Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 14 aprile 2017, n. 1778

Presidente: Anastasi - Estensore: Di Carlo

FATTO E DIRITTO

1. La presente controversia riguarda l'impugnazione della nota prot. n. 4376/2015 del 19 maggio 2015 con la quale il Comune di San Cipriano di Aversa ha comunicato al sig. Gaetano C. la delibera di consiglio comunale n. 15 del 18 marzo 2015, anch'essa oggetto di impugnazione, con la quale l'amministrazione comunale ha proceduto all'acquisizione sanante del terreno di quest'ultimo; nonché della delibera commissariale n. 61 del 25 novembre 2013, con cui sono stati trasmessi gli atti all'organo di liquidazione costituito a seguito della dichiarazione di dissesto finanziario dell'ente.

2. Giova premettere, per meglio chiarire la situazione in punto di fatto, che: 1) il sig. C. Gaetano, dante causa degli odierni appellanti, era proprietario di un appezzamento di terreno sito in San Cipriano di Aversa ed avente una dimensione di ettari 2, are 13, centiare 06, identificato in catasto al foglio 6, partita 304, part. 147; 2) in data 1° febbraio 1993 il Comune autorizzava l'Enel ad occupare il detto suolo al fine di realizzare la linea elettrica 150 Kw Villa Literno - Calvizzano - Fratta; 3) alla scadenza del periodo di legittima occupazione non veniva adottato il conseguente decreto di esproprio; 4) il sig. C. Gaetano proponeva, dunque, ricorso per ottenere la declaratoria dell'illegittima occupazione del fondo da parte dell'amministrazione comunale e per ottenere la condanna di quest'ultima, in solido con l'Enel, a pagare il risarcimento per l'irreversibile trasformazione del fondo; 5) il Tar per la Campania, Napoli, sez. V, con la sentenza n. 13972 dell'11 giugno 2010 accoglieva il ricorso con una pronuncia propulsiva volta, in via alternativa, al raggiungimento di un accordo bonario di trasferimento; ovvero all'adozione del decreto di acquisizione del bene al patrimonio comunale; ovvero, in difetto, alla restituzione del bene al legittimo proprietario; 6) avverso la suddetta sentenza spiegavano appello, per ragioni diverse e con separate impugnazioni, il Comune di San Cipriano ed Enel; 7) in data 9 dicembre 2010 il sig. C. Gaetano adiva nuovamente il Tar per ottenere l'esecuzione della sentenza n. 13972/2010; 8) il Tar definiva questo giudizio con la sentenza n. 5279 del 10 novembre 2011 accertando la condotta illegittima dell'amministrazione e l'irreversibile trasformazione del bene e condannando quest'ultima ad adottare il decreto di acquisizione sanante ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001; 9) di fronte alla perdurante inerzia, veniva promosso il ricorso n. 2088/2014 per l'esecuzione del giudicato formatosi sulle sentenze del Tar n. 13972/2010 e 5279/2011; 10) nelle more di questo giudizio veniva adottata la deliberazione di Consiglio comunale n. 15 del 18 marzo 2015 con cui era disposta l'acquisizione, ai sensi dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, di parte della particella 147, per una superficie pari a mq 4.998 e si determinava in euro 24.940,00 l'indennizzo dovuto per il pregiudizio patrimoniale, in euro 22.446,00 il risarcimento per il periodo di occupazione senza titolo ed in euro 2.494,00 l'indennizzo non patrimoniale; 11) anche questo decreto diveniva oggetto di impugnazione da parte degli Eredi C. con il ricorso r.g.n.r. 3321/2015 lamentando che: a) al provvedimento di acquisizione sanante dell'area occupata sarebbe stata illegittimamente conferita efficacia retroattiva, in violazione di quanto disposto dall'art. 42-bis, comma 1, d.P.R. n. 327/2001, sotto un duplice profilo, in quanto, da un lato, il valore del bene sarebbe stato determinato con riferimento all'epoca di realizzazione dell'opera (1999), dall'altro, il debito sarebbe stato inserito nella massa passiva ancorché il dissesto finanziario dell'ente sia stato dichiarato con delibera n. 61 del 25 novembre 2013; b) con il gravato provvedimento l'amministrazione avrebbe illegittimamente acquisito la sola superficie (di mq 4.988) interessata dal passaggio dell'elettrodotto anziché le fasce di rispetto poste ai lati dello stesso; c) al momento dell'acquisizione l'area non poteva più essere considerata agricola, sicché sarebbe erronea la quantificazione del valore venale dell'area ai fini della determinazione dell'indennizzo previsto dall'art. 42-bis, d.P.R. n. 327/2001; 12) il Tar con la sentenza n. 1640/2016, oggi impugnata, previa riunione dei ricorsi r.g.n.r. 2088/2014 e 3321/2015, dichiarava improcedibile il ricorso r.g.n.r. 2088/2014 e in parte respingeva ed in parte dichiarava inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso r.g.n.r. 3321/2015, compensando le spese di lite.

3. Gli eredi C. hanno censurato la predetta sentenza nella parte in cui - a loro dire - il Tar avrebbe ricondotto l'oggetto dell'impugnazione alla questione della mera quantificazione delle somme, anziché a quella (presupposta) dell'illegittimità del provvedimento di acquisizione sanante sotto il profilo dell'esatta individuazione dell'efficacia temporale del decreto; dell'oggetto materiale dell'acquisizione; dell'esatta qualificazione giuridica della natura delle aree da acquisire, riproponendo pertanto tutti i motivi di doglianza già prospettati nel primo grado del giudizio.

4. Si è costituita Enel Distribuzione s.p.a. con memoria di stile chiedendo pronunciarsi l'inammissibilità, l'irricevibilità, l'improcedibilità e/o l'infondatezza dell'atto di appello.

5. Si è costituito il Comune di San Cipriano, anch'esso con memoria di stile, chiedendo pronunciarsi l'inammissibilità, l'irricevibilità, l'improcedibilità e/o l'infondatezza dell'atto di appello.

6. Si è costituita la Prefettura di Caserta, anch'essa con memoria di stile.

7. Le parti hanno ulteriormente contraddetto attraverso il deposito di memorie. Quelle depositate dagli Eredi C. (tardivamente, il 16 gennaio 2017 e il 26 gennaio 2017) restano inutilizzabili. Enel, invece, con memoria tempestivamente depositata il 17 gennaio 2017, ha insistito nelle già rassegnate conclusioni.

8. All'udienza pubblica del 2 febbraio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. L'appello è infondato e non merita accoglimento per i seguenti rilievi.

9.1. Col primo motivo parte appellante sostiene che al provvedimento di acquisizione sanante dell'area occupata sarebbe stata illegittimamente conferita efficacia retroattiva, in violazione di quanto disposto dall'art. 42-bis, comma 1, d.P.R. n. 327/2001, sotto un duplice profilo, in quanto, da un lato, il valore del bene sarebbe stato determinato con riferimento all'epoca di realizzazione dell'opera (1999), dall'altro, il debito sarebbe stato inserito nella massa passiva ancorché il dissesto finanziario dell'ente sia stato dichiarato con delibera n. 61 del 25 novembre 2013.

Il motivo è destituito di fondamento. Come correttamente osservato dal giudice di prime cure, è anzi documentale che il decreto di acquisizione sanante non rechi, in alcun punto, una pretesa efficacia retroattiva, specificando il medesimo, testualmente, che il trasferimento del diritto di proprietà si produrrà solo al momento dell'effettivo pagamento delle somme, sicché il riferimento, temporale, all'epoca di realizzazione delle opere, involge la diversa questione, appartenente alla cognizione del giudice ordinario, dell'esatta determinazione e quantificazione delle somme dovute a titolo di indennizzo. Peraltro, pure il secondo aspetto della questione (il regime giuridico del credito liquidato dall'amministrazione a seguito della trasmissione all'organo di liquidazione in ipotesi di dichiarazione di dissesto dell'ente) pertiene pacificamente alla giurisdizione del giudice ordinario, di tal ché non può ravvisarsi, nella mera circostanza che il debito è stato inserito nella massa passiva ancorché il dissesto finanziario dell'ente è stato dichiarato con delibera n. 61 del 25 novembre 2013, un (indebito) tentativo di attribuire efficacia retroattiva al decreto di acquisizione.

9.2. Col secondo motivo parte appellante lamenta che con il gravato provvedimento l'amministrazione avrebbe illegittimamente acquisito la sola superficie (di mq 4.988) interessata dal passaggio dell'elettrodotto anziché le fasce di rispetto poste ai lati dello stesso.

Anche questo motivo non ha pregio. È documentale che vi è assoluta identità, quanto all'estensione dell'area, tra quella oggetto dell'originario decreto di occupazione d'urgenza e quella da ultimo acquisita, pari a mq 4.998, sicché la questione della dedotta diminuzione del valore del fondo residuo, in relazione alle limitazioni (legali) della sua potenzialità di utilizzo in ragione della prossimità della fascia di rispetto alla linea elettrica, involge anche in questo caso la problematica dell'esatta determinazione e liquidazione dell'indennizzo, di competenza del giudice ordinario. In caso di espropriazione parziale, infatti, come da costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, "la diminuzione di valore subita dalla parte residua del fondo è indennizzabile solo nella misura in cui sussista un rapporto immediato e diretto tra la parziale ablazione e il danno, non anche allorché il deprezzamento sia dovuto a limitazioni legali della proprietà o a vincoli che non colpiscono in modo specifico e differenziato la porzione residua del fondo, risolvendosi in obblighi o limitazioni di carattere generale che gravano, indipendentemente dall'intervento ablatorio, su tutti i beni che si trovino in una certa posizione di vicinanza rispetto all'opera pubblica realizzata o da realizzare" (Cass. civ., sez. I, 16 aprile 2014, n. 8873).

Secondo altro costante e pacifico orientamento della Suprema Corte, peraltro, i proprietari di immobili ubicati nella fascia di rispetto non hanno alcuna posizione giuridica tutelabile a che l'amministrazione ferroviaria espropri i loro beni o li acquisisca al proprio patrimonio anche mediante strumenti privatistici in assenza di precipua volontà dell'ente pubblico di assoggettarsi alle regole di diritto comune, ricevendo essi tutela soltanto contro atti ablatori e non potendosi neppure configurare gli elementi dell'istituto dell'espropriazione di frazioni residue non utilizzabili, comunque legato ad apprezzamenti discrezionali dell'amministrazione (Cass. civ., sez. un., 21 maggio 2007, n. 11667).

9.3. Col terzo motivo parte appellante lamenta che al momento dell'acquisizione l'area non poteva più essere considerata agricola, sicché sarebbe erronea la quantificazione del valore venale dell'area ai fini della determinazione dell'indennizzo previsto dall'art. 42-bis, d.P.R. n. 327/2001. Anche in questo caso è del tutto pacifico, alla luce dei più recenti arresti giurisprudenziali, che la giurisdizione non appartiene a questo plesso giurisdizionale.

Come, infatti, già correttamente osservato da questo Consiglio di Stato "Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, e non di quello amministrativo, nella controversia proposta dal privato proprietario di un fondo per l'annullamento della delibera con la quale la Pubblica amministrazione, che lo aveva illegittimamente occupato, ne ha disposto l'acquisizione sanante ex art. 42-bis, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, ove la controversia attenga esclusivamente alla quantificazione dell'importo dovuto in applicazione di detto articolo, non venendo in contestazione (n.d.r., come nel caso di specie) l'utilizzo, da parte dell'Amministrazione, di tale strumento né la legittimità dello stesso in relazione alla sussistenza dei presupposti normativamente previsti per la emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante" (C.d.S., sez. IV, 4 dicembre 2015, n. 5530; in argomento anche sez. IV, 4 dicembre 2015, n. 5530; sez. IV, 15 settembre 2016, n. 3878; sez. IV, 1° marzo 2017, n. 941).

L'indirizzo in esame costituisce, del resto, integrale recepimento della giurisprudenza, espressa ai massimi vertici delle giurisdizioni superiori, secondo cui nella nuova configurazione normativa della fattispecie, l'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale per la perdita del diritto di proprietà all'esito - nell'ambito di un apposito procedimento espropriativo, del tutto autonomo rispetto alla precedente attività della stessa Amministrazione - del peculiare provvedimento di acquisizione ivi previsto (presupposto da indicare puntualmente nella motivazione di tale provvedimento), non ha natura risarcitoria ma indennitaria, con l'ulteriore corollario che le controversie aventi ad oggetto la domanda di determinazione o di corresponsione dell'indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario (Corte cost., 30 aprile 2015, n. 71; C.d.S., ad. plen., 9 febbraio 2016, n. 2; Cass. civ., sez. un., 25 luglio 2016, n. 15283).

10. Le spese di lite possono essere equitativamente compensate in ragione della particolare difficoltà delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.