Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 30 marzo 2018, n. 2028

Presidente: Anastasi - Estensore: Taormina

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 534 del 20 dicembre 2016 il T.a.r. per il Molise - Sede di Campobasso - ha parzialmente accolto l'atto di opposizione del Comune di Rotello proposto avverso l'ingiunzione ex art. 633 c.p.c. rivolta al Comune di Rotello del pagamento della somma di euro 585.000,00, in favore della società odierna appellata ed appellante incidentale Loritello Wind s.r.l. in liquidazione.

2. La complessa vicenda processuale, può essere così sintetizzata:

a) la predetta società Loritello Wind s.r.l. in liquidazione, ricorrente per decreto ingiuntivo, era subentrata nella convenzione sottoscritta il 7 febbraio 2007 dalla società Energia in Natura s.r.l. con il comune di Rotello per la realizzazione di un parco eolico per la produzione di energia elettrica;

b) essa aveva corrisposto anticipi per circa euro 585.000,00 sugli importi da versarsi a decorrere dalla data di entrata in esercizio del parco eolico;

c) aveva pertanto chiesto ed ottenuto dal Presidente del T.a.r. per il Molise il decreto ingiuntivo n. 85/2015 con cui era stato ordinato al Comune di restituire la predetta somma stante la mancata realizzazione del parco, sul presupposto che, ai sensi dell'art. 4 della convenzione e dell'art. 2.7. dell'atto aggiuntivo sottoscritto il 16 febbraio 2011, i predetti acconti avrebbero dovuto essere restituiti dal Comune in caso di "revoca e/o recesso e/o risoluzione per qualsiasi causa della Convenzione" (recesso nella specie formalmente comunicato con missiva del 5 ottobre 2015 in conseguenza del provvedimento di diniego di proroga del termine di inizio lavori adottato dalla Regione Molise).

3. Con la sentenza impugnata il T.a.r. - dopo avere riepilogato in punto di fatto gli elementi essenziali della controversia ed avere dato atto delle doglianze proposte - ha innanzitutto ribadito che nel corso della discussione il collegio aveva rilevato d'ufficio la nullità dell'intera convenzione per violazione di norme imperative stante il mancato ricorso alla procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, ed ha quindi scrutinato le eccezioni preliminari proposte dall'opponente comune di Rotello, escludendone la fondatezza, in quanto:

a) non sussisteva il lamentato difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che:

I) tali convenzioni integravano accordi sull'esercizio del potere ex art. 11 della legge 241 del 1990;

II) la vicenda in esame era diversa da quella (avente del pari ad oggetto una convenzione per la realizzazione di un parco eolico) nell'ambito della quale la Cass. civ., Sez. un., con la ordinanza n 12177 del 12 giugno 2015 aveva dichiarato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario;

III) nel caso in esame, infatti, il comune non si era limitato a riconoscere in favore della società Loritello Wind s.r.l. il diritto di superficie necessario a localizzare le torri eoliche e gli impianti di servizio su suoli di proprietà comunale (art. 11) ma aveva assunto ben più pregnanti obblighi di fare, obbligandosi in particolare ad esercitare veri e propri poteri pubblici al fine del rilascio di titoli e provvedimenti amministrativi di propria competenza (art. 2.1 della convenzione e 4.3 dell'atto aggiuntivo), come pure ad agevolare in sede procedimentale il rilascio di autorizzazioni di competenza di altri enti (art. 2.2. della convenzione e 4.3 dell'atto aggiuntivo) a concedere l'utilizzo di aree di proprietà comunale (art. 2.3 della convenzione) a non ostacolare in alcun modo la realizzazione dell'opera (art. 1 della convenzione) e persino ad assicurare una sorta di esclusiva sui terreni comunali impegnandosi a non concedere analoghe facilitazioni ad altri operatori (art. 1 della convenzione);

IV) tali obblighi implicavano la negoziazione di poteri pubblici in cui il Comune consumava la propria discrezionalità in relazione al profilo dell'an e sussisteva quindi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

b) neppure era fondata l'eccezione di incompetenza del T.a.r. adito supportata dalla circostanza che le parti avevano ogni controversia al Foro di Larino (art. 13 della convenzione), in quanto:

I) detta clausola presupponeva la giurisdizione del giudice ordinario;

II) rimasto smentito tale presupposto, la disciplina convenzionale della competenza territoriale era irrilevante in quanto un criterio interno di distribuzione della giurisdizione non poteva derogare al criterio di riparto tra distinti plessi giurisdizionali: ove intesa in tale ultimo senso, poi, la clausola avrebbe dovuto comunque essere dichiarata nulla, in quanto la giurisdizione esclusiva del G.A. non era derogabile in assenza di alcuna espressa norma di legge in tal senso.

3.1. Nella seconda parte della sentenza, il T.a.r. ha scrutinato i profili di merito sottesi alla domanda di condanna alla restituzione degli acconti corrisposti al Comune e, muovendo dal convincimento per cui l'intera convenzione era nulla per contrasto con l'art. 97 Cost., in quanto stipulata senza essere stata preceduta da un procedimento di selezione del contraente in violazione del principio costituzionale di imparzialità (e ciò sebbene venisse in rilievo un convenzione "attiva", comportante non una spesa bensì una entrata per il Comune) ha affermato che:

a) era indubitabile l'applicabilità al caso di specie delle cause di invalidità del contratto previste dal codice civile (in quanto, ai sensi dell'art. 11, comma 2, della l. n. 241 del 1990, agli accordi sostitutivi ed integrativi di provvedimenti dovevano applicare i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili e ove non diversamente previsto) ed in particolare il regime dei vizi genetici del contratto disciplinato dal codice civile non solo non era derogato da alcuna norma speciale del diritto amministrativo (considerato che l'art. 21-septies della l. n. 241 del 1990 era riferito alla nullità del provvedimento e non degli accordi) ma, anzi, era senz'altro compatibile con la natura degli accordi sull'esercizio del potere e anzi necessario proprio per sanzionare le ipotesi di più grave contrasto con il principio di legalità;

b) dalla riconosciuta nullità per violazione dell'art. 1418, comma 1, c.c. della convenzione sottoscritta dalle parti il 7 febbraio 2007 e del successivo atto aggiuntivo del 16 febbraio 2011 discendeva che la domanda di restituzione azionata in via contrattuale dalla società ricorrente per decreto ingiuntivo dovesse essere dichiarata infondata nel merito per difetto del titolo giustificativo azionato;

c) ciò, non precludeva alla società la possibilità di agire per la declaratoria in via principale della nullità della convezione e per la restituzione delle somme indebitamente corrisposte in forza di titolo nullo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2033 c.c.;

d) tale tematica, tuttavia, non poteva essere esaminata nel giudizio già azionato, pena la violazione del principio della domanda ex art. 112 c.p.c., in quanto il giudizio in corso aveva causa petendi (ripetizione di indebito oggettivo a causa di titolo nullo) diversa da quella azionabile a seguito della qualificazione della vicenda giuridica ritenuta dal T.a.r. (restituzione di somme corrisposte ma non dovute in forza di titolo valido);

e) analogamente, per le medesime ragioni anche la domanda di risarcimento del danno proposta in via riconvenzionale dal comune di Rotello doveva essere respinta mentre tutte le eccezioni di nullità parziale della convenzione dovevano restare assorbite dal rilievo d'ufficio della nullità totale (analogamente alla questione relativa alla affermata pregiudizialità necessaria del distinto ricorso r.g.n. 235/2015) cautelativamente proposto dalla società avverso il provvedimento regionale con cui era stata negata la proroga del termine di inizio dei lavori di realizzazione del parco eolico, atteso che il suo ipotetico accoglimento non poteva condizionare in alcun modo l'azione di ripetizione dell'indebito ex art. 2033 c.c. conseguente all'accertamento della nullità della convenzione, che restava esperibile a prescindere dalla realizzazione dell'impianto.

4. L'amministrazione comunale originaria opponente rimasta soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. (ricorso in appello depositato il 24 gennaio 2017) denunciandone la erroneità.

Dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del contenzioso, ha fatto presente che l'azione amministrativa da essa spiegata era rispondente a criteri di buona amministrazione ed efficienza, ed ha fatto presente che la sentenza impugnata era contraddittoria ed errata, e che sebbene la stessa avesse revocato il decreto ingiuntivo emesso (così come richiesto dal comune) l'amministrazione comunale aveva legittimazione ed interesse ad impugnarla in quanto la contestata sentenza aveva dichiarato nulla per intero la convenzione e compensato le spese in ragione della "soccombenza reciproca".

Ha quindi formulato quattro doglianze:

a) con il primo motivo dell'appello è stata censurata la parte della sentenza con la quale era stata affermata la nullità della convenzione sottoscritta dalle parti il 7 febbraio 2007 ed il successivo atto aggiuntivo del 16 febbraio 2011, in quanto risultava asseritamente violato il combinato disposto di cui agli artt. 11 e 21-septies l. n. 241/1990, l'art. 31, comma 4, c.p.a. e l'art. 1418 c.c. sostenendosi che nessuna disposizione consentiva di dichiarare la nullità degli accordi ex art. 11 della l. n. 241/1990;

b) con il secondo motivo ha riproposto, ex art. 101, comma 2, c.p.a., la richiesta di sospensione del giudizio in attesa della definizione del precedente ricorso al T.a.r. n. 232/2015, proposto dalla società Loritello (ed asseritamente avente carattere pregiudiziale sull'odierno giudizio);

c) con il terzo motivo ha riproposto, ex art. 101, comma 2, c.p.a., le eccezioni di inammissibilità ed infondatezza del ricorso per decreto ingiuntivo (già proposte dal comune al punto V del ricorso in opposizione e dichiarate assorbite e non esaminate) nonché la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni da inadempimento imputabile alla ditta già ricorrente per decreto ingiuntivo ed odierna appellata;

d) con il quarto motivo ha impugnato la sentenza nella parte in cui ha rigettato la domanda riconvenzionale di risarcimento danni proposta dal Comune.

5. In data 20 febbraio 2017 la società odierna appellata Loritello Wind s.r.l. in liquidazione ha depositato un articolato appello incidentale subordinato, deducendo che:

a) l'appello principale proposto dal comune era inammissibile e comunque infondato;

b) in via subordinata, ove esso fosse ritenuto ammissibile, la sentenza impugnata avrebbe dovuto essere annullata in quanto viziata sotto plurimi profili ex art. 112 c.p.c., atteso che:

I) la società appellante aveva proposto una domanda di ripetizione ad ampio spettro;

II) essa non avrebbe potuto proporre la domanda di accertamento, conseguente alla dichiarata nullità della convenzione, in quanto la nullità predetta era stata dichiarata dal T.a.r. ex officio (mentre il comune aveva dedotto la nullità parziale della medesima);

III) la impugnata sentenza aveva "costretto" la società a proporre una nuova domanda (r.g.n. 421/2016, in ottemperanza alla sentenza oggetto della odierna impugnazione) in spregio ai principi di concentrazione della tutela e di ragionevole durata del processo;

IV) sia che fosse stata dichiarata la nullità integrale della convenzione (nel qual caso essa avrebbe potuto ripetere le somme ex art. 2033 c.c.), sia che ne fosse stata affermata la validità, essa aveva diritto a ripetere le somme erogate.

6. In data 22 febbraio 2017 la società odierna appellata Loritello Wind s.r.l. in liquidazione ha depositato una articolata memoria ribadendo che l'appello principale proposto dal comune era inammissibile e comunque infondato ed in data 13 ottobre 2017 ha proposto la domanda cautelare di sospensione della esecutività della presente decisione facendo presente che nell'ambito del giudizio r.g.n. 421/2016, da essa proposto in ottemperanza alla sentenza oggetto della odierna impugnazione all'esito dell'udienza pubblica di discussione fissata in via d'urgenza, con la ordinanza collegiale n. 335/2017 del 5 ottobre 2017 accogliendo la richiesta del Comune, il T.a.r. per il Molise aveva deciso di sospendere il giudizio per la declaratoria di nullità ravvisando pregiudizialità con l'odierno giudizio.

7. In data il 18 aprile 2017 il comune di Rotello ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese e chiedendo la reiezione dell'appello incidentale, in quanto infondato.

8. In data il 2 novembre 2017 il comune di Rotello ha depositato una ulteriore memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese e chiedendo la reiezione dell'appello incidentale, in quanto infondato.

9. Alla adunanza camerale del 9 novembre 2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività dell'impugnata decisione su concorde richiesta della parti la trattazione della causa è stata differita al merito alla odierna pubblica udienza del 15 marzo 2018.

10. In data 12 febbraio 20118 entrambe le contendenti hanno depositato memorie ribadendo le rispettive prospettazioni e conclusioni.

11. Alla odierna pubblica udienza del 15 marzo 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L'appello dell'Amministrazione è solo parzialmente fondato, e l'appello incidentale è parzialmente fondato nei sensi di cui alla motivazione che segue: per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, nei sensi di cui alla motivazione che segue, va respinta l'opposizione del comune al decreto ingiuntivo concesso alla società appellante incidentale.

1.1. In via preliminare, rileva il Collegio che:

a) a mente del combinato disposto degli artt. 91, 92 e 101, comma 1, c.p.a., farà esclusivo riferimento ai mezzi di gravame posti a sostegno dei ricorsi in appello, senza tenere conto di ulteriori censure sviluppate nelle memorie difensive successivamente depositate, in quanto intempestive, violative del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali (cfr. ex plurimis C.d.S., Sez. V, n. 5865 del 2015);

b) integrano giudicato - in quanto non censurati da alcuna parte processuale - i capi della impugnata decisione che hanno affermato:

I) la giurisdizione del giudice amministrativo, nella controversia in oggetto;

II) la competenza del T.a.r. adito, ritenendosi che la clausola contenuta in convenzione con la quale era stata stabilita la competenza territoriale del Foro di Larino fosse produttiva di effetti soltanto laddove si fosse ravvisata la giurisdizione del Giudice ordinario sulla controversia in esame ("quale condizione presupposta rispetto alla individuazione del foro competente");

c) appare indubitabile la legittimazione e l'interesse in capo al comune di Rotello odierno appellante principale a ricorrere in primo grado in opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei propri confronti e del pari non è revocabile in dubbio l'interesse del medesimo a proporre l'odierno appello principale, in quanto:

I) il petitum articolato dalla parte odierna appellata ed appellante incidentale, riposava, come è utile rammentare, nella richiesta di condanna alla restituzione degli acconti corrisposti al Comune: in accoglimento di tale domanda venne emesso il decreto ingiuntivo successivamente opposto dal Comune di Rotello odierno appellante;

II) la sentenza di primo grado ha sì revocato il decreto ingiuntivo emesso: ma ciò sulla scorta del rilievo d'ufficio della nullità integrale della convenzione in quanto non preceduta da alcuna selezione evidenziale in ordine al soggetto che avrebbe dovuto realizzare l'impianto;

III) la medesima pronuncia oggetto della odierna impugnazione ha quindi respinto la domanda di restituzione azionata in via contrattuale dalla società ricorrente per difetto del titolo giustificativo azionato (id est: la convenzione) ma ha espressamente affermato la possibilità in capo alla società odierna appellata "di agire per la declaratoria in via principale della nullità della convezione e per la restituzione delle somme indebitamente corrisposte in forza di titolo nullo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2033 c.c.";

IV) è evidente che il comune avrebbe tutto l'interesse a rimuovere detta statuizione, che - laddove divenisse regiudicata - determinerebbe le condizioni perché esso venga condannato a restituire le somme ricevute;

V) come è noto, la giurisprudenza è costante nell'affermare che la soccombenza si deve considerare in senso pratico, ossia in relazione ad un pregiudizio concreto ed attuale, e non già teorico (cfr. Cass. 5 dicembre 1984, n. 6380); nella sostanza, sulla base della consolidata e numerosa giurisprudenza del Giudice di legittimità, secondo cui la soccombenza determina l'interesse ad impugnare e deve essere valutata, non solo alla stregua del dispositivo della sentenza, ma anche tenendo conto delle enunciazioni contenute nella motivazione, e che occorre tenere conto, in particolare, di quelle «che siano suscettibili di passare in giudicato quali presupposti logici necessari della decisione» (così, per tutte, Cass., sez. I civ., 1° ottobre 1999, n. 10869) non v'è dubbio che ricorrano le condizioni perché il comune sia considerato - almeno parzialmente - soccombente nel giudizio di primo grado, e che pertanto debba essere affermata la legittimazione di quest'ultimo a proporre l'appello;

VI) ciò, si rileva infine, con portata assorbente, è stato correttamente affermato dalla stessa decisione di prime cure impugnata, laddove infatti si è disposta la compensazione integrale delle spese di giudizio "anche in ragione della configurabilità di una ipotesi di soccombenza reciproca";

d) per altro verso (contrariamente a quanto specularmente sostenuto dalle parti nelle proprie memorie) entrambi gli appelli sono ammissibili, né può fondatamente affermarsi che alcuna delle parti processuali abbia rinunciato a parte della domanda originariamente proposta, ovvero sia incorsa nel divieto di mutatio libelli; il vero è che:

I) le prospettazioni delle parti sono chiarissime nella enunciazione del bene della vita cui esse aspirano;

II) in particolare, la società appellante incidentale ritiene di avere diritto a ripetere le somme (pari ad Euro 585000//00) erogate al comune, mentre quest'ultimo pretende di ritenerle;

III) la pretesa della società si fonda su una certa interpretazione della convenzione intercorsa tra le parti, e comunque potrebbe essere soddisfatta (ex art. 2033 c.c.) anche in ipotesi di declaratoria di totale nullità della convenzione; al contempo la pretesa del comune si fonda su una interpretazione della convenzione intercorsa tra le parti diversa ed opposta da quella patrocinata dalla società appellante incidentale, e potrebbe comunque essere soddisfatta da una declaratoria di nullità (purché soltanto parziale, come meglio si vedrà di seguito) della convenzione;

IV) posto che il T.a.r., nella sentenza impugnata, ha rilevato d'ufficio la nullità dell'intera convenzione per violazione di norme imperative (il comune aveva unicamente eccepito la nullità di talune clausole) è ovvio e comprensibile che gli appelli si siano dovuto confrontare anche con tale argomentazione; ma ciò non comporta certamente alcuno dei vizi specularmente ipotizzati: entrambi gli appelli sono certamente ammissibili.

2. Venendo all'esame delle censure di merito, seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall'Adunanza plenaria n. 5 del 2015), in ordine logico è prioritario l'esame della censura di cui al secondo motivo dell'appello principale del comune (già prospettata - ancorché in via subordinata - nel III motivo del ricorso di primo grado in opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore dell'appellata società) volta ad ottenere la sospensione dell'odierno giudizio per pregiudizialità (artt. 295 c.p.c., 79 del c.p.a.) in relazione alla contemporanea pendenza in primo grado del ricorso n. 232/2015.

2.1. Si rammenta in proposito che:

a) la odierna appellata società Loritello, con il suindicato ricorso n. 232/2015 proposto innanzi al T.a.r. per il Molise - e tuttora pendente - aveva impugnato e chiesto l'annullamento della determinazione dirigenziale n. 23 del 5 maggio 2015 della Regione Molise con la quale era stata rigettata la domanda della stessa società di proroga per il completamento dei lavori relativi all'autorizzazione di cui alla d.d. n. 45/2008;

b) non è contestato che con tale ricorso, la società Loritello s.r.l. avesse prospettato vari vizi di illegittimità dell'atto impugnato con la espressa finalità di riattivare l'autorizzazione unica e, quindi, in ultima analisi, realizzare il parco eolico;

c) ad avviso dell'appellante comune, sebbene tale iniziativa fosse contraddittoria (in quanto, successivamente alla proposizione del ricorso suddetto, la stessa società, nel frattempo posta in liquidazione, con nota del 5 ottobre 2015, aveva dichiarato di esercitare "il diritto di revoca recesso/risoluzione di cui all'art. 10 della Convenzione e avesse richiesto al Comune la restituzione di euro 585.000,00 ai sensi dell'art. 2 dell'atto aggiuntivo"), tuttavia la eventuale sentenza favorevole alla società, avrebbe creato le condizioni per riattivare la realizzazione del parco e, conseguentemente, elidendo il presupposto su cui la ditta aveva fondato la richiesta di restituzione delle somme e, quindi il decreto ingiuntivo: era evidente, pertanto, la pregiudizialità di quel giudizio.

2.2. Osserva in proposito il Collegio, che la doglianza/eccezione non può essere accolta, in quanto, sotto un primo e rilevante profilo non ricorre alcun rapporto di pregiudizialità necessaria, posto che - quale che sia l'esito del presente giudizio -:

a) ove sia eventualmente accertata in seno al ricorso di primo grado r.g.n. 232/2015 illegittimità del diniego di proroga per il completamento dei lavori relativi all'autorizzazione di cui alla d.d. n. 45/2008, l'unico "effetto" sul presente processo sarebbe quello per cui le parti dovrebbero "regolare" sulla scorta della sopravvenuta decisione la "sorte" dei 585.000 euro sui quali nel corso del presente giudizio si controverte;

b) ciò in quanto, laddove la ditta risulti vincitrice nell'odierno processo, il proprio diritto alla ripetizione delle somme versate al comune verrebbe "superato" dalla necessità di corrisponderle nuovamente, in ottemperanza alla convenzione stipulata, in vista della realizzazione del Parco eolico; mentre, laddove fosse il comune a risultare vincitore, esso dovrebbe limitarsi ad "imputare" dette somme alla convenzione, e non già a trattenerle quale "incameramento".

2.2.1. Per altro verso, sotto un profilo rigorosamente logico, sarebbe semmai l'odierno giudizio a spiegare efficacia pregiudiziale condizionante rispetto al ricorso di primo grado pendente r.g.n. 232/2015, in quanto la nullità affermata dal T.a.r. della convenzione del 7 febbraio 2007 e del successivo atto aggiuntivo, ove negata in appello, potrebbe comportare, semmai, l'improcedibilità di quel giudizio.

2.2.2. In ultimo, neppure il Collegio rinviene elementi di opportunità per disporre la sospensione facoltativa dell'odierno processo, il che preclude l'accoglimento del secondo motivo di appello, che va pertanto dichiarato infondato.

3. Nel merito, vanno in primo luogo esaminate le doglianze proposte dall'appellante principale volte a criticare il capo di sentenza che ha affermato che "la convenzione sottoscritta dalle parti il 7 febbraio 2007 ed il successivo atto aggiuntivo del 16 febbraio 2011 sono nulli per violazione dell'art. 1418, comma 1, c.c.".

3.1. Ritiene il Collegio che le stesse siano fondate.

3.2. Il T.a.r. si è consapevolmente discostato, sia sotto il profilo processuale, che dal punto di vista sostanziale, dai consolidati approdi della giurisprudenza amministrativa dalla quale il Collegio non intende decampare.

3.2.1. Quanto al primo profilo, si rammenta che la consolidata giurisprudenza (C.d.S., sez. IV, 8 gennaio 2016, n. 25) afferma che "in tema di patologia di accordi integrativi di provvedimento amministrativo è escluso che possa costituire causa di nullità per violazione di norme imperative il vizio di legittimità del provvedimento amministrativo a monte, ove questo non sia previamente accertato in sede giurisdizionale sulla base di impugnazione dello stesso, incidendo sul profilo genetico dell'accordo e non configurandosi come vizio funzionale, idoneo a integrare un'ipotesi di illiceità della causa" (cfr. C.d.S., sez. V, 15 marzo 2010, n. 1498).

Il T.a.r. (così l'impugnata sentenza: "le eccezioni di nullità parziale della convenzione devono essere ritenute assorbite dal rilievo d'ufficio della nullità totale") ha violato tale regola, in quanto ha nella sostanza ritenuto sine causa gli esborsi effettuati dalla ditta appellata (evocando la disciplina in tema di ripetizione di indebito) sulla scorta di un giudizio di invalidità reso sugli atti amministrativi che si ponevano a monte della convenzione; e ciò ha fatto, per di più, pronunciandosi ex officio.

3.2.2. Ma anche sotto il profilo sostanziale, l'approdo del T.a.r. non appare condivisibile, in quanto:

a) costituisce principio consolidato (C.d.S., sez. V, 15 marzo 2010, n. 1498) quello per cui nel processo amministrativo è ammissibile l'azione riconvenzionale intesa a far valere una causa di nullità, a fronte di un'azione di accertamento proposta dall'Amministrazione: si è affermato in proposito che tale ipotesi opera analogamente al giudizio civile dove, a fronte di una domanda di risoluzione per inadempimento o di adempimento, si contrappone l'azione riconvenzionale di nullità del contratto da cui sono sorte le reciproche prestazioni. Il congegno processuale è compatibile con la struttura del processo amministrativo posto che l'art. 21-septies della l. 7 agosto 1990, n. 241 prevede talune ipotesi di nullità del provvedimento e l'art. 11 della stessa legge prevede per gli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento l'applicazione dei principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti, in quanto compatibili;

b) il T.a.r., sebbene, si ripete, ex officio, ha ritenuto nella sostanza che il contratto integrativo, fosse stato comunque stipulato in violazione di norme imperative di legge - ossia in contrasto con i noti principi comunitari del necessario ricorso al mercato delle imprese nella scelta del contraente pubblico, penetrato peraltro nella legislazione nazionale con una certa cautela - ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c.; ed ha pertanto ritenuto che (essendo il vizio di nullità deducibile in ogni stato e grado del processo da chiunque vi abbia interesse ed essendo l'azione imprescrittibile) il contratto integrativo potesse essere invalidato in ogni tempo con effetto retroattivo, nonostante l'assenza di vizi strutturali e nonostante la mancata impugnazione dell'omissione della procedura dell'evidenza pubblica, che normalmente costituisce il modo per rendere inefficace o far dichiarare nullo il contratto, secondo i noti meccanismi dell'invalidità derivata;

c) sennonché, la giurisprudenza ha in contrario senso affermato che "la nullità del provvedimento amministrativo trova la sua disciplina dell'art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, che stabilisce: «1. È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge. 2. Le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo».

La norma, introdotta dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15, tra le varie opzioni possibili - ossia tra quella di inserire nel sistema della patologia dell'atto amministrativo tutte le ipotesi di nullità (testuale, strutturale e virtuale) previste dall'art. 1418 c.c. e quella di ritenere sufficiente la categoria dell'annullabilità per quanto riguarda i rapporti amministrativi - ha scelto la soluzione di compromesso, ossia quella di escludere la nullità per contrasto con norme imperative di legge, giudicando tale categoria particolarmente pericolosa rispetto alle esigenze di certezza e di stabilità dell'azione amministrativa.

In altri termini, le cause di nullità debbono intendersi a numero chiuso, così come peraltro già ritenuto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato" (C.d.S., VI, 13 giugno 2007, n. 3173; V, 26 novembre 2008, n. 5845); pertanto, le ipotesi astrattamente riconducibili alla nullità c.d. virtuale vanno ricondotte al vizio di violazione di legge, atteso che le norme riguardanti l'azione amministrativa, dato il loro carattere pubblicistico, sono sempre norme imperative e quindi non disponibili da parte dell'amministrazione. Quindi esse si convertono in cause di annullabilità del provvedimento, da farsi valere entro il breve termine di decadenza, a tutela della stabilità del provvedimento amministrativo.

Va da sé, quindi, che il rapporto amministrativo dedotto nel giudizio, in mancanza dell'impugnativa della deliberazione dell'amministrazione a procedere senza gara con l'accordo integrativo, si è stabilizzato e non può essere invalidato;

d) ancora di recente è stato affermato in proposito che (C.d.S., sez. VI, 3 marzo 2016, n. 882) "la categoria della nullità nel diritto amministrativo rappresenta una forma di invalidità eccezionale e tipica che, in omaggio ai principi di certezza dei rapporti giuridici e di stabilità degli assetti plasmati dagli atti amministrativi a tutela di interessi superindividuali, non opera in maniera "virtuale", cioè in assenza di una norma che la preveda testualmente (cfr. in tal senso l'art. 21-septies, l. 7 agosto 1990, n. 241). Già in questo si coglie la prima profonda differenza rispetto alla disciplina civilistica del negozio giuridico, dove, invece, la nullità rappresenta la forma di invalidità "residuale", destinata ad operare, alla luce della generale previsione di cui all'art. 1418, comma 1, c.c., in via "virtuale", ogni qualvolta il contratto è contrario a norma imperativa, salvo che la legge disponga diversamente. È una differenza di fondo che trova la sua spiegazione nella circostanza che nel diritto amministrativo prevale l'esigenza di assicurare la stabilità, la certezza e, dunque, la conservazione degli atti amministrativi, il che implica l'applicazione di un regime di invalidità nel quale la categoria generale e virtuale è l'annullabilità".

3.2.3. I suindicati principi vanno applicati, sia nell'ipotesi di accordo integrativo, che in quello di accordo sostitutivo del provvedimento, e vieppiù ciò accade nel caso di specie, laddove la nullità è stata riferita dal T.a.r. ad un segmento dell'azione amministrativa corrispondente all'esercizio di poteri pubblicistici.

3.3. L'appello va pertanto accolto sul punto, e la sentenza va pertanto riformata, dovendosi escludere la integrale invalidità della convenzione per le ragioni ritenute dal T.a.r.

4. Ciò non esaurisce il compito del Collegio, dovendosi adesso vagliare - nei limiti in cui le parti hanno riproposto le censure originarie - la questione della ripetibilità delle somme versate dalla società appellante incidentale al Comune (si ricorda, in proposito, che il nucleo centrale della domanda che deve essere esaminata nell'odierno processo riposa nella originaria richiesta di emissione di un decreto ingiuntivo per somme, in tesi, indebitamente trattenute dal comune).

4.1. Per comodità espositiva verranno quindi congiuntamente esaminate sia le censure proposte dal comune nel terzo motivo di appello (ripropositivo del quinto motivo del ricorso di primo grado, e contenente prospettazioni che si saldano alla domanda riconvenzionale da questi proposta) che quelle riproposte dalla società appellata nel proprio appello incidentale e già contenute nelle memorie prodotte in primo grado: in sostanza, si tratta di rivisitare le pattuizioni contenute nella convenzione, e di stabilire se la società abbia - o meno - diritto a riavere indietro le somme già versate al comune, ovvero se quest'ultimo abbia diritto a trattenerle.

4.2. Si osserva in proposito che gli argomenti da esplorare sono molteplici, e possono così essere riassunti, seguendo un ordine logico di priorità:

a) in primo luogo dovrà verificarsi se, effettivamente, nelle convenzioni stipulate (convenzione del 7 febbraio 2007 e successivo atto aggiuntivo del 16 febbraio 2011) fosse stato riconosciuto alla ditta odierna appellata un diritto di recesso con correlativa facoltà di trattenere gli importi versati;

b) ove eventualmente positivamente riscontrato tale profilo, si dovrà scrutinare l'eccezione del comune appellante, secondo la quale le clausole contenenti detto "diritto di recesso" erano nulle, e verificare l'impatto della dedotta nullità (ove positivamente riscontrata) sull'intera convenzione;

c) soltanto laddove si pervenga ad un giudizio per cui la convenzione non contemplava alcun diritto di recesso ad nutum (ovvero che la stessa lo contemplava in virtù di clausole da ritenersi nulle e che purtuttavia non comportavano un giudizio di nullità dell'intera convenzione) ci si dovrebbe fare carico di scrutinare le ulteriori speculari doglianze, con le quali le parti si addossano reciprocamente la responsabilità di un inadempimento negoziale che avrebbe cagionato la impossibilità di realizzare il parco eolico (con opposte conseguenze, in punto di ripetizione delle somme erogate dalla ditta appellata all'appellante comune di Rotello).

4.3. Il Collegio ritiene di fare presente, in via preliminare che, in ordine a tale disamina, si atterrà ai principi più volte affermati dalla giurisprudenza (C.d.S., sez. IV, 17 dicembre 2014, n. 6164) secondo cui l'interpretazione degli accordi ex art. 11 l. n. 241 del 1990 non può che avvenire utilizzando i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., visto l'esplicito richiamo di cui al comma 2 dell'art. 11 medesimo: si è detto in proposito che si deve osservare la previsione dei commi primo e secondo dell'art. 1362 c.c., che impone all'esegeta di non limitarsi al «senso letterale delle parole» ma di tenere conto del «comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto» e che, inoltre le singole clausole vanno interpretate le une per mezzo delle altre, tenendo conto del «senso che risulta dal complesso dell'atto» (così l'art. 1363 c.c.).

E proprio muovendo dai canoni superiormente indicati, si rileva che:

a) l'art. 10 della convenzione del 2007, prevede che: "in caso di non realizzazione del parco eolico, la società non dovrà corrispondere alcun importo o pagamento previsto al successivo articolo 4, ad eccezione dell'importo forfettario previsto all'atto della sottoscrizione della convenzione, che resta comunque attribuito al comune";

b) l'art. 4 contiene poi l'elencazione di tutti i compensi dovuti al comune.

4.3.1. L'atto aggiuntivo del 16 febbraio 2011 sottoscritto dalle parti, dopo avere illustrato e riepilogato gli accadimenti sino a quel momento occorsi:

a) alla lett. I individua quale sia l'"intendimento" dell'atto aggiuntivo predetto;

b) all'art. 2 quantifica e disciplina le modalità di corresponsione dei corrispettivi;

c) all'art. 2.7. prevede che le somme precedentemente individuate e quantificate (e distinte per "causale") siano versate anticipatamente dalla appellata società, rispetto al funzionamento del Parco ma che l'acquisizione "definitiva" delle stesse, resta condizionata alla effettiva entrata in funzione ed esercizio del Parco eolico, e conseguentemente, gli anticipi dovranno essere restituiti, in tutto o in parte, dal Comune, alla Società in caso di revoca e/o recesso e/o risoluzione per qualsiasi causa della convenzione;

d) nel prosieguo di tale articolo viene individuata la modalità di rimborso, in relazione (non alla causale ma meramente) alla tempistica della eventuale revoca e/o recesso e/o risoluzione;

e) l'art. 5 (denominato "miscellanea") ai primi tre commi fa presente che:

I) per ciò che concerne corrispettivi della convenzione e durata dello stesso, l'atto aggiuntivo sostituisce qualsiasi pregressa intesa;

II) per quanto non disciplinato nell'Atto aggiuntivo restano ferme le pattuizioni della convenzione;

III) il detto atto aggiuntivo non spiega effetto novativo.

4.4. Alla stregua delle superiori disposizioni si osserva che - ad avviso del Collegio - è inequivoco che la convenzione attribuisse ad entrambe le parti il diritto di recedere dalla stessa, senza condizionarlo ad alcun accadimento e che la tesi del comune volta a negare tale circostanza e/o ad ancorarla ad una fattispecie di impossibilità sopravvenuta, sia smentita dalla semplice circostanza che la lettera dell'art. 10 della convenzione originaria fa riferimento a distinti istituti tipizzati dal codice civile e quindi ricomprende, ma non esaurisce la fattispecie di cui all'art. 1256 c.c.

Inoltre, la sola circostanza che siano "trattati" diversamente, la corresponsione dei corrispettivi vera e propria, ed il versamento iniziale una tantum di Euro 15.000 dovuto dalla ditta al comune, rafforza e testimonia la tesi che soltanto quest'ultimo, in ipotesi di mancata realizzazione del parco eolico, restasse dovuto dalla ditta al comune e che, quindi, si ancorava alla mancata realizzazione del Parco l'effetto di ripetibilità delle (altre) somme versate dalla ditta appellante.

4.4.1. Per concludere sul punto, ritiene il Collegio indubitabile che le parti si fossero riconosciute il diritto di recedere, e che avessero ancorato l'erogazione del compenso (ad esclusione del versamento una tantum) all'effettiva realizzazione del Parco.

4.5. Come avvertito in premessa, però, ciò non esaurisce il perimetro del devolutum; infatti, il comune sostiene poi che - se interpretate nel senso suindicato, e sostanzialmente coincidente con la prospettazione della società appellante incidentale - le dette clausole sarebbero irrimediabilmente nulle, in quanto integranti una condizione meramente potestativa, e (soprattutto) che tale nullità non si comunicherebbe all'intera convenzione.

4.5.1. Il Collegio ritiene nell'ordine che la tesi prospettata in tal senso dal comune sia, per un verso, inaccoglibile, e per altro verso, neppure di alcuna utilità per la parte che la prospetta, alla stregua delle seguenti considerazioni:

I) la costante giurisprudenza amministrativa ritiene che la norma di cui all'art. 11 l. n. 241 del 1990 sia "interpretabile in modo da non escludere che, a fianco del recesso dall'accordo sostitutivo da essa consentito all'amministrazione, coesistano con esso i normali rimedi accordati dal diritto civile in relazione alla natura dell'accordo, e in particolare il recesso di cui all'art. 1373 c.c." (T.A.R. Brescia, Lombardia, sez. I, 17 luglio 2013, n. 686; si è detto, peraltro, che (T.A.R. Bari, Puglia, sez. I, 4 giugno 2013, n. 899) "il potere di recesso unilaterale riconosciuto dall'art. 11, comma 4, l. n. 241 del 1990 all'Amministrazione testimonia l'esistenza di chiari margini di compatibilità - in precedenza analizzati - tra l'esecuzione del rapporto intercorrente tra privato e p.a. e la perdurante rilevanza del profilo finalistico, collegato al pubblico interesse, sì da giustificare speciali poteri unilaterali di risoluzione, in un quadro in cui non può certo sostenersi che l'interesse pubblico rivesta una posizione recessiva in fase esecutiva di detto rapporto. Peraltro, l'esercizio del potere di recesso da parte dell'Amministrazione contraente ben si concilia con la non operatività della l. fall. (nel caso di specie, l'invocato art. 72 r.d. n. 267 del 1942) con riferimento agli accordi ex art. 11 e 15 l. n. 241 del 1990 e la fisiologica impossibilità per la Curatela di adempiere i gravosi obblighi derivanti da un accordo di programma e dalla successiva convenzione attuativa, tenendo conto della principale funzione del curatore (provvedere alla conservazione, amministrazione e realizzazione del patrimonio fallimentare nella prospettiva della liquidazione dei creditori)";

II) in tale quadro, se anche si dovesse interpretare la pattuizione negoziale alla stregua del principio di cui all'art. 1355 c.c. ("è nulla l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da quella del debitore") se ne dovrebbe convenire che la pattuizione in esame avrebbe avuto una importanza nodale, per i paciscenti, di guisa che, in assenza della medesima le parti non sarebbero addivenute ad alcun accordo;

III) anche qualificando la pattuizione quale clausola meramente potestativa, laddove se ne dovesse dichiarare la nullità essa renderebbe nulla l'intera convenzione negoziale, e le conseguente, in termini di ripetizione dell'indebito, sarebbero quelle cui - seguendo un altro percorso motivazione del quale il Collegio ha già chiarito la non persuasività - è pervenuto il T.a.r.;

IV) ciò in quanto, all'evidenza, stante la portata fondamentale della stessa nell'economia della pattuizione negoziale, non potrebbe dichiararsene la nullità parziale (Cass. civ., sez. II, 10 novembre 2014, n. 23950 "la nullità della singola clausola contrattuale comporta la nullità dell'intero contratto ovvero all'opposto, per il principio "utile per inutile non vitiatur", la conservazione dello stesso in dipendenza della scindibilità del contenuto negoziale, il cui accertamento richiede, essenzialmente, la valutazione della potenziale volontà delle parti in relazione all'eventualità del mancato inserimento di tale clausola, e, dunque, in funzione dell'interesse in concreto dalle stesse perseguito");

V) la clausola in esame, infatti, "riequilibra" la potestà di recesso pubblicistico, e ad essa vi è dedicato, nell'economia complessiva delle pattuizioni, uno spazio consistente, e ne è evidente la decisività.

4.5.2. Il Collegio, per le sopra chiarite ragioni, non ritiene comunque che la medesima sia nulla, e che non vada pertanto dichiarata la nullità dell'intera pattuizione.

4.5.3. Si ritiene invece che le parti abbiano inteso condizionare l'effettivo sviluppo del programma ad una eventuale, rinnovata, manifestazione di intenti, che non ha però avuto luogo: quanto esposto, implica, conseguenzialmente, che il comune non possa vantare alcun diritto a trattenere le somme, né che lo stesso possa dolersi di alcun eventuale altro danno subito.

4.5.4. Riconosciuto infatti che la convenzione era valida complessivamente considerata, e che era valida anche la pattuizione contenente il diritto di recesso, ne consegue che il diritto a trattenere i compensi sorgeva solo dalla realizzazione del Parco eolico: non essendo ciò avvenuto, "cade" la pretesa del comune a trattenere le somme ricevute, e neppure vi è luogo indagare sulla ragione e la "responsabilità" di tale mancata realizzazione, con conseguente reiezione anche della domanda riconvenzionale proposta dal comune medesimo.

5. Alla stregua delle superiori considerazioni, va accolto solo in parte l'appello principale del comune, va accolto in parte l'appello incidentale dell'appellata società, e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, deve quindi essere riconosciuto il diritto della società Loritello Wind s.r.l. in liquidazione a ripetere le somme erogate al comune (ad esclusione della somma di Euro 15.000, che all'evidenza, aveva natura forfettaria) e pertanto deve essere rigettata la opposizione a decreto ingiuntivo concesso (pari ad euro 585000).

6. Le spese processuali del doppio grado di giudizio vanno all'evidenza compensate, stante la complessità della controversia e della reciproca, parziale, soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie solo in parte, nei sensi di cui alla motivazione, l'appello principale del comune, accoglie in parte l'appello incidentale dell'appellata società, e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, afferma il diritto della società Loritello Wind s.r.l. in liquidazione a ripetere le somme erogate al comune (ad esclusione della somma di Euro 15.000, di natura forfettaria) e pertanto rigetta la opposizione a decreto ingiuntivo concesso (pari ad euro 585000).

Spese processuali del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

L. Di Muro, G. Correale (curr.)

Codice dell'immigrazione

La Tribuna, 2024

A. Di Majo

Codice civile

Giuffrè, 2024

L. Di Paola (cur.)

Il licenziamento

Giuffrè, 2024