Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
Sezione I
Sentenza 10 marzo 2017, n. 348

Presidente: Giordano - Estensore: Pescatore

FATTO

1. Acea Pinerolese Industriale (A.P.I.) s.p.a. è una società a capitale interamente pubblico, avente come scopo sociale la gestione per i Comuni soci di servizi pubblici locali a rilevanza economica.

La costituzione di Acea è avvenuta nel 2002 per trasformazione del preesistente Consorzio Acea, in attuazione dell'art. 35, comma 8, l. n. 448/2001, che imponeva agli enti locali di trasformare in società di capitali le aziende speciali e i consorzi tra Comuni che gestivano i servizi pubblici locali muniti di rilevanza economica.

Ad oggi, Acea Industriale si occupa, direttamente o per mezzo di sue controllate: della gestione delle reti di distribuzione del gas; del teleriscaldamento; della produzione di calore; del ciclo di raccolta, smaltimento e trattamento dei rifiuti; del servizio idrico integrato.

2. L'Assemblea straordinaria di Acea Industriale, in data 25 giugno 2010, ha approvato un "progetto di scissione parziale proporzionale di Acea Pinerolese Industriale s.p.a. ai sensi dell'art. 2506-bis del codice civile".

L'operazione di scissione parziale è stata concepita con l'intento di trasferire una parte del patrimonio di Acea Industriale (Euro 100.000,00 diviso tra i Comuni in proporzione alla partecipazione da ciascuno di essi posseduta) ad una società di nuova istituzione, denominata Acea Servizi Strumentali Territoriali (A.S.S.T.) s.r.l., costituita per la gestione di servizi strumentali all'attività dei Comuni soci. Più nel dettaglio, secondo il progetto deliberato, la nuova società avrebbe dovuto occuparsi della "gestione calore" in favore dei Comuni-soci, acquisendo il ramo d'azienda a ciò deputato, in modo da consentire alla società madre (Acea Industriale) lo svolgimento dell'attività di "gestione calore" in favore di clienti diversi dai Comuni-soci.

3. La delibera di approvazione del progetto di scissione del 25 giugno 2010 è stata impugnata innanzi a questo TAR dai Comuni di Perrero, Roure e Salza di Pinerolo con il ricorso iscritto ad R.G. 1152/2010.

4. A seguito della suddetta impugnazione, i Comuni qui ricorrenti - dopo aver rilevato che "... a prescindere dall'esito del ricorso stesso (radicato nei confronti della delibera 25 giugno 2010) questo ente non ha comunque nessun interesse a mantenere quota di partecipazione nella Acea servizi Strumentali Territoriali s.r.l., anche in relazione alla vastità dei contenuti dell'oggetto sociale, essenzialmente non funzionali al conseguimento delle finalità istituzionali del Comune..." - hanno assunto, con le impugnate delibere del dicembre 2010, la decisione di avviare comunque la procedura per la cessione - mediante procedura ad evidenza pubblica - delle rispettive partecipazioni nella società A.S.S.T. s.r.l. Ciò, sul presupposto che i servizi elencati nell'art. 3 dello statuto sociale della stessa A.S.S.T. s.r.l. (servizi di gestione del calore, di riscossione dei tributi locali, di gestione del verde e dell'arredo urbano e di gestione dei servizi informatici) non sarebbero servizi "imprescindibili" per l'esercizio delle funzioni amministrative e l'erogazione dei servizi di competenza degli enti comunali.

5. La Acea Servizi Strumentali Territoriali (A.S.S.T.) s.r.l. ha contestato la legittimità delle impugnate delibere comunali, radicando i quattro giudizi qui riuniti, nei quali ha denunciato come i Comuni intimati:

- non abbiano comunicato ad A.S.S.T. l'avvio del procedimento amministrativo preordinato alla cessione delle quote di partecipazione societaria in A.S.S.T., in violazione dell'art. 7 della l. 241/1990;

- abbiano erroneamente ritenuto che la costituzione della società A.S.S.T. sia in contrasto con l'art. 3, comma 27, della l. n. 244/2007. Contrariamente a quanto ritenuto dai Comuni ricorrenti, infatti, i servizi elencaci nell'art. 3 dello statuto sociale di A.S.S.T. (servizi di gestione del calore, di riscossione dei tributi locali, di gestione del verde e dell'arredo urbano e di gestione dei servizi informatici) sarebbero servizi "imprescindibili" per il funzionamento dei Comuni stessi, l'esercizio delle funzioni amministrative e l'erogazione dei relativi servizi.

6. I Comuni intimati si sono ritualmente costituiti in giudizio, depositando memoria di deduzioni difensive in data 21 gennaio 2017 con la quale hanno contestato nel merito gli assunti avversari ed eccepito, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Con la memoria di replica dell'1 febbraio 2017, la parte ricorrente ha riconosciuto la fondatezza dell'eccezione preliminare di carenza di giurisdizione del giudice amministrativo.

7. Le cause sono state discusse e poste in decisione all'udienza del 22 febbraio 2017.

DIRITTO

1. Gli evidenti profili di connessione soggettiva e oggettiva che avvincono i ricorsi qui all'esame, ne consigliano nella presente sede la trattazione congiunta.

2. Il Collegio reputa fondata e dirimente la questione preliminare di giurisdizione sollevata dalle parti resistenti.

Ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. c), sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di pubblica utilità".

Dunque, in materia di servizi pubblici sussistono due criteri in base ai quali viene perimetrata la giurisdizione del giudice amministrativo.

Il primo fa riferimento alla tipologia di controversia ed opera per qualsiasi servizio pubblico, includendo tutte le controversie che attengono alle concessioni di pubblici servizi, ai provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora le controversie relative all'affidamento di un pubblico servizio, nonché alla vigilanza e al controllo nei confronti del gestore.

Il secondo criterio prescinde dal tipo di controversia, in quanto la giurisdizione viene determinata in base alla tipologia di servizio, che può essere quella della vigilanza sul credito, delle assicurazioni e del mercato immobiliare.

In entrambi i casi, per radicare la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo non è sufficiente che si versi in materia di servizi pubblici, ma occorre pur sempre che la Pubblica Amministrazione abbia agito nello specifico esercitando il proprio potere autoritativo.

È il caso di ricordare, infatti, che il testo dell'art. 133 ha recepito l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 204 del 6 luglio 2004, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 80/1998, come sostituito dall'art. 7, comma 1, lett. a), della l. 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui esso prevedeva che fossero devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi", anziché "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi (...)".

3. Nel caso di specie, A.S.S.T. non gestisce - per stessa ammissione di parte ricorrente - servizi pubblici (pag. 2 del ricorso), ma solo servizi strumentali al funzionamento dei Comuni.

Conseguentemente, non viene in considerazione nessuno dei due "criteri di collegamento" della giurisdizione previsti dalla predetta norma del c.p.a.

Inoltre, le delibere impugnate non possono essere ricondotte nell'ambito della giurisdizione di legittimità, trattandosi di atti di avvio di un procedimento di dimissione di quote adottati dai Comuni nella loro veste di soci di una società e, quindi, nell'esercizio di poteri privatistici.

La dismissione della partecipazione concreta infatti un atto jure privatorum - compiuto dal Comune uti socius - e non jure imperii. Pertanto, delibere di cui si chiede l'annullamento pongono le parti qui contendenti, il Comune e A.S.S.T., su un piano paritetico e rivelano nelle rispettive posizioni giuridiche soggettive da queste azionate una natura di diritti soggettivi, in quanto attinenti alla posizione dei Comuni-soci all'interno della società.

Sotto diverso profilo, l'azione esperita nel presente giudizio dalla società ricorrente è volta a dimostrare la insussistenza dei presupposti per esercitare la dimissione delle quote da parte di un socio e, di conseguenza, la permanente validità della adesione dei Comuni alla società: essa è, quindi, diretta a tutelare il diritto soggettivo perfetto all'esecuzione delle partecipazioni comunali ed alle conseguenti controprestazioni.

Il reale oggetto del giudizio, dunque, non è l'esercizio del servizio, né, tantomeno la questione attinente alla complessiva azione di gestione dei servizi erogati da A.S.S.T., ma gli atti con i quali i Comuni hanno fatto valere una posizione contrattuale paritetica.

Non venendo in questione l'esercizio di un potere amministrativo propriamente detto, ma soltanto l'accertamento - vincolato - del ricorrere dei presupposti di legge per la cessazione della partecipazione azionaria, deve ritenersi che la controversia esuli - ex art. 7, comma 1, c.p.a. - dalla giurisdizione del giudice amministrativo, per rientrare appieno in quella dell'autorità giudiziaria ordinaria.

4. Va quindi dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice adito a favore del giudice ordinario, con la precisazione che, ai sensi dell'art. 11, secondo comma, del c.p.a., gli effetti processuali e sostanziali della domanda medesima rimangono salvi, ove il giudizio sia riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia che declina la giurisdizione.

5. Per la peculiarità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e individua, ai sensi dell'art. 11 c.p.a., nel giudice ordinario l'autorità giurisdizionale cui spetta la cognizione delle domande proposte.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.