Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria
Sentenza 4 novembre 2019, n. 541

Presidente: Potenza - Estensore: Amovilli

FATTO E DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe si chiede l'ottemperanza al decreto della Corte d'Appello di Perugia, pure in epigrafe indicato, di riparazione del danno da ritardo giudiziario (ex l. n. 89/2001), con il quale il Ministero della Giustizia è stato condannato a pagare in favore dell'odierno istante la somma di euro 400,00 a titolo di danno non patrimoniale, oltre agli interessi legali dal dì della domanda a quello del saldo. La difesa del ricorrente chiede inoltre la condanna dell'Amministrazione al pagamento della c.d. penalità di mora di cui all'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.

2. Il decreto è passato in giudicato; l'Amministrazione si è costituita in giudizio non contestando la pretesa in punto di fatto.

Alla camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Ciò posto il Collegio rammenta che:

- il giudizio d'ottemperanza è limitato alla stretta esecuzione del giudicato del quale si chiede l'attuazione ed esula dal suo ambito la cognizione di qualsiasi altra domanda, comunque correlata al giudicato stesso;

- l'ottemperanza è esperibile indipendentemente da ogni disposizione concernente l'esecuzione civile (ad es. combinato disposto degli artt. 1-ter della l. n. 181/2008 e 1 della l. n. 313/1994), attesa la totale diversità ontologica delle due azioni;

- l'esecuzione dell'ordine del Giudice costituisce un inderogabile dovere d'ufficio per l'Amministrazione cui l'ordine è rivolto nonché per i suoi rappresentanti e funzionari.

4. Tanto rammentato, si ritiene che non vi siano ragioni per denegare la richiesta esecuzione.

Occorre precisare come questo Tribunale Amministrativo, muovendo dalla considerazione per cui il pagamento di tutti gli indennizzi conseguenti all'applicazione della l. n. 89/2001 (c.d. legge Pinto) deve ritenersi legislativamente concentrato presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze, al fine di "razionalizzare le procedure di spese ed evitare maggiori oneri finanziari...", secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 1225, della l. 27 dicembre 2006, n. 296, ha sovente ritenuto che il Ministero dell'Economia e delle Finanze si connota come l'organo cui la legge attribuisce il potere-dovere di effettuare i pagamenti degli indennizzi ex lege n. 89 del 2001, prescindendo da quale sia l'organo di volta in volta convenuto in giudizio e condannato ai sensi della legge stessa, con conseguente sostanziale ampliamento della parte passiva, sotto il profilo della legitimatio ad causam e ad processum.

Il Giudice di appello ha peraltro disatteso tale soluzione, affermando, dapprima, che le parti, nel giudizio di ottemperanza, conservano la stessa posizione processuale (attore-convenuto) che avevano in quello terminato con la pronuncia da ottemperare (C.d.S., Sez. IV, 25 giugno 2010, n. 4096), e poi che, in base all'art. 3, comma 2, della l. n. 89 del 2001, il Ministero dell'Economia non è competente per i ritardi dei procedimenti innanzi ai giudici ordinari e di quelli militari, mentre lo è per tutti gli altri casi (C.d.S., Sez. IV, 21 novembre 2012, n. 5905).

5. Ciò precisato, questo Tribunale Amministrativo rileva che, dal punto di vista contabile, i pagamenti degli indennizzi avvengono a carico dell'unico fondo n. 2829 dal quale derivano due capitoli, n. 1264 e n. 1313, rispettivamente gestiti dal Ministero della Giustizia e dal Ministero dell'Economia.

Ciò in quanto, sul piano contabile, il primo effettua i pagamenti correlati a giudizi incardinati presso il Giudice Ordinario, mentre il secondo provvede nelle restanti ipotesi (in tale senso la nota del Ministero dell'Economia, Dir. Centrale Servizi del Tesoro, Uff. X, n. 178120 del 23 dicembre 2011).

Alla stregua di quanto esposto, il Tribunale Amministrativo dispone che il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, provveda entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, al pagamento delle somme di cui sopra in favore di parte ricorrente.

Al riguardo, si precisa che il debito per i diritti e gli onorari liquidati nel decreto da eseguire è un'obbligazione pecuniaria (art. 1224 c.c.) con la conseguenza che:

- il ritardo nel pagamento produce automaticamente gli interessi legali;

- la corresponsione di questi ultimi soddisfa ogni pretesa da ritardo.

Si osserva altresì che detti interessi dovranno essere calcolati dal giorno della notifica del decreto di cui trattasi, connotandosi la notifica come costituzione in mora del debitore (art. 1219 c.c.).

6. Per il caso di inadempienza, il Tribunale nomina sin d'ora commissario ad acta il Dirigente del Ministero soccombente individuato dal Ministro in conformità di quanto disposto dall'art. 5-sexies della l. n. 89 del 2001 e s.m.

7. Il commissario, provvederà a:

a) prelevare le somme da qualsiasi capitolo di spesa del Ministero competente al pagamento, ovvero, in caso di incapienza, da qualsiasi altro capitolo di spesa dello Stato, scelto a sua discrezione secondo il criterio di buona amministrazione;

b) utilizzare se necessario anche i fondi fuori bilancio;

c) utilizzare in alternativa, sempre a sua scelta, l'istituto del pagamento in conto sospeso.

8. Il commissario terminerà la sua opera, salvo proroghe da richiedersi a questo Tribunale Amministrativo, entro il termine di 60 giorni dalla richiesta che la parte interessata gli presenterà dopo che sia decorso inutilmente il termine di 60 giorni di cui al precedente paragrafo 5.

8.1. Quanto alle domanda di condanna al pagamento delle ulteriori somme richieste, il Collegio osserva quanto segue.

Secondo recente arresto dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nell'ambito del giudizio di ottemperanza la comminatoria delle penalità di mora di cui all'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., è ammissibile per tutte le decisioni di condanna di cui al precedente art. 113, ivi comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni di natura pecuniaria (sent. 25 giugno 2014, n. 15) nonché di corresponsione di indennizzo a titolo di equa riparazione per eccessiva durata del processo di cui alla l. 89/2001 "Pinto".

Fermo restando tale ammissibilità, la stessa Plenaria non ha mancato di osservare come "la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell'esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare non ai fini di un'astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura nonché al momento dell'esercizio del potere discrezionale di graduazione dell'importo. Non va sottaciuto che l'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., proprio in considerazione della specialità, in questo caso favorevole, del debitore pubblico - con specifico riferimento alle difficoltà nell'adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici - ha aggiunto al limite negativo della manifesta iniquità, previsto nel codice di rito civile, quello, del tutto autonomo, della sussistenza di altre ragioni ostative. Ferma restando l'assenza di preclusioni astratte sul piano dell'ammissibilità, spetterà allora al giudice dell'ottemperanza, dotato di un ampio potere discrezionale sia in sede di scrutinio delle ricordate esimenti che in sede di determinazione dell'ammontare della sanzione, verificare se le circostanza addotte dal debitore pubblico assumano rilievo al fine di negare la sanzione o di mitigarne l'importo".

In definitiva, secondo tale autorevole arresto, pur escludendosi la sussistenza di preclusioni astratte sul piano della ammissibilità, è escluso ogni automatismo nel giudizio di applicazione della sanzione, dovendo il giudice tener conto delle circostanze esimenti stabilite dalla norma al fine di mitigarne l'importo o di negarne la stessa applicazione.

Ritiene il Collegio come nella fattispecie le circostanze evidenziate dall'Amministrazione in merito alle note difficoltà di adempimento connesse anche alla perdurante crisi congiunturale siano sufficienti non solo a mitigarne l'importo ma ad escluderne la stessa applicazione, quali concrete "ragioni ostative".

9. Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

10. Per il pagamento delle spese del giudizio il commissario provvederà analogamente a quanto indicato nel par. 7.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) accoglie parzialmente il ricorso e, per l'effetto, ordina gli adempimenti indicati in motivazione.

Le spese del presente giudizio, poste a carico del Ministero della Giustizia, sono liquidate in trecentosessanta/00 (360,00) euro, oltre agli oneri di legge ed alle eventuali ulteriori spese che dovessero rendersi necessarie con distrazione in favore del difensore avv. Attilio Marra.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

P. Dubolino, F. Costa

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