Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 10 aprile 2017, n. 9146

Presidente: Canzio - Estensore: Nappi

FATTI DI CAUSA

La s.r.l. F.T.I. ha proposto ricorso per cassazione contro il decreto della Corte d'appello di Genova che, in accoglimento di reclamo dell'I.N.P.S., ne ha rigettato la domanda di omologazione del concordato preventivo già approvato dalla maggioranza dei creditori.

La ricorrente ha proposto un unico motivo d'impugnazione, illustrato anche da memoria, cui resiste con controricorso l'I.N.P.S.

Con ordinanza n. 18558 del 22 settembre 2016 la Prima sezione civile di questa Corte, cui il ricorso era stato assegnato, ne ha chiesto la rimessione alle Sezioni unite, perché, avendo rilevato che la società ricorrente è stata dichiarata fallita con la sopravvenuta sentenza del 19 novembre 2014, ha ritenuto che sia necessario chiarire il rapporto tra il giudizio di impugnazione del diniego di ammissione o di omologazione del concordato e il giudizio di impugnazione della dichiarazione di fallimento.

La s.r.l. F.T.I. ha depositato ulteriore memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La questione pregiudiziale rimessa all'esame delle Sezioni unite risulta solo in parte risolta dalla successiva Cass., sez. un., 28 dicembre 2016, n. 27073, che ha riconosciuto l'immediata impugnabilità del decreto con cui la Corte d'appello definisce (in senso positivo o negativo) il giudizio di omologazione del concordato preventivo, come è avvenuto nel caso in esame, mentre ha escluso l'autonoma impugnabilità del decreto con cui il tribunale dichiara l'inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi dell'art. 162, comma 2, l. fall. (eventualmente, anche a seguito della mancata approvazione della proposta, ai sensi dell'art. 179, comma 1) ovvero revoca l'ammissione alla procedura di concordato, ai sensi dell'art. 173.

Riconosciuta così l'inoppugnabilità del decreto dichiarativo di inammissibilità del concordato preventivo, il giudizio di impugnazione della sopravvenuta sentenza di fallimento potrà dunque concorrere solo con il giudizio di impugnazione del decreto di rigetto della domanda di omologazione del concordato preventivo, che, benché pronunciato senza l'immediata consequenziale dichiarazione del fallimento del debitore, è autonomamente impugnabile.

Nella giurisprudenza di questa Corte, tuttavia, è ormai indiscusso che «la pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi dell'art. 161, sesto comma, l. fall., impedisce temporaneamente la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 l. fall., ma non rende improcedibile il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del P.M., né ne consente la sospensione» (Cass., sez. un., 15 maggio 2015, n. 9935). Sicché, «non sussistendo un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica tra le procedure», il rigetto della domanda di omologazione del concordato, benché non definitivo in quanto ancora reclamabile o comunque già impugnato, rende immediatamente possibile la dichiarazione del fallimento, che «non è esclusa durante le eventuali fasi di impugnazione dell'esito negativo del concordato preventivo» (Cass., sez. un., 15 maggio 2015, n. 9935).

Vero è infatti che «tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza o la richiesta di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi, un rapporto di continenza» (Cass., sez. un., 15 maggio 2015, n. 9935). Ma una volta che sia stato dichiarato il fallimento, può solo essere impugnata la relativa sentenza; non è possibile che il giudizio sulla omologabilità del concordato prosegua dopo la dichiarazione del fallimento.

Nella giurisprudenza di questa Corte si è già chiarito che in questo caso contro la sentenza di fallimento «l'impugnazione può essere proposta anche formulando soltanto censure avverso la dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo», che peraltro non è reclamabile, secondo quanto espressamente prevede l'art. 162 l. fall., né ricorribile per cassazione (Cass., sez. un., 28 dicembre 2016, n. 27073). Occorre ora precisare che la sopravvenuta dichiarazione del fallimento rende inammissibili, e se già proposte improcedibili, le stesse impugnazioni autonomamente proponibili contro il decreto di rigetto della domanda di omologazione del concordato, perché, «non ricorrendo un'ipotesi di pregiudizialità necessaria, il rapporto tra concordato preventivo e fallimento si atteggia come un fenomeno di consequenzialità (eventuale del fallimento, all'esito negativo della pronuncia di concordato) e di assorbimento (dei vizi del provvedimento di rigetto in motivi di impugnazione del successivo fallimento) che determina una mera esigenza di coordinamento fra i due procedimenti» (Cass., sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521).

Sopravvenuto il fallimento, dunque, secondo la giurisprudenza di questa Corte i motivi d'impugnazione proposti contro il diniego di omologazione del concordato si traducono necessariamente in motivi d'impugnazione della dichiarazione di fallimento. I motivi di impugnazione del diniego di omologazione del concordato possono non solo essere anche i soli motivi di impugnazione della sentenza di fallimento; ma debbono essere anche necessariamente riproposti contro la sentenza di fallimento, perché il giudizio di reclamo ex art. 18 l. fall. assorbe l'intera controversia relativa alla crisi dell'impresa.

Riconosciuto in realtà che il fallimento può essere dichiarato anche in pendenza dell'impugnazione proposta contro il diniego di omologazione del concordato (Cass., sez. un., 15 maggio 2015, n. 9935); e chiarito che le censure proponibili contro il diniego di omologazione sono deducibili solo contro la sentenza di fallimento (Cass., sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521); ne consegue che il separato giudizio di omologazione del concordato è reso improseguibile dal sopravvenuto fallimento.

Se il decreto di rigetto della domanda di omologazione del concordato non è stato impugnato autonomamente né censurato con il reclamo avverso la sentenza di fallimento, la decisione di non omologabilità del concordato diviene definitiva e il giudizio di impugnazione ex art. 18 l. fall. verterà esclusivamente sui presupposti del fallimento. Se il decreto di rigetto, in primo o in secondo grado, della domanda di omologazione del concordato è stato a sua volta impugnato, le relative censure debbono essere riproposte nel giudizio di impugnazione della sentenza di fallimento; e il separato giudizio di omologazione del concordato diverrà improcedibile.

Non sarebbe certo ipotizzabile infatti che, in accoglimento del reclamo del debitore, sia dichiarato omologabile un concordato ormai precluso dal sopravvenuto fallimento. Né sarebbe possibile, come s'è già chiarito, la sospensione del giudizio di impugnazione della sentenza di fallimento in attesa della definizione del giudizio di omologazione, perché le questioni relative all'omologazione sono integralmente e necessariamente assorbite nel giudizio di impugnazione della sentenza di fallimento (Cass., sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521).

Il giudice chiamato a pronunciarsi sul fallimento dovrà dunque pronunciarsi anche sulla proposta di concordato. Se confermerà la dichiarazione di fallimento, ribadirà anche il giudizio di non omologabilità del concordato. Potrà invece revocare la dichiarazione del fallimento, ad esempio per insussistenza dello stato di insolvenza, ma non necessariamente omologare il concordato preventivo, la cui proposta debba essere disattesa per una delle ragioni previste dagli artt. 173 e 180 l. fall.

Si deve pertanto concludere con l'enunciazione del seguente principio:

«La sopravvenuta dichiarazione del fallimento comporta l'inammissibilità delle impugnazioni autonomamente proponibili contro il diniego di omologazione del concordato preventivo e comunque l'improcedibilità del separato giudizio di omologazione in corso, perché l'eventuale giudizio di reclamo ex art. 18 l. fall. assorbe l'intera controversia relativa alla crisi dell'impresa, mentre il giudicato sul fallimento preclude in ogni caso il concordato».

Per la novità del principio di diritto così enunciato, si giustifica tuttavia il riconoscimento del diritto delle parti alla rimessione nel termine per riproporre nei giudizi di reclamo ex art. 18 l. fall., attualmente in corso, le difese spiegate nei giudizi di omologazione di concordato preventivo dichiarati improcedibili (Cass., sez. un., 21 maggio 2015, n. 10453).

2. Nel caso in esame il concordato preventivo proposto dalla s.r.l. F.T.I. era stato omologato dal tribunale. Su reclamo dell'I.N.P.S. la proposta di concordato fu poi dichiarata inammissibile dalla Corte d'appello con il decreto del 23 settembre 2014 ora impugnato per cassazione.

Sopravvenuta il 19 novembre 2014 la dichiarazione di fallimento della s.r.l. F.T.I., il giudizio di omologazione del concordato preventivo è divenuto improcedibile, con il conseguente trasferimento della relativa controversia nell'ambito dell'eventuale giudizio di impugnazione della sentenza di fallimento. Sicché il decreto impugnato va cassato senza rinvio a norma dell'art. 382, comma 3, c.p.c., perché il giudizio di omologazione non può essere proseguito.

Le incertezze della giurisprudenza relative anche alla questione di merito dibattuta nel giudizio (falcidiabilità del credito INPS) giustificano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Cassa senza rinvio il decreto impugnato e compensa le spese del giudizio di legittimità.

F. Di Marzio (dir.)

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