre motivi aggiunti avverso a tale nuovo atto, che è quanto è avvenuto nel caso di specie.

L'assunto secondo il quale il problema della validità del Piano di assetto del territorio costituisce un argomento estraneo all'avvio dell'iter di formazione del Piano degli interventi, non è condivisibile.

Il Piano degli interventi trova infatti nel Piano di assetto del territorio il suo diretto ed immediato presupposto, atteso che, ai sensi dell'art. 12, comma 3, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 "il piano degli interventi (PI) è lo strumento urbanistico che, in coerenza e in attuazione del PAT, individua e disciplina gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e di trasformazione del territorio", e non risulta pertanto illogico che nella fase di avvio dell'iter di formazione del Piano degli interventi, il Consiglio comunale si preoccupi di porre in essere le iniziative necessarie a sanare eventuali vizi da cui può essere affetto il Piano di assetto del territorio che potrebbero riverberarsi sul Piano degli interventi.

Poiché vi è una connessione oggettiva tra il documento programmatico propedeutico all'adozione del Piano degli interventi e l'integrazione motivazionale all'avvenuta adozione del Piano di assetto del territorio, l'assunto secondo il quale è stato approvato un emendamento estraneo all'argomento iscritto all'ordine del giorno è infondato, e il primo motivo del primo atto di motivi aggiunti deve pertanto essere respinto.

2.3. Con il secondo e terzo motivo del primo atto di motivi aggiunti, la parte ricorrente lamenta che l'argomento dell'integrazione della motivazione non era iscritto all'ordine del giorno della seduta consiliare, e che l'emendamento è stato presentato dal Sindaco anziché anteriormente alla seduta, durante la stessa.

Le censure sono inammissibili perché le disposizioni del regolamento dell'Ente che sono dirette ad assicurare la comprensione dei temi all'ordine del giorno e lo jus deliberandi dei consiglieri attengono ai loro diritti di partecipazione e, come tali, non sono invocabili da terzi (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 11 febbraio 2016, n. 418; C.d.S., Sez. IV, 26 gennaio 2012, n. 351; T.A.R. Sardegna, Sez. I, 6 dicembre 2005, n. 2207).

Per completezza va soggiunto che le censure sarebbero comunque anche infondate nel merito, atteso che alla seduta erano presenti tutti e diciassette gli aventi diritto al voto e nessuno ha sollevato alcuna eccezione circa l'organizzazione dei lavori, dimostrando che l'esercizio dello ius deliberandi è stato esercitato in modo consapevole.

Pertanto le censure del primo atto di motivi aggiunti devono essere respinte, con la conseguenza che l'integrazione motivazionale apportata dalla deliberazione consiliare n. 50 del 28 novembre 2012, alla deliberazione consiliare n. 24 del 27 aprile 2011, di adozione del Piano di assetto del territorio in ordine ai presupposti di improrogabilità ed urgenza di approvazione del Piano, risulta legittima.

Ne discende che la sufficienza o meno della motivazione in ordine a tali presupposti, e la razionalità o logicità degli argomenti offerti, devono essere valutati tenendo conto oltre che dell'originaria deliberazione di adozione del Piano di assetto del territorio, anche delle integrazioni.

3. In ordine alla motivazione sui presupposti di improrogabilità ed urgenza, va premesso che il 1° novembre 2010, il territorio regionale e, in modo particolare, quello delle Province di Vicenza e Padova, è stato interessato da gravi fenomeni alluvionali dovuti all'esondazione di fiumi, che hanno comportato l'allagamento di vaste superfici anche in aree urbane con l'abbandono delle abitazioni da parte di migliaia di persone sfollate, danni ingenti all'agricoltura ed alle attività produttive e tre vittime, di cui una nel Comune di Caldogno; uno stato di preallarme idraulico risulta esser stato dichiarato anche nel mese di marzo 2011.

Per tali eventi il Presidente della Regione Veneto con decreto n. 236 del 2 novembre 2010, ed il Presidente del Consiglio dei Ministri con decreto 5 novembre 2010, hanno dichiarato lo stato di emergenza, nominando con ordinanza n. 3906 del 13 novembre 2010, un Commissario straordinario per avviare, tra le altre previste, anche le attività per la messa in sicurezza delle aree e gli interventi urgenti di prevenzione.

In tale contesto, al fine di mettere in sicurezza il Comune di Caldogno e lo stesso Comune di Vicenza, è stata prevista la necessità di costruire nel territorio del Comune di Caldogno un grande bacino di invaso volto a prevenire le piene dei fiumi Timonchio e Bacchiglione.

La necessità di inserire fin da subito tale previsione nel Piano di assetto del territorio da parte del Consiglio comunale uscente, è stata evidenziata dalla Regione con nota n. 169977/63 del 7 aprile 2011, ed è giustificata, nell'atto di integrazione motivazionale, osservando che solo l'inserimento della previsione del bacino di invaso in tale strumento, che è il primo atto di pianificazione attuativo della nuova legge regionale urbanistica, avrebbe consentito di ottenere, mediante l'attivazione dei nuovi istituti della perequazione e della compensazione urbanistica di cui agli artt. 35 e 37 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, l'acquisizione consensuale delle aree necessarie a realizzare l'opera e a consentire l'allargamento planimetrico della cassa di laminazione.

La realizzazione del bacino comporta infatti oltre che l'acquisizione di terreni, anche l'abbattimento di alcune case e di una stalla, e a giudizio della Regione e del Consiglio comunale solo la loro acquisizione consensuale avrebbe consentito di evitare i rallentamenti derivanti, secondo l'id quod plerumque accidit, dal contenzioso conseguente all'esercizio dei poteri autoritativi mediante una variante urbanistica da adottare in base all'art. 50 della previgente legge regionale urbanistica 27 giugno 1985, n. 61, o mediante l'esercizio dei poteri del Commissario straordinario.

Ciò premesso, sia la valutazione circa la sussistenza dei presupposti di urgenza ed improrogabilità delle misure di protezione in caso di tracimazione dei fiumi volte a scongiurare pericoli per l'incolumità delle persone a fronte del rischio, sempre incombente, di fenomeni atmosferici analoghi a quelli che hanno dato origine all'alluvione, sia la valutazione circa la non fungibilità dell'inserimento di tale previsione nel Piano di assetto del territorio rispetto ad altre soluzioni astrattamente prospettabili, appaiono sufficientemente motivate e prive di vizi logici.

Per completezza va anche osservato che non sono allegati e non emergono dalla documentazione versata in atti elementi che possano indurre a ritenere che il Piano di assetto del territorio sia stato adottato con urgenza dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali per motivi diversi da quelli inerenti l'accelerazione delle procedure di attuazione del bacino di invaso, e che il predetto Piano, non avendo effetti direttamente conformativi sul territorio salvo che per i vincoli relativi alla realizzazione di opere pubbliche (ai sensi degli artt. 13, comma 1, lett. j, e 29 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11), per sua natura non è idoneo ad attribuire utilità immediate ai privati, e avrebbe potuto essere revocato prima della sua approvazione dalla nuova Amministrazione, che invece ha portato a termine la procedura per la sua approvazione e ne ha confermato i presupposti di improrogabilità ed urgenza.

Ne discende che, alla luce di tali considerazioni, nel caso all'esame le valutazioni dell'Amministrazione relative al ricorrere dei presupposti dell'urgenza ed improrogabilità, risultano sufficientemente motivate e prive di vizi logici, e le censure di cui al primo motivo del ricorso introduttivo, nonché quelle di cui al quarto motivo del primo atto di motivi aggiunti; devono pertanto essere respinte.

4. Con il secondo motivo del ricorso introduttivo, la parte ricorrente lamenta che il progetto denominato "Borgo rurale & green housing" si pone in contrasto con le previsioni dell'art. 25 delle norme tecniche di attuazione allegate al Piano territoriale di coordinamento regionale, perché ricade in zona qualificata dal piano territoriale come "corridoio ecologico" per la quale sono vietati gli interventi che ne interrompono o deteriorano le funzioni ecosistemiche.

La doglianza è infondata perché la norma del Piano territoriale di coordinamento regionale invocata non prevede, a tutela dei corridoi ecologici, l'inibizione di ogni intervento di modificazione del territorio.

I corridoi ecologici mirano a realizzare le condizioni che consentono la migrazione, la distribuzione geografica e lo scambio di specie vegetali ed animali, ed a loro tutela la norma invocata prevede che i Comuni individuino misure volte a minimizzare gli effetti causati dai processi di antropizzazione o trasformazione, anche mediante la realizzazione di strutture predisposte a superare barriere naturali o artificiali, finalizzate a consentire la continuità funzionale dei corridoi, e la parte ricorrente non allega alcun elemento che dimostri che allo stato attuale venga prevista la violazione dei contenuti normativi di tale disposizione.

Il secondo motivo del ricorso introduttivo deve pertanto essere respinto.

5. Con il terzo motivo del ricorso introduttivo la parte ricorrente lamenta la violazione dell'art. 45, comma 2, lett. b), delle norme tecniche di attuazione allegate al Piano territoriale di coordinamento regionale relativamente al progetto denominato "Parco tecnologico" perché viene prevista, inglobando un'area agricola soggetta a vincolo paesaggistico, la realizzazione di edifici a destinazione produttiva, residenziale e ricettiva prima che sia stata realizzata la preesistente previsione del piano regolatore che già destinava a zona artigianale e produttiva un'altra area, nonché la violazione dei criteri di individuazione di nuovi ambiti previsti dal comma 3, lett. a), b) e d).

Entrambe le doglianze devono essere respinte.

La prima perché, contrariamente a quanto dedotto, il piano regolatore previgente già classifica le predette aree come zona produttiva, come risulta dall'estratto del piano e dal certificato depositati in giudizio dall'Amministrazione comunale (cfr. doc. 24 allegato alle difese del Comune), e non è pertanto vera la premessa che si tratti di aree agricole, ed inoltre perché la norma citata non si rivolge ai Comuni dato che impone alla Provincia, nell'individuare gli ambiti per la pianificazione degli insediamenti industriali, di tener conto, prima di realizzare nuove aree, della necessità del completamento o ampliamento di quelle esistenti.

Per quanto riguarda la seconda doglianza la parte ricorrente:

- lamenta la violazione dell'art. 45, comma 3, lett. a), del Piano territoriale di coordinamento regionale perché il Comune, nel determinare le linee preferenziali di espansione delle aree produttive, non ha tenuto conto dei servizi e delle infrastrutture necessarie e dell'impatto sugli abitati limitrofi e sui caratteri naturalistici e culturali delle aree circostanti;

- lamenta la violazione dell'art. 45, comma 3, lett. b), perché non vengono definite le modalità di densificazione edificatoria, sia in altezza che in accorpamento, delle aree produttive esistenti, con lo scopo di ridurre il consumo di territorio;

- lamenta la violazione dell'art. 45, comma 3, lett. d), perché non viene garantita la sicurezza idraulica.

Le censure devono essere respinte.

La prima perché, come sopra visto, si tratta di aree che hanno già destinazione produttiva.

La seconda perché formulata in modo generico e contraddittorio, senza dimostrare che la proposta di accordo presentata da recepire nel Piano degli interventi comporti un effettivo aumento del consumo del suolo e senza tener conto della circostanza che ad una maggiore densificazione dell'edificato corrisponde un aumento in altezza ed una riduzione della superficie consumata.

La terza perché in realtà il Piano di assetto del territorio comprende la valutazione di compatibilità idraulica ed anche specifici interventi per la messa in sicurezza dell'ambito che non sono oggetto di contestazione da parte dell'Associazione ricorrente, con la conseguenza che l'assunto circa l'esistenza di problematiche di tipo idrogeologico allo stato attuale rimane indimostrata.

Le doglianze di cui al terzo motivo del ricorso introduttivo devono pertanto essere respinte.

6. Il quarto motivo del ricorso introduttivo, con il quale la ricorrente lamenta l'illegittimità della procedura di valutazione ambientale strategica perché svolta da un'articolazione interna della Regione che è anche l'ente competente ad approvare il Piano di assetto del territorio al quale si riferisce la valutazione, deve essere respinto, in quanto, se è necessario che la valutazione sia compiuta da un organo funzionalmente separato da quello che forma lo strumento di pianificazione e sia dotato di un'autonomia reale (cfr. C.G.U.E., Sez. IV, 20 ottobre 2011, resa in causa C-474/10), ciò non implica tuttavia la necessità che le relative funzioni siano attribuite ad amministrazioni diverse o separate da quelle coinvolte nella procedura, essendo sufficiente sia assicurato un certo grado di autonomia (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, 15 novembre 2016, n. 2140; C.d.S., Sez. IV, 1° settembre 2015, n. 4081; id. 17 settembre 2012, n. 4926; id. 12 gennaio 2011, n. 133; Tar Abruzzo, Pescara, 9 febbraio 2012, n. 51).

Il quarto motivo del ricorso introduttivo deve essere respinto.

7. Anche il quinto motivo, con il quale la parte ricorrente lamenta la contraddittorietà della previsione della valutazione ambientale strategica che, pur esprimendosi in senso favorevole, ha precisato che gli strumenti urbanistici attuativi relativi ai programmi complessi devono essere sottoposti a verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica, è privo di fondamento.

Infatti le previsioni del Piano di assetto del territorio non sono sufficientemente dettagliate da esaurire le valutazioni inerenti ai limiti e alle condizioni di sostenibilità ambientale, e la predetta previsione si pone pertanto come meramente ricognitiva della norma legislativamente prevista dall'art. 16 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, come modificato dall'art. 5, comma 8, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106, la quale esenta dalla valutazione ambientale strategica solo i piani attuativi di piani urbanistici già sottoposti a valutazione ambientale strategica, a condizione che lo strumento sovraordinato abbia già definito l'assetto localizzativo delle nuove previsioni e delle dotazioni territoriali, gli indici di edificabilità, gli usi ammessi e i contenuti piani volumetrici, tipologici e costruttivi degli interventi.

Mancando tali parametri nel Piano di assetto del territorio non è illogico che venga prevista quantomeno una verifica di assoggettabilità alla procedura di valutazione ambientale strategica degli strumenti urbanistici attuativi relativi ai programmi complessi.

Il quinto motivo del ricorso introduttivo deve pertanto essere respinto.

8. Con il sesto motivo la parte ricorrente lamenta che non è stata data adeguata considerazione alle osservazioni proposte da Italia Nostra e da "Caldogno terra nostra".

La doglianza è priva di fondamento, in quanto come emerge dalla lettura delle controdeduzioni formulate dal Comune (cfr. doc. 28 allegato alle difese del Comune), le osservazioni sono state prese in considerazione, ma respinte in quanto non condivise perché esprimenti delle scelte diverse da quelle dell'Amministrazione comunale con valutazioni di merito non censurabili in sede giurisdizionale di legittimità, o perché fondate su un'erronea interpretazione dei riferimenti normativi invocati.

Infatti con l'osservazione n. 11 Italia Nostra ha chiesto lo stralcio delle previsioni relative al progetto del "Parco Tecnologico" e al progetto del "Centro equestre internazionale" perché ritenuti tali da snaturare il territorio incidendo negativamente sulla viabilità e sull'inquinamento.

Il Comune ha respinto l'osservazione rilevando che le aree in cui è previsto il "Parco tecnologico" sono già destinate a zona produttiva, e che le problematiche evidenziate possono trovare risposta in fase di progettazione individuando rimedi e mitigazioni per minimizzare le problematiche viabilistiche ed ambientali.

Con l'osservazione n. 4 Caldogno terra Nostra ha chiesto lo stralcio delle previsioni relative al progetto denominato "Green House" per non interrompere il corridoio ecologico, ed il Comune non ha accolto l'osservazione precisando che la previsione del corridoio ecologico non inibisce interventi di trasformazione del territorio, ma richiede solamente l'adozione di misure volte a minimizzare gli effetti dell'antropizzazione per garantire la continuità funzionale dei corridoi.

Pertanto tutte le censure del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti devono essere respinte.

9. Con il secondo atto di motivi aggiunti la parte ricorrente impugna la deliberazione di Giunta n. 63 del 31 luglio 2013, con la quale il Comune ha chiesto alla Giunta regionale di avviare il procedimento finalizzato a concludere un accordo di programma tra le amministrazioni coinvolte ai sensi dell'art. 32 della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35, volto a dare attuazione organica e coordinata al progetto "Centro Equestre - Equus Dome", e la deliberazione consiliare n. 39 del 27 settembre 2013, con la quale il Consiglio comunale ha integrato il documento programmatico propedeutico all'adozione del Piano degli interventi.

9.1. L'eccezione di inammissibilità dell'impugnazione della deliberazione di Giunta n. 63 del 31 luglio 2013, sollevata dal Comune è fondata.

Infatti tale deliberazione è priva di valenza provvedimentale, dato che costituisce un atto di mero impulso procedimentale.

L'art. 32, comma 1, della legge regionale 29 novembre 2001, prevede che la conclusione dell'accordo di programma ivi previsto per l'attuazione organica e coordinata di piani e progetti che richiedono per la loro realizzazione l'esercizio congiunto di competenze regionali e di altre amministrazioni pubbliche, possa essere promosso anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, e la deliberazione impugnata, che sotto tale profilo ha carattere endoprocedimentale, è una mera proposta rivolta alla Regione.

Il primo motivo del secondo atto di motivi aggiunti è pertanto inammissibile.

9.2. Il secondo motivo, con il quale l'Associazione ricorrente sostiene che il documento programmatico propedeutico all'adozione del Piano degli interventi non è integrabile, è privo di fondamento.

Infatti, in disparte la considerazione che tale deliberazione non riguarda direttamente i tre progetti contestati dall'Associazione ricorrente, vi è da osservare che, in base alla disciplina dell'art. 18 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, non emerge alcun elemento che possa giustificare la conclusione secondo la quale dopo l'approvazione del documento, che è atto ad efficacia durevole, non è consentito il riesercizio del potere il quale, in base ai principi generali, deve ritenersi sempre ammesso, salvo i casi in cui in cui non sia possibile, ad esempio, per il decorso di termini perentori previsti a pena di decadenza.

Pertanto il secondo atto di motivi aggiunti deve essere dichiarato in parte inammissibile, ed in parte infondato.

10. Con il terzo atto di motivi aggiunti l'Associazione ricorrente impugna la deliberazione del Consiglio comunale n. 39 del 27 luglio 2015, con la quale è stato ratificato l'accordo di programma relativo al progetto "Centro Equestre Equus Dome", e la deliberazione consiliare n. 40 del 27 luglio 2015, che ha approvato il Piano degli interventi, comprendente anche l'accordo di pianificazione relativo al progetto "Centro Equestre - Equus Dome", unitamente ad una lunga serie di atti ritenuti connessi ed al parere della Commissione regionale Vas n. 44 del 24 marzo 2015, con il quale è stata decisa la non assoggettabilità del Piano alla valutazione ambientale strategica.

Con il primo motivo del terzo atto di motivi aggiunti, la ricorrente lamenta che il Piano degli interventi e l'accordo di programma relativo al progetto "Centro Equestre Equus Dome" non sono stati sottoposti alla valutazione ambientale strategica.

La doglianza deve essere respinta, in quanto nel caso all'esame il Piano di assetto del territorio è stato sottoposto alla valutazione ambientale strategica, e sia il piano degli interventi che l'accordo di programma sono stati sottoposti a verifica di assoggettabilità alla procedura di valutazione ambientale strategica, conclusasi nel senso che l'attivazione non era necessaria non essendovi significativi impatti sull'ambiente.

Peraltro la parte ricorrente non allega elementi idonei a dimostrare che per tali fattispecie ricorressero i presupposti normativi che rendono obbligatorio lo svolgimento della procedura di valutazione ambientale strategica.

Infatti, rispetto al Piano degli interventi, premesso che la censura deve essere circoscritta ai progetti che l'Associazione ricorrente ritiene lesivi degli interessi di cui è portatrice in quanto le prescrizioni dello strumento urbanistico devono essere considerate scindibili ai fini del loro eventuale annullamento in sede giurisdizionale (cfr. C.d.S., Sez. IV, 17 aprile 2003, n. 2017), la ricorrente non ha dimostrato che il Piano abbia introdotto modificazioni rispetto alle previsioni del Piano di assetto del territorio già sottoposte a valutazione ambientale strategica (ipotesi che viene motivatamente esclusa dalla Regione: cfr. il paragrafo "Coerenza tra il PAT e il nuovo Piano degli interventi" alle pagg. 4 e 5 della relazione istruttoria del 24 marzo 2015 per la verifica di assoggettabilità di cui al doc. 41 depositato in giudizio dal Comune di Caldogno), né che tali progetti interessino zone di protezione speciale o siti di importanza comunitaria.

Relativamente all'accordo di programma, lo stesso, riguardando una superficie di circa 20 ettari (e quindi rientrante nella nozione di piccola area a livello locale per l'ordinamento nazionale: cfr. C.d.S., Sez. IV, 6 maggio 2013, n. 2446; C.d.S., Sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4926; T.A.R. Veneto, Sez. II, 28 novembre 2011, n. 1779), e non interessando zone di protezione speciale o siti di importanza comunitaria, rientra tra le fattispecie non soggette a valutazione ambientale strategica obbligatoria, ma a verifica di assoggettabilità, che è stata effettuata, ai sensi dell'art. 6, comma 3, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in senso negativo.

Le censure di cui al primo motivo del terzo atto di motivi aggiunti devono pertanto essere respinte.

11. Con il secondo motivo del terzo atto di motivi aggiunti, l'Associazione ricorrente sostiene che il progetto "Centro Equestre - Equus Dome" non avrebbe le caratteristiche per poter essere approvato con la procedura dell'accordo di programma di cui all'art. 32 della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35, non avendo ad oggetto opere pubbliche o di interesse pubblico di rilevanza sovracomunale.

La doglianza è priva di fondamento in quanto la deliberazione della Giunta regionale n. 2614 del 30 dicembre 2013, ed il parere espresso dal Comitato per la valutazione tecnica regionale, motivano con argomentazioni che appaiono immuni da vizi logici la sussistenza del requisito dell'interesse pubblico di rilevanza sovracomunale, con argomenti che non vengono neppure confutati dalla ricorrente, osservando che si tratta di un centro destinato ad ospitare manifestazioni ippiche locali, nazionali ed internazionali destinate ad una popolazione vasta di carattere sicuramente sovracomunale.

Il secondo motivo del terzo atto di motivi aggiunti deve pertanto essere respinto.

12. Il terzo motivo del terzo atto di motivi aggiunti con il quale la ricorrente sostiene che il predetto progetto viola le disposizioni di cui all'art. 2 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, è privo di fondamento.

Infatti la disposizione richiamata ha ad oggetto la sintetica esposizione dei contenuti e delle finalità della legge urbanistica regionale.

Si tratta di norme che, avendo una chiara valenza programmatica, non possono costituire da parametro per la verifica di legittimità di singoli atti di pianificazione, in quanto le modalità attraverso le quali la pianificazione attua tali finalità costituiscono apprezzamento di merito sottratto in via generale al sindacato di legittimità del giudice amministrativo a meno che non vi siano errori di fatto o abnormi illogicità la cui sussistenza nel caso all'esame non è comprovata dall'Associazione ricorrente che si limita ad affermare che le scelte del Comune a proprio giudizio comportano un eccessivo consumo di territorio.

Anche le censure di cui al terzo motivo del terzo atto di motivi aggiunti devono pertanto essere respinte.

13. Con il quarto motivo del terzo atto di motivi aggiunti, la ricorrente contesta che vi siano i presupposti di eccezionalità e del carattere sovracomunale dell'intervento che consentono la deroga della superficie agricola utilizzata rispetto ai criteri applicativi previsti dalla deliberazione della Giunta regionale n. 3650 del 25 novembre 2008, e contesta altresì la carenza di adeguate soluzioni viabilistiche.

Le doglianze in realtà ripropongono i contenuti delle osservazioni presentate dalla medesima Associazione odierna ricorrente nel corso della procedura e che sono state motivatamente confutate dall'Amministrazione regionale nel parere n. 46 del 16 luglio 2015 del Comitato per la valutazione tecnica regionale (cfr. doc. 46 allegato alle difese del Comune).

Tali censure sono infondate.

I presupposti di eccezionalità e del carattere sovracomunale dell'intervento, la cui sussistenza è contestata dalla ricorrente, sono in realtà ampiamente evidenziati nella deliberazione della Giunta regionale n. 2614 del 30 dicembre 2013, che, come si è visto al precedente paragrafo 11, con argomenti che risultano privi di vizi logici, ha documentato quali sono i profili che giustificano il riconoscimento dei presupposti di eccezionalità e del carattere sovracomunale del progetto (in estrema sintesi, è stato osservato che si tratta di un centro destinato ad ospitare manifestazioni ippiche locali, nazionali ed internazionali destinate ad una popolazione vasta di carattere sicuramente sovracomunale).

Quanto alla contestazione relativa alle soluzioni viabilistiche, va osservato che la stessa appare genericamente formulata, in quanto vi è uno studio viabilistico presentato dal promotore che risulta validato dalla Provincia di Vicenza, competente per gli aspetti attinenti alla viabilità, ed il tema risulta anche esaminato in sede di verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica del piano degli interventi, dove l'Amministrazione ha suggerito di realizzare, quale intervento migliorativo di mitigazione, una corsia aggiuntiva, rispetto all'unica esistente, per l'immissione in una rotonda.

Come emerge dalla lettura del parere (cfr. il sottoparagrafo "viabilità" contenuto nel paragrafo "valutazione di sostenibilità" alle pagg. 7 e 8 della relazione istruttoria del 24 marzo 2015 per la verifica di assoggettabilità di cui al doc. 41 depositato in giudizio dal Comune di Caldogno) risulta svolto un approfondito esame delle criticità e della frequenza degli eventi di maggior richiamo, con l'espressione infine di un giudizio di sostenibilità, espressione di discrezionalità tecnica, censurabile solo per profili di manifesta illogicità o travisamento.

Poiché la realizzazione di una corsia aggiuntiva, rispetto all'unica esistente, per l'immissione in una rotonda, non è indicata come condizione per l'espressione di un parere favorevole, la circostanza che non sia già prevista dal progetto non giustifica l'affermazione circa l'inidoneità delle soluzioni viabilistiche già adottate.

Il quarto motivo del terzo atto di motivi aggiunti deve pertanto essere respinto.

14. Con il primo motivo del quarto atto di motivi aggiunti, la ricorrente sostiene l'illegittimità del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 17 del 25 febbraio 2016, con cui è stato approvato l'accordo di programma relativo alla realizzazione di un Centro equestre internazionale denominato "Equus Dome", perché sottoscritto dal vicepresidente anziché dal Presidente senza indicare le ragioni di assenza o impedimento di quest'ultimo.

La censura è priva di fondamento, in quanto, come pacificamente chiarito in giurisprudenza, il titolare di una carica può essere sostituito di diritto dal vicario in tutte le sue funzioni e attribuzioni senza che rilevi la mancanza dell'espressa menzione delle ragioni di assenza o impedimento, perché in assenza di tale esplicitazione, opera una presunzione iuris tantum che l'esercizio della potestà sostitutiva sia avvenuto nel rispetto dei presupposti di legge, con la conseguenza che è onere del destinatario del provvedimento o di chi vi abbia interesse dedurre e provare l'insussistenza dei detti presupposti (cfr. Cass. civ., Sez. VI, 21 settembre 2016, n. 18540; Cass. civ., Sez. I, 16 luglio 2003, n. 11127; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 27 agosto 2003, n. 3122).

Poiché l'Associazione ricorrente non allega alcunché sul punto, anche la censura di cui al primo motivo del quarto atto di motivi aggiunti deve essere respinta.

15. Con il secondo e terzo motivo del quarto atto di motivi aggiunti, la ricorrente sostiene che la nuova determinazione, con la quale il Comitato per la valutazione tecnica regionale in data 29 gennaio 2016 ha rivisto il precedente orientamento che consentiva una deroga al limite di superficie agricola utilizzata trasformabile, è illegittima perché contradditoria con quanto statuito inizialmente dal medesimo organo, e perché non vi è stata una modifica dell'accordo di programma che contemplava quella deroga.

Le censure devono essere respinte.

Va premesso che l'art. 13, comma 1, lett. f), della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, prevede che il Piano di assetto del territorio fissi gli obiettivi e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni ammissibili determinando il limite quantitativo massimo della zona agricola trasformabile in zone con destinazione diversa da quella agricola, avendo riguardo al rapporto tra la superficie agricola utilizzata (SAU) e la superficie territoriale comunale (STC), secondo le modalità stabilite da apposito atto di indirizzo emanato dalla Giunta regionale, prevedendo altresì che tale limite possa essere derogato, previa autorizzazione della Giunta regionale, sentita la Provincia interessata, per interventi di rilievo sovracomunale.

Inizialmente la Regione con il parere n. 45 del 16 luglio 2015, espresso dal Comitato per la valutazione tecnica regionale si era orientata nel senso di concedere una deroga al limite di ha 14,68 di superficie agricola utilizzata trasformabile previsto dal Piano di assetto del territorio per tutta la superficie di ha 14,83 interessata dal progetto da costruzioni ed opere accessorie (scuderie, parcheggi, arene scoperte e spazi esterni pavimentati).

Con un secondo parere n. 8 del 29 gennaio 2016, espresso sempre dal Comitato per la valutazione tecnica regionale, al fine di salvaguardare e ridurre il consumo del suolo, la Regione ha deciso da un lato di non concedere la deroga per le superfici interessate da costruzioni, ovvero le arene scoperte, le tribune, il ristorante, le scuderie e i depositi, per un totale di ha 3,10, comprendendo quindi tali superfici tra quelle da porre in detrazione dai limiti di superficie agricola utilizzata trasformabile previsti dal Piano di assetto del territorio, dall'altro di specificare che restano invece escluse dal conteggio le aree non computabili come riduzione della superficie agricola utilizzata trasformabile, quali le aree scoperte, il parco pubblico ed il verde destinato al gioco e allo sport.

Quest'ultima conclusione appare in linea con quanto dispone la deliberazione della Giunta Regionale n. 3650 del 25 novembre 2008, recante la "metodologia per il calcolo, nel piano di assetto del territorio (PAT), del limite quantitativo massimo della zona agricola trasformabile in zone con destinazioni diverse da quella agricola" la quale prevede che "dalle quantità di zona agricola trasformabile in destinazioni non agricole calcolate ai sensi del presente atto, è inoltre esclusa la superficie agricola destinata alla realizzazione di aree ricreative a verde destinate a campi da golf, attività sportive e della protezione civile, parchi per divertimento, parchi giardino, rovine archeologiche, camping, boschi di pianura, bacini di laminazione, fermo restando il computo delle superfici eventualmente interessate da edificazione".

Dal secondo parere n. 8 del 29 gennaio 2016, è conseguito che non è risultata più necessaria la concessione di una deroga ai limiti di superficie agricola utilizzata trasformabile.

Poiché l'Amministrazione deve ritenersi abilitata a riesaminare le proprie determinazioni ritornando sulle sue scelte ed effettuandone altre, e vi è una motivata esplicitazione delle ragioni per le quali è stata successivamente preferita una soluzione nella quale, al fine di ridurre il consumo del territorio, per una parte dell'intervento è stato imposto l'utilizzo della superficie agricola utilizzata trasformabile prevista dal Piano di assetto del territorio, la censura di contraddittorietà tra provvedimenti si rivela priva di fondamento.

Anche la censura secondo la quale avrebbe dovuto essere rivisto l'accordo di programma non può essere accolta, in quanto tra la procedura che individua la quantità di superficie che deve essere computata nei limiti previsti dal Piano di assetto del territorio e la procedura di approvazione del progetto con l'accordo di programma, non sussiste un rapporto di presupposizione, trattandosi di procedure che procedono parallelamente, dato che la mancata concessione della deroga produce effetti solamente nei confronti del Comune che, nel periodo di vigenza del Piano di assetto del territorio, vede ridotta la sua facoltà di trasformare in destinazioni diverse da quella agricola le superfici agricole utilizzate e trasformabili.

Peraltro il riferimento a pag. 7 dell'accordo di programma alla deroga che deve ritenersi superata, non appare idoneo ad ingenerare dubbi, atteso che il Decreto del Presidente della Giunta regionale n. 17 del 25 febbraio 2016, di approvazione dell'accordo (cfr. doc. 49 allegato alle difese del Comune) enuncia chiaramente l'iter seguito e richiama l'ultimo parere del Comitato per la valutazione tecnica regionale n. 8 del 29 gennaio 2016, che ha escluso la concessione di una deroga ai limiti di superficie agricola utilizzata trasformabile, annullando in autotutela e sostituendo il precedente parere n. 45 del 16 luglio 2015, richiamato dall'accordo di programma.

Parimenti è da respingere la censura secondo la quale sarebbe stata necessaria una deliberazione della Giunta regionale conseguentemente al nuovo parere n. 8 del 29 gennaio 2016, del Comitato tecnico per la valutazione tecnica regionale, atteso che il parere espresso, dopo aver compreso le edificazioni tra le parti di intervento che consumano i limiti di superficie agricola utilizzata trasformabile previsti dal Piano di assetto del territorio, ed aver eliminato la parte che può essere esclusa dal computo, è giunta alla conclusione che non vi è necessità di una deroga e, conseguentemente, di una deliberazione della Giunta regionale che è necessaria solo ove la deroga venga concessa.

La procedura deve pertanto ritenersi completata con l'avvenuto annullamento in autotutela del precedente parere n. 45 del 16 luglio 2015.

In definitiva il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, in relazione alle censure proposte, devono essere dichiarati in parte inammissibili ed in parte respinti nel senso sopra precisato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe ed i quattro atti di motivi aggiunti, in parte li dichiara inammissibili ed in parte li respinge nel senso precisato in motivazione.

Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Vicenza, della Regione Veneto, della Provincia di Vicenza, di Nuova Caldogno Srl, di Askoll Srl, e di Italconst Spa, liquidandole nella somma di Euro 5.000,00 per ciascuna parte.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.