Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 12 ottobre 2017, n. 7915

Presidente: Carcano - Estensore: Tardio

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Giudice di pace di Trieste, con sentenza del 3 febbraio 2017, ha assolto B.B.A.F.O. dal reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286 del 1998 perché "il fatto non costituisce reato", rilevando, a ragione della decisione, che:

- l'imputato era stato tratto a giudizio per non avere ottemperato all'ordine di lasciare il territorio nazionale, intimato dal Questore di Trieste il 24 settembre 2015, permanendovi senza giustificato motivo, come accertato in Trieste il 10 febbraio 2016;

- era comprovata dalle dichiarazioni del teste I. Rossano, vice brigadiere dei Carabinieri, che aveva riferito in ordine al rinvenimento dell'imputato «a terra, con tanti cartoni, borse e altri oggetti», una oggettiva impossibilità per lo stesso, in evidente stato di indigenza, di lasciare il territorio nazionale;

- tale fatto costituiva scriminante in ordine al contestato reato.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste, che ne ha chiesto l'annullamento sulla base di due motivi.

Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., rilevando che il Giudice, che aveva dato atto della sussistenza del fatto e della sua commissione per opera dell'imputato, aveva illogicamente dato rilievo alla situazione contingente in cui lo stesso era stato sorpreso, omettendo ogni accertamento sulla effettiva sussistenza di una situazione ostativa, l'onere della cui prova gravava sull'interessato, che, invece, si era disinteressato del procedimento e aveva omesso di introdurre elementi a proprio favore.

Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato inosservanza o erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., rappresentando che, alla stregua dei richiamati principi di diritto relativi alla sussistenza del giustificato motivo, era onere dello straniero clandestino procurarsi un nuovo documento valido per l'espatrio, rivolgendosi al proprio consolato anche per il relativo sostegno economico, e dimostrare l'oggettiva impossibilità di adempiere, non essendo sufficiente la mera allegazione verbale ovvero il dato neutro valorizzato in sentenza.

3. È pervenuta memoria difensiva, recante la data del 2 settembre 2017, con la quale l'imputato ha contestato l'ammissibilità del ricorso, per essere logica la motivazione della sentenza, che, valutata la precarietà della sua situazione come riferita dal teste, ha tratto la non illogica conclusione della sua impossibilità di adempiere, mentre il ricorrente ha sollecitato una diversa lettura del materiale probatorio utilizzato, e per essere sicuramente sussistente il giustificato motivo in presenza di una assoluta indigenza e comunque indisponibilità di mezzi economici sufficienti a un viaggio in condizioni dignitose.

4. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

5. Questa Corte, in linea con la sentenza n. 5 del 2004 della Corte costituzionale, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286 del 1998, aggiunto dall'art. 13, comma 1, l. n. 189 del 2002, ha da tempo fissato il principio di diritto - recentemente ribadito anche alla luce delle modifiche del sistema normativo introdotte con d.l. n. 89 del 2011, convertito dalla l. n. 129 del 2011 -, secondo il quale il giustificato motivo che legittima la inottemperanza dell'ordine di allontanamento dal territorio dello Stato, emesso dal Questore, pur non implicando situazioni di stato di necessità, di forza maggiore o, comunque, di inesigibilità assoluta della condotta omessa, deve, tuttavia, consistere in condizioni oggettive che rendano estremamente difficoltoso l'adempimento ovvero in ostative situazioni, soggettive e personali, di grave e pressante condizionamento psicologico, senza potersi risolvere in esigenze che riflettano la condizione tipica del migrante clandestino, come la mancanza di un lavoro regolare ovvero la provenienza di mezzi economici da attività non regolari o stabili (tra le altre, Sez. 1, n. 19086 del 9 maggio 2006, P.G. in proc. Proteasa, Rv. 233704; Sez. 1, n. 42384 del 6 dicembre 2006, Singh, Rv. 235574; Sez. 6, n. 27049 del 19 marzo 2008, Niang, Rv. 241016; Sez. 1, n. 37486 del 15 luglio 2009, Esanu, Rv. 245371; Sez. 1, n. 1416 del 24 novembre 2009, dep. 2010, Gocha, Rv. 245941; Sez. 1, n. 55 del 1° dicembre 2010, dep. 2011, Vucitrna, Rv. 249494; Sez. 1, n. 35959 del 13 luglio 2015, El Charrady, Rv. 264936; Sez. 1, n. 37813 del 27 aprile 2016, El Kadri, Rv. 268101; Sez. 1, n. 47191 del 27 aprile 2016, Abdelkassem, Rv. 268212).

Quanto poi al regime probatorio, la predetta sentenza della Corte costituzionale ha chiarito, e la giurisprudenza di legittimità citata ha rimarcato, che, come in tutti gli altri casi in cui compare la formula «senza giustificato motivo» - fermo restando il potere-dovere del giudice di rilevare direttamente, quando possibile, l'esistenza di ragioni legittimanti l'inosservanza del precetto penale - lo straniero avrà, dal canto suo, l'onere di allegazione dei motivi non conosciuti né conoscibili dal giudicante, non tenuto a scandagliare tutti i possibili motivi in difetto di allegazione. Nell'un caso e nell'altro - ossia tanto nel caso di rilievo ex officio che in quello di allegazione da parte dell'imputato - le situazioni integrative del «giustificato motivo» si tradurranno, quindi, in altrettanti temi di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice.

6. Di tali condivisi, e qui riaffermati, principi la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione.

Il Giudice di merito, invero, si è limitato a rilevare che dalla circostanza descritta dal teste in ordine al rinvenimento dell'imputato «a terra, con tanti cartoni, borse e altri oggetti [...]» dovesse trarsi la rappresentazione di un evidente stato di indigenza dello stesso e una sua conseguente oggettiva impossibilità di lasciare il territorio nazionale.

Gli argomenti spesi, pertinenti alla situazione contingente in cui l'imputato è stato sorpreso, che è di carattere neutro e di contenuto aspecifico sì come descritta, e che è stata recepita in sentenza astraendo da ogni riferimento a circostanze di fatto incidenti negativamente sulla effettiva possibilità, soggettiva e oggettiva, dell'imputato di adempiere alla intimazione, non esprimono, tuttavia, in termini coerenti la sussistenza di un giustificato motivo di inottemperanza in capo all'imputato, che, in base all'iter argomentativo della decisione, neppure, rimanendo assente, ha allegato ragioni idonee a integrarlo.

Né introducono ragioni di diversa riflessione le deduzioni e osservazioni opposte con la memoria difensiva, che, generiche nella enunciazione dei principi di diritto, rimarcano la valenza del predetto dato fattuale, che estendono, pur in carenza di elementi dimostrativi, a uno stato non contingente, quale il «vivere per strada in mezzo a cartoni e buste», ulteriormente astraendo dalla rappresentazione delle reali condizioni dell'imputato e di valide ragioni effettivamente giustificative della condotta omissiva tenuta dallo stesso.

7. Si impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Giudice di pace di Trieste, che, in diversa composizione, procederà a nuovo giudizio tenendo presenti i principi e i rilievi sopra richiamati o formulati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di pace di Trieste in diversa composizione.

Depositata il 19 febbraio 2018.

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