Corte di giustizia dell'Unione Europea
Quarta Sezione
Sentenza 13 dicembre 2018

«Rinvio pregiudiziale - Direttiva 2002/22/CE - Reti e servizi di comunicazione elettronica - Servizio universale e diritti degli utenti - Impresa che fornisce una rete di comunicazione elettronica destinata alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico - Impresa che propone la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet - Obblighi di trasmissione».

Nella causa C-298/17, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Conseil d'État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 10 maggio 2017, pervenuta in cancelleria il 23 maggio 2017, nel procedimento France Télévisions SA contro Playmédia, Conseil supérieur de l'audiovisuel (CSA), con l'intervento di: Ministre de la Culture et de la Communication.

[...]

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU 2002, L 108, pag. 51), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 11; in prosieguo: la «direttiva servizio universale»).

2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra la France Télévisions SA e il Conseil Supérieur de l'Audiovisuel (CSA) in merito alla decisione n. 2015-232 del 27 maggio 2015, con la quale quest'ultimo ha ingiunto alla France Télévisions di conformarsi, in futuro, alle disposizioni dell'articolo 34-2 della legge n. 86-1067, del 30 settembre 1986, relativa alla libertà di comunicazione (in prosieguo: la «legge relativa alla libertà di comunicazione»), non opponendosi alla ritrasmissione, da parte della Playmédia, in streaming e in diretta sul suo sito Internet, dei programmi prodotti dalla France Télévisions.

Contesto normativo

Diritto dell'Unione

Direttiva quadro

3. Il considerando 5 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 37) (in prosieguo: la «direttiva quadro»), è del seguente tenore:

«La convergenza dei settori delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell'informazione implica l'esigenza di assoggettare tutte le reti di trasmissione e i servizi correlati ad un unico quadro normativo. Tale quadro normativo è costituito dalla presente direttiva e da quattro direttive particolari: la direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002 relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni) [(GU 2002, L 108, pag. 21)], la direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002 relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e delle risorse correlate nonché all'interconnessione delle stessa (direttiva accesso) [(GU 2002, L 108, pag. 7)], la direttiva [servizio universale], la direttiva 97/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997 sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni [(GU 1998, L 24, pag. 1)] (in prosieguo "le direttive particolari"). È necessario separare la disciplina dei mezzi di trasmissione dalla disciplina dei contenuti. Di conseguenza, il presente quadro normativo non si applica ai contenuti dei servizi forniti mediante reti di comunicazione elettronica che utilizzano servizi di comunicazione elettronica, come i contenuti delle emissioni radiotelevisive, i servizi finanziari e taluni servizi della società dell'informazione e lascia quindi impregiudicate le misure adottate a livello comunitario o nazionale riguardo a tali servizi in ottemperanza alla normativa comunitaria, per promuovere la diversità culturale e linguistica e per assicurare la difesa del pluralismo dei mezzi di informazione. Il contenuto dei programmi televisivi è disciplinato dalla direttiva 89/552/CEE del Consiglio del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive [(GU 1989, L 298, pag. 23)]. La separazione della disciplina dei mezzi di trasmissione dalla disciplina dei contenuti non incide sul riconoscimento dei collegamenti fra i due aspetti, in particolare al fine di garantire il pluralismo dei mezzi di informazione, la diversità culturale e la protezione dei consumatori».

4. L'articolo 1 della direttiva quadro, rubricato «Campo d'applicazione e finalità», prevede, ai paragrafi 2 e 3, quanto segue:

«2. La presente direttiva e le direttive particolari si applicano fatti salvi gli obblighi imposti dal diritto comunitario o dalle disposizioni nazionali conformi al diritto comunitario, in relazione ai servizi forniti mediante reti e servizi di comunicazione elettronica.

3. La presente direttiva e le direttive particolari si applicano fatte salve le misure adottate a livello comunitario o nazionale, in conformità del diritto comunitario, per perseguire obiettivi di interesse generale relativi, in particolare, alle regolamentazioni dei contenuti ed alla politica audiovisiva».

5. L'articolo 2 della direttiva quadro, intitolato «Definizioni», così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) "reti di comunicazione elettronica", i sistemi di trasmissione e, se del caso, le apparecchiature di commutazione o di instradamento e altre risorse, inclusi gli elementi di rete non attivi, che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, comprese le reti satellitari, le reti terrestri mobili e fisse (a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa Internet), le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, i sistemi per il trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui siano utilizzati per trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato;

(...)

m) "fornitura di una rete di comunicazione elettronica", la realizzazione, la gestione, il controllo o la messa a disposizione di una siffatta rete;

(...)».

Direttiva servizio universale

6. A termini del considerando 45 della direttiva servizio universale:

«I servizi che forniscono un contenuto come l'offerta di vendita di un pacchetto sonoro o un contenuto televisivo non rientrano nel quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica. I fornitori di tali servizi non dovrebbero essere soggetti agli obblighi di servizio universale per dette attività. La presente direttiva lascia impregiudicate le misure adottate a livello nazionale, conformemente al diritto comunitario, per quanto riguarda tali servizi».

7. L'articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», enuncia quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni di cui all'articolo 2 della [direttiva quadro].

(...)».

8. L'articolo 31 della direttiva servizio universale, rubricato «Obblighi di trasmissione», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Gli Stati membri possono imporre obblighi di trasmissione ragionevoli, per specifici canali radiofonici e televisivi e servizi complementari, specialmente servizi di accessibilità destinati a consentire un accesso adeguato agli utenti finali disabili, alle imprese soggette alla loro giurisdizione che forniscono reti di comunicazione elettronica destinate alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico, se un numero significativo di utenti finali di tali reti le utilizza come mezzo principale di ricezione di tali servizi televisivi o radiofonici. Tali obblighi sono imposti solo se necessari a soddisfare precisi obiettivi di interesse generale, definiti in modo chiaro da ciascuno Stato membro e se sono proporzionati e trasparenti.

Gli Stati membri sottopongono a riesame gli obblighi di cui al primo comma al più tardi entro un anno dal 25 maggio 2011, tranne nei casi in cui gli Stati membri abbiano effettuato tale riesame nel corso dei due anni precedenti.

Gli Stati membri sottopongono a riesame gli obblighi di trasmissione con periodicità regolare».

Diritto francese

9. L'articolo 2-1 della legge relativa alla libertà di comunicazione dispone quanto segue:

«Ai fini dell'applicazione della presente legge, per "distributore di servizi" s'intende chiunque instauri rapporti contrattuali con editori di servizi al fine di costituire un'offerta di servizi di comunicazione audiovisiva accessibile al pubblico tramite una rete di comunicazione elettronica, ai sensi dell'articolo L. 32, paragrafo 2, del code des postes et des communications électroniques [codice delle poste e delle comunicazioni elettroniche]. È parimenti considerato distributore di servizi chiunque costituisca un'offerta simile alla precedente instaurando rapporti contrattuali con altri distributori».

10. A norma del punto I dell'articolo 34-2 di tale legge:

«Sul territorio metropolitano, il distributore di servizi su una rete che non utilizzi frequenze terrestri assegnate dal [CSA] mette gratuitamente a disposizione dei suoi abbonati i servizi offerti dalle società menzionate all'articolo 44, [punto] I, e il canale Arte, trasmessi per via hertziana terrestre in formato analogico, nonché il canale TV 5, e il servizio televisivo trasmesso per via hertziana terrestre in formato digitale che ha lo scopo di contribuire alla conoscenza dei territori d'oltremare, specificamente destinato al pubblico metropolitano e prodotto dalla società menzionata all'articolo 44, [punto] I, salvo nel caso in cui tali editori ritengano che l'offerta di servizi sia manifestamente incompatibile con la loro missione di servizio pubblico. Quando propone un'offerta di servizi in formato digitale, il distributore mette gratuitamente a disposizione degli abbonati a detta offerta anche i servizi delle summenzionate società, trasmessi per via hertziana terrestre, in formato digitale.

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11. La Playmédia propone la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su un sito Internet e ottiene i propri ricavi principalmente trasmettendo messaggi pubblicitari che precedono e accompagnano tale visione. Facendo valere la propria qualità di distributore di servizi ai sensi dell'articolo 2-1 della legge relativa alla libertà di comunicazione, la Playmédia ritiene che le disposizioni dell'articolo 34-2 di tale legge le attribuiscano il diritto di trasmettere i programmi prodotti dalla France Télévisions. Risulta dalla decisione di rinvio che la France Télévisions trasmette detti programmi in streaming e in diretta su un sito Internet che mette a disposizione del pubblico.

12. Con decisione del 27 maggio 2015, il CSA ha ingiunto alla France Télévisions di conformarsi alle disposizioni dell'articolo 34-2 della legge relativa alla libertà di comunicazione non opponendosi alla ritrasmissione dei suoi programmi da parte della Playmédia, in streaming, sul sito Internet di quest'ultima.

13. Con ricorso cautelare, iscritto a ruolo il 6 luglio 2015 presso la segreteria del contenzioso del Conseil d'État (Francia), la France Télévisions ha chiesto l'annullamento di tale ingiunzione sostenendo che la Playmédia non può beneficiare dell'obbligo di cui all'articolo 34-2 della suddetta legge. La France Télévisions ha sostenuto, a tale proposito, che le condizioni previste all'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva servizio universale non sono soddisfatte, dal momento che, in particolare, non è possibile affermare che un numero significativo di utenti della rete Internet la utilizzino come mezzo principale di ricezione di programmi televisivi.

14. Ciò premesso, il Conseil d'État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se un'impresa, per il solo fatto che propone la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet, debba essere considerata un'impresa che fornisce reti di comunicazione elettronica destinate alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico, ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva [servizio universale].

2) In caso di risposta negativa alla prima questione, se uno Stato membro possa, senza violare la direttiva [suddetta] o altre disposizioni del diritto dell'Unione, imporre un obbligo di trasmissione di servizi radiotelevisivi gravante, al contempo, sulle imprese che forniscono reti di comunicazione elettronica e sulle imprese che, senza fornire tali reti, propongono la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet.

3) In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se gli Stati membri possano astenersi dal subordinare l'obbligo di trasmissione, per quanto riguarda i distributori di servizi che non forniscono reti di comunicazione elettronica, all'insieme delle condizioni previste dall'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva [servizio universale], sebbene tali condizioni siano vincolanti, in forza della direttiva, nel caso dei fornitori di reti.

4) Se uno Stato membro il quale abbia previsto un obbligo di trasmissione di taluni servizi radiofonici o televisivi su determinate reti possa, senza violare la direttiva [suddetta], obbligare detti servizi ad accettare di essere trasmessi su tali reti, e anche qualora vengano trasmessi su un sito Internet, quando, a sua volta, il servizio di cui trattasi trasmette i propri programmi su I nternet.

5) Se la sussistenza della condizione che un numero significativo di utenti finali delle reti soggette all'obbligo di trasmissione utilizzi tali reti come mezzo principale di ricezione dei servizi radiofonici o televisivi, prevista dall'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva [servizio universale] debba essere valutata, nel caso di una trasmissione via Internet, con riferimento all'insieme degli utenti che guardano programmi televisivi in streaming e in diretta sulla rete Internet oppure ai soli utenti del sito soggetto all'obbligo di trasmissione».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

15. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva servizio universale debba essere interpretato nel senso che un'impresa che propone la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet debba, per ciò solo, essere considerata un'impresa che fornisce una rete di comunicazione elettronica destinata alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico.

16. A tale riguardo, occorre rilevare che, ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva servizio universale, gli Stati membri possono, a determinate condizioni, imporre obblighi di trasmissione alle imprese soggette alla loro giurisdizione che forniscono reti di comunicazione elettronica destinate alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico.

17. La «fornitura di una rete di comunicazione elettronica» è definita all'articolo 2, lettera m), della direttiva quadro come «la realizzazione, la gestione, il controllo o la messa a disposizione di una siffatta rete». Questa definizione si applica nell'ambito della direttiva servizio universale in forza dell'articolo 2 di quest'ultima.

18. L'attività consistente nel proporre la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su un sito Internet non ricade in tale definizione. Infatti, la mera circostanza che un'impresa, per offrire tali servizi, sia un utente di una rete di comunicazione elettronica quale definita all'articolo 2, lettera a), della direttiva quadro, vale a dire Internet, non consente di ritenere che essa stessa sia un fornitore di una simile rete.

19. Nel caso di specie, un'impresa, come la Playmédia, che si limiti a proporre la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet non fornisce una rete di comunicazione elettronica, ma offre, per contro, un accesso al contenuto di servizi audiovisivi forniti sulle reti di comunicazione elettronica, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 23 delle sue conclusioni.

20. Orbene, dal considerando 5 della direttiva quadro emerge chiaramente che è necessario separare la disciplina dei mezzi di trasmissione dalla disciplina relativa ai contenuti e che il quadro normativo comune, di cui fa parte la direttiva servizio universale, non si applica ai contenuti dei servizi forniti mediante reti di comunicazione elettronica che utilizzano servizi di comunicazione elettronica (v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2013, UPC Nederland, C-518/11, EU:C:2013:709, punto 38).

21. Inoltre, secondo il considerando 45 della direttiva servizio universale, i servizi che forniscono un contenuto non rientrano nel quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, e tali servizi non sono soggetti agli obblighi di servizio universale per dette attività. Ne consegue che a un'impresa che si limiti a offrire, tramite un sito Internet, l'accesso a contenuti forniti su Internet non si applica l'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva servizio universale.

22. Ciò considerato, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva servizio universale dev'essere interpretato nel senso che un'impresa che propone la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet non deve, per ciò solo, essere considerata un'impresa che fornisce una rete di comunicazione elettronica destinata alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico.

Sulle questioni dalla seconda alla quarta

23. Con le sue questioni dalla seconda alla quarta, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva servizio universale o di altre disposizioni del diritto dell'Unione debbano essere interpretate nel senso che ostano a che uno Stato membro imponga, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, un obbligo di trasmissione alle imprese che, senza fornire reti di comunicazione elettronica, propongono la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet.

24. La pertinenza di tali questioni si spiega con il fatto che, nel procedimento principale, risulta che sono stati imposti, in base al diritto nazionale, obblighi di trasmissione a imprese che non sono soggette all'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva servizio universale. Come emerge, infatti, dalla decisione di rinvio, l'ambito di applicazione dell'obbligo di trasmissione di cui agli articoli 2-1 e 34-2 della legge relativa alla libertà di comunicazione è diverso da quello previsto al suddetto articolo 31, paragrafo 1. Nell'ambito della controversia principale, spetterà al giudice del rinvio accertare se siano effettivamente stati imposti obblighi di trasmissione ad imprese quali la Playmedia.

25. A tale riguardo, occorre rilevare che, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva quadro, le direttive rientranti nel quadro normativo comune si applicano fatte salve le misure adottate a livello nazionale, in conformità del diritto dell'Unione, per perseguire obiettivi di interesse generale relativi, in particolare, alle regolamentazioni dei contenuti ed alla politica audiovisiva.

26. Inoltre, dal considerando 5 della direttiva quadro emerge che il quadro normativo comune, che include la direttiva servizio universale, non si applica ai contenuti dei servizi forniti mediante reti di comunicazione elettronica che utilizzano servizi di comunicazione elettronica e lascia quindi impregiudicate le misure adottate a livello dell'Unione o nazionale riguardo a tali servizi in ottemperanza alla normativa dell'Unione, per promuovere la diversità culturale e linguistica e per assicurare la difesa del pluralismo dei mezzi di informazione.

27. Pertanto, la direttiva servizio universale lascia gli Stati membri liberi di imporre obblighi di trasmissione diversi da quelli di cui all'articolo 31, paragrafo 1, della medesima, in particolare alle imprese che, senza fornire reti di comunicazione elettronica, propongono la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet.

28. Per la parte in cui il giudice del rinvio si riferisce ad «altre disposizioni del diritto dell'Unione», si deve rilevare che la domanda di pronuncia pregiudiziale non consente di individuare con maggiore precisione le disposizioni del diritto dell'Unione di cui il giudice del rinvio chiede l'interpretazione.

29. Non vi è dubbio che, imponendo obblighi di trasmissione ad imprese che non sono soggette all'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva servizio universale, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell'Unione, in particolare le norme relative alla libera prestazione dei servizi sancita dall'articolo 56 TFUE.

30. Ipotizzando che il riferimento ad «altre disposizioni del diritto dell'Unione» nella decisione di rinvio debba intendersi riferita a quest'ultima disposizione, si deve rammentare, tuttavia, che le disposizioni del Trattato FUE in materia di libera prestazione dei servizi non sono applicabili a una fattispecie i cui elementi si collocano tutti all'interno di un solo Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C-268/15, EU:C:2016:874, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

31. Nel caso di specie, gli elementi di cui al procedimento principale sembrano collocarsi tutti all'interno del territorio francese. Infatti, tale controversia vede contrapporsi una società francese al CSA in merito all'opposizione di detta impresa alla ritrasmissione, da parte di un'altra impresa francese, dei programmi da essa prodotti.

32. Ai punti da 50 a 53 della sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C-268/15, EU:C:2016:874), la Corte ha ricordato le quattro ipotesi in cui, per la soluzione della controversia principale, poteva tuttavia essere necessario interpretare le disposizioni dei Trattati relative alle libertà fondamentali, benché tutti gli elementi di tali controversie si collochino all'interno di un solo Stato membro (sentenza del 20 settembre 2018, Fremoluc, C-343/17, EU:C:2018:754, punto 20).

33. Tuttavia, la Corte ha precisato che, nel contesto di una situazione come quella di cui al procedimento principale, i cui elementi sono tutti collocati all'interno di un solo Stato membro, spetta al giudice del rinvio indicare alla Corte, in conformità a quanto richiesto dall'articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, sotto quale profilo, malgrado il suo carattere puramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti con le disposizioni del diritto dell'Unione relative alle libertà fondamentali un elemento di collegamento che rende l'interpretazione in via pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia (sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C-268/15, EU:C:2016:874, punto 55).

34. Orbene, nel caso di specie, il giudice del rinvio non ha indicato sotto quale profilo la controversia dinanzi ad esso pendente, malgrado il suo carattere puramente interno, presenti con le disposizioni del diritto dell'Unione relative alla libera prestazione dei servizi un elemento di collegamento che rende l'interpretazione dell'articolo 56 TFUE necessaria per la soluzione di tale controversia.

35. In tali circostanze, si deve ritenere che la seconda, la terza e la quarta questione siano irricevibili nella parte in cui vertono su «altre disposizioni del diritto dell'Unione».

36. Ciò considerato, occorre rispondere alle questioni dalla seconda alla quarta dichiarando che le disposizioni della direttiva servizio universale devono essere interpretate nel senso che non ostano a che uno Stato membro imponga, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, un obbligo di trasmissione alle imprese che, senza fornire reti di comunicazione elettronica, propongono la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet.

Sulla quinta questione

37. Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in un caso come quello di cui al procedimento principale, la condizione secondo cui un numero significativo di utenti finali delle reti soggette all'obbligo di trasmissione devono utilizzare tali reti come mezzo principale di ricezione di canali televisivi, condizione prevista all'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva servizio universale, debba essere valutata considerando tutti gli utenti che guardano programmi televisivi su Internet, oppure i soli utenti del sito Internet appartenente all'impresa soggetta a tale obbligo.

38. Nel caso di specie, come emerge dai punti 19 e 21 della presente sentenza, un'impresa come la Playmedia non rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva servizio universale. Orbene, nel caso delle imprese che non rientrano nell'ambito di applicazione di tale disposizione, il diritto dell'Unione non impone il rispetto della condizione secondo la quale un numero significativo di utenti finali delle reti soggette all'obbligo di trasmissione devono utilizzare tali reti come mezzo principale di ricezione di canali televisivi.

39. Ciò considerato, non occorre rispondere alla quinta questione.

Sulle spese

40. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.
la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1) L'articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, dev'essere interpretato nel senso che un'impresa che propone la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet non deve, per ciò solo, essere considerata un'impresa che fornisce una rete di comunicazione elettronica destinata alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico.

2) Le disposizioni della direttiva 2002/22, come modificata dalla direttiva 2009/136, devono essere interpretate nel senso che non ostano a che uno Stato membro imponga, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, un obbligo di trasmissione alle imprese che, senza fornire reti di comunicazione elettronica, propongono la visione di programmi televisivi in streaming e in diretta su Internet.

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