Corte di cassazione
Sezioni unite penali
Sentenza 26 ottobre 2017, n. 3391

Presidente: Canzio - Estensore: Rotundo

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 14 dicembre 2010, ha dichiarato Pasquale V. e Francesco S. responsabili dei reati di furto e lesioni personali commessi in concorso tra loro in data 20 settembre 2006, condannandoli alle pene di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Avverso la predetta sentenza ha proposto appello Francesco S., chiedendo l'assoluzione perché il fatto non sussiste, mentre Pasquale V. ha solo chiesto di partecipare al giudizio ex art. 587 c.p.p.

Con sentenza del 24 settembre 2015 la Corte di appello di Napoli ha dichiarato non doversi procedere per essere i reati estinti per prescrizione nei confronti sia del S. sia del coimputato non appellante Pasquale V., per il quale la sentenza di condanna era divenuta nel frattempo irrevocabile.

I giudici di appello hanno dato atto in motivazione dell'esistenza di un contrasto giurisprudenziale e hanno deciso di aderire al filone interpretativo in base al quale il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del non impugnante non era di ostacolo all'estensione nei suoi confronti della declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione ai sensi dell'art. 587 c.p.p., affermando a tale proposito che l'unica condizione prevista dalla predetta norma è che l'impugnazione non sia fondata su motivi esclusivamente personali, nulla rilevando che la prescrizione nel caso di specie si sia verificata successivamente alla irrevocabilità della sentenza di condanna per il non appellante.

2. Avverso l'indicata sentenza ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli, nei confronti di Pasquale V., denunciando l'inosservanza o erronea applicazione degli artt. 157 c.p., 531, comma 1, 650, comma 1, e 587 c.p.p. per avere la sentenza impugnata seguito erroneamente un orientamento già disatteso da Sez. un., n. 19054/2013, Vattani, adottando un'interpretazione che minerebbe la certezza del giudicato e creerebbe confusione nella sua esecuzione.

3. La Quinta Sezione penale, con ordinanza del 2 febbraio 2017, aveva rimesso il ricorso alle Sezioni unite, ma, in data 22 febbraio 2017, il Primo Presidente ne aveva disposto la restituzione ai sensi dell'art. 172 disp. att. c.p.p., rilevando che la giurisprudenza di legittimità si era espressa, anche a Sezioni unite, nel senso della non operatività dell'effetto estensivo della impugnazione nella ipotesi in cui il giudicato di condanna si sia formato per il coimputato non impugnante prima della maturazione del termine della prescrizione del reato al medesimo addebitato; e che nella ordinanza di rimessione non si prendeva argomentatamente posizione per una diversa soluzione.

Con successiva ordinanza del 17 maggio 2017 la Quinta Sezione ha rimesso nuovamente il ricorso alle Sezioni unite.

La Quinta Sezione ha individuato la questione oggetto del contrasto giurisprudenziale, enunciandola nei seguenti termini: "Se l'effetto estensivo ex art. 587 c.p.p. della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione operi in favore del coimputato non impugnante solo qualora detta causa estintiva sia maturata prima dell'irrevocabilità della sentenza nei confronti dello stesso, ovvero - fermo restando il presupposto che l'impugnazione non sia fondata su motivi esclusivamente personali dell'impugnante - anche nell'ipotesi in cui la causa di estinzione sia maturata dopo l'irrevocabilità della sentenza di condanna nei confronti del coimputato non impugnante".

Ad avviso della Sezione rimettente, il contrasto sulla questione non poteva considerarsi risolto dalla sentenza Sez. un. Vattani, che pure aveva pronunciato sul punto un principio di diritto poi massimato, in quanto con tale decisione le Sezioni unite si erano espresse sul tema in via incidentale, senza prendere in considerazione il diverso orientamento già allora emerso nella giurisprudenza di legittimità.

L'articolata ordinanza di rimessione ha quindi esposto in maniera compiuta gli orientamenti contrapposti prendendo spunto da altre due precedenti sentenze delle Sezioni unite (Sez. un., n. 7157 del 18 giugno 1983, Carbonello, Rv. 160067 - resa quando era ancora in vigore il codice di rito abrogato - e Sez. un., n. 9 del 24 marzo 1995, Cacciapuoti, Rv. 201304), le quali si erano pronunciate su questioni diverse ma comunque rilevanti rispetto al tema sopra indicato.

È stato quindi riassunto il primo orientamento, ritenuto prevalente, secondo cui l'estensione dell'impugnazione nei casi contemplati dall'art. 587 c.p.p. non preclude il formarsi ab initio del giudicato per chi non ha proposto impugnazione, con la conseguenza che la declaratoria di estinzione del reato non può essere pronunciata anche nei confronti del coimputato non impugnante, se il giudicato di colpevolezza si è formato nei suoi confronti prima del verificarsi dell'effetto estintivo; e ciò a prescindere dalla circostanza che i motivi d'impugnazione siano o meno esclusivamente personali (tra le altre Sez. un., n. 9 del 24 marzo 1995, Cacciapuoti, Rv. 201304 e Sez. un., n. 19054 del 20 dicembre 2012, Vattani, Rv. 255297).

Il secondo orientamento ha invece ritenuto che l'estensione al coimputato non impugnante della prescrizione del reato per effetto della disposizione di cui all'art. 587 c.p.p. si produce anche ove detta causa estintiva sia maturata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti, dato che l'unica condizione preclusiva all'effetto estensivo dell'impugnazione è costituita dalla natura strettamente personale del motivo di impugnazione della sentenza di condanna (Sez. 2, n. 33429 del 12 maggio 2015, Guardi, Rv. 264139; Sez. 3, n. 10223 del 24 gennaio 2013, Mikulic, Rv. 254640; Sez. 4, n. 10180 dell'11 novembre 2004, dep. 2005, Antoci, Rv. 231133; Sez. 3, n. 9553 dell'8 luglio 1997, Curello, Rv. 209631; Sez. 3, n. 3621 del 4 novembre 1997, Giampaoli, Rv. 209969).

L'ordinanza di rimessione ha preso posizione a favore di quest'ultima linea interpretativa, partendo dalla premessa che l'estensione dell'impugnazione prevista dall'art. 587 c.p.p. realizza, da un lato, l'estensione dei motivi di impugnazione non strettamente personali e, dall'altro, l'estensione della sentenza in favor rei emessa nel conseguente giudizio di impugnazione. In questo quadro, secondo la Sezione rimettente, le questioni ex art. 129 c.p.p. e, tra esse, quella della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione sarebbero rilevabili anche oltre i limiti della devoluzione promossa dall'impugnazione.

4. Con decreto del 18 luglio 2017 il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite fissando per la trattazione l'odierna pubblica udienza.

5. In data 5 ottobre 2017 l'Avvocato generale ha presentato una memoria, formulando come conclusione la richiesta che la Suprema Corte decida nel senso che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione operi in favore del coimputato non impugnante solo nell'ipotesi in cui detta causa sia maturata prima dell'irrevocabilità della sentenza nei confronti dello stesso.

La Procura generale ha evidenziato che non può essere qualificata come "comune" ai coimputati una causa estintiva legata al decorso del tempo di prescrizione che, in concreto, può prodursi o meno per effetto di una molteplicità di fattori eminentemente soggettivi influenti sul tempo del processo, che sono frutto delle diverse scelte dei coimputati (sul rito o sulle impugnazioni) o conseguenza della loro diversa situazione personale (es. la presenza della recidiva per alcuno di essi).

Inoltre, ha affermato che l'interpretazione restrittiva dell'art. 587 c.p.p. data dalla giurisprudenza maggioritaria non contrasta con la ratio della norma, che è quella di evitare giudicati contrastanti tra coimputati aventi posizione sostanziale o processuale comune. Infatti, nel caso in cui solo il coimputato che ha impugnato ottenga la declaratoria di estinzione per prescrizione vi sarebbero giudicati "diversi", scaturenti dal fluire del tempo e da vicende del processo frutto di scelte personali, ma non per questo nella sostanza "contraddittori".

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione devoluta alle Sezioni unite può essere così enunciata:

"Se l'effetto estensivo ex art. 587 c.p.p. della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione operi in favore del coimputato non impugnante anche nell'ipotesi in cui la causa di estinzione sia maturata dopo l'irrevocabilità della sentenza di condanna nei confronti dello stesso".

2. È utile preliminarmente riassumere lo svolgimento del processo.

Con sentenza del 14 dicembre 2010 il Tribunale di Napoli ha dichiarato Pasquale V. e Francesco S. responsabili dei reati di furto e lesioni personali, commessi in concorso tra loro in data 20 settembre 2006, condannandoli alle pene di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.

Avverso la predetta sentenza ha proposto appello il solo S., chiedendo l'assoluzione perché il fatto non sussiste (senza, peraltro, eccepire la prescrizione, non ancora maturata), mentre il V. ha chiesto di partecipare al giudizio ex art. 587 c.p.p.

Con sentenza in data 24 settembre 2015 la Corte di appello di Napoli ha dichiarato non doversi procedere per essere i reati estinti per prescrizione nei confronti sia del S. sia del coimputato non appellante V., per il quale la sentenza di condanna era divenuta nel frattempo irrevocabile.

Il termine di prescrizione dei reati di furto e lesioni personali per i quali i due imputati erano stati condannati in primo grado era, infatti, venuto a scadere per entrambi il 20 marzo 2014, e cioè in data largamente successiva a quella in cui la sentenza del Tribunale di Napoli era divenuta irrevocabile per il V.

Secondo i giudici di appello (che hanno dato atto, in motivazione, dell'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto), il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del non impugnante non era di ostacolo all'estensione nei suoi confronti della declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione ai sensi dell'art. 587 c.p.p., in quanto l'unica condizione prevista dalla predetta norma è che l'impugnazione non sia fondata su motivi esclusivamente personali, nulla rilevando che la prescrizione, come nel caso di specie, si verifichi successivamente alla irrevocabilità della sentenza di condanna per il non appellante.

3. Al fine di dare una risposta razionale e coerente al quesito sottoposto alle Sezioni unite è utile una breve ricognizione in ordine alla ratio ed alla logica dell'istituto della prescrizione e di quello dell'effetto estensivo delle impugnazioni.

4. L'opinione ormai generalizzata, in dottrina ed in giurisprudenza, individua la ratio della prescrizione nella esigenza politica di soprassedere all'irrogazione di sanzioni penali dopo un determinato (non breve) lasso di tempo trascorso dalla commissione del reato.

Se alla base della rinuncia da parte dello Stato ad esercitare i suoi poteri punitivi si pone il decorso del tempo in assenza di un esito di merito del processo, è evidente l'importanza che assume la relazione tra l'imputato e il termine temporale definito dal legislatore, termine che inizia con la commissione del fatto-reato e si dipana per la durata del processo.

Ne discende che le scelte "personali" compiute dall'imputato nel corso del processo (si pensi alla scelta del rito o alla proposizione di una impugnazione) non possono non incidere sui tempi della procedura e sul verificarsi o meno della causa estintiva della prescrizione.

In questo quadro il rapporto imputato-tempo (durata) del processo acquista l'autonoma valenza di causa estintiva del reato e determina la fine del processo allo scadere del termine prestabilito dal legislatore, ovvero perde il suo autonomo rilievo allorché prima del decorso dei termine prescrizionale sia intervenuta una tempestiva pronuncia irrevocabile, che chiude definitivamente la vicenda processuale e preclude ogni ulteriore valutazione di carattere meramente temporale.

Fino allo spirare del termine fissato dalla legge per l'estinzione del reato per prescrizione si pone per l'imputato una gamma di scelte in ordine al comportamento processuale da seguire, che va dalla totale inerzia (con eventuale rinuncia alla prescrizione) al dinamismo processuale diretto a prolungare i tempi del processo proprio al fine di fruire della causa estintiva.

Ciò che rileva, però, è il rapporto intercorrente tra l'imputato e il tempo del "suo" processo, da un lato, e il predeterminato termine di prescrizione, dall'altro, restando ininfluenti le cause del maturare della prescrizione.

5. Venendo ora alla estensione dell'impugnazione, va in primo luogo rimarcato che l'art. 587, comma 1, c.p.p. prevede che «nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l'impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati».

L'uso da parte del legislatore del termine "imputati" e non "condannati", con riferimento ai non impugnanti, sembra chiaramente escludere che l'effetto estensivo possa riguardare i coimputati non impugnanti per i quali la causa estintiva sia maturata dopo l'irrevocabilità della sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti.

A parte ciò, giova ricordare che la disposizione dell'art. 587 c.p.p., che prevede l'effetto estensivo dell'impugnazione, è stata uniformemente interpretata come dettata dall'esigenza di evitare disarmonie di trattamento tra soggetti in identica posizione, taluno dei quali abbia con esito favorevole proposto valida impugnazione (v., tra le tante: Sez. 1, n. 15288 del 24 marzo 2003, Manzi, Rv. 231242).

Sulla finalità di evitare "contraddittori giudicati in causa unica" ha, del resto, insistito la giurisprudenza di questa Corte, chiarendo che, poiché, nel processo plurisoggettivo, la valida impugnazione proposta dal coimputato - ancorché sostenuta da motivo non esclusivamente personale - non impedisce che diventi irrevocabile la sentenza relativamente al rapporto concernente l'imputato non impugnante (o l'impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), rimane ferma l'esecutorietà delle statuizioni ivi contenute e non può sospendersi il relativo procedimento esecutivo nell'attesa del verificarsi dell'eventuale effetto risolutivo straordinario di cui all'art. 587 c.p.p., in mancanza di disposizioni che attribuiscono un simile potere al giudice dell'esecuzione, né potendosene altrimenti trarne l'esistenza dal sistema penale (Sez. un., n. 9 del 24 marzo 1995, Cacciapuoti, Rv. 201305, e successivamente Sez. un., n. 19054 del 20 dicembre 2012, Vattani, Rv. 255297; Sez. 2, n. 9731 del 25 novembre 2016, dep. 2017, Fiore, Rv. 269219; Sez. 5, n. 15623 del 27 gennaio 2016, Di Martino, Rv. 266551; Sez. 2, n. 26078 del 20 maggio 2009, Borrelli, Rv. 244664; Sez. 6, n. 23251 del 18 marzo 2003, Cammardella, Rv. 226007; Sez. 1, n. 12369 del 23 ottobre 2000, Russo, Rv. 217393; Sez. 6, n. 2381 del 12 dicembre 1994, dep. 1995, Zedda, Rv. 201245).

In definitiva, nei confronti del coimputato non impugnante si forma il giudicato, che potrà essere revocato solo al momento dell'accoglimento della impugnazione non strettamente personale svolta da altro coimputato.

Davanti a situazioni riguardanti il processo, sostanzialmente comuni a tutti gli imputati coinvolti (si pensi, ad esempio, alla valutazione dell'attendibilità o meno di una prova dichiarativa riguardante in modo identico più imputati, alla decisione sulla utilizzabilità o meno di una intercettazione riguardante nello stesso modo più imputati o al giudizio su un vizio processuale incidente su più imputati in modo identico), non può non operare il fenomeno della estensione dell'impugnazione in favore del coimputato non impugnante. Esso costituisce un rimedio straordinario, che, solo al verificarsi dell'evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo del gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dall'imputato diligente, è idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato; con la conseguenza che, fino a quando non si sia verificato tale effetto risolutivo, l'impugnazione altrui non spiega influenza alcuna sulla esecutorietà della sentenza relativa al rapporto processuale concernente il non impugnante.

Si tratta all'evidenza di casi in cui i motivi di impugnazione sono "non esclusivamente personali", perché investono questioni comuni ed ugualmente incidenti su più imputati, che l'ordinamento esige siano risolte in maniera conforme per ragioni di giustizia sostanziale e di uniforme applicazione delle regole processuali, giustificandosi pertanto l'effetto estensivo delle impugnazioni.

6. Una volta chiariti i tratti peculiari della prescrizione e dell'effetto estensivo, non resta che trarre le conclusioni interfacciando i due istituti.

L'effetto estensivo di cui all'art. 587 c.p.p. riguarda questioni o situazioni oggettive concernenti il processo, sostanzialmente uguali ("comuni") per tutti gli imputati coinvolti. Si tratta di casi in cui i motivi di impugnazione sono "non esclusivamente personali".

Diverso è il caso della prescrizione del reato, il cui verificarsi nel corso del processo dipende da scelte individuali (sul rito o inerenti la proposizione di mezzi di impugnazione) ed è legato anche alle situazioni personali degli imputati (si pensi alla presenza della recidiva solo per alcuni di essi).

Ma v'è di più. Il decorso del termine di prescrizione si sostanzia nella relazione tra un imputato, il reato da lui commesso e il tempo trascorso, relazione che cessa definitivamente e perde ogni ragion d'essere quando nei confronti dell'imputato sia intervenuta sentenza irrevocabile.

Ne deriva che dalla applicazione della prescrizione nei confronti di concorrenti nello stesso reato possono derivare giudicati diversi ma non per questo contraddittori, scaturenti dal fluire del tempo e da vicende del processo frutto di scelte personali, senza che ricorrano le condizioni né le finalità dell'effetto estensivo dell'impugnazione ex art. 587, comma 1, c.p.p.

In altre parole, l'effetto estensivo della pronuncia di prescrizione non può riguardare chi ha rinunciato ad avvalersi dello "scorrere del tempo"; l'opzione del coimputato impugnante di protrarre il procedimento configura una scelta processuale "esclusivamente personale" non collegata a vizio di procedura nel comune procedimento ovvero al merito della comune accusa.

Solo quando l'effetto estensivo della prescrizione si sia verificato prima del passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coimputato non impugnante si può sostenere che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione operi in suo favore. In tal caso, infatti, non è intervenuta la cesura della sentenza irrevocabile che segna il limite di ogni possibile computo del tempo di prescrizione e la relazione tra imputazione e tempo di prescrizione è ancora in atto per il coimputato non impugnante.

Ne discende che su una tale situazione possono utilmente riverberarsi gli effetti di una impugnazione altrui che porti ad una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, in quanto "in tale ipotesi la causa estintiva appare oggettiva (e quindi non esclusivamente personale) poiché svincolata rispetto alla scelta processuale del singolo coimputato non impugnante" (Sez. 5, n. 15623 del 27 gennaio 2016, Di Martino, Rv. 266551).

7. Dal puntuale raffronto tra la disciplina della prescrizione e quella dell'effetto estensivo delle impugnazioni emerge, pertanto, la piena e attuale validità dell'indirizzo giurisprudenziale maggioritario che fa capo alla citata sentenza Cacciapuoti (del resto significativamente ribadita nella successiva sentenza Vattani), il cui nucleo centrale risiede nella affermazione che il tempo successivo alla pronuncia di una sentenza irrevocabile nei confronti del coimputato non impugnante non può essere riqualificato e computato come tempo di prescrizione in suo favore per effetto della impugnazione altrui.

Deve quindi disattendersi il diverso e minoritario orientamento giurisprudenziale, al quale ha aderito l'attuale ordinanza di rimessione, in base al quale l'estensione al coimputato non impugnante della prescrizione del reato per effetto della disposizione di cui all'art. 587 c.p.p. si produce anche ove detta causa estintiva sia maturata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti, in quanto l'unica condizione preclusiva all'effetto estensivo dell'impugnazione sarebbe costituita dalla natura strettamente personale del motivo di impugnazione della sentenza di condanna.

In buona sostanza, questo indirizzo si basa sull'assunto che la causa estintiva del reato per prescrizione, applicata all'impugnante dal giudice dell'impugnazione, sarebbe sempre "comune" all'imputato non impugnante e risulterebbe comunque applicabile a quest'ultimo alla data della pronuncia del giudice della impugnazione, a prescindere dalla anteriormente intervenuta irrevocabilità della sentenza nei suoi confronti.

Si tratta di un assunto che, per le ragioni fin qui esposte, non può essere condiviso. Non si vede, infatti, come possa essere qualificata come "comune" ai coimputati una causa estintiva legata al decorso del tempo per prescrizione che, in concreto, può prodursi o meno per effetto di una molteplicità di fattori eminentemente soggettivi influenti sul tempo del processo, che sono il frutto delle diverse scelte dei coimputati (sul rito o sulle impugnazioni) o conseguenza della loro diversa situazione personale e delle vicende processuali. Per altro verso, si trascura la "cesura" che si determina con la intervenuta irrevocabilità della sentenza per il coimputato non impugnante, considerandola sostanzialmente irrilevante ai fini della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, trattandosi, invece, di un evento che sancisce per lui la fine del tempo del processo e priva in radice di giustificazione logica e giuridica ogni ulteriore computo nei suoi confronti del termine di prescrizione del reato.

Infine, le conclusioni alle quali si è giunti sembrano ancora più pertinenti in un caso come quello in esame, in cui l'estinzione del reato per prescrizione non costituiva motivo di appello dell'imputato diligente (del resto essa non si era neanche ancora maturata) ed è stata pronunciata di ufficio ex art. 129 c.p.p. (erroneamente per entrambi) dalla Corte di merito.

8. Per le considerazioni sopra svolte alla questione devoluta queste Sezioni unite forniscono la seguente risposta:

"L'effetto estensivo ex art. 587 c.p.p. della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non opera in favore del coimputato concorrente nello stesso reato non impugnante se detta causa estintiva è maturata dopo la irrevocabilità della sentenza emessa nei confronti del medesimo".

9. Nel caso in esame per il coimputato non appellante Pasquale V. il termine di prescrizione dei reati a lui ascritti è venuto a scadere in data largamente successiva a quella in cui la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Napoli era per lui divenuta irrevocabile.

Ne discende che la declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione non poteva essere pronunciata anche nei confronti del V., non operando in suo favore l'effetto estensivo ex art. 587 c.p.p.

Il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli deve, pertanto, essere accolto e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti del V., con condanna del predetto al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile Angela D.M. nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di V. Pasquale, che condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile D.M. Angela nel presente grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 3.200,00 oltre accessori di legge.

Depositata il 24 gennaio 2018.

L. Carbone, F. Caringella, G. Rovelli

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