Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Reggio Calabria
Sentenza 15 marzo 2017, n. 209

Presidente: Politi - Estensore: Testini

FATTO

1. Con il bando indicato in epigrafe, il Comune di Palmi ha indetto una procedura aperta, ai sensi dell'art. 60, I comma, del d.lgs. n. 50/2016, per l'affidamento del servizio integrato di raccolta, trasporto, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati nel territorio di Palmi ed altri servizi accessori, per il triennio 2017/2019.

Il criterio di aggiudicazione previsto è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, ai sensi dell'art. 95, II e III comma, lett. a), del d.lgs. n. 50/16, e l'importo soggetto a ribasso è pari ad euro 3.622.500,00.

Il termine di scadenza per la presentazione delle offerte è stato fissato al 27 febbraio 2017.

La ricorrente, impresa esercente la sua attività nel settore di riferimento nonché affidataria del servizio di igiene urbana in via temporanea ed urgente - giusta ordinanza sindacale n. 9 del 9 febbraio 2017 - per il periodo di due mesi e, comunque, non oltre l'aggiudicazione del servizio, non ha presentato domanda di partecipazione alla gara, ritenendo l'importo soggetto a ribasso "del tutto insufficiente rispetto all'entità dei costi fissi, imposti dalla stessa lex specialis di gara... risultando impossibile la presentazione di un'offerta seria e sostenibile e che preveda un utile per la stessa impresa".

Con il presente mezzo di tutela insorge avverso gli atti in epigrafe, deducendo l'illegittimità della lex di gara e chiedendone l'annullamento, mediante l'articolazione delle seguenti censure.

I. Illegittimità dell'art. 3 del bando di gara e dell'art. 5 del capitolato speciale d'appalto - Illogicità ed irragionevolezza dell'importo previsto a base d'asta - Violazione di legge - Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 35 e 97 del d.lgs. n. 50/2016 e dell'art. 57 della direttiva 2014/24/UE - Violazione del principio della libera concorrenza - Eccesso di potere - Travisamento dei fatti - Difetto di istruttoria.

Nell'osservare come gli artt. 3 del bando e 5 del capitolato abbiano posto a base di gara un importo pari ad euro 3.622.500,00 (soggetto a ribasso), rileva parte ricorrente che esso sia non solo affatto remunerativo, ma assolutamente incapiente rispetto ai costi ed alle spese da sostenere per la gestione dell'appalto, ai sensi di quanto previsto nella lex specialis.

Soggiunge parte ricorrente che le criticità più importanti si riferiscono ai costi per il personale da impiegare nell'esecuzione del servizio, in ragione, soprattutto, dell'obbligo imposto all'impresa subentrante di assorbire tutto il personale dell'azienda cessante addetto in via ordinaria o prevalente allo specifico appalto, così come previsto dagli artt. 16.2.9. del bando e 12 del capitolato.

A conferma di tale obbligo richiama la risposta PI000194-17 al quesito PI000184-17 con cui la stazione appaltante, il 16 febbraio 2017, ha affermato che "per i dipendenti di imprese e società esercenti servizi ambientali trova applicazione l'art. 6, punto 2, del C.C.N.L. (n.d.r. Fise - Assoambiente)".

Il predetto art. 6, punto 2, del C.C.N.L. dispone che:

"L'impresa subentrante assume ex novo, senza effettuazione del periodo di prova, tutto il personale in forza a tempo indeterminato - ivi compreso quello in aspettativa ai sensi dell'art. 31 della legge n. 300/1970 nonché quello di cui all'art. 60, lett. c) del vigente c.c.n.l. - addetto in via ordinaria allo specifico appalto/affidamento che risulti in forza presso l'azienda cessante nel periodo dei 240 giorni precedenti l'inizio della nuova gestione in appalto/affidamento previsto dal bando di gara e alla scadenza effettiva del contratto".

In ragione di tale rinvio, dunque, assume parte ricorrente che la lex di gara, imponendo all'operatore economico di impegnarsi ad assumere tutto il predetto personale, richiede che i relativi oneri economici siano previsti sin dalla predisposizione dell'offerta.

Tali costi, desunti dai quadri economici relativi al personale impiegato dall'impresa cessante RA.DI. s.r.l. (pari a 26 unità), tuttavia, sommati agli altri costi fissi, sarebbero già di per sé superiori all'importo complessivo posto a base di gara.

II. Illegittimità dell'art. 16.2.9 del bando e dell'art. 12 del capitolato speciale d'appalto - Illegittimità della c.d. "clausola sociale" - Violazione di legge - Violazione dell'art. 50 del d.lgs. n. 50/2016 - Violazione dell'art. 41 Cost. - Violazione del principio di libera concorrenza - Sviamento di potere.

Assume parte ricorrente che le su richiamate disposizioni del bando e della clausola sociale, come integrate dall'art. 6.2. del c.c.n.l., estenderebbero indebitamente la portata precettiva della c.d. clausola sociale, oggi espressamente prevista dall'art. 50 del d.lgs. n. 50/16 al fine di garantire la stabilità occupazionale del personale alle dipendenze dell'impresa uscente.

Nel rammentare come l'esigenza di garantire la continuità occupazionale non può essere perseguita in maniera "rigida", aprioristica ed incondizionata, necessitando di un adeguato bilanciamento con i valori della libera concorrenza e della libertà imprenditoriale, rileva parte ricorrente che lo stesso art. 50 pone quale limite invalicabile il rispetto dei principi dell'Unione europea.

Dal che deriverebbe che la clausola sociale può obbligare l'appaltatore subentrante unicamente ad assumere in via prioritaria i lavoratori che operavano alle dipendenze dell'impresa uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l'organizzazione d'impresa prescelta.

La rigida imposizione della clausola sociale, pertanto, renderebbe il bando illegittimo, per violazione dell'art. 50 del d.lgs. n. 50/16 e per contrasto con i fondamentali principi nazionali ed europei di libera concorrenza e di libertà imprenditoriale.

III. Illegittimità dell'art. 17.2 del bando e dell'art. 8 del capitolato speciale - Irragionevolezza e sproporzione del punteggio attribuito per la minor distanza dell'impianto di stoccaggio - Violazione del principio di libera concorrenza - Eccesso di potere - Difetto di istruttoria.

La ricorrente, infine, deduce l'illegittimità delle su indicate clausole che, nell'individuare i criteri di valutazione delle offerte tecniche, prevedono l'attribuzione di un punteggio massimo di 20 punti (su un totale di 75) ai partecipanti che dimostrino di servirsi di un impianto di stoccaggio sito nelle vicinanze del Comune di Palmi, nonché di ulteriori due punti per il possesso di certificazione EMAS inerente i medesimi impianti di stoccaggio, prefigurerebbero criteri sproporzionati, inconferenti e gravemente lesivi delle dinamiche concorrenziali.

Nel rilevare che l'attribuzione di un punteggio per la maggiore prossimità con l'impianto di stoccaggio andrebbe a favorire ingiustificatamente le aziende locali, già titolari in loco di siffatto impianto, osserva la ricorrente che il confronto concorrenziale verrebbe irragionevolmente ristretto a due sole imprese locali, la R.A.D.I. s.r.l. (affidataria uscente) e la Eco Piana s.r.l.

Conclude per l'annullamento degli atti gravati, previa sospensione dell'esecuzione.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Palmi e la Città Metropolitana di Reggio Calabria - S.U.A.P., eccependo l'inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse, non avendo parte ricorrente partecipato alla gara e, nel merito, l'infondatezza del gravame, invocandone la reiezione.

Previo deposito di ulteriore memoria e documentazione da parte della ricorrente, il ricorso viene ritenuto per la decisione alla Camera di Consiglio del 22 febbraio 2017, ai sensi della prima parte del comma 6 dell'art. 120 c.p.a., secondo il quale "Il giudizio, ferma la possibilità della sua definizione immediata nell'udienza cautelare ove ne ricorrano i presupposti, viene comunque definito con sentenza in forma semplificata ad una udienza fissata d'ufficio e da tenersi entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente".

DIRITTO

1. In limine litis, rileva il Collegio che la memoria del Comune di Palmi, depositata in data 3 marzo 2017, non è sottoscritta digitalmente.

La stessa è stata depositata mediante sottoscrizione con firma digitale del Modulo di deposito atto, secondo quanto prescritto dall'art. 6, V comma, dell'Allegato A al d.P.C.M. n. 40/2016.

Ritiene il Collegio che la predetta memoria possa ritenersi valida.

Militano in tal senso:

- il riferimento dell'art. 6, IV comma, dell'Allegato citato all'"atto";

- l'ovvia considerazione che, poiché i documenti allegati non devono essere firmati dal difensore, l'estensione della firma digitale PADES a tutti i documenti contenuti nel Modulo prevista dall'art. 6, V comma, seconda parte, dell'Allegato, deve intendersi riferita, in senso onnicomprensivo, a tutti gli atti di parte allegati con il Modulo.

Ne deriva che tali atti, ove non sottoscritti ex ante, dovranno ritenersi firmati soltanto al momento della sottoscrizione di invio del Modulo di deposito, secondo quanto riscontrabile tramite il software Adobe (in senso analogo, T.A.R. Lazio, Sez. III-bis, 8 marzo 2017, n. 3231).

2. Tanto chiarito in rito, ad integrazione di quanto su esposto in fatto, giova precisare che, nelle more del giudizio, è pervenuta una sola offerta, quella della Locride Ambiente s.p.a.

Come risulta dalla nota prot. n. 56983 del primo marzo 2017 della S.U.A.P., la verifica dei requisiti si è conclusa positivamente e la stazione appaltante è in procinto di nominare la commissione giudicatrice per la valutazione dell'offerta (all. n. 7 del fascicolo del Comune).

3. In via preliminare, occorre scrutinare l'eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dalla difesa di entrambe le Amministrazioni resistenti.

L'eccezione è infondata.

L'interesse fatto valere in giudizio dalla ricorrente ha carattere evidentemente strumentale, in quanto preordinato alla rinnovazione della lex specialis di procedura, in ragione dell'affermata insuscettibilità di quella impugnata a consentire la presentazione delle domande di partecipazione alla gara.

Il Collegio ritiene sussistente l'interesse all'impugnazione immediata della lex di gara, a prescindere dalla presentazione della domanda di partecipazione, proprio perché la parte ricorrente ne deduce il carattere immediatamente lesivo nella parte in cui fissa un importo complessivo del servizio in misura insufficiente a coprire i costi e, dunque, tale da incidere direttamente sulla formulazione dell'offerta, impedendone la corretta elaborazione, attesa l'inammissibilità delle offerte in aumento (cfr. art. 16 del bando).

In tal senso si è espressa copiosa giurisprudenza (richiamata dalla ricorrente ed ai cui scritti difensivi, sul punto, si rimanda) nonché, da ultimo, il Consiglio di Stato, Sez. IV, con sentenza n. 4180 dell'11 ottobre 2016.

Va da sé che l'avvenuta presentazione da parte della Locride Ambiente s.p.a. di una offerta non vale affatto ad escludere il carattere immediatamente lesivo del bando.

La predetta circostanza pretende di "provare troppo": l'offerta potrebbe essere al rialzo, non congrua o anomala e, comunque, anche l'eventuale giudizio della commissione giudicatrice è inidoneo a porsi in un rapporto di conseguenzialità necessaria con il carattere non immediatamente lesivo della lex specialis.

Tale giudizio, infatti, ove negativo, inciderebbe sulla procedibilità del ricorso, in termini di persistenza dell'interesse, ma solo in ragione della circostanza di fatto rappresentata dalla presentazione di una sola offerta; ove positivo, potrebbe assurgere ad argomento di prova dell'infondatezza delle censure.

In entrambi i casi, ovviamente, salva la sussistenza di vizi del giudizio stesso.

L'eccezione di inammissibilità del ricorso, in conclusione, è infondata.

4. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

4.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, sebbene articolati separatamente, costituiscono, a ben vedere, un unico argomento di doglianza.

La tesi dedotta in giudizio dalla parte ricorrente è che l'importo complessivo posto a base di gara sia economicamente insostenibile e che il maggior punto di criticità sia rappresentato dal costo del personale.

Il costo per il solo personale a tempo indeterminato è complessivamente pari ad euro 965.794,80 annui, vale a dire circa l'80% dell'importo posto a base di gara e pari ad euro 1.207.500,00 annui.

Tale costo complessivo deriva dalla c.d. clausola sociale, per come formulata dagli artt. 16.2.9 del bando e 12 del capitolato e confermata dalla risposta PI000194-17 al quesito PI000184-17 con cui la stazione appaltante, il 16 febbraio 2017, ha affermato che "per i dipendenti di imprese e società esercenti servizi ambientali trova applicazione l'art. 6, punto 2, del C.C.N.L. (n.d.r. Fise - Assoambiente)".

Giova ribadire, per chiarezza espositiva che il predetto art. 6, punto 2, del C.C.N.L. dispone che:

"L'impresa subentrante assume ex novo, senza effettuazione del periodo di prova, tutto il personale in forza a tempo indeterminato - ivi compreso quello in aspettativa ai sensi dell'art. 31 della legge n. 300/1970 nonché quello di cui all'art. 60, lett. c) del vigente c.c.n.l. - addetto in via ordinaria allo specifico appalto/affidamento che risulti in forza presso l'azienda cessante nel periodo dei 240 giorni precedenti l'inizio della nuova gestione in appalto/affidamento previsto dal bando di gara e alla scadenza effettiva del contratto".

Dovendo assumere tutte le 26 unità impiegate dall'impresa cessante RA.DI. s.r.l., la sommatoria di tale costo agli altri costi fissi sarebbe di per sé superiore all'importo complessivo posto a base di gara.

La parte ricorrente assume che tale obbligo di integrale riassorbimento sia illegittimo in quanto la clausola sociale, oggi espressamente prevista dall'art. 50 del d.lgs. n. 50/16, per come interpretata dalla giurisprudenza, può obbligare l'appaltatore subentrante unicamente ad assumere in via prioritaria i lavoratori che operavano alle dipendenze dell'impresa uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l'organizzazione d'impresa prescelta.

Va da sé che lo scrutinio della legittimità della previsione di integrale assorbimento del personale costituisce un prius logico nell'articolazione della censura: se la clausola sociale, nei termini indicati dalla lex specialis è invalida, del relativo costo non doveva tenersi conto in sede di redazione del bando e, segnatamente, di determinazione dell'importo a base di gara che va, conseguentemente, rimodulato, se del caso anche in via confermativa.

Va, altresì, precisato che la censura formulata al punto 2 della memoria del 6 marzo 2017 della ricorrente in punto di difetto d'istruttoria sull'importo mensile di ogni singola utenza non è ammissibile in quanto costituisce un motivo nuovo di censura, contenuto in un atto non notificato alle controparti.

4.2. Tanto precisato sulla delimitazione del giudizio, rileva il Collegio che la giurisprudenza sulla clausola sociale ha affermato quanto segue.

"La clausola sociale dell'obbligo di continuità nell'assunzione è stata costantemente interpretata dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato nel senso che l'appaltatore subentrante «deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell'appaltatore uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l'organizzazione d'impresa prescelta dall'imprenditore subentrante» mentre «i lavoratori, che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali» (ex multis, C.d.S., Sez. IV, 2 dicembre 2013, n. 5725);

La clausola sociale, la quale prevede, secondo numerose disposizioni, «l'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d'appalto» (così l'art. 29, comma 3, del d.lgs. 276/2003, ma altrettanto rilevanti sono la generale previsione dell'art. 69, comma 1, del d.lgs. 163/2006 e quella dell'art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 112/1999), perseguendo la prioritaria finalità di garantire la continuità dell'occupazione in favore dei medesimi lavoratori già impiegati dall'impresa uscente nell'esecuzione dell'appalto, è costituzionalmente legittima, quale forma di tutela occupazionale ed espressione del diritto al lavoro (art. 35 Cost.), se si contempera con l'organigramma dell'appaltatore subentrante e con le sue strategie aziendali, frutto, a loro volta, di quella libertà di impresa pure tutelata dall'art. 41 Cost." (C.d.S., Sez. III, 9 dicembre 2015, n. 5598).

Il principio guida è, quindi, che la clausola di salvaguardia dei livelli occupazionali non si trasformi, da elemento afferente all'esecuzione dell'appalto, in un elemento tendenzialmente preclusivo della partecipazione.

D'altronde, la formulazione del (nuovo) art. 50 del d.lgs. 50/2016 prevede che "i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti possono inserire, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l'applicazione da parte dell'aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81": un richiamo, indiretto, al principio di proporzionalità per cui l'aggiudicatario dev'essere messo nelle condizioni di poter garantire l'applicazione del C.C.N.L., il che val quanto dire che non si possono imporre, con la lex specialis, condizioni che rendano soggettivamente impossibile tale obiettivo.

Tali conclusioni sono state condivisibilmente ribadite dal T.A.R. Toscana, Sez. III, con sentenza n. 231 del 13 febbraio 2017 nella quale si legge che:

"a) la clausola sociale deve conformarsi ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando, altrimenti, essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d'impresa, riconosciuta e garantita dall'art. 41 della Costituzione;

b) conseguentemente, l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante;

c) la clausola non comporta invece alcun obbligo per l'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1896/2013)".

La medesima sentenza, che si richiama anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 74, seconda parte, c.p.a., ribadisce che tale esito interpretativo non cambia alla luce della nuova disciplina dei contratti pubblici.

4.3. Nel caso di specie, l'art. 16.2.9 del bando ha richiesto ai concorrenti una "dichiarazione di impegno ad assorbire, ove richiesto dalla ditta che cessa, il personale addetto ai servizi oggetto dell'appalto dell'impresa cessante a termini del contratto nazionale del personale dei servizi ambientali" e, quindi, un requisito di partecipazione.

L'obbligo di integrale assorbimento, come si è già più volte rammentato, è stato oggettivamente posto mediante il riferimento all'art. 6.2. del C.C.N.L. di settore e confermato dal chiarimento PI000194-17 al quesito PI000184-17 del 16 febbraio 2017.

La lex specialis ha fissato - non rileva se scientemente o meno - un principio di "adeguatezza" delle risorse umane, cioè del numero di lavoratori necessari per l'esecuzione dell'appalto, corrispondente al numero dei lavoratori da "assorbire".

Ciò è confermato anche dal fatto che non vi è una previsione di carattere generale di tenore opposto a quanto affermato dall'art. 1.9. del Disciplinare Tecnico dell'affidamento temporaneo e urgente all'affidataria ove si legge che:

"1) AVR S.p.A. garantirà la tutela dei livelli occupazionali del personale impiegato sui servizi affidati con l'ordinanza contingibile e urgente come da allegato al presente disciplinare (Allegato I: elenco del personale trasmesso dall'impresa uscente);

... Tutto il personale assunto resterà collegato ai servizi e verrà licenziato al momento in cui tali servizi, affidati ad AVR S.p.A. mediante Ordinanza, venissero affidati ad altra impresa;

2) L'Appaltatore dovrà assicurare il servizio con un numero adeguato di operatori ecologici".

4.4. La tassativa impostazione della lex specialis non è stata, quindi, in grado di consentire ai potenziali concorrenti alcuno spazio di modulazione dell'offerta; la quale, beninteso, avrebbe potuto essere "anche" articolata nei termini rigorosi del bando, ma non "necessariamente", alla stregua di requisito di partecipazione.

La stazione appaltante si è resa conto di tale deficit di chiarezza, provvedendo a "correggere il tiro" con la risposta PI000514-17 al quesito PI000438-17 del 22 febbraio 2017, posto dall'unica impresa che ha poi partecipato alla gara (Locride Ambiente s.p.a.).

Tale iniziativa costituisce una integrazione postuma della disciplina di gara, che tenta, appunto, di porre rimedio alla violazione del principio del clare loqui: si tratta, però, di una inammissibile integrazione postuma della lex specialis, che pregiudica le condizioni di trasparenza e concorrenza che devono, preventivamente, connotare le procedure di gara.

La stazione appaltante, nella risposta in discorso, perviene finanche a legittimare a posteriori la possibile "disapplicazione" della clausola sociale, nei termini oggettivi in cui tale clausola è stata formulata nel bando, affermando che la stessa "può non essere applicata qualora le esigenze organizzative dell'impresa subentrante corrispondano alla volontà di svolgere il servizio utilizzando una minore componente di lavoratori, rispetto al precedente gestore".

Ritiene il Collegio che siffatto modus operandi integri gli estremi della violazione del principio di trasparenza e di concorrenza.

La censura in discorso, pertanto, è meritevole di favorevole apprezzamento e, conseguentemente, in accoglimento del ricorso in parte qua, va disposto l'annullamento degli atti gravati, nei sensi fin qui esposti.

5. Quanto al terzo motivo di ricorso, volto a stigmatizzare uno specifico criterio di valutazione delle offerte, il Collegio non ravvisa un attuale interesse alla censura, non avendo la ricorrente partecipato alla gara.

Ne deriva che il ricorso, in parte qua, è inammissibile per difetto di interesse.

6. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, attesa la reciproca soccombenza delle parti sulle singole censure.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria - Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla gli atti gravati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

M.N. Bugetti

Amministrazione di sostegno

Zanichelli, 2024

P. Corso

Codice di procedura penale

La Tribuna, 2024

L. Bolognini, E. Pelino (dirr.)

Codice della disciplina privacy

Giuffrè, 2024