Consiglio di Stato
Adunanza plenaria
Sentenza 19 settembre 2017, n. 6

Presidente: Pajno - Estensore: Forlenza

FATTO

1.1. La III Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 23 marzo 2017, n. 1322, ha rimesso a questa Adunanza Plenaria la questione concernente l'ammissibilità, nel sistema anteriore all'entrata in vigore dell'art. 14 del d.P.C.M. 16 febbraio 2016 n. 40 ("Regolamento recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico"), della notifica a mezzo PEC del ricorso instaurativo del giudizio amministrativo, anche in difetto di apposita autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, c.p.a.

La predetta ordinanza è stata pronunciata nell'ambito del giudizio di appello instaurato dalla società Sirio cooperativa sociale. Quest'ultima,, con ricorso r.g. n. 9161/2016, ha impugnato la sentenza del TAR Puglia, sez. I di Bari, 20 luglio 2016, n. 951, di declaratoria di irricevibilità del ricorso da essa proposto per l'annullamento della aggiudicazione definitiva (disposta in favore della società Genesi soc. coop.) del servizio per il rafforzamento di assistenza domiciliare anziani e disabili gravi ultrasessantacinquenni.

Più in particolare, la società appellante ha proposto i seguenti motivi di impugnazione:

erroneità della sentenza appellata, nella parte in cui ha dichiarato irricevibile il ricorso di I grado;

erroneità della sentenza appellata, nella parte in cui ha rigettato il primo motivo del ricorso di I grado; con tale motivo, la società Sirio aveva censurato l'ammissione alla gara e l'aggiudicazione della stessa in favore della Cooperativa Genesi, rilevando come i "gravi addebiti penali" mossi al presidente del consiglio di amministrazione dell'epoca, avessero "eliso in radice ogni possibilità di instaurare un vincolo fiduciario tra la stessa impresa e l'amministrazione";

erroneità della sentenza appellata, nella parte in cui ha rigettato il secondo ed il terzo motivo del ricorso in I grado; con i quali venivano evidenziati (e censurati) "macroscopici episodi di illogicità e di incongruenza valutativa da parte della Commissione giudicatrice" nell'attribuzione dei punteggi alle offerte tecniche;

erroneità della sentenza appellata, nella parte in cui ha rigettato il quarto motivo del ricorso di I grado, con il quale si è dedotta "la patente illegittimità delle valutazioni di congruità nella specie espresse dalla stazione appaltante nei confronti dell'offerta economica della Cooperativa Genesi".

1.2. La Sezione da atto che, sulla questione ora oggetto di rimessione, "vi è una evidente spaccatura nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato", rilevando che:

- "in base all'orientamento minoritario, seguito dalla sentenza impugnata, nel processo amministrativo, in assenza di apposita autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, c.p.a., è inammissibile la notifica del ricorso giurisdizionale mediante posta elettronica certificata (PEC), ai sensi della l. 21 gennaio 1994, n. 53" (C.d.S., sez. IV, 17 gennaio 2017, nn. 130 e 156; Id., 13 dicembre 2016, n. 5226; sez. III, 20 gennaio 2016, n. 189). Secondo tale giurisprudenza, "fino all'entrata in vigore del d.P.C.M. previsto dall'art. 13 dell'All. 2 al codice del processo amministrativo, la notifica a mezzo PEC deve essere considerata una forma speciale di notificazione che, in assenza di apposita autorizzazione presidenziale, non può che risultare inesistente, e dunque insanabile";

- l'orientamento prevalente, "riconosce, al contrario, l'immediata applicazione nel processo amministrativo delle norme sancite dagli artt. 1 e 3-bis della l. n. 53/1994, secondo cui "la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata" (cfr. ex plurimis, C.d.S., sez. IV, 3 marzo 2017, n. 998; Id, 22 novembre 2016, n. 4895; sez. V, 4 novembre 2016, n. 4631; sez. VI, 26 ottobre 2016, n. 4490; sez. III, 10 agosto 2016, n. 3565; sez. III, 6 luglio 2016, n. 3007; sez. III, 14 gennaio 2016, n. 91; sez. VI, 22 ottobre 2015, n. 4862; sez. III, 9 luglio 2015, n. 4270; sez. VI, 28 maggio 2015, n. 2682; C.g.a.r.s., 8 luglio 2015, n. 615).

Secondo tale prevalente indirizzo, l'art. 46 d.l. 24 giugno 2014, n. 90 (che ha introdotto il comma 3-bis nell'art. 16-quater d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in l. 17 dicembre 2012, n. 221) "non ha sancito l'inapplicabilità al processo amministrativo del meccanismo della notificazione in via telematica a mezzo PEC, prevista dalla l. n. 56/1994, ma solo delle disposizioni (commi 2 e 3 dell'art. 16-quater del d.l. n. 179/2012), che demandano ad un decreto del Ministro della Giustizia l'adeguamento alle nuove disposizioni delle regole tecniche già dettate col d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, e che regolano l'acquisizione di efficacia delle disposizioni di cui al comma 1 del'art. 16-quater". Né, d'altra parte, "l'immediata applicabilità delle norme di legge vigenti sulla notifica del ricorso a mezzo PEC può essere subordinata all'entrata in vigore del d.P.C.M. al quale fa riferimento l'art. 13 dell'Allegato 2 al c.p.a.".

In definitiva, secondo tale prevalente indirizzo, "stante l'immediata applicabilità della l. n. 53/1994, la mancata autorizzazione presidenziale non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC, atteso che la disposizione di cui all'art. 52, comma 2, c.p.a., si riferisce a "forme speciali" di notifica, quale non è... quella in esame".

1.3. La Sezione remittente - pur condividendo tale indirizzo maggioritario, come da ultimo esposto, ritenendolo "conforme non solo al contenuto e alla lettera del comma 3-bis dell'art. 16-quater citato ma anche alla tendenza... del processo amministrativo a trasformarsi in processo telematico" (della quale una diversa interpretazione costituirebbe "un'irragionevole arresto del percorso in atto") - ritiene opportuna una pronuncia dell'Adunanza Plenaria "alla luce del contrasto giurisprudenziale rilevato e considerato il significativo rilievo pratico della questione controversa".

2. Con memoria depositata in data 8 maggio 2017, la Sirio cooperativa sociale insiste per l'accoglimento dell'appello proposto. In particolare, l'appellante, nel procedere ad una ricostruzione della normativa succedutasi del tempo in materia di processo telematico, e, più specificamente, di notificazione a mezzo PEC, conclude affermando che l'art. 25, comma 3, lett. a), l. 183/2011, nel modificare l'art. 1 della l. n. 53/1994, ed introducendo la possibilità per gli avvocati di effettuare le notificazioni degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale anche a mezzo di posta elettronica certificata, ha fatto "assurgere la notifica a mezzo PEC da forma eccezionale di notificazione, da effettuarsi previa autorizzazione presidenziale ex art. 52 c.p.a., a mezzo ordinario di notificazione, non potendosi escludere l'immediata operatività di essa pur in attesa del varo delle regole tecnico-operative previste dall'art. 13 dell'all. n. 2 al d.lgs. 104/2010 (regole peraltro ultimamente emanate con il d.P.C.M. n. 40 del 16 febbraio 2016)".

Il Comune di Bari e la società Genesi soc. coop., costituite nel giudizio di appello, non hanno depositato memorie sulla specifica questione devoluta all'esame dell'Adunanza Plenaria.

All'udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

3. L'Adunanza Plenaria condivide l'orientamento espresso in modo prevalente dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, per le ragioni e con le precisazioni di seguito esposte.

3.1. L'art. 1 della l. 21 gennaio 1994, n. 53 (recante "Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali"), prevedeva, nel suo testo originario, che:

"1. L'avvocato o il procuratore legale, munito di procura alle liti a norma dell'art. 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell'ordine nel cui albo è iscritto a norma dell'art. 7 della presente legge, può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, salvo che l'autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente".

Successivamente, il testo dell'art. 1, veniva integrato (per effetto dell'art. 25, comma 3, lett. a), l. 12 novembre 2011, n. 183, ed a decorrere dal 1° gennaio 2012), con l'introduzione - dopo le parole "legge 20 novembre 1982, n. 890" - delle parole "ovvero a mezzo della posta elettronica certificata...".

Nel suo testo attualmente vigente (a decorrere dal 25 giugno 2014, dopo le ulteriori modificazioni introdotte dall'art. 46, lett. a), d.l. 14 giugno 2014, n. 90, conv. in l. 11 agosto 2014, n. 114), l'art. 1 l. n. 53/1994 dispone:

"1. L'avvocato o il procuratore legale, munito di procura alle liti a norma dell'art. 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell'ordine nel cui albo è iscritto a norma dell'art. 7 della presente legge, può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, salvo che l'autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente. Quando ricorrono i requisiti di cui al periodo precedente, fatta eccezione per l'autorizzazione del consiglio dell'ordine, la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata".

Dalla lettura delle successive versioni dell'art. 1 l. n. 53/1994, appare possibile affermare che il legislatore considera, almeno dal 1° gennaio 2012, la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, come un mezzo ordinario di notificazione, che, in quanto tale, non necessita di particolari autorizzazioni da parte del giudice.

Anzi, nel nuovo contesto normativo, è la notifica "eseguita personalmente" a dover essere espressamente prescritta dall'autorità giudiziaria, in quanto eccezione a forme "generali" di notifica, quali sono quella effettuata direttamente dall'avvocato avvalendosi del servizio postale, ovvero quella eseguita a mezzo di posta elettronica certificata.

3.2. La natura di mezzo ordinario di notificazione riconosciuta alla notifica a mezzo PEC e la sua immediata operatività nell'ambito del processo amministrativo non sono negate né ostacolate dall'art. 16-quater d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (inserito dall'art. 1, comma 19, n. 2), l. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013).

Tale articolo era composto, originariamente, da tre commi, ai quali ne è stato successivamente aggiunto un quarto (comma 3-bis) dall'art. 46, comma 2, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv. dalla l. 11 agosto 2014, n. 114. L'articolo prevede:

- al comma 1, modifiche alla citata l. n. 94 del 1993, in particolare introducendo, per quel che interessa nella presente sede, l'art. 3-bis, in base al quale "La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi";

- al comma 2: "Con decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si procede all'adeguamento delle regole tecniche di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44";

- al comma 3: "Le disposizioni di cui al comma 1 acquistano efficacia a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto di cui al comma 2".

Infine, il comma 3-bis (successivamente aggiunto) prevede:

"Le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano alla giustizia amministrativa".

3.3. L'esame delle disposizioni innanzi riportate, tenuto conto delle diverse versioni delle medesime susseguitesi nel tempo, rende evidente come:

- per un verso, il legislatore, come innanzi già constatato, ritiene la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, un mezzo ordinario di notificazione (art. 1 l. n. 94/1993);

- per altro verso, il medesimo legislatore, nell'apportare modifiche alla l. n. 94/1993, ha previsto la necessità di adeguamento delle regole tecniche di cui al decreto del Ministro della Giustizia 21 febbraio 2011 n. 44, recante "regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione" (art. 16-quater, comma 2);

- per altro verso ancora, ha, di conseguenza, fissato l'entrata in vigore delle modifiche alla l. n. 94/1993, al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto recante adeguamento delle regole tecniche (art. 16-quater, comma 3).

In tale contesto, il comma 3-bis, successivamente introdotto, che prevede che "le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano alla giustizia amministrativa", lungi dal poter essere interpretato nel senso di non consentire l'applicabilità immediata al processo amministrativo della notifica a mezzo PEC, esclude proprio che disposizioni specificamente previste per il processo civile e penale (e segnatamente quella sul differimento dell'entrata in vigore) possano intendersi estese anche al processo amministrativo, per di più producendo un effetto di "paralisi" della notifica a mezzo PEC nell'ambito di quest'ultimo.

Tale conclusione si fonda sia sulla interpretazione letterale del comma 3-bis (peraltro solo successivamente introdotto dal legislatore), che esclude la sola immediata applicazione dei precedenti commi 2 e 3 (evidentemente rivolti ai processi civile e penale), sia sul rilievo che il testo vigente dell'art. 1 l. n. 94/1993, non risulta modificato dall'art. 16-quater d.l. n. 179/2012.

D'altra parte, ed al di la del chiaro dato letterale della norma, non appare ragionevole ritenere che l'emanazione di un decreto recante regole tecniche per i processi civile e penale, da emanarsi da parte del Ministro della Giustizia, autorità priva di competenza in merito al processo amministrativo telematico, possa condizionare l'attuazione di quest'ultimo e, segnatamente, bloccare, nel suo ambito, le disposizioni relative alla notifica degli atti a mezzo PEC da parte degli avvocati.

Né può sostenersi che, non essendo state all'epoca emanate le regole tecniche per il processo amministrativo, il "difetto di disciplina" renderebbe impossibile l'applicazione della notificazione a mezzo PEC.

Giova, a tal fine, osservare che proprio l'art. 16-quater ha introdotto, nella l. n. 94/1993, l'art. 3-bis, che detta disposizioni sulla notificazione con modalità telematica; e tale disposizione, proprio per effetto dell'esclusione, operata dal comma 3-bis dell'art. 16-quater, dell'applicazione dei commi 2 e 3 del medesimo articolo, risulta immediatamente applicabile al processo amministrativo.

4. La natura di mezzo generale di notificazione (e di immediata applicazione) riconosciuta alla notifica a mezzo PEC consente di affermare che la stessa non risulta impedita fin tanto che non è stato emanato il d.P.C.M., previsto dall'art. 13, all. 2 (norme di attuazione), del c.p.a.; decreto recante le "regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l'aggiornamento del processo amministrativo telematico" (che, come è noto, è stato successivamente emanato: d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40).

In primo luogo, occorre osservare che il decreto previsto dalla disposizione innanzi indicata disciplina, in generale, il processo amministrativo telematico "nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente" e "tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali".

Il legislatore ha, in tal modo, previsto un "duplice canale" di attuazione del processo telematico, in logica considerazione delle differenze esistenti tra gli ordinamenti processuali ed anche delle competenze previste in materia (del Presidente del Consiglio dei Ministri per il processo amministrativo e per gli atti stragiudiziali in materia; del Ministro della Giustizia per i processi civile e penale e relativi atti stragiudiziali).

Ciò, tuttavia, non comporta che possa ritenersi impedita la notifica a mezzo PEC, la quale, oltre ad essere prevista da distinta norma primaria, risulta non essere condizionata dalla disciplina specifica del processo amministrativo telematico, che concerne (indispensabilmente) l'applicazione della telematica al sistema processuale amministrativo a partire dal deposito (in via telematica) dell'atto instaurativo del giudizio, già oggetto di notifica a mezzo PEC.

In secondo luogo, occorre osservare che l'art. 13 delle disposizioni di attuazione al c.p.a. non contiene alcuna disposizione volta a rendere "non operante" la disciplina della notifica a mezzo PEC.

Ciò comporta che, non essendo possibile alcuna interpretazione in tal senso confortata dal dato letterale, né (per le ragioni appena esposte) resa necessaria da considerazioni logico-sistematiche o, comunque, fondate su rilievi di natura oggettiva, ne consegue che la suddetta disciplina della notifica a mezzo PEC, di cui alla l. n. 94/1993, deve essere ritenuta pienamente efficace nell'ambito del processo amministrativo.

5. Le conclusioni cui si è pervenuti non sono revocate in dubbio da quanto previsto dall'art. 52, comma 2, c.p.a., secondo il quale "il presidente può autorizzare la notificazione del ricorso o di provvedimenti anche direttamente dal difensore con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica e fax, ai sensi dell'art. 151 del codice di procedura civile".

Quest'ultimo prevede che "il giudice può prescrivere, anche di ufficio, con decreto steso in calce all'atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di telegramma collazionato con avviso di ricevimento quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità, di riservatezza o di tutela della dignità".

L'Adunanza Plenaria non ritiene che dalla riportata disposizione del codice del processo amministrativo possa evincersi un impedimento alla immediata applicazione della notifica a mezzo PEC, ancorché la stessa sia disposta, in via generale, dalla legge (nel senso che, essendo prevista una previa autorizzazione presidenziale per la notifica "per via telematica", ciò comporterebbe l'impossibilità di disporre in via immediata e diretta della notifica a mezzo PEC da parte del difensore non munitosi di tale previa autorizzazione).

L'art. 52, comma 2, in coordinamento con l'art. 151 c.p.c. - in evidente attuazione del diritto alla tutela giurisdizionale, riconosciuto dall'art. 24 Cost., e nel rispetto dell'inviolabile diritto di difesa della parte evocata in giudizio - intende conferire in via generale al Giudice il potere di disporre modalità di instaurazione del contraddittorio, ovvero di migliore attuazione del medesimo, anche non ricorrendo ai mezzi previsti dalla legge, quando questi ultimi appaiano inadeguati con riferimento alla situazione concreta.

Ciò comporta che, laddove un mezzo di notificazione sia previsto dalla legge (come nel caso della notifica a mezzo PEC), e si dimostri adeguato a garantire i principi costituzionali innanzi ricordati, non ricorrono i presupposti per l'applicazione dell'art. 52, comma 2, c.p.a., che intende appunto sopperire - attraverso una "libertà delle forme" rimessa tuttavia al previo prudente apprezzamento del Giudice - proprio a situazioni di inadeguatezza dei mezzi di notificazione ordinari.

D'altra parte, occorre osservare che, nel contesto dell'art. 52, comma 2, c.p.a., ovvero dell'art. 151 c.p.c., il riferimento (nel primo) al mezzo telematico o al fax, ovvero (nel secondo) al telegramma collazionato, appaiono essere introdotti in via meramente esemplificativa, senza che da ciò possa dedursi una esclusione dell'utilizzo di tali mezzi, ove previsti in via ordinaria dalla legge.

Né, da ultimo, occorre dimenticare che l'interpretazione delle norme deve certamente considerare il contesto storico e socio-economico nonché il progresso scientifico e tecnologico del momento nel quale della norma occorre fare applicazione, richiedendo che il Giudice attui una lettura "evolutiva" della norma medesima.

Il che, nel caso di specie, comporta che il Giudice non può non considerare come la progressiva attuazione ed estensione dei mezzi informatici, con un utilizzo dei medesimi assistito da necessarie ed opportune garanzie, richiede anche una lettura delle norme che le renda coerenti con il momento storico della loro applicazione.

Proprio in virtù di ciò, fermo quanto sin qui esposto, giova da ultimo osservare che - così come condivisibilmente affermato dall'ordinanza di rimessione - una diversa interpretazione costituirebbe "un'irragionevole arresto del percorso in atto" volto alla trasformazione del processo amministrativo in processo telematico.

6. L'Adunanza Plenaria enuncia, in conclusione, il seguente principio di diritto:

"la notificazione del ricorso instaurativo del processo amministrativo può avvenire per posta elettronica certificata (PEC), nel rispetto delle disposizioni che la regolano, anche prima dell'adozione del d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 ed indipendentemente dall'autorizzazione presidenziale, di cui all'art. 52, comma 2, del codice del processo amministrativo".

Tanto affermato, l'Adunanza Plenaria accoglie il primo motivo di appello proposto (riportato sub lett. a) dell'esposizione in fatto) e dispone che gli atti del presente giudizio vengano restituiti alla Sezione III del Consiglio di Stato, per ogni sua ulteriore statuizione in rito e nel merito, in riferimento agli ulteriori motivi di impugnazione proposti, nonché sulle spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), pronunciando sull'appello proposto da Sirio coop. sociale (n. 9161/2016 r.g.):

a) accoglie il primo motivo di appello proposto e, per l'effetto, riforma in parte la sentenza impugnata;

b) restituisce gli atti alla Terza Sezione del Consiglio di Stato, per ogni ulteriore statuizione in rito e nel merito, nonché sulle spese ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

L. Tramontano (cur.)

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