Corte di cassazione
Sezione V penale
Sentenza 30 marzo 2018, n. 25124

Presidente: Settembre - Estensore: Scordamaglia

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata l'ordinanza in data 23 maggio 2017, con la quale il Tribunale di Reggio Emilia, sollevata eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 2-bis della l. n. 146 del 13 giugno 1990, nella parte in cui consente che il Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati stabilisca - all'art. 4, comma 1, lett. b) - che nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l'imputato si trovi in stato di custodia cautelare o di detenzione, analogamente a quanto previsto dall'art. 420-ter, comma 5, c.p.p., si proceda malgrado l'astensione del difensore solo ove l'imputato lo consenta, per violazione degli artt. 1, 3, 13, 24, 27, 70, 97 e 111 Cost., ha sospeso il giudizio in ordine alla richiesta di rinvio dell'udienza del 23 maggio 2017 formulata dai difensori degli imputati con il consenso degli stessi.

2. Con il ricorso per cassazione a firma dell'avvocato Luca Andrea Brezigar gli imputati, nel processo n. 555/2016 RG. Trib. Reggio Emilia, R. Pasquale e M. Antonio denunciano l'abnormità dell'impugnata ordinanza e la violazione dell'art. 23 l. n. 83 dell'11 marzo 1953, posto che la norma evocata, siccome interpretata dal Giudice delle leggi e dal Giudice di legittimità, imporrebbe la sospensione del giudizio principale e non solo del giudizio incidentale sull'istanza di rinvio dell'udienza fondata sull'adesione dei difensori all'astensione proclamata dal[l']organismo unitario dell'avvocatura con il consenso degli imputati detenuti. L'eccentricità del provvedimento rispetto alle pacifiche linee ordinamentali sarebbe determinata, in effetti, dall'assenza in capo al giudice della potestas decidendi fino alla definizione della pregiudiziale costituzionale e sarebbe produttiva, al contempo, sia di una nullità assoluta dell'ordinanza medesima e degli atti successivi, ai sensi dell'art. 178, lett. a), c.p.p., in ragione del venir meno delle condizioni di capacità del giudice, sia di una nullità a regime intermedio, posto che, in caso di declaratoria di infondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale, sarebbero travolte tutte le attività istruttorie espletate nel giudizio principale con irrimediabile pregiudizio dell'attività difensiva.

Nondimeno l'ordinanza de quo sarebbe in ogni caso ricorribile per cassazione, ex art. 586, comma 3, c.p.p., trattandosi di provvedimento in materia di libertà personale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

1.1. Essendo lo stesso basato su una denunzia di abnormità, non risultando altrimenti impugnabile l'ordinanza in esame, con cui, per effetto della sollevata questione di illegittimità costituzionale dell'art. 2-bis della l. n. 146 del 13 giugno 1990, si è disposta la sospensione del solo giudizio incidentale relativo al rinvio dell'udienza fondata sull'adesione dei difensori all'astensione proclamata dal[l']organismo unitario dell'avvocatura con il consenso degli imputati detenuti, è d'uopo delineare il quadro della dedotta invalidità processuale di matrice giurisprudenziale.

La categoria concettuale dell'abnormità risponde, in effetti, alla necessità di porre rimedio a comportamenti procedimentali e processuali posti in essere dall'organo giudicante da cui derivano atti non altrimenti impugnabili - in virtù del principio di tassatività delle sanzioni processuali e dei relativi rimedi - e al contempo espressivi, in concreto, di uno "sviamento" della funzione giurisdizionale.

In particolare, il più autorevole Consesso di questa Corte (Sez. un., n. 25957 del 26 marzo 2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590; Sez. un., n. 5307 del 20 dicembre 2007 - dep. 1° febbraio 2008, P.M. in proc. Battistella, Rv. 238240; Sez. un., n. 28807 del 29 maggio 2002, Manca, Rv. 221999; Sez. un., n. 33 del 22 novembre 2000, Boniotti, Rv. 217244; Sez. un., n. 17 del 10 dicembre 1997 - dep. 12 febbraio 1998, Di Battista, Rv. 209603), al fine di porre un discrimine tra l'atto abnorme e l'atto illegittimo, ha precisato che ricorre l'ipotesi di abnormità strutturale nel caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall'ordinamento processuale (carenza di potere in astratto) ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo del modello legale, nel senso di esercizio di un potere previsto dall'ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché oltre ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto); mentre si verte in ipotesi di abnormità funzionale nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo.

Dunque ciò che rileva - al fine di qualificare un atto emesso dal giudice come abnorme - risulta essere:

a) il confronto tra l'atto posto in essere dal giudice ed il modello legale di riferimento, nel senso che lì dove l'atto sia astrattamente "espressivo" di un potere conferito dalla legge, pur se erroneamente applicato, non può essere l'atto stesso qualificato abnorme se non nel caso in cui la copertura del modello legale risulti, in realtà, solo apparente, essendo stato emesso al di fuori dei casi consentiti e al di là di ogni ragionevole limite;

b) l'analisi delle conseguenze dell'atto, da qualificarsi abnorme solo ove imponga il compimento di una ulteriore attività viziata e, dunque, ponga in pericolo l'equilibrio funzionale del procedimento e la stessa nozione di processo come "serie ordinata" di atti tendenti alla stabilità della sua conclusione.

1.2. Ai fini della verifica demandata a questa Corte, gli evocati parametri ermeneutici vanno confrontati con la norma di cui all'art. 23, comma 2, l. n. 87/1953, a mente della quale: «L'autorità giurisdizionale, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale o non ritenga che la questione sollevata sia manifestamente infondata, emette ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi della istanza con cui fu sollevata la questione, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso», e con l'interpretazione che le Sezioni unite di questa Corte hanno fornito di tale precetto, secondo la quale: «La pregiudiziale costituzionale, per espressa previsione normativa (l. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, secondo comma), determina la sospensione obbligatoria del procedimento che priva il giudice della potestas decidendi fino alla definizione della pregiudiziale medesima, né alle parti è attribuito alcun potere di rimuovere tale stasi processuale, essendo immodificabili ed insindacabili sia l'ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale sia il pedissequo provvedimento di sospensione; tuttavia, nell'ipotesi in cui venga obbligatoriamente sospeso un procedimento in cui sia in corso di applicazione una misura cautelare, il soggetto ad essa sottoposto che ritenga di aver maturato il diritto a riacquistare lo status libertatis per il verificarsi di una delle cause estintive del provvedimento coercitivo di cui all'art. 306 c.p.p., non incontra alcun ostacolo a far valere la sua pretesa in giudizio e può quindi promuovere davanti al giudice per le indagini preliminari, o ad uno dei giudici competenti per i vari gradi ai sensi dell'art. 279 c.p.p., un'azione di accertamento finalizzata alla declaratoria della sopravvenuta caducazione della misura ed all'ottenimento dell'ordinanza di immediata liberazione o di cessazione della misura estinta, secondo quanto dispongono, rispettivamente, il primo e il secondo comma del predetto art. 306 c.p.p.; trattasi, invero, di azione di natura dichiarativa, rivolta alla tutela di un diritto assoluto ed inviolabile, esperibile in ogni tempo salvo il limite della preclusione ove la questione abbia già formato oggetto di giudicato cautelare nelle sedi proprie» (Sez. un., n. 8 del 17 aprile 1996, Vernengo, Rv. 205258).

Né può tacersi che lo stesso Supremo Consesso, nell'affermare che l'adesione del difensore all'astensione proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria costituisce un diritto di rilievo costituzionale (Sez. un., n. 40187 del 27 marzo 2014, Lattanzio, Rv. 259927), ha statuito che, salvo il caso di prove non rinviabili ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 467 e 392 c.p.p., il rigetto dell'istanza di rinvio dell'udienza motivata dall'adesione del difensore all'astensione collettiva, attuata in ottemperanza alle prescrizioni delle norme speciali regolatrici della materia, determina una nullità assoluta, riconducibile all'art. 178, comma 1, lett. c), e all'art. 179 c.p.p., rilevabile anche di ufficio in ogni grado e stato del procedimento, per violazione del diritto di difesa.

2. Le riferite indicazioni inducono, quindi, a ritenere che la pronunciata sospensione del solo giudizio incidentale in ordine al rinvio dell'udienza - con prosecuzione del processo per l'assunzione delle prove, come dimostrato dalla calendarizzazione delle udienze all'uopo predisposte al 30 maggio e al 1° giugno 2017 - integri un provvedimento abnorme. E ciò perché, alla stregua della norma di cui all'art. 23, comma 2, l. n. 87/1953, allorché sollevi incidente di costituzionalità, il giudice è tenuto alla sospensione del «giudizio in corso», posto che, secondo il dictum delle Sezioni unite Vernengo perde la potestas decidendi fino alla definizione della pregiudiziale medesima. Nondimeno, v'è pure da considerare che, per effetto dell'evidente mancanza di autonomia, nel caso all'esame, tra il giudizio principale e il giudizio incidentale sulla richiesta di rinvio, in ipotesi di mancato accoglimento dell'eccezione di costituzionalità, la regressione del procedimento determinata dalla nullità assoluta per violazione del diritto di difesa sino all'udienza per la quale avrebbe dovuto essere disposto il rinvio, imposta ai sensi dell'art. 185, comma 3, c.p.p., determinerebbe un inutile dispendio di attività processuali - non altrimenti recuperabili, non essendosi dato atto di ragioni di urgenza del tipo di quelle prese in considerazione dall'art. 467 c.p.p. -, in spregio del principio di ragionevole durata del processo.

3. L'ordinanza impugnata va, quindi, annullata senza rinvio e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Reggio Emilia.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Reggio Emilia.

Depositata il 5 giugno 2018.

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