Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per il Lazio
Sentenza 22 dicembre 2017, n. 399

Presidente: Maggi - Estensore: Guida

FATTO

1. Con atto di citazione del 3 novembre 2014, il Pubblico ministero contabile ha contestato ai sopra ricordati convenuti di aver arrecato un danno all'erario pubblico (comune di Roma - AMA s.p.a.) pari ad Euro 7.948.102,53, ripartito tra gli stessi con il vincolo della solidarietà, per avere, con dolo, violato la normativa in materia di contratti pubblici, al solo fine di arrecare un ingiusto profitto al Consorzio Elis Consel, e per aver assunto o concorso ad assumere personale in violazione delle norme di legge volte a garantire l'imparzialità, l'efficienza e la trasparenza.

1.1. Giova preliminarmente ricordare che il presente giudizio veniva sospeso all'udienza del 24 febbraio 2015 in quanto alcuni dei convenuti avevano presentato alla Corte di Cassazione ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione per statuire la carenza di giurisdizione della Corte dei conti, sull'assunto dell'impossibilità di considerare l'AMA come società in house. Con ordinanza n. 14040/16 depositata l'8 luglio 2016, la Corte Suprema di Cassazione ha, di contro, "dichiarato la giurisdizione della Corte dei conti", riconoscendo la natura in house della predetta società, a cui è seguita la riassunzione del presente giudizio da parte della Procura contabile.

1.2. Venendo, dunque, ai fatti contestati, essi attengono, in via di prima approssimazione, a tre diverse fattispecie concernenti l'assunzione di personale non dirigenziale da parte di AMA s.p.a.

La prima si sarebbe concretizzata nell'illegittimo affidamento di un incarico di ricerca, formazione e selezione al CONSEL - Consorzio ELIS per la formazione professionale superiore (società consortile senza scopo di lucro alla quale AMA s.p.a. aderì nel 2008), per selezionare candidati alla qualifica di autisti, operatori ecologici ed interratori (20 interratori/seppellitori, 324 operatori ecologici, 200 autisti di mezzi pesanti) [corrispondente ai capi di imputazione del relativo processo penale A, B, C, D, E]. In tale fattispecie troverebbero origine diverse voci di danno erariale, a carico dei convenuti P. e C.:

- la prima, ammontante ad Euro 392.000,00, pari all'importo complessivamente pagato per l'affidamento con determina del 4 giugno 2009, n. 159 di una prima parte del predetto incarico, in assenza da parte del Consorzio Elis dell'autorizzazione e relativa iscrizione all'albo tenuto presso il Ministero del Lavoro prevista dall'art. 4 d.lgs. 276/03 e in violazione, oltre che della predetta disciplina, altresì dell'art. 27 d.lgs. n. 163/06;

- la seconda, ammontante ad Euro 72.000,00, relativa ad un secondo affidamento al medesimo Consorzio di altro analogo incarico avvenuto con determina del 25 novembre 2009, n. 309;

- la terza, pari ad Euro 96.000,00, per ulteriore analogo incarico, affidato con determina del 14 ottobre 2010, n. 22.

La seconda fattispecie avrebbe riguardato l'assunzione a tempo indeterminato presso AMA s.p.a., disposta con determina 7 settembre 2009, n. 244, di 23 autisti di mezzi pesanti "in violazione dei principi stabiliti per il reclutamento del personale dall'art. 35 d.lgs. n. 165/2001" [corrispondente ai capi di imputazione penale F, G, H]. Più nello specifico, vi sarebbe stata un'indebita assunzione, a tempo indeterminato presso AMA s.p.a., deliberata con determina n. 244/09 del 7 settembre 2009, di persone inidonee e risultate, viceversa, idonee mediante alterazione del punteggio finale, ottenuto tramite modifica del voto relativo al colloquio orale e/o al coefficiente attitudinale conseguito, ed un corrispondente notevole danno per l'erario pubblico costituito dal pagamento delle competenze economiche da parte di AMA s.p.a., per un importo pari a Euro 1.802.997,96, a carico dei convenuti P. e F.

La terza fattispecie si sostanzierebbe nell'assunzione di 41 dipendenti, che non sarebbe avvenuta il 20 ottobre 2008, come falsamente attestato, ma successivamente, mediante una manomissione dei relativi atti e, quindi, "in violazione dell'art. 18 d.l. n. 112/08 conv. in legge 133/08 e dell'art. 35 d.lgs. n. 165/01", normativa, la cui entrata in vigore avrebbe impedito tali assunzioni dirette [corrispondente ai capi di imputazione penale I, L]. Più nello specifico sarebbe stato attribuito, alle 41 persone assunte, un ingiusto vantaggio patrimoniale consistito sia nella stipula da parte dei predetti di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a progetto con AMA, in Roma, in data successiva e prossima al 20 ottobre 2008, che un corrispondente notevole danno per l'erario pubblico costituito dal pagamento delle competenze economiche da parte di AMA s.p.a., per un importo complessivo pari ad Euro 5.585.104,57, che andrebbe suddiviso tra i convenuti P., C. e R.

1.2. In altre parole il danno erariale, le cui componenti sono state ora richiamate, sarebbe stato determinato dalla violazione della normativa in materia di contratti pubblici al solo fine di arrecare un ingiusto profitto al Consorzio Elis Consel, non in possesso dei requisiti di legge, per la gestione di procedure di assunzioni che l'AMA poteva e doveva organizzare in un rapporto diretto con le strutture pubbliche istituzionalmente deputate a facilitare l'impiego dei cittadini e dall'effettuazione di assunzioni di personale in violazione della normativa volta a garantire l'imparzialità, l'efficienza e la trasparenza dell'azione amministrativa in applicazione del principio sancito dall'art. 97, 3° comma, della Costituzione.

1.3. La prospettazione della procura contabile si fonda, integralmente, sulle correlate imputazioni penali relative ai medesimi fatti, avendo la Procura attrice assunto i relativi capi di imputazione a fattispecie causativa del preteso danno erariale. Successivamente alla notifica dell'atto di citazione in riassunzione è sopraggiunta anche la sentenza di secondo grado (Corte di Appello di Roma, sez. II Penale, depositata il 26 aprile 2017, n. 1153/2017), che ha ridotto le condanne inflitte nel processo penale di primo grado (Tribunale Penale di Roma, sez. VII Penale, depositata il 15 settembre 2015). È ancora pendente il ricorso per Cassazione avverso la sentenza di appello. Tenuto conto degli attuali esiti del processo penale ora richiamato, la procura erariale, nella memoria depositata in vista della presente udienza, ha chiesto:

- l'assoluzione dei convenuti [1)] B. Sergio; 2) A. Lorenzo; 3) D. Giovanni e 4) S. Ivano per non aver commesso il fatto, come accertato dal Tribunale penale di Roma con sentenza del 15 settembre 2015;

- la condanna dei rimanenti convenuti in solido a favore dell'erario pubblico per Euro 7.948.102,53, fermo restando il vincolo di solidarietà tra gli stessi, secondo la seguente ripartizione:

- P. Franco, in qualità di amministratore delegato, per la quota di danno pari ad Euro 3.043.200,50;

- C. Luciano, quale direttore del personale e organizzazione, per la quota di danno pari ad Euro 2.141.701,52;

- R. Gian Francesco, quale direttore della direzione legale competente ad effettuare la verifica di regolarità formale e giuridica degli atti adottati, per la quota di danno pari ad Euro 1.861.701,52;

- F. Bruno, in qualità di consulente esterno e presidente della commissione di concorso, per la quota di danno pari ad Euro 901.498,98.

2. Risultano essersi regolarmente costituite, mediante deposito di memoria, le difese delle parti convenute ad eccezione del convenuto F., come visto, però, regolarmente citato. Le parti convenute, costituitesi, hanno proposto un'articolata serie di eccezioni, così riassumibili.

2.1. In via preliminare, oltre a ribadire nuovamente il difetto di giurisdizione di questa Corte, si eccepisce la nullità dell'atto di citazione, in quanto la richiesta di proroga sarebbe stata proposta dalla procura oltre il termine perentorio previsto, nonché l'inammissibilità dell'azione della procura per violazione del principio del ne bis in idem, essendo pendenti per i medesimi fatti anche il processo penale sopra richiamato e, per alcuni dei convenuti, anche un processo civile, intentato da AMA s.p.a. per il risarcimento del danno patrimoniale subito oltre che per la lesione del danno all'immagine. Conseguentemente si propone anche, sempre in via preliminare, una richiesta di rinvio alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, affinché, in virtù dell'art. 267 TFUE e previa sospensione del presente procedimento, risponda al seguente quesito interpretativo: "se il diritto dell'Unione, in particolare il diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale e l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, ostano alla regola nazionale che riserva alla Corte dei conti la giurisdizione in materia di risarcimento a favore dell'amministrazione che si assume danneggiata anche quando un altro organo giurisdizionale (il Giudice penale), le cui sentenze sono suscettibili di costituire titolo esecutivo, sia stato già investito della medesima vicenda e della medesima domanda di risarcimento a favore della stessa amministrazione, con il rischio che il cittadino sia condannato a risarcire due volte il medesimo danno". Si eccepisce, altresì, la prescrizione.

2.2. Nel merito, si rileva in primo luogo come la responsabilità in capo ai convenuti sarebbe solo affermata, ma non provata dalla procura. Al riguardo si evidenzia la legittimità dell'affidamento diretto da parte di Ama al Consorzio Elis della predetta procedura di selezione, precisando in vero che la stessa avrebbe avuto ad esclusivo oggetto un'attività di formazione, essendo stata l'attività di selezione svolta da una commissione AMA, oltre che l'inesistenza - o in subordine l'inoperatività ratione temporis - all'epoca dei fatti contestati di un obbligo per AMA di procedere all'espletamento di procedure concorsuali per l'assunzione del personale, in quanto società di servizio pubblico locale a rilevanza economica a totale partecipazione pubblica. Si contesta, altresì, l'assenza dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave e del necessario nesso causale. Infine si contesta l'esistenza stessa di un danno erariale, in quanto gli atti posti in essere dai convenuti avrebbero portato alla costituzione di rapporti di lavoro indispensabili per il corretto funzionamento dei servizi svolti da AMA (autisti, interratori, spazzini, segretarie, legali), e le conseguenti spese non avrebbero comportato alcuna utilizzazione arbitraria delle risorse di AMA né un danno alle sue finanze, dovendo, dunque, comunque trovare applicazione il principio della compensatio lucri cum damno. Si richiede, conclusivamente, l'uso del potere riduttivo dell'addebito.

3. All'udienza del 5 ottobre 2017, il P.M. d'udienza chiede di depositare ulteriore documentazione acquisita dall'AMA, evidenziando la necessità di una rideterminazione del danno, in favore delle controparti in considerazione del fatto che, pur avendo i convenuti prestato la loro attività lavorativa fino al 2015, esso era stato quantificato con riferimento alle certificazioni fiscali relative al 2013. Più nello specifico viene depositata una nota di AMA s.p.a. del 3 ottobre 2017, unitamente a copia delle sentenze, alla stessa allegate, ad un prospetto sulla quantificazione del danno relativo all'assunzione degli autisti, nonché un prospetto relativo all'assunzione degli impiegati. Il Procuratore regionale conclude, chiedendo l'assoluzione dei convenuti B. Sergio, A. Lorenzo, D. Giovanni e S. Ivano, perché il fatto non sussiste, come acclarato dalla sentenza del Tribunale penale di Roma del 15 settembre 2015, passata in giudicato; chiede, invece, la condanna dei convenuti P. Franco, C. Luciano, R. Gian Francesco e F. Bruno al pagamento in solido della somma di euro 10.133.203,52, evidenziando che, fermo restando il vincolo di solidarietà tra gli stessi, come precisato nella tabella che chiede di depositare, offrendo una copia anche ai difensori dei convenuti, risulta ascritta:

- al P. Franco la somma di euro 3.584.513,32;

- al C. Luciano la somma di euro 3.344.276,88;

- al R. Gian Francesco la somma di euro 2.964.276,88;

- al F. Bruno la somma di euro 340.236,45.

Le difese delle parti convenute, in merito alla richiesta del P.M. di deposito della predetta documentazione, ne chiedono lo stralcio o, alternativamente, di voler disporre un rinvio dell'udienza per l'esame degli atti, che potrebbero determinare una mutatio libelli considerato che, prima facie, sembrerebbe, contrariamente a quanto affermato dal P.M., che il petitum sia aumentato.

Il P.R. ha sostenuto che talune poste di danno sono aumentate, mentre altre sono diminuite e si è opposto al rinvio.

Sul punto, con ordinanza dettata a verbale, il Collegio ha ritenuto che

- il petitum dell'atto di citazione ammonta ad Euro 7.948.102,53 oltre rivalutazione, interessi legali e spese di giudizio in solido tra i chiamati e che sussiste possibilità di diversa valutazione del Collegio in ordine alla eventuale ripartizione della somma tra i chiamati in solido, mentre non è possibile, in mancanza di atti di citazione integrativi, superare il petitum originario ormai cristallizzato;

- gli atti depositati non potranno avere alcun effetto sul limite della eventuale condanna, mentre potranno valutarsi ai fini riduttivi di alcune poste di danno;

- in tali limiti, non si ravvisa un interesse delle parti ad opporsi al deposito anche in vista del ventilato ritiro del deposito stesso da parte del P.R. ad evitare rinvii.

Il Collegio, pertanto, ha disposto la prosecuzione della trattazione del giudizio.

Le parti costituite hanno, conseguentemente, proseguito l'illustrazione delle proprie argomentazioni, già contenute nei propri scritti defensionali.

La causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. Deve dichiararsi la contumacia del convenuto Bruno F. Nessun pregio hanno le eccezioni preliminari poste dalle difese delle parti convenute. Per quanto riguarda, in primo luogo, l'eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte, nuovamente riproposta nel presente giudizio, basti ricordare come la stessa sia stata già superata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno "dichiarato la giurisdizione della Corte dei conti" (Ordinanza n. 14040/16).

1.1. Per quanto attiene l'eccezione di nullità dell'atto di citazione, in quanto la richiesta di proroga sarebbe stata proposta dalla procura oltre il termine perentorio previsto, come correttamente evidenziato dalla stessa procura nella propria memoria, essa risulta infondata, in quanto la richiesta di proroga è stata pienamente tempestiva, tenendo conto della notifica dell'invito a dedurre al dott. A. avvenuto l'11 novembre 2013 con la procedura di cui all'art. 143 c.p.c., sulla base dei principi consolidati di questa Corte in tema di computo dei termini in caso di pluralità di soggetti presunti responsabili (ex plurimis SS.RR. n. 1/2005/QM), peraltro ora espressamente recepiti dallo stesso Legislatore nell'art. 67, comma 6, del c.g.c.

1.2. Ugualmente infondata appare l'eccezione relativa all'inammissibilità dell'azione della procura per violazione del principio del ne bis in idem - essendo pendenti, per i medesimi fatti, anche il processo penale sopra richiamato e, per alcuni dei convenuti, anche un processo civile, intentato da AMA s.p.a. per il risarcimento del danno patrimoniale subito oltre che per la lesione del danno all'immagine - in quanto come questa Corte ha avuto modo anche di recente di ribadire, in riferimento ad analoga richiesta, si «ritiene del tutto infondata la pretesa violazione del principio del ne bis in idem. Nella giurisprudenza più recente la Corte europea dei diritti dell'uomo si è assunta il compito di valutare se ed in che misura il diritto convenzionale consenta ai singoli Stati di approntare risposte sanzionatorie diverse e procedimenti finalizzati all'accertamento dei loro presupposti. Punto di partenza è la sussistenza dell'idem da individuarsi non in base alla diversa qualificazione giuridica o descrizione delle fattispecie astratte bensì in considerazione della convergenza dei procedimenti e delle eventuali sanzioni su un medesimo fatto materiale suscettibile di essere valutato sotto più profili. Muovendo da queste premesse, la Corte ha affermato che, in linea di principio, l'art. 4 prot. 7 CEDU non esclude che lo Stato possa legittimamente prevedere un sistema di risposte alle condotte socialmente offensive che si articoli - nel quadro di un approccio unitario e coerente - attraverso procedimenti distinti, purché le risposte sanzionatorie così accumulate non comportino un sacrificio eccessivo per l'interessato ed appaiano, al contrario, il "prodotto di un sistema integrato che permette di affrontare i diversi aspetti dell'illecito in maniera prevedibile e proporzionata, nel quadro di una strategia unitaria" ed ha escluso, a priori, l'illegittimità dal punto di vista della Convenzione di un doppio sistema di sanzioni quando vi sia l'agevole prevedibilità da parte dell'individuo della sua esposizione a entrambi i procedimenti e ad entrambe le sanzioni, nonché l'ulteriore circostanza che i rispettivi procedimenti, svoltisi in parallelo, sono stati in concreto strettamente interconnessi (sent. 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia, ric. n. 24130/11 e 29758/11 in relazione ad una supposta violazione dell'art. 4 prot. 7 CEDU). Del resto anche la nota sentenza CEDU Rigolio c. Italia, 13 maggio 2014 (ric. n. 20148/09) aveva ben chiarito, per quanto mutuabile nella specifica fattispecie qui in trattazione, la distinzione ontologica tra illeciti non della medesima natura penale, giustificando il parallelismo tra azione giuscontabile ed azione penale» (Sez. giur. Lombardia, 9 ottobre 2017, n. 144). Allo stesso tempo questa Sezione, in riferimento alla contemporanea pendenza di giudizio civile e contabile, ha avuto modo di evidenziare, anche di recente, come non può che distinguersi «la responsabilità civile nascente dalla violazione degli obblighi, contrattuali o extracontrattuali, dalla responsabilità amministrativa-contabile avente natura e ratio diverse» (sentenza n. 364/2017).

1.3. Si ritiene, altresì, conseguentemente da disattendersi la connessa richiesta di rinvio alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, affinché, in virtù dell'art. 267 TFUE e previa sospensione del presente procedimento, risponda al seguente quesito interpretativo: "se il diritto dell'Unione, in particolare il diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale e l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, ostano alla regola nazionale che riserva alla Corte dei conti la giurisdizione in materia di risarcimento a favore dell'amministrazione che si assume danneggiata anche quando un altro organo giurisdizionale (il Giudice penale), le cui sentenze sono suscettibili di costituire titolo esecutivo, sia stato già investito della medesima vicenda e della medesima domanda di risarcimento a favore della stessa amministrazione, con il rischio che il cittadino sia condannato a risarcire due volte il medesimo danno". Costituisce, infatti, principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte che, nel rispetto del principio ne bis in idem, uno Stato ben può imporre una doppia sanzione per gli stessi fatti purché le misure punitive, come nel caso in esame, abbiano diversa natura e diversi fini (in questo senso di recente cfr. Sez. giur. Lombardia n. 14/2017).

1.4. Appaiono, altresì, infondate le eccezioni di prescrizione, sulla base delle condivisibili argomentazioni controdedotte sul punto dalla procura erariale. Basti in questa sede ricordare:

- che l'inizio del termine di prescrizione debba essere individuato, nelle fattispecie come quelle in esame, nel momento in cui il danno stesso è stato delineato in tutte le sue componenti, a seguito del provvedimento di rinvio a giudizio in sede penale, che ne costituisce il dies a quo di decorrenza (cfr., ex plurimis, SS.RR., sentenza 25 ottobre 1996, n. 63; Sezione I app., 5 febbraio 2008, n. 64; id., 4 dicembre 2007, n. 497; id., 11 luglio 2007, n. 194; id., 16 aprile 2007, n. 94; id., 8 marzo 2007, n. 45; id., 18 marzo 2003, n. 103; Sezione II app., 7 giugno 2004, n. 184; id., 2 febbraio 2004, n. 29; id., 29 maggio 2003, n. 208; Sezione III app., 26 marzo 2007, n. 73; id., 16 gennaio 2002, n. 10);

- l'efficacia, comunque, interruttiva della notifica dell'invito a dedurre del 15 luglio 2013, in quanto nello stesso era precisato che "il presente atto è inviato anche ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 1219 e 2943 c.c. ai fini interruttivi della prescrizione", e tale interpretazione risulta oggi accolta anche dall'art. 66 c.g.c.

2. Può, dunque, passarsi ad esaminare il merito della pretesa azionata dalla procura erariale. Come sopra ricordato, il danno contestato si ricollegherebbe a tre diverse fattispecie concernenti l'assunzione di personale non dirigenziale da parte di AMA s.p.a.:

1) illegittimo affidamento di un incarico di ricerca, formazione e selezione al CONSEL - Consorzio ELIS per la formazione professionale superiore (società consortile senza scopo di lucro alla quale AMA s.p.a. aderì nel 2008), per selezionare candidati alla qualifica di autisti, operatori ecologici ed interratori (20 interratori/seppellitori, 324 operatori ecologici, 200 autisti di mezzi pesanti);

2) assunzione a tempo indeterminato presso AMA s.p.a., disposta con determina 7 settembre 2009, n. 244, di 23 autisti di mezzi pesanti, in violazione dei principi stabiliti per il reclutamento del personale dall'art. 35 d.lgs. n. 165/2001;

3) illegittima assunzione a tempo indeterminato di ulteriori 41 dipendenti, avvenuta in prossimità del 20 ottobre 2008.

Il Collegio ritiene che la prospettazione della procura erariale sia, in riferimento ai singoli eventi causativi di danno, parzialmente condivisibile, alla luce anche degli elementi offerti dalle difese delle parti convenute. Prima di passare ad esaminare i predetti singoli fatti causativi di danno, si ritiene opportuno precisare come - tenuto conto della prospettazione della procura erariale e delle difese delle parti convenute, largamente riproduttive delle argomentazioni parallelamente svolte nel processo penale - per quanto riguarda la "materialità" degli stessi non possa che farsi riferimento, anche in ossequio al principio di necessaria sinteticità degli atti espressamente previsto dal comma 2 dell'art. 5 c.g.c., agli accertamenti già condotti in sede penale e confermati, in particolare, dalla recente sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1153/2017, che si fonda su un quadro probatorio assolutamente solido.

2.1. Ebbene, alla luce delle conclusioni cui perviene il giudice penale, anche nell'odierno giudizio le parti convenute non hanno portato elementi idonei a pervenire ad una diversa conclusione, in merito all'illegittimità dei diversi incarichi attribuiti da AMA s.p.a. al CONSEL - Consorzio ELIS per la formazione professionale superiore: dal corposo impianto probatorio che sorregge l'accertamento penale emerge chiaramente come non vi siano state valide motivazioni per giustificare il predetto affidamento, peraltro illegittimo nel quomodo, tenuto conto della natura e dell'attività svolta in concreto dal predetto consorzio (cfr. in particolare pagg. 36 e ss. della predetta sentenza n. 1153/2017), nonché che lo stesso non avesse neppure la qualificazione giuridica necessaria ad operare nel settore della selezione del personale e che, nonostante questo, sia stato, comunque, destinatario non solo del primo affidamento, ma anche di successivi due (determine del 4 giugno 2009, n. 159, del 25 novembre 2009, n. 309, del 14 ottobre 2010, n. 22), per un corrispettivo complessivo pari ad Euro 560.000. Il Collegio, al riguardo, non può che concordare con gli esiti dell'accertamento penale di appello, ove icasticamente si ritiene che vi sia:

- «assenza di ogni giustificazione in merito all'illegittimo ricorso da parte dell'Ama al consorzio ELIS, con conseguente notevole esborso di denaro pubblico, piuttosto che l'affidamento di un incarico legittimo ai soli centri provinciali per l'impiego, che non avrebbe comportato alcun impegno di spesa, peraltro utilizzati nella fase di preselezione»;

- «sussistenza del dolo intenzionale del P. in relazione alle particolari modalità di conferimento dell'incarico ed all'oggetto dello stesso ... con la conseguenza che Ama ha versato a Consel somme di denaro pari alla formazione di un numero di candidati di gran lunga superiori a quelli effettivamente assunti e tale situazione ha comportato un evidente vantaggio patrimoniale per Elis, con corrispondente sviamento della funzione, soggetta a fini privati piuttosto che volta a soddisfare interessi pubblici».

2.2. In merito a questo primo profilo, dunque, non può non riaffermarsi, anche in questa sede, che il P. abbia dolosamente concorso a procurare un danno erariale con i predetti affidamenti, sia per le modalità palesemente illegittime degli stessi, sia perché non sono ricavabili dagli atti acquisiti motivazioni per le quali la stessa AMA s.p.a. non avrebbe potuto svolgere direttamente le selezioni in esame, che, come ricorda la procura erariale, non hanno coinvolto più di cinquecento persone, o valendosi gratuitamente del supporto dei soggetti pubblici operanti in ciò specializzati. Allo stesso modo il Collegio ritiene che in merito a tal primo profilo e ai correlati accertamenti penali, abbia concorso alla causazione di questa prima posta di danno erariale anche il dott. C., in quanto responsabile dell'ufficio personale oltre che, ad interim, della direzione legale: lo stesso risulta, infatti, soggetto proponente delle predette determinazioni di affidamento dell'incarico a Consel, firmate dal dott. P., in qualità di amministratore delegato e legale rappresentante di AMA s.p.a. Al riguardo, seppur si possa concordare con la difesa del C. ove sostiene che quest'ultimo non avesse alcun potere decisionale nella scelta concreta del predetto affidatario, al contempo non può ritenersi che la sua attività si sia sostanziata nel "mero inoltro della richiesta alla Direzione Acquisti". Tenuto conto degli incarichi rivestiti, infatti, avrebbe quantomeno dovuto segnalare la presenza delle macroscopiche illegittimità sopra richiamate: di tale comportamento diligente non vi è traccia, dovendosi, conseguentemente, ritenere che lo stesso abbia concorso, almeno a titolo di colpa grave, alla causazione di tale posta di danno.

2.3. Ne deriva, in merito a questa prima posta di danno, complessivamente pari al valore degli affidamenti illegittimamente posti in essere, ovvero Euro 560.000, che della stessa deve essere chiamato a rispondere, per una quota pari all'80%, il convenuto P. (pari ad Euro 448.000), dominus dell'operazione a titolo di dolo, mentre il restante 20% (pari ad Euro 112.000) appare riconducibile al comportamento omissivo, gravemente colposo, del convenuto C., che ha omesso qualsivoglia rilievo sulla predetta operazione, che si è formalizzata con atti che lo hanno visto, peraltro, anche come soggetto proponente.

3. Passando alla seconda posta di danno, riguardante, come visto, l'assunzione a tempo indeterminato presso AMA s.p.a., disposta con determina 7 settembre 2009, n. 244, di 23 autisti di mezzi pesanti, in violazione dei principi stabiliti per il reclutamento del personale dall'art. 35 d.lgs. n. 165/2001, il Collegio preliminarmente rileva come gli accertamenti condotti in sede penale (sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1153/2017, in part. pagg. 42 ss.), non intaccati dalle argomentazioni nuovamente dedotte anche in questa sede dalle difese delle parti convenute, consentano di affermare che:

- tali assunzioni «sono avvenute in spregio alle regole di imparzialità e trasparenza previste dall'art. 35 TUPI, nonché falsificando il giudizio di idoneità dei candidati illegittimamente privilegiati e riportando nelle schede di valutazione, in modo contrario al vero, il coefficiente attitudinale o il punteggio del colloquio orale»;

- «tra il P. ed il F. non intercorreva solo un normale rapporto professionale, come sostenuto dalla difesa, ma un vero e proprio rapporto fiduciario (v. sul punto la dichiarazione dell'imputato C., peraltro estraneo ai reati in contestazione, secondo cui il F. era il braccio destro di P., il suo superconsulente, tanto che quando parlava F. era come se parlasse P.) e tale rapporto trova obiettiva conferma, come esattamente evidenziato dal Tribunale, nello scambio epistolare intercorso tra i due, documentato in sede di consulenza tecnica del P.M., in particolare nella mail inviata dal F. al P. in data 18 agosto 2009 e poi cancellata, che aveva il chiaro intento di tenere costantemente aggiornato l'amministratore delegato circa l'esito delle selezioni, garantendogli di aver fatto vincere il concorso alle persone segnalate»;

- «se è vero che la commissione era composta da tre membri, è pur vero che è stato accertato il ruolo assolutamente preminente del F. che, addirittura in altra sede e senza collegialità, ha attribuito ai candidati i punteggi ricavati dal colloquio orale e dai test somministrati, come ammesso dallo stesso F. e dichiarato in sede testimoniale dagli altri membri della commissione esaminatrice (D.L. e A.), con la conseguenza che la loro presenza era del tutto formale e che la decisione sull'esito dell'esame selettivo dei candidati era riservata alla piena discrezionalità ed all'arbitrio del F., che, come detto, agiva in stretto collegamento con il P. ed a lui riferiva. Lo stesso F., in sede di interrogatorio, dopo essersi soffermato sul metodo da lui seguito di selezione del personale, che a suo dire comportava una valutazione non solo delle capacità attitudinali ma anche della motivazione di ciascun candidato e quindi la possibilità di una modifica del punteggio finale in relazione a tale doppia valutazione, ha ammesso di non aver informato gli altri due componenti la commissione esaminatrice dell'esito della selezione da lui in tal modo operata, ma di averne riferito al solo P., al quale, con la menzionata mail del 18 agosto 2009, ha chiesto l'assenso per trasmettere ufficialmente la lista degli idonei ad Elis per la pubblicazione e dal quale ha ricevuto l'assenso medesimo. Tale mail è particolarmente significativa dell'illecito accordo tra il P. ed il F. in merito alle assunzioni in esame, poiché, se effettivamente queste fossero avvenute nel rispetto di un criterio oggettivo e senza alcuna discrezionalità, il F. non avrebbe avuto alcun motivo di chiedere l'assenso del P. sull'elenco dei candidati da lui ritenuti idonei, assenso che invece ha avuto proprio la funzione di concludere una procedura di assunzione ispirata a criteri contrari ad ogni principio di trasparenza, di pubblicità e di imparzialità. Le circostanze fin qui esposte rivelano il ruolo predominante avuto dal P. nella vicenda in esame: il P. ha modificato le regole del concorso per gli autisti di mezzi pesanti che doveva definirsi con la selezione da parte di Elis e di una commissione AMA, inserendo la selezione ad opera di una commissione esterna presieduta dal F., che era in possesso della "lista segnalati", rispetto alla quale, con il messaggio inviato il 18 agosto 2009 al P., ha evidenziato quale sarebbe stato il "punteggio finale vero" ottenuto da ciascuno dei segnalati e quanto invece ad ognuno attribuito a seguito della alterazione delle voci di valutazione della prova orale e del coefficiente attitudinale con il risultato della idoneità per tutti».

3.1. Per quanto qui maggiormente interessa, può, dunque, evidenziarsi come il P., d'intesa con il F., abbia creato un sistema - facente leva sul predetto consorzio e su una commissione esaminatrice svolgente solo una funzione di eterocopertura di scelte adottate dai predetti convenuti - volto all'assunzione di personale, non in base a criteri meritocratici, ma esclusivamente clientelari.

3.2. Ad avviso del Collegio, proprio in quest'ultimo aspetto, dall'angolo visuale proprio del giudizio di responsabilità, si può individuare il maggiore vulnus e la maggiore lesività della condotta in esame. Oltre, infatti, alla palese violazione, già come visto accertata in modo certo dal giudice penale, dei principi di trasparenza, di pubblicità e di imparzialità, il cui rispetto doveva essere assicurato - anche all'epoca delle assunzioni in esame, rispetto ad alcune delle quali si è, anzi, cercato fraudolentemente di porle in essere prima dell'operare degli stringenti limiti introdotti dal legislatore - anche dalle società in house e che trovano il proprio riconoscimento anche a livello costituzionale (art. 97 Cost.), vi è una palese violazione del correlato corollario della necessaria concorsualità nelle procedure selettive, che, come ben evidenziato negli atti della procura, non poteva che trovare applicazione anche nelle procedure in esame. Vi è, però, un aspetto che il Collegio ritiene, al riguardo, di dover evidenziare. La tendenziale concorsualità delle modalità di accesso alla Pubblica amministrazione e alle sue diverse articolazioni, che si fonda sull'espressa previsione dell'art. 97, comma 4, Cost., non è volta soltanto a garantire l'imparzialità ed il buon andamento della stessa, ma anche ad assicurare - come chiaramente scolpito dall'art. 6 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 26 agosto 1789, che, come evidenziato in dottrina, costituisce diretto precedente dell'art. 97 della Costituzione italiana - che "tutti i cittadini ... sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi pubblici secondo la loro capacità, e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti". Proprio quest'ultima finalità risulta essere stata disattesa dalla condotta degli odierni convenuti: il vulnus dei predetti principi appare, nella fattispecie in esame, ancor più grave, tenendo conto della tipologia delle predette assunzioni - di natura prevalentemente esecutiva e che non richiedevano particolari competenze curriculari -, rispetto alle quali, tenuto conto dell'ampia platea dei soggetti potenzialmente concorrenti, emerge ancor più chiaramente la funzione anche "sociale" che la procedura concorsuale, correttamente svolta, dovrebbe assicurare.

La mancata realizzazione di tale funzione sociale corrisponde ad un depauperamento sia dell'intera comunità sia dell'ente che ha assunto indebitamente. In primo luogo, perché lo scadere del contesto sociale per demotivazione e degrado dei suoi appartenenti, che vedono frustrate le possibilità di conseguire legalmente e regolarmente un lavoro, ha riflessi su ogni soggetto della comunità stessa e, quindi, anche sull'AMA che, conseguentemente, subisce un danno per un depauperamento della società in cui opera. In secondo luogo, e a fortiori, perché essa viene, comunque, ad utilizzare persone, anche nei livelli lavorativi meno qualificati, della cui lealtà, fedeltà e correttezza può fondatamente dubitarsi, con evidenti ricadute, anche economiche, per la società stessa. Non è chi non veda, infatti, che ogni operatore sul mercato, che cerchi l'ottimizzazione del suo profitto, non sceglierebbe, come proprio dipendente, un soggetto anche pronto all'inganno per farsi assumere in modo indebito e ciò suffraga la possibilità di valutare, sia pure in via equitativa, il detrimento patrimoniale subito dall'erario e, per esso, in primis, dalla stessa AMA s.p.a.

3.3. Alla luce dei principi ora richiamati e che, peraltro, trovano conferma nella giurisprudenza di questa Sezione (cfr. in particolare sentenza n. 449/2015), può passarsi alla quantificazione di tale posta di danno. Il Collegio, sulla base anche delle deduzioni difensive, non trova pienamente condivisibile il criterio di quantificazione proposto dalla procura erariale, che, in estrema sintesi, imputa ai convenuti P. e F. un danno pari alla retribuzione di tutti i 23 autisti assunti con la procedura in esame. Di contro, il Collegio ritiene che debba distinguersi - sulla base in particolare della nota, in atti, AMA s.p.a. del 5 settembre 2017, prot. n. 1364/2017 - tra:

a) retribuzione corrisposta ai 4 autisti licenziati dalla società, in quanto, in assenza della falsificazione dei punteggi operata dai convenuti, sarebbero risultati inidonei, all'esito della procedura selettiva in esame, pari complessivamente ad Euro 590.000,00;

b) retribuzione dei rimanenti 19 autisti mantenuti in servizio dalla società, pari ad Euro 1.212.997,00.

Per quanto attiene alla voce sub a), essa risulta integralmente e solidamente ascrivibile alla responsabilità dei convenuti P. e F., a titolo di dolo, per le evidenze sopra richiamate. Per quanto riguarda, invece, la voce sub b), il Collegio ritiene che debba tenersi conto:

- delle decisioni nel frattempo intercorse assunte dal Giudice del lavoro di Roma a partire dalla n. 7102/2012 (c.d. "lodo Casola"), che consentono di ritenere salvaguardabile almeno una parte della procedura concorsuale, ovvero quella relativa ai test somministrati Elis, ritenendo che, conseguentemente, non vi fossero i presupposti per procedere ai conseguenti licenziamenti;

- del principio della compensatio lucri cum damno, che risulta subordinato al riscontro della sussistenza di rigorosi presupposti, sostanzialmente in linea con quelli richiesti dall'istituto civilistico e conformati al contesto pubblicistico di riferimento, ovvero l'effettività del vantaggio, la identità causale tra il fatto produttivo del danno e quello produttivo dell'utilitas e la corrispondenza di quest'ultima ai fini istituzionali dell'amministrazione che se ne appropria (ex multis: Sez. I Centr. App., sent. n. 261 del 12 settembre 2001; Sez. II Centr. App.; SS.RR., sent. n. 5 del 24 gennaio 1997; Cass., Sez. un., sent. n. 5 del 1997);

- della mancata dimostrazione, da parte della Procura erariale, che anche i predetti autisti assunti fossero inidonei al servizio da prestare e che, conseguentemente, la relativa prestazione fosse inutiliter data nei confronti della società, ovvero dando seguito a quanto già statuito da questa Sezione, in fattispecie analoga, ove si era messo chiaramente in luce come un danno "rimane accertato solo quando sia accertato che il lavoratore, astrattamente idoneo al profilo di appartenenza, sia stato, in concreto, o assegnato ad ufficio per cui tali capacità professionali erano in concreto irrilevanti, o, addirittura, non assegnato ad alcun ufficio che implicasse mansioni del profilo di assunzione, ma tale fatto, essendo inerente ad una circostanza concreta e non alla astratta idoneità del dipendente alle mansioni del profilo per il quale è stato assunto, era onere della Procura provare, e nella fattispecie ciò non è stato affermato, né provato" (sentenza n. 449/2015).

Alla luce degli elementi ora richiamati e, in particolare, della circostanza che appaiono sussistere i presupposti per ritenere parzialmente operante la compensatio lucri cum damno - avendo la stessa società riconosciuto, nel caso dei predetti autisti, l'utilità della prestazione svolta, a differenza, come di seguito si vedrà, di quanto attiene a quella svolta dagli impiegati assunti, in quanto il proprio "core-business si basa sulla raccolta ed il trasporto dei rifiuti su mezzi pesanti" (nota AMA s.p.a. del 3 ottobre 2017, n. 1514) - il Collegio ritiene che la correlata voce di danno possa essere equitativamente quantificata nel 20% dell'ammontare delle retribuzioni corrisposte agli autisti assunti nella procedura in esame e poi, come visto, non licenziati. Pur, infatti, dovendosi ritenere che il personale assunto abbia, comunque, fornito una prestazione utile alla società, permane, a monte, il vulnus ai principi, di derivazione costituzionale, sopra esaminati, che pure, come visto, hanno un valore monetizzabile, con la conseguenza che i due convenuti P. e F. risultano solidalmente responsabili anche della quota di danno pari ad Euro 242.599.

4. Resta da esaminare, sulla base dei criteri ora richiamati, anche l'ultima posta di danno, ovvero quella relativa all'assunzione di 41 dipendenti, in violazione dell'art. 18 d.l. n. 112/08 conv. in l. 133/08 e dell'art. 35 d.lgs. n. 165/01. In merito all'accertamento di tale violazione, il Collegio nuovamente concorda con le conclusioni, cui perviene, al riguardo, il giudice penale, sia di primo che di secondo grado, che si intendono qui richiamate. Ciò premesso, come si evince dalle note dell'AMA s.p.a. sopra richiamate (3 ottobre 2017, n. 1514 e 5 settembre 2017, prot. n. 1364/2017), degli originari 41 dipendenti assunti, ne risultano essere stati licenziati 34, in quanto i rimanenti 7 o non sono stati proprio assunti o si sono dimessi prima del provvedimento di licenziamento. La procura erariale quantifica questa voce di danno in Euro 5.585.104,57. Tale quantificazione non risulta condivisa dal Collegio, in quanto pone a carico dei convenuti - in questo caso P., R. e C. - in pratica l'intero ammontare delle retribuzioni versate ai dipendenti poi licenziati, sulla base dell'acclarata illegittimità delle relative assunzioni, senza, però, fornire alcuna prova che le relative prestazioni non abbiano potuto fornire alcuna utilità alla società, ad esempio dimostrando l'inadeguatezza dei profili curriculari rispetto ai compiti da svolgere o il mancato svolgimento, sempre in concreto, di alcuna mansione successivamente all'assunzione. Né maggiori elementi possono, al riguardo, ricavarsi dalle predette note dell'AMA s.p.a., in cui, in generale, si collega la non utilità delle prestazioni medio tempore dagli stessi svolte all'illegittimità della procedura di selezione. Conseguentemente il Collegio, facendo applicazione dei criteri sopra fissati, ritiene che, anche in riferimento a questa posta di danno, possa procedersi ad una valutazione equitativa del danno, che tenga conto del disvalore della condotta posta in essere dai convenuti e, al contempo, del valore delle prestazioni che tali dipendenti possono aver compiuto in favore della società, ritenendosi congruo determinare il danno nel 20% dell'ammontare richiesto dalla procura, dunque Euro 1.117.020.

4.1. Di tale danno, tenuto conto dell'incarico svolto dal P. e del suo ruolo di dominus delle procedure assunzionali in esame sopra esaminato, lo stesso è chiamato a rispondere per l'80% del predetto importo, ovvero per Euro 893.616. Del rimanente 20% devono essere chiamati a rispondere, in quote uguali del 10% (pari ad Euro 111.702 ciascuno), i due altri convenuti C. e R. Per quanto riguarda il primo soggetto, infatti, quale direttore del personale e organizzazione, come sopra già evidenziato, non è condivisibile quanto controdedotto dalla propria difesa, ovvero che lo stesso si sarebbe limitato alla mera predisposizione degli atti di assunzione diretta decisi dall'Amministratore delegato: tenuto conto, infatti, della qualifica ricoperta, il C. avrebbe dovuto quantomeno rilevare e segnalare la palese illegittimità degli atti richiesti dal P., evidenziando, di contro, il comportamento omissivo tenuto e la conseguente esecuzione dei desiderata dell'Amministratore delegato una almeno colposa compartecipazione alla causazione del predetto danno. Ad analoghe conclusioni può pervenirsi nei confronti del R., che ha svolto nella società il ruolo di direttore della direzione legale ed era competente ad effettuare proprio la verifica di regolarità formale e giuridica degli atti adottati, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla relativa difesa, non può evidentemente esaurirsi "nel mero compito di svolgere un coordinamento del passaggio delle determine da un ufficio all'altro". Anche in quest'ultimo caso, la mancata evidenziazione della manifesta illegittimità della procedura posta in essere denota almeno una colpa grave del R., che deve, dunque, ritenersi aver compartecipato causalmente alla causazione della predetta posta di danno.

5. Alla soccombenza segue anche l'obbligo del pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale regione Lazio, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,

DICHIARA

la contumacia di Bruno F.;

RIGETTA

la domanda del P.R. nei confronti dei convenuti B. Sergio, A. Lorenzo, D. Giovanni e S. Ivano e, per l'effetto, li assolve liquidando in favore degli stessi le spese di giudizio in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per ogni convenuto costituito;

CONDANNA

- P. Franco al pagamento, in favore dell'erario pubblico, e, per esso, all'AMA, della somma complessiva di Euro 1.757.915,00 (unmilionesettecentocinquantasettemilanovecentoquindici/00), oltre a rivalutazione dalla data del rinvio a giudizio ed interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo;

- F. Bruno, al pagamento, in favore dell'erario pubblico, e, per esso, all'AMA, della somma complessiva di Euro 416.299,00 (quattrocentosedicimiladuecentonovantanove/00), oltre a rivalutazione dalla data del rinvio a giudizio ed interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo;

- C. Luciano al pagamento, in favore dell'erario pubblico, e, per esso, all'AMA, della somma complessiva di Euro 223.702,00 (duecentoventitremilasettecentodue/00), oltre a rivalutazione dalla data del rinvio a giudizio ed interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo;

- R. Gian Francesco, al pagamento, in favore dell'erario pubblico, e, per esso, all'AMA, della somma complessiva di Euro 111.702,00 (centoundicimilasettecentodue/00), oltre a rivalutazione dalla data del rinvio a giudizio ed interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in euro 9.843,47 (novemilaottocentoquarantatre/47).

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.

A. Sirotti Gaudenzi

Il nuovo diritto d'autore

Maggioli, 2024

R. Garofoli

Codice amministrativo ragionato

Neldiritto, 2024

A. Contrino e al. (curr.)

La giustizia tributaria

Giuffrè, 2024